DIDATTICA SPECIALE
Processo attraverso il quale l’itinerario formativo definito per rispondere ai bisogni, alle potenzialità, alle peculiarità dei soggetti in situazione di → handicap e di grave svantaggio socio-culturale trova attuazione concreta in specifiche sequenze di apprendimento.
1. L’evoluzione storica del concetto di d.s. è strettamente connessa a quella dell’ → educazione speciale. All’approccio sensista di Itard segue la visione più mirata allo sviluppo intellettuale di Séguin. Soltanto con → Montessori viene superata la concezione medico-assistenzialistica e si giunge alla centralità di un alunno da educare attraverso un itinerario didattico rispondente ad uno sviluppo mentale che procede per fasi (anticipazione dei concetti di assimilazione e accomodamento che saranno successivamente sperimentati e teorizzati da → Piaget). L’alunno handicappato, proprio in quanto presenta un’evoluzione in cui determinati stadi assumono carattere patologico o non sono ancora presenti e / o superati, necessita di un approccio didattico specialistico. Tali teorie intorno all’handicap trovano piena attuazione in una struttura scolastica che si configura come scuola speciale e classe differenziale in cui «alla diversità» viene data una specifica risposta didattica. Questa concezione della d.s., presente all’inizio del sec. XX nei laboratori protetti e nelle scuole ad indirizzo didattico differenziato, si può tuttora riscontrare nei sistemi scolastici di molti Paesi dove la scolarizzazione avviene in condizioni di completa o parziale separatezza.
2. In Italia l’inserimento degli alunni normali nella scuola comune, disposto dalla L. 517 del 4 agosto 1977, è pienamente consolidato nella scuola dell’infanzia e in quella dell’obbligo. Più complesso appare il processo d’integrazione nella scuola secondaria superiore, dove i percorsi didattici e l’organizzazione della struttura scolastica assumono configurazioni molto differenti rispetto alla scuola di base. In stretto riferimento con la pedagogia della differenza, la d. non si riferisce a percorsi standard da utilizzare in base alle tipologie dell’handicap, ma assume il carattere della risposta concreta ad un diritto allo studio che diviene diritto all’apprendimento, vale a dire diritto a ricevere la prestazione didattica più rispondente ai propri bisogni personali. Conseguentemente la prestazione didattica è connotata dalla flessibilità e dalla modularità e si situa in un contesto progettuale intenzionale e scientificamente valutabile. Con la L. 104 del 5 febbraio 1992 il processo di integrazione, inteso secondo questa prospettiva, raggiunge piena significazione in quanto appare ben chiaramente delineata la struttura organizzativa che si presta ad accogliere, inserire, integrare gli alunni handicappati. I percorsi didattici, pertanto, poggiano su una base razionale che pone i suoi punti di forza nel profilo dinamico funzionale (lettura dei requisiti d’ingresso e delle potenzialità residue) e nel piano educativo individualizzato (sottosistema progettuale nel sistema progettuale della scuola e della classe).
3. In tale contesto la d.s. non è percorso di semplice socializzazione «in presenza», non è percorso di omologazione, è percorso di «normalizzazione», intesa come potenziamento delle «aree sane» per compensare i deficit e le compromissioni. Progettazione ed attuazione di questi percorsi didattici non costituiscono competenza esclusiva dell’insegnante di sostegno, ma sono prerogativa di un intero gruppo docente, dove le conoscenze e le capacità specialistiche sono al servizio di un’intera comunità scolastica in cui vanno sempre più emergendo nuove «diversità» generate dal carattere complesso e conflittuale della società contemporanea.
Bibliografia
Canevaro A., Handicap e scuola, Roma, NIS, 1983; Cancrini L., Bambini diversi a scuola, Torino, Bollati Boringhieri, 1991; Trisciuzzi L., Manuale di d. per l’handicap, Bari, Laterza, 1993; Vico G., Handicap, diversità, scuola, Brescia, La Scuola, 1994.
A. Augenti