COMPETITIVITÀ

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COMPETITIVITÀ

La c. è quella serie di atteggiamenti, comportamenti e processi messi in atto da una pluralità di individui o gruppi sociali che convergono con uguali pretese per il raggiungimento di scopi o risorse identiche, ma fortemente limitate rispetto ad una domanda sempre relativamente eccedente.

1.​​ Distinzioni.​​ Il moltiplicarsi dei soggetti sociali, tratto caratteristico della società complessa, amplifica anche la concorrenzialità rispetto a obiettivi e beni scarsamente riproducibili. Il primo obiettivo della c. è perciò diretto ad ottenere l’oggetto desiderato più che a concorrere con i competitori. Questi vogliono tutti ottenere per sé, sottraendola necessariamente agli altri, la quota più alta possibile della stessa risorsa (reddito, potere, prestigio). La scarsità delle risorse perciò è un elemento essenziale della c., ma non lo è nello stesso modo del​​ ​​ conflitto. Per Park e Burgess, la c. si distingue dal conflitto, in quanto questa è una lotta tra individui o gruppi che non sono necessariamente in contatto, né comunicano tra loro, mentre il conflitto è una contesa in cui il contatto è indispensabile. La c. inoltre è inconscia, mentre il conflitto è sempre cosciente; si manifestano quindi come due tipi di rapporto sociale assai diversi. Dahrendorf però respinge questa distinzione, affermando che sia il conflitto che la c. comportano sempre una lotta per delle risorse limitate (1963). I primi ecologisti hanno considerato la c. come il processo fondamentale dell’umana organizzazione sociale, capace di determinare la stessa distribuzione spaziale e funzionale della popolazione.

2.​​ Prospettive e tipologie.​​ La c. è perciò una categoria che si pone all’incrocio di un sistema sia sociopolitico (c. sociopolitica)​​ che socioeconomico (c. socioeconomica).​​ In questa seconda prospettiva il modello della c. è definito dalla situazione di mercato, in cui le opportunità per competere sono per principio equamente distribuite, come anche le sanzioni sono le stesse per tutti. La c. però viene limitata quando tra i competitori vi è una disuguale distribuzione delle risorse da scambiare, come nel caso del monopolio, in cui il controllo sulla controparte è virtualmente completo. Ciò avviene in modo tipico tra i Paesi dipendenti e le multinazionali nei mercati delle​​ materie prime basati su uno scambio ineguale. Infine in una società caratterizzata dal pluralismo culturale si assiste all’emergere anche di una​​ c. socioculturale,​​ di cui un esempio tipico è dato nel campo della religione dalla concorrenza delle agenzie di significati diverse da quelle religiose o dal diffondersi a macchia d’olio delle​​ ​​ sette religiose. In una prospettiva​​ pedagogica,​​ è tuttora un nodo di discussione l’efficacia della c. nella ricerca del successo, soprattutto in ambito scolastico. In questo contesto essa può essere considerata secondo​​ tre accezioni:​​ come una​​ struttura per l’​​ ​​ apprendimento​​ (è fatta dal clima, dall’organizzazione, e dall’ethos creato in classe); come​​ tratto di​​ ​​ personalità​​ compulsivamente motivato al successo; come​​ ​​ comportamento teso alla superiorità, nei confronti degli altri, in contrapposizione alla cooperazione. Tutto ciò comporta una serie complessa di fattori dove sono coinvolti atteggiamenti e relazioni interpersonali sia degli insegnanti che degli allievi.

Bibliografia

Owens L. - R. G. Stratton,​​ The development of a cooperative,​​ competitive,​​ and individualised learning preference scale for students,​​ in «British Journal of Educational Psychology» 50 (1980) 147-161; Bagnasco A. et al.,​​ Corso di sociologia,​​ Bologna, Il Mulino, 1997; Comoglio M.,​​ Educare insegnando.​​ Apprendere ad applicare il «cooperative learning», Roma, LAS, 2000; Cesareo V. - M. Magatti (Edd.),​​ Comunità,​​ individuo e globalizzazione, Roma, Carocci, 2001; Vasapollo L. et al.,​​ Competizione globale. Imperialismi e movimenti di resistenza, Milano, Jaca Book, 2004.

R. Mion