LETTERATURA insegnamento della

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LETTERATURA:​​ insegnamento della

L’insegnamento della l. implica questioni teoriche oltre che psico-pedagogiche.

1. Infatti richiede come presupposto un sufficiente grado di sviluppo della capacità di lettura, applicata agli scopi di informazione, ricreazione e diletto. Pertanto presuppone nel giovane una certa maturità delle sue funzioni psichiche superiori, intellettuali ed estetiche. Ma chiede anche che si pigli posizione nella questione della​​ funzione​​ della l.​​ ​​ Platone parla di una polemica, già vecchia ai suoi tempi, tra poeti e filosofi. In fondo, le teorie più recenti dell’«arte per l’arte» o della​​ «poésie pure»​​ non costituiscono grandi novità rispetto alle polemiche più antiche; benché non si possa identificare la «eresia didascalica» – come Poe chiamò la concezione della poesia come strumento di edificazione – con la dottrina rinascimentale secondo cui la poesia piace e insegna o insegna piacendo. La storia delle teorie estetiche si potrebbe quasi riassumere nell’oscillazione dialettica, in cui tesi e antitesi sarebbero date dall’oraziano​​ dulce​​ e​​ utile.​​ Ciascuno dei due predicati, presi separatamente, non può che dar origine a teorie incomplete perché unilaterali. All’istanza secondo cui la poesia (o la l. in genere) è diletto risponde l’istanza che vede la poesia come insegnamento. All’idea che la l. dovrebbe ridursi a mezzo di persuasione risponde l’idea di una l. neutra, ridotta a suono puro o a vergine immagine. La verità sembra stare nella sintesi delle due note oraziane. Si è parlato anche abbondantemente della funzione​​ catartica​​ dell’arte, da cui non andrebbe esclusa la l., che mirerebbe a liberare o il lettore o lo scrittore dalla pressione angustiante delle emozioni. Ma non è forse egualmente vero che la l., anziché calmare le emozioni, ha talvolta il potere e l’effetto di incitarle?

2. È evidente che, sebbene il letterato non si ponga la questione della funzione o degli effetti dell’opera d’arte, tale questione è ineludibile sul piano​​ morale ed educativo,​​ e va quindi risolta da ciascun insegnante- educatore nella sincerità della propria coscienza. Hosic nel 1917 aveva raccolto e rilevato quattro obiettivi propri dello studio letterario: a) allargare, approfondire ed arricchire la vita immaginativa del giovane; b) destare un senso sincero di ammirazione per le grandi personalità sia degli autori (scrittori) che degli attori (o personaggi descritti); c) elevare il potere di godimento spirituale; d) far conoscere al giovane ambito e contenuto del patrimonio letterario. A sua volta, a livello liceale, Taylor ha indicato queste finalità: la l., nel suo valore di universalità, conferisce a) un senso della interdipendenza vitale nella società umana; b) un affinamento e un ravvivamento del sentire, del pensare, del fare umano in ciascun individuo che vi si accosta e rivive l’esperienza letteraria genuinamente in se stesso; c) un senso del processo creativo e ricostruttivo con cui l’uomo trionfa sul processo disintegrativo della realtà cosmica; d) un ampliamento delle prospettive del giudizio e della decisione.

3. Per giudicare della dinamica psicopedagogica dell’esperienza letteraria bisogna tener presenti i due aspetti che la costituiscono: l’aspetto​​ contenutistico​​ e l’aspetto​​ formale.​​ La l. non è solo contenuto, come non è solo forma: ciò che la distingue da altri prodotti spirituali dell’uomo è appunto la fusione di un contenuto di alto valore spirituale con una forma autenticamente «bella». Perciò l’esperienza letteraria non si può ridurre a un fatto meramente intellettuale, di assimilazione di dati culturali (culturalismo),​​ ma nemmeno ad un semplice fascio di vibrazioni estetiche (estetismo).​​ Per cui, se da una parte non si può fare insegnamento letterario, col rimpinzare la mente del giovane di nozioni storiche o formali, dall’altra non ci si deve fissare unicamente sull’apprezzamento e sull’imitazione di una forma vuota, che in questo caso non sarebbe più «valore» ma «orpello».

4. L’accostamento alla l. esige un buon​​ avviamento alla lettura:​​ l’insegnare a leggere secondo i fecondi canoni della «l. estetica di prima impressione» e della «l. estetica approfondita». Sarà anche necessario indirizzare gli allievi alla «lettura ricreativa». Il gusto della vera l. si coltiva dirigendo intelligentemente, già fin dalle elementari, la scelta delle letture ricreative. Infine, è opportuno un avvertimento sul​​ contenuto​​ dell’insegnamento letterario. Dovrebbe essere bandito un certo feticismo per la l. del passato, che è sempre aggravato da un atteggiamento di sdegnoso ripudio per la l. contemporanea. Anche nella scuola media, anziché proibire la lettura degli autori contemporanei (certo, giudiziosamente scelti), è proprio da questi che dovrebbe iniziarsi l’accostamento ai valori letterari, e ad essi si dovrebbe poi ancora tornare dopo l’esplorazione (indispensabile) del passato. Solo in questo senso la didassi linguistica riuscirebbe autenticamente «funzionale».

Bibliografia

Coveri L. (Ed.),​​ Insegnare l. nella scuola superiore,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1986; Armellini G.,​​ Come e perché insegnare l.,​​ Bologna, Zanichelli, 1987; Blau S.,​​ The literature workshop: Teaching texts and their readers, Portsmouth (NH), Heinemann, 2003; Beach R. W. - D. Appleman,​​ Teaching literature to adolescents, New York (NY),​​ Lawrence Erlbaum Associates, 2006; Dorfman L. R. - R. Cappelli,​​ Mentor texts: teaching writing through children’s literature,​​ K-6, Portland (Maine), Stenhouse Publishers, 2007.

R. Titone