PERDONO
La risposta misericordiosa nei confronti di una persona o di un gruppo che ha fatto del male o ha offeso ingiustamente un’altra persona o un gruppo.
1. Nell’atto del p., la persona sostituisce affetti (odio o rancore), conoscenze (giudizi duri) e comportamenti (vendetta o rappresaglia) nei confronti dell’offensore, sebbene in sé giustificati, con sentimenti, giudizi e atti positivi di rispetto, di accettazione e di comprensione che passano sopra, almeno a livello di atteggiamento persona le, l’ingiustizia e il disagio subiti. Il p. si distingue dalla giustizia per il fatto che costituisce un dono incondizionato e non necessariamente reciproco verso una persona che non lo merita. Il p. non nega l’ingiustizia né la dimentica ma smette di giudicare la persona esclusivamente in termini di quello che ha fatto. Non è dunque né mancanza di coraggio e di forza né una forma di debolezza morale. L’atto del p., al contrario, richiede una forma considerevole di coraggio (e magari dovrà lasciare che la giustizia sociale segua il suo corso). Di origine religiosa, il p. è stato un valore molto sottolineato nei sistemi educativi tradizionali che facevano capo alla tradizione giudaica e soprattutto a quella cristiana. Ultimamente il suo valore terapeutico e risanatore è stato scoperto nell’ambito delle scienze sociali. Per i suoi aspetti positivi (stima di sé, capacità relazionali, speranza nel futuro, riduzione dell’angoscia) è sembrato significativo riconsiderare, ormai sulla base più sicura di ricerche empiriche nonché di nuovi approfondimenti provenienti dalle scienze umane, filosofiche e teologiche, il valore specificamente umano del p.
2. Per quanto compito della famiglia, della scuola o di altre istanze educative, l’educazione al p. si colloca ormai in una formazione etica allargata. Sotto questo aspetto l’educazione etica, spesso dominata dalla psicologia conoscitiva e genetica di → Kohlberg, va riconsiderata in diversi sensi. Infatti una visione più completa di moralità comprende, oltre l’aspetto della giustizia, quello della misericordia e del p. che, diversamente dalla giustizia, non richiedono reciprocità. In tal senso la coscienza morale ben formata comporta qualcosa di più dello sviluppo del giudizio morale nel senso della psicologia cognitiva. Più che con l’apprendimento, l’interiorizzazione del principio etico del p. si realizza attraverso l’identificazione con persone che presentano il comportamento del p., che si ammira e che si fa proprio. Oltre a ciò l’uomo religioso sarà incline al p. nella misura in cui abbia assimilato la benevolenza divina nei suoi confronti. Modelli concreti (genitori, educatori, insegnanti, animatori) e figure ideali (eroi, santi, Gesù Cristo...) dovranno necessariamente mediare la virtù del p. con i loro atteggiamenti specifici. Tuttavia si deve sottolineare anche la necessità di presentare a livello teorico il senso e il valore del p. con i vari motivi pro e contro questa virtù. Programmi educativi e catechistici a livello didattico, esperienziale e comportamentale costituiscono i fattori educativi in grado di promuovere lo sviluppo etico della capacità del p.
Bibliografia
Floristán C. - C. Duquoc (Edd.), Il p., in «Concilium» 22 (1986) 2 (n. monogr.); Enright R. D. - E. A. Gassin - C. U. Wu, Forgiveness: a developmental view, in «Journal of Moral Education» 21 (1992) 2, 99-114; Chauvet L. M. - P. de Clerck (Edd.), Le sacrement du pardon entre hier et demain, Paris, Desclée, 1993; Lambert J. et al., Pardonner, Bruxelles, Facultés Universitaires Saint-Louis, 1994; Giulianini A., La capacità di perdonare, Milano, San Paolo, 2005.
J. Schepens