PIANIFICAZIONE DELL’EDUCAZIONE

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PIANIFICAZIONE​​ DELL’EDUCAZIONE

È l’organizzazione, secondo una scansione temporale, dello sviluppo del​​ ​​ sistema formativo o di una sua parte.

1. Benché una qualche p.d.e. ci sia sempre stata, è solo dopo la seconda guerra mondiale che si parla comunemente di piani e si diffondono nei ministeri le strutture di p.d.e. Per prima l’Unione Sovietica le attribuisce un posto di rilievo: l’impostazione è caratterizzata da centralizzazione, unità gerarchica di comando, controllo ideologico del curricolo e stretta integrazione fra scuola ed extrascuola, educazione dei giovani e degli adulti, p.d.e. e p. economica. Nei Paesi capitalisti, nonostante la fiducia nelle capacità di autoregolazione del mercato, si riscontra una notevole presenza della p.d.e. dato l’interesse degli Stati a sviluppare l’educazione. La p.d.e. si qualifica per la natura indicativa dei piani, per la tendenza al decentramento, per la preferenza verso gli incentivi. Nei Paesi in via di sviluppo la p.d.e. ha occupato dagli inizi un posto centrale sia per l’influsso delle organizzazioni internazionali, sia per convinzione propria perché, a motivo anche del successo apparente negli Stati comunisti, la p.d.e. si presentava come uno strumento essenziale per distribuire in modo efficace le scarse risorse disponibili. I risultati modesti della p.d.e. e il crollo del blocco comunista hanno creato alla fine degli anni ’80 del XX sec. confusione e incertezza da cui si è usciti attraverso l’adozione di approcci più qualitativi, decentrati e partecipativi.

2. Attualmente​​ si pensa che la p.d.e., pur implicando notevoli aspetti tecnici, non possa essere considerata un’attività prettamente tecnica, ma sia invece intrinsecamente politica perché incide sul futuro del sistema formativo. Di fronte alla scarsa efficacia dell’impostazione centralistica ci si orienta verso una decentrata, partecipativa e aperta; tuttavia, rimane l’esigenza del coordinamento tra le diverse strutture che consenta di valorizzare i rapporti di complementarità esistenti e di realizzare sinergie generali. Quanto ai modelli economici di riferimento, ha perso terreno l’approccio della «mano d’opera» per la difficoltà di prevedere nel lungo periodo le esigenze di forza lavoro; invece, guadagnano consensi la formula della domanda sociale, che punta ad identificare i bisogni dei cittadini, e l’analisi costi-benefici che valuta i vantaggi e gli svantaggi delle alternative proposte allo scopo di determinare la più efficace. Le relazioni tra istruzione e formazione da una parte e crescita economica dall’altra non si possono basare solo sulla domanda di lavoro, ma bisogna anche tenere conto della qualità dell’offerta; si richiede pertanto un monitoraggio costante della domanda e dell’offerta al fine di elaborare strategie concertate. Tale approccio andrebbe realizzato nel quadro di un modello personalista che ponga al centro la persona e non il sistema economico.

Bibliografia

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G. Malizia