RETI EDUCATIVE

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RETI EDUCATIVE

L’elaborazione del paradigma pedagogico delle r.e. può essere ricondotta a più fattori, sia di ordine socio-pedagogico che antropologico. Il punto di partenza, tuttavia, è «l’emergenza educativa», legata alla crisi delle agenzie educative tradizionali, alle incertezze dovute ai cambiamenti radicali avvenuti e in atto, al policentrismo socio-educativo e al rischio di frammentazione che l’accompagna.

1. Il lavoro di r. è un lavorare in «contesto»; in una realtà territoriale che «contiene» una pluralità di presenze private e pubbliche, che vivono, per lo più, di vita propria, e verso cui ciascuno si orienta, o liberamente o perché vive, al loro interno, esperienze significative della sua quotidianità. Lo specifico del paradigma (modello) operativo di r. è che queste presenze non sono viste settorializzate, separate, funzionali a qualcosa di specifico, ecc.; rientrano invece in una visione globale, sistemica della situazione. A partire da questo approccio risultano sempre più impellenti le esigenze di coordinamento, di integrazione, di sinergia. La prospettiva teorico-sociale-educativa di riferimento del lavoro di r. è l’approccio sistemico relazionale che partendo dalla consapevolezza dei problemi e delle sfide della società attuale e cogliendone il riflesso nel contesto territoriale concreto, matura la consapevolezza di un progetto educativo integrato e attiva strategie valide per la sua concretizzazione. Per l’efficacia di questa strategia operativa risulta indispensabile lo sviluppo di una ritrovata capacità di «soggettività sociale» delle componenti individuali e organizzate della società civile, che la facciano evolvere verso una prospettiva di «comunità solidale».

2. Perché le r. possano esprimere la loro potenzialità educativa, devono aiutare a ridare centralità all’uomo nel suo mondo, dando la parola ai suoi desideri più autentici; devono concretamente agevolare le persone perché possano riconoscere lo spazio in cui esprimere il loro protagonismo e rivelarsi soggetti sociali responsabili. Il lavoro educativo di r. si fonda sulla visione antropologica di​​ ​​ Mounier che vede la persona umana strutturalmente aperta all’altro, che è condizione per essere se stesso, e comporta una assunzione di responsabilità nei confronti dell’altro. Questo porta verso il «noi comunitario» e aiuta a comprendere la società come r. di persone solidali, che cercano di vivere una reciproca responsabilità. Una r.e. diventa, pertanto, una risorsa di senso che incrementa il tessuto relazionale e dà consistenza alla convivenza umana. Tutto questo fa comprendere che la r.e. non è attivata per rispondere ad emergenze o a patologie particolari, ma per mettere in circolo nuove idee per migliorare la qualità della vita di tutti, per la ricerca di un’identità condivisa e la costruzione progressiva del «noi comunitario». Si pone pertanto come antidoto alla frammentazione della complessità sociale, cerca di far maturare un patrimonio di beni educativi, di promuovere educazione in prospettiva preventiva e, in questa prospettiva, farsi carico anche di situazioni di bisogno.

3. Il lavoro educativo di r. tende, quindi, al superamento dell’individualismo pedagogico, e a evidenziare il valore sociale dell’educazione; cura una nuova grammatica delle relazioni educative e suscita sinergie per la conoscenza del territorio per poter operare all’interno del sistema socio-culturale. Proprio per questo ha come esigenze prioritarie per la sua efficacia il confronto e la riflessione per poter interpretare l’esperienza, la logica di scambio per costruire riferimenti culturali comuni, l’interiorizzazione dell’etica del dono per creare fiducia reciproca, la complementarità possibile tra identità differenti e l’importanza della progettualità di r., in cui tutti questi elementi trovano sintesi ed efficacia operativa.

4. La costruzione di una buona r.e., si fonda sull’individuazione dei componenti di r., dei compiti e delle funzioni, evidenziando in maniera esplicita gli elementi essenziali e gli impegni del reticolo formativo, organizzandoli e gestendoli in maniera armonica. Le condizioni indispensabili per l’operatività della r.e. sono, quindi, la comunicazione e il coinvolgimento, l’attività solidale e il sostegno alle dinamiche formative; la capacità di mediare relazioni informali e interventi formali; ottemperando alla necessità del compito condiviso della osservazione partecipante per un rinnovato senso di appartenenza e capacità di protagonismo nella comunità educante.

5. L’operatività e la costruzione della r.e. dipendono anche dalla capacità di far emergere figure professionali con competenze educative peculiari e di riferimento diversificato. Ciascuna realtà territoriale dovrebbe esprimere un operatore di r. che potrebbe fare da stimolatore dell’attenzione educativa all’interno delle stesse. È indispensabile, tuttavia, individuare un coordinatore, che sia veramente in grado di una «regia pedagogica» finalizzata a suscitare e coordinare il protagonismo di tutti, con l’intento di valorizzare lo specifico educativo delle diverse presenze territoriali.

Bibliografia

Rossini V.,​​ Marginalità al centro. Riflessioni pedagogiche e percorsi formativi, Roma, Carocci, 2001; Sanicola L.,​​ L’intervento di r., Napoli, Liguori, 1994; De Natale M. L.,​​ Devianza e pedagogia, Brescia, La Scuola, 1998; Serra R.,​​ Logiche di r. Dalla teoria all’intervento sociale, Milano, Angeli, 2001; Di Nicola P. (Ed.),​​ R. in movimento,​​ politica della prossimità e società civile, Ibid., 2004; Orlando V. - M. Pacucci,​​ Le r.e. territoriali, in «Orientamenti Pedagogici» 51 (2004) 415-444; Idd.,​​ La scommessa delle r.e. Il territorio come comunità educante, Roma, LAS, 2005.

V. Orlando