CULTURA RADICALE

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CULTURA RADICALE

Nel corso di quelli che sono stati detti i «difficili anni ’70» sono stati messi in crisi le ideologie, i modelli culturali, i modi tradizionali della ricerca scientifica (e di quella delle scienze umane in particolare); ma si sono pure ricercati nuovi modi di sentire, di fare c. e di fare scienza. In tale contesto può essere collocata quella che è stata denominata globalmente come c.r. (ad indicare un modo globale di sentire che va «alla radice» e che «porta all’estremo» le questioni).

1. Essa si è sostentata soprattutto della psicoanalisi strutturalista post-lacaniana e delle suggestioni di F. Nietzsche; e più genericamente di un certo neo-nichilismo che azzera verità e valori tradizionali e che nega ogni assolutezza. Il concetto tradizionale di soggettività ne esce profondamente scosso. L’uomo è ridotto ad un gioco pirotecnico di pulsioni e di bisogni, che atomizzano l’esistenza individuale e collettiva. Una razionalità immanente alla storia, così come una normatività oggettiva della natura sono considerate assolutamente impensabili. Al limite l’uomo viene paragonato al «rizoma», pianta senza vero fusto e foglie, ricco di riserve interne, dalle diramazioni clandestine e dagli sviluppi sotterranei non prestabiliti. Analogamente la vita collettiva è considerata simile a quella di un formicaio in cui ogni individualità è come dominata da un incessante dinamismo che la supera e che si riproduce oltre ogni mutilazione od eliminazione di questa o quella individualità. Rifiutata ogni fondazione razionale ed ogni collegamento rigido alla tradizione od ogni tentativo di riduzione ad unità organiche, l’esistenza è vista come incessante e libera produzione dei bisogni e dei desideri che liberano «dis-organicamente» la molteplicità spontanea di quelli che son detti «bisogni radicali». Il loro soddisfacimento e la loro libera espansione diventano il principio e la regola suprema d’azione.

2. Tali modi di pensare hanno fatto moda culturale. Per tanti versi hanno interpretato la diffusa aspirazione al benessere e il fascino discreto del consumismo attuale, come pure il desiderio di​​ ​​ emancipazione da ogni forma di soggezione sociale e dall’autoritarismo tradizionale. In tal senso la c.r. è contro l’educazione, vista come apparato e strumento di soggiogamento interiore e di omologazione culturale. Più largamente, oggi essa si manifesta come lotta anti-global contro l’imprenditoria e il mercato mondializzato a difesa delle libertà individuali e di un ecosistema sano; e come laicità progressista e difesa ad oltranza dei diritti umani soggettivi contro ogni forma di fondamentalismo o di ingerenza clerical-conservativa nella vita civile e politica.

Bibliografia

Marcuse H.,​​ Saggio sulla liberazione,​​ Torino, Einaudi, 1969; Heller A.,​​ La filosofia radicale,​​ Milano, Il Saggiatore, 1976; Deleuze G. - F. Guattari,​​ Rizoma,​​ Parma, Pratiche, 1977; Acquaviva S.,​​ In principio era il corpo,​​ Roma, Borla, 1977; Berni S.,​​ Nietzsche e Foucault. Corporeità e potere in una critica radicale della modernità, Milano, Giuffrè, 2005.

C. Nanni