CLIMA EDUCATIVO / SCOLASTICO

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CLIMA EDUCATIVO /​​ SCOLASTICO

Si riferisce alle proprietà d’insieme ed alle capacità espressive dell’istituto scolastico, definito come comunità sensibile e ricettiva rispetto ai compiti di sviluppo ed al benessere sociale, intellettuale, emotivo ed affettivo dei soggetti – alunni, insegnanti ed altri operatori – che a vario titolo interagiscono. Secondo questo approccio ecologico all’educazione, la sinergia degli elementi costitutivi comprende anche la configurazione degli spazi e degli arredi, l’inquadramento temporale e i ritmi, quotidiani e non quotidiani, le relazioni fra i singoli ed i gruppi, fino a identificare un​​ ​​ curricolo implicito​​ della​​ ​​ organizzazione scolastica, che esercita una​​ ​​ didattica indiretta in grado di influenzare oggettivamente i comportamenti mediante la condivisione pratica delle regole costitutive.

1.​​ L’indagine specifica sul concetto di c.e.s. si colloca nel quadro della ricerca educativa sugli «effetti-scuola», interessata ai risultati in termini di apprendimento, diretto ed indiretto, che il c.e.s. può ottenere. Quando si afferma l’effetto-scuola ci si riferisce all’esperienza piuttosto comune che mostra come ci siano istituti scolastici tristi, squallidi, altri austeri, severi, mentre alcuni sono accoglienti, attraenti, e addirittura gioiosi. Tradotto in forma di domanda, il problema si formula così:​​ il «c.» di una scuola influenza il comportamento degli insegnanti ed il loro rendimento? e il comportamento e l’apprendimento degli alunni?​​ A questi interrogativi si risponde immancabilmente di sì, anche se risulta difficile provarlo. All’origine della ricerca sul «c.» ritroviamo​​ ​​ Lewin, il quale introdusse il concetto già alla fine degli anni ’30 allo scopo di rappresentare le dinamiche indotte dai diversi stili di​​ leadership​​ nei gruppi. Fu egli ad adottare un’immagine già climatica, l’atmosfera,​​ che definisce come «qualcosa di intangibile, una proprietà della situazione sociale complessiva, che potrà essere valutata scientificamente se verrà colta da questo punto di vista»​​ (orig. 1948, trad. it. l980, 114). Come si vede, fin dall’origine il concetto si qualifica per la sua portata globale, che si servì in modi peculiari di nozioni geometriche, non metriche bensì topologiche, proprio per identificare fenomeni interpersonali e sociali continui, non riducibili a sommatorie di elementi discreti. Da allora, la ricerca ha continuato a dibattersi intorno alla questione dei rapporti fra le parti ed il tutto, oscillando tra l’approccio di tipo elementaristico, che esamina il peso specifico dei singoli fattori e quello sistemico e olistico, che punta sulle qualità «oggettive» dell’organizzazione nel suo insieme. Un passo avanti rispetto al comportamentismo imperante fu promosso da Argyris nel 1958, che riprese la nozione di «c.» in chiave organizzativa, per assumerla all’interno di un modello cibernetico e identificarla come uno​​ stato omeostatico del sistema​​ e​​ funzione di regolazione​​ sovraordinato rispetto a tre aggregati di variabili: a) le politiche, le procedure e le posizioni formali dell’organizzazione; b) i fattori personali, includenti bisogni, valori e capacità individuali; c) le variabili associate relative agli sforzi degli individui per conformare i propri fini a quelli dell’organizzazione. Secondo questo​​ approccio olistico, il «c.» viene concepito come​​ attributo dell’organizzazione​​ e non la risultante di percezioni individuali.

2. Per quanto concerne la ricerca sui c. scolastici, l’adozione di un’idea di c.e.s. che recupera i contributi della fenomenologia, dell’interazionismo simbolico e dell’etnometodologia, è rintracciabile nel​​ modello di Tagiuri​​ (1968), che si articola su quattro gradi tassonomici: 1) l’ecologia, ovvero gli aspetti materiali della scuola (numero di alunni al totale, numero di alunni per classe, attrezzature, rifiniture dei locali, pulizia, manutenzione…); 2) l’ambiente umano,​​ ovvero le caratteristiche degli alunni e degli operatori, scolastici e amministrativi; 3) il​​ sistema sociale, ovvero l’assetto amministrativo, ruoli e funzioni di singoli, gruppi ed altre aggregazioni, formali ed informali; 4) la​​ cultura, ovvero le norme, le credenze, i valori, i sistemi di significato… prevalenti all’interno della scuola. Più recentemente la Gather Thurler ha proposto, attraverso tre indicatori di portata complessiva – Modalità di relazioni professionali fra gli insegnanti, Stili di direzione, Genere di consenso in rapporto alle finalità educative​​ – una interessante tipologia di «profili climatici»:​​ individualismo,​​ balcanizzazione,​​ grande famiglia,​​ collegialità imposta,​​ cooperazione e interdipendenza. Da segnalare, infine, che tra i fattori che sembrano orientare significativamente il c.e.s. sono state indicate la personalità e le strategie educazionali del​​ ​​ dirigente scolastico.

Bibliografia

Lewin K. - R. Lippit - R. K. White,​​ Patterns of aggressive behavior in experimentally created «social climates», in «Journal of Social Psychology» 10 (1939) 271-299; Argyris C.,​​ Some problem in conceptualizing organizational climate. A case-study of a bank, in «Administrative Science Quarterly» (1958) 2, 501-520; Tagiuri R., «The concept of organizational climate», in R. Tagiuri - G. H. Litwin (Edd.),​​ Organizational climate: exploration of a concept, Boston, Harvard University, l968, 11-32; Lewin K.,​​ I conflitti sociali​​ (1948), Milano, Angeli, 1980; Anderson C. S.,​​ The search for school climate: A review of the research, in «Review of Educational Research» 3 (1982) 368-420;​​ Bressoux P.,​​ Les recherches sur les effets-écoles et les effets-maîtres, in «Revue Française de Pédagogie» (1994) 108, 91-137; Gather Thurler M.,​​ Rélations professionnels et cultures des établissements scolaires: au-delà du culte de l’individualisme?, in «Revue Française de Pédagogie» (1994) 109, 19-39.

E. Damiano