UNAMUNO Miguel de

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UNAMUNO Miguel de

n. a Bilbao nel 1864 - m. a Salamanca nel 1936, filosofo e scrittore spagnolo.

1. Professore e rettore dell’Università di Salamanca, produsse un’abbondante opera letteraria in più campi: coltivò la poesia, il teatro, la novellistica, la saggistica, il giornalismo. Tra i suoi saggi si distinguono:​​ En torno al casticismo​​ (1895),​​ Vida de don Quijote y Sancho​​ (1905),​​ Del sentimiento trágico de la vida de los hombres y en los pueblos​​ (1913),​​ La agonía del cristianismo​​ (1931) e molte altre brevi novelle e opere teatrali. Dal punto di vista pedagogico è interessante la sua critica alla​​ ​​ pedagogia positivista del sec. XIX. Questa fece credere a molti che fosse sufficiente un’educazione «scientifica» per poter produrre geni e risolvere tutti i gravi problemi sociali fino allora irrisolti. Le coppie dovevano unirsi, non per amore, ma per seguire le leggi della biologia, disprezzando il sentimento personale come qualcosa d’irrazionale. Solo così sarebbe stato possibile migliorare la razza umana. Bastava una pedagogia scientifica per produrre contemporaneamente uomini felici e realizzati in campo sociale e personale. U. criticò queste false speranze nella sua novella​​ Amor y pedagogía, in cui ritiene, al contrario, che l’uomo non è un coniglietto d’India con cui si possono condurre esperimenti, bensì un essere libero nel quale l’amore, l’insoddisfazione e l’aspirazione per un infinito irraggiungibile sono caratteristiche della natura umana.

2. Il pensiero pedagogico di U. coincide con quello di​​ ​​ Giner in molti aspetti. Egli difende con forza l’uomo concreto, libero ed originale di fronte ai regimi autoritari, alla massificazione e alla spersonalizzazione, come del resto facevano le correnti politiche del suo tempo. La missione della pedagogia sarà una specie di «biberon psicologico», un «allattamento artificiale» dello spirito, che ha nell’amore il suo migliore alleato. La pedagogia non sostituisce la natura, ma l’appoggia; la sua missione è rendere gli uomini completi, cittadini liberi e coscienti. Apollodoro, protagonista e vittima della pedagogia scientifica di​​ Amor y pedagogía, è un pupazzo senza volontà, incapace di affrontare il proprio destino. La pedagogia gli ha impedito di essere uomo, la cosa più importante per un essere umano. Salvare l’uomo, liberarlo dalla schiavitù della macchina e della scienza, dell’arte e delle ideologie, dei partiti politici e di tutto quello che possa disumanizzarlo o sminuire la sua pienezza e integrità è la tesi difesa da U. in questa novella e in tutti i suoi scritti. Il fine dell’uomo è realizzarsi, giungere ad essere uomo completo, conoscendo i propri limiti e possibilità, dandosi agli altri fino ad essere unico e insostituibile, originale e irripetibile. «Concentrati per darti meglio agli altri tutto intero e indiviso». «Do quello che ho», dice il generoso. «Do quello che sono», dice l’eroe. «Do me stesso», dice il santo: sono frasi che riassumono abbastanza bene il pensiero del discusso U.

Bibliografia

Turin Y.,​​ M.d.U.​​ universitaire, Paris, SEU-PEN, 1962;​​ Delgado B.,​​ U. educador, Madrid, Magisterio Español,​​ 1973; Foresta G.,​​ U., Milano, Accademia, 1976; Leonardi L.,​​ Attualità di U., Padova, Liviana, 1976;​​ La Rubia Prado F.,​​ Una encrucijada española: ensayos sobre M. de U. y José Ortega y Gasset, Madrid, Biblioteca Nueva, 2005.

B. Delgado