insegnamento della LINGUA MATERNA

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LINGUA MATERNA:​​ insegnamento della

L’orientamento didattico che si offre oggi all’insegnante di l. rappresenta sostanzialmente il frutto di due diversi indirizzi: una mutata concezione della l., posta in evidenza specialmente dalla linguistica descrittiva, e una più sentita aderenza alle istanze psicologiche del processo di apprendimento. La prima esigenza, quella linguistica, ha certamente contribuito a destare nell’insegnante un vivo senso della mutabilità delle strutture della l. e insieme del valore primario, per l’insegnamento, della contemporaneità, ossia dei modelli linguistici offerti dai parlanti e dagli scrittori odierni. La seconda ha invece fatto sì che il metodo didattico si adeguasse più efficacemente a certi obiettivi pratici di educazione linguistica e a certi ritmi che sono peculiari del discente proprio nella sua graduale conquista dello strumento linguistico.

2. Rispetto al concetto tradizionale di fissità e trascendenza della norma grammaticale, la linguistica attuale, pur riconoscendo l’esistenza di una norma che governi l’uso della l., rifugge tuttavia dall’attribuire un valore assoluto alle leggi linguistiche. Anche la fonologia e la morfologia, che pure rappresentano le strutture più fortemente obiettivate del linguaggio, non sono tuttavia prive di una certa suscettibilità di variazione individuale e di evoluzione nel tempo. Tali norme linguistiche (fonologiche, morfologiche, lessicali, e soprattutto sintattiche e stilistiche), di conseguenza, non possono avere valore assoluto, ricavate come sono da una fase stabilizzata della l., per essere applicate ad atti espressivi mutevoli insieme ai sentimenti degli individui, alle esigenze dell’ambiente, allo svolgimento della cultura. In pratica, il problema si traduce nella difficoltà di determinare i canoni della correttezza linguistica, soprattutto sotto l’aspetto più cruciale della ortodossia grammaticale. Non c’è forse problema più scottante, oggi, nell’insegnamento della grammatica. In fondo, si tratta di scegliere tra una presunta «autorità», trascendente la l. stessa, e l’uso socialmente dominante. Da tutto ciò consegue per l’insegnante l’impreteribile necessità di aggiornarsi sui contributi della scienza linguistica sia per attingerne criteri di sano progressivismo, sia anche per evitare affrettate iconoclastie nei riguardi delle formule tradizionali. Accanto allo studio filologico, che nutrirà particolarmente la sua cultura letteraria, egli dovrà aprirsi non meno alle nuove visioni della linguistica sincronica, che lo rendano idoneo ad intendere e equamente valutare i contributi della l. contemporanea. In secondo luogo, va notato che l’accettazione dell’istanza psicologica da parte della didattica linguistica ha rivoluzionato le tradizionali concezioni metodologiche. Per cui l’orientamento attuale della didattica linguistica viene a presentare due evidenti contrassegni: a)​​ aderenza ai fattori psicologici dell’apprendimento​​ quale si verifica soprattutto nell’allievo giovane; b)​​ funzionalità di obiettivi,​​ per cui più non si concepisce un insegnamento tendente ad imbottire i cervelli di definizioni astratte e di nomenclature grammaticali, ma si vuole dare all’allievo l’immediata capacità di far buon​​ uso​​ della l. che gli si insegna.

3. Possiamo ridurre a due le finalità della l.m.: a) assicurare al giovane uno​​ strumento perfetto di autoespressione,​​ curando la capacità espressiva sia nel suo aspetto formale, e perciò assicurando le due doti della​​ sincerità​​ (adeguazione fra mente e parola, quindi rifuggente dalla retorica – espressione che supera il contenuto dell’esperienza personale – e dalla inespressione – forma inadeguata al contenuto –) e dell’originalità​​ (esistente qualora l’eloquio sia specchio fedele dell’animo individuale); sia nel suo aspetto materiale, curando quindi la​​ ricchezza​​ dell’eloquio (vocabolario sufficientemente nutrito) e la​​ consapevolezza​​ linguistica (possesso cosciente delle esigenze grammaticali); b) ad uno scopo di maggior perfezione linguistica e spirituale, si rende però necessario lo studio della​​ ​​ letteratura che deve trasmettere al giovane quei valori culturali e quella perfezione di sentire che sono incastonati nelle creazioni culturali del genio nazionale.

