ALTERITÀ

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ALTERITÀ

Il tema dell’altro è diventato centrale nel dibattito culturale contemporaneo. In passato la​​ ​​ differenza è stata vista per lo più come una minaccia per la propria​​ ​​ identità. In generale si è concordi nel vedere il pensiero europeo come un pensiero dell’identità dove l’altro, il diverso, rimane estraneo, viene rimosso e occultato.

1.​​ La tradizione occidentale.​​ L’Occidente non avrebbe elaborato una vera cultura della differenza, come oggi denunciano le stesse donne occidentali in nome di quella cultura al femminile che trova nella «differenza di genere» il suo principio epistemologico ed ermeneutico. Tra i pensatori che criticano la tradizione occidentale per l’oblio dell’a. si segnalano​​ ​​ Buber, Dussel, De Certeau, Irigaray, Vattimo, Derrida, Foucault, Todorov, ecc. Ma fra tutti spicca il nome di Lévinas, il filosofo dell’a. Ripartire dal volto dell’altro, in campo filosofico così come in campo educativo, significa essenzialmente impegnarsi a creare le condizioni per il passaggio dall’umanesimo del soggetto (cioè dell’io) all’umanesimo dell’altro uomo (cioè del tu e dell’egli); dalla logica dell’identità alla cultura della differenza; dall’etica dell’individuo all’etica del volto e della responsabilità. Proprio con quest’ultima espressione, «etica del volto», si è soliti indicare uno dei punti centrali del pensiero di E. Lévinas (1905-1995), filosofo ebreo che ha elaborato una concezione​​ dell’uomo a partire dall’altro,​​ dal tu, dal volto. Per il suo venire «da fuori» il volto dell’altro si presenta sempre anche come una minaccia che provoca in noi la perdita di controllo, di signoria, di dominio su noi stessi. L’altro, per quanto sia nostro «prossimo» conserverà sempre la sua radicale eterogeneità, la sua assoluta differenza, la sua irriducibile a. L’altro sarà sempre, contemporaneamente, il «prossimo» (di qui il carattere di appello) e lo «straniero» (di qui il carattere di mistero).

2.​​ Il rapporto con l’altro nella società multiculturale. Da molti anni la riflessione sull’a. comprende non solo il riferimento alle donne, ai portatori di handicap, agli omosessuali, ma soprattutto la presenza crescente dello «straniero». Strettamente collegato al tema dell’a. è quindi quello del pregiudizio e dello stereotipo fino al razzismo e alla mixofobia (o paura della mescolanza). Educare all’altro significa allora ridefinire il proprio «io», perché prima ancora di essere solidale e oblativo, democratico e partecipativo, sia un «io ospitale» e capace di accoglienza, di ascolto, di reciprocità. Nell’odierna società plurale e interetnica si tratta di scoprire che l’altro è la risorsa più preziosa per accrescere la nostra identità. Chi ci educa, in senso proprio, è la relazione con l’altro. È lui che ci «tira fuori» dall’ego e ci sollecita all’avventura dell’esodo. Se l’altro non ci visitasse con il suo volto, noi non potremmo mai dire «eccomi». E resteremmo nella nostra immanente soggettività. Pieni di noi, indubbiamente, ma senza la trascendenza dell’altro.

3.​​ Verso l’ethos della reciprocità.​​ La riflessione sui temi dell’a., della differenza, della relazione intersoggettiva e interculturale sta portando verso la centralità della categoria della reciprocità, della convivenza e della coesione sociale. P. Ricoeur giunge a parlare di un «ethos della reciprocità», come paradigma della relazione fondata sul valore della differenza. La reciprocità, sia sul piano antropologico, sia su quello psicologico e pedagogico è ancora tutta da esplorare e da comprendere. La reciprocità è contemporaneamente un essere «con» l’altro, un essere «per» l’altro, un essere «grazie» all’altro. Paul Ricoeur riassume così l’ethos della reciprocità: «Aspirazione ad una vita felice, con e per gli altri, in istituzioni giuste». Come si vede, si tratta di tre poli ben articolati e uniti tra loro: la stima di sé, la cura dell’altro, l’aspirazione a vivere in istituzioni giuste. Il problema dell’identità non è separabile dal problema della differenza. È nella cornice di una antropologia della reciprocità che troviamo, forse, il luogo più autentico per la fondazione (né ego-centrica né allo-centrica) della relazione educativa.

Bibliografia

Kristeva J.,​​ Stranieri a se stessi,​​ Milano, Feltrinelli, 1990; De Certeau M.,​​ Mai senza l’altro,​​ Comunità di Bose, Qiqajon, 1993; Ricoeur P.,​​ Sé come un altro,​​ Milano, Jaca Book, 1993; Habermas J.,​​ L’inclusione dell’altro, Milano, Feltrinelli, 1998; Cicchese G.,​​ I percorsi dell’altro. Antropologia e storia, Roma, Città Nuova, 1999; Vigna C. - S. Zamagni (Edd.),​​ Multiculturalismo e identità, Milano, Vita e Pensiero, 2001; Lévinas E.,​​ Dall’altro all’io, Roma, Meltemi, 2002; Currò S.,​​ Il dono e l’altro. In dialogo con Derrida,​​ Lévinas e Marion, Roma, LAS, 2005.

A. Nanni