SHINTOISMO
Lo s., religione del Giappone, si basa sull’adorazione dei kami (divinità naturali). La parola Shinto viene da shin (divinità di luce) e tao (via); significa «la via degli dèi».
1. Lo s. nasce per distinguersi dal → Buddismo e richiama qualcosa di soprannaturale. Non ha fondatore, né sacre scritture, né dogmi, né interpreti autentici; ma esprime il sistema dei valori cui viene orientata ogni persona fin dalla nascita. I vari riti tendono a soddisfare i sensi dell’uomo e a pacificare la mente e il cuore.
2. Vi si distinguono tre forme: a) lo s. della Casa Imperiale che celebra ricorrenze e feste sia della famiglia dell’imperatore che dell’intera nazione. Il rituale onora Amaterasu, la dea-madre della famiglia imperiale e dei giapponesi; b) quello dei templi (corrente principale) che raccoglie credenze, riti, feste, e strutture che sostengono circa 80 mila templi sparsi sul territorio (22 mila sacerdoti e 75 milioni di seguaci); c) quello popolare che forma lo strato profondo dell’anima giapponese e raccoglie gli elementi della religiosità in riti, usanze e pratiche assai in voga nel popolo. Nello s. moderno il cuore del culto è il «tempio» in cui si celebrano molti riti ed è sempre aperto ai fedeli, che possono recarvisi per pregare e fare offerte. Gli spazi sacri sono più affollati nei giorni in cui cadono i «matsuri», cioè i festival nazionali. Il tipo di preghiera non segue regole specifiche, ed ognuno può avere espressioni personali. Ci si reca al tempio chiedendo protezione costante sulla famiglia e fortuna per superare difficoltà. La venerazione corrisponde sempre ad un contatto con il mondo naturale, che rende i templi oasi di pace all’interno delle caotiche città. Il culto sottolinea l’appartenenza dell’uomo all’universo di cui è cellula. I riti aiutano a comprendere le scelte da fare, offrono forza e sostegno per superare le difficoltà e supportano la visione spirituale del mondo. L’estetica del tempio (considerato edificio mistico) aiuta a respirare la sacralità del mondo, come luogo sacro a cui in genere canalizza. I rituali collettivi sono gestiti dai sacerdoti; sono molto dettagliati e rappresentano l’equilibrio del mondo. Il modello rituale divenne comune a tutti i templi nel XIX sec. Oggi, in una costante opera di modernizzazione, vengono introdotti nuovi modelli rituali.
3. Lo s. dà importanza alla vita presente, di cui in ogni età celebra l’aspetto più significativo. Nel fluire eterno del tempo il presente è il punto di incontro tra l’uomo e la sua storia eterna. Nella natura lo s. vede l’azione dei Kami (dèi) più che la loro essenza. La mitologia giapponese narra di un anonimo Dio centrale, assoluto e trascendente, principio di ogni cosa, e mostra interesse per l’operare divino di cui vede in tutti i fenomeni l’opera del Kami, che implica: a) che ciascuno ha ricevuto la sua vita dal Kami attraverso gli antenati; b) che la vita quotidiana si rende possibile per la protezione divina; ciò costituisce la base dei diritti e dei doveri religiosi di ciascun uomo. Lo s. insegna che il volto deve essere il riflesso del cuore, «bello, puro e onesto», come il cuore del Kami. L’uomo ripristina la sua bellezza primordiale, dopo le colpe commesse, attraverso il rito della purificazione e l’attiva partecipazione alle feste del Kami, in cui la persona e il Kami entrano in comunicazione con preghiere, offerte, musica e danze. Le feste hanno importanza vitale in quanto rafforzano il legame di solidarietà e di coesione all’interno della comunità umana. Perciò, oltre alle feste annuali per tutto il popolo, vi sono molti riti di passaggio che interessano la famiglia nel suo complesso: la benedizione del neonato, la festa della crescita per ogni bambino / a che ha compiuto 3, 5, 7 anni; la festa della maturità per chi ha compiuto 20 anni, le nozze davanti al Kami.
4. Lo s. si pratica anche nelle case, dove si allestiscono altarini («mensola»), su cui è posto uno specchio (dà una rappresentazione dei kami) e vi si aggiungono altri oggetti sacri. L’altare serve per offrire preghiere e incenso, oltre ad una serie di elementi tradizionali tra cui il sale, l’acqua e il riso. In alternativa a templi ed altari domestici, anche la «natura» è un luogo sacro: montagne, laghi, isole, spiagge, foreste. Come ambienti incontaminati, sono l’espressione massima del divino, rappresentando una via per giungere a contemplare il sacro ed a percepire la dimensione divina dell’universo. La forza comunitaria si basa sulla famiglia e ogni tipo di comunità è una sua estensione: la scuola è la propria famiglia estesa nel campo educativo; la fabbrica nel campo del lavoro. Lo s. inculca un profondo senso di appartenenza e di adesione alla propria famiglia, promuovendo valori di lealtà, di laboriosità, di solidarietà.
Bibliografia
Dizionario Enciclopedico Larousse, Milano, Ed. Peruzzo-Larousse, 1990; Breully E. - M. Palmer, Le religioni nel mondo, Casale Monferrato (AL), Piemme, 1994; Sottocornola F. (Ed.), «S. La via degli Dèi». La religione autoctona del Giappone, Bologna, «Sètte e religioni», quad. 31, 2002; Bellinger G. J., Enciclopedia delle religioni, Milano, Garzanti, 2004; La Biblioteca di «Repubblica», Storia delle religioni. Cina - Estremo Oriente, Roma, G. Laterza & Figli, 2005.
G. Morante