4. Ma perché tali finalità possano essere veramente raggiunte, oltre ad un solido contenuto di programma scolastico, si richiede l’applicazione di una​​ metodologia didattica​​ «razionale». La vera coscienza riflessa di un problema del «metodo» nell’insegnamento linguistico è di data recente: la riposizione critica del problema la troviamo in Comenio (​​ Komenský),​​ ​​ Rousseau,​​ ​​ Pestalozzi,​​ ​​ Fröbel, e poi soprattutto nei pedagogisti del sec. XIX e nei contemporanei. Un’impronta particolare è stata lasciata in questo campo da un maestro ginevrino del secolo scorso, il francescano p.​​ ​​ Girard, e da un didatta italiano del nostro secolo,​​ ​​ Lombardo-Radice. I risultati di questa revisione critica si possono riassumere in un solo principio: ritornare al​​ metodo «naturale»,​​ le cui leggi essenziali sono implicite nel metodo​​ materno​​ per la coltura del linguaggio infantile. Il metodo «naturale» – considerato come procedimento ideale – è un metodo​​ vivo,​​ ossia sostanziato di «parlare» e schivo dalle definizioni astratte e dalla fredda nomenclatura;​​ globale e concreto,​​ in quanto rispondente ai bisogni e agli interessi reali del giovane e fondato sull’intuizione o sulla percezione di entità globali (il discorso, la frase, totalità insomma aventi senso compiuto) e non sulla analisi di elementi semplici staccati dal tutto organico a cui appartengono;​​ graduale,​​ che cioè manuduce il giovane lungo le tappe progressive del suo sviluppo espressivo senza forzarlo.

5. Da un punto di vista​​ tecnico,​​ due sono sostanzialmente le garanzie di efficacia didattica nell’insegnamento delle l., e particolarmente di quella nazionale: a) creare un «ambiente linguistico» favorevole alla libera e corretta espressione; ciò richiede di far sorgere nella classe un ambiente di​​ spontaneità familiare,​​ misto quindi di confidenza e di serietà, che permetta agli allievi di parlare con moderata libertà per manifestare bisogni e interessi reali di vita (oralmente o per iscritto); e di assumere il parlare e lo scrivere spontaneo come​​ contenuto​​ del proprio insegnamento, che dovrà essere nella scuola primaria in gran parte spicciolo od occasionale; b) funzionalizzare il metodo per​​ tendere a perfezionare l’«uso» della l.​​ In pratica, ciò significa: orientare la grammatica, la conversazione, la lettura e il vocabolario al perfezionamento della composizione (orale e scritta). Pertanto, nel primo stadio dell’insegnamento linguistico tutto deve diventare​​ avviamento al comporre.​​ Soltanto in seguito, mediante un progredito studio della letteratura, si tenderà all’affidamento della coscienza linguistica​​ e all’assimilazione di valori culturali ed estetici.

Bibliografia

a) Natura della l.: Bloomfield L.,​​ Language,​​ London, Allen and Unwin, 1933; De​​ Saussure F.,​​ Cours de linguistique générale,​​ Paris, Payot, 1949 (trad. it.​​ Bari, Laterza, 1970); Devoto G., «Essenza della l.», in​​ La didattica della l. it.,​​ Genova, Centro Didattico Naz. per la Scuola Elem., 1955. b) Psicologia del linguaggio: Bruner J.,​​ Lo sviluppo del linguaggio nel bambino,​​ Roma, Armando, 1991; Freddi G.,​​ Il bambino e la l.,​​ Padova, Liviana, 1991; Vygotsky S. L.,​​ Pensiero e linguaggio,​​ Bari, Laterza, 1992; Titone R.,​​ La psicolinguistica ieri e oggi,​​ Roma, LAS, 1964 / 1993. c) Didattica della l.: Titone R.,​​ L’insegnamento delle materie linguistiche e artistiche,​​ Ibid., 1963; Tulasiewicz W. - A. Adams,​​ Teaching the mother tongue in a multilingual Europe, London, Continuum International Publishing Group,​​ 2005.

R. Titone