MERAVIGLIA

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MERAVIGLIA

Il termine m. (dal lat.​​ mirabilia,​​ neutro pl. di​​ mirabilis,​​ mirabile) è il sentimento di sorpresa per il nuovo, lo straordinario, l’inatteso. «La m. è un moto sentimentale che sulle prime impedisce il corso naturale dei pensieri, ed è quindi spiacevole, ma poi tanto più favorisce il fluire dei pensieri verso la rappresentazione inattesa ed è quindi piacevolmente eccitante [...]. Un novellino nel mondo si m. di tutto; ma chi è diventato per la molteplice esperienza familiare col corso delle cose, si fa un principio di non meravigliarsi di nulla» (Kant, 1993, 151-152).

1. Usata anche come sinonimo di​​ ​​ stupore, la m. viene via via differenziandosene, rinvenendo una propria identità come affezione cognitiva che si colloca all’interno della fenomenologia del conoscere. La differenza che è possibile stabilire tra stupore e m. è la stessa che si trova, ad esempio, in​​ ​​ Kant, tra intelletto e ragione, tra bello e sublime e, prima ancora,​​ ​​ Aristotele e​​ ​​ Platone rispetto ad uno stupore come​​ aporéin​​ (sorpresa, m., sconcerto dell’ignoto) (Aristotele, 1984, 77) e uno stupore come​​ thaumázein​​ (ammirazione, commozione per qualcosa di familiare e normalmente invisibile). La m., che nasce da una sovreccitazione sensoriale è un sentire primigenio, istintivo, precipitoso; essa è della natura dell’emozione piuttosto che della passione. Quest’ultima infatti è riflessiva, l’emozione invece «agisce come un fiotto che rompe la diga» (Kant, 1993, 192). Coltivata, la m. può tramutarsi essa stessa in passione, curiosità, interesse che predispongono favorevolmente il soggetto ad apprendere. Legata alla conoscenza, la m. si dissolve con la conoscenza medesima. Essa funziona perciò da campanello d’allarme, segnale, soglia tra il noto e l’ignoto; indica una disposizione attiva del soggetto che si accinge a conoscere. Per​​ ​​ Vico è «figliola dell’ignoranza che partorisce la scienza» (Vico, 1982, 192); Cartesio, per valorizzarne la funzione di apertura e di scambio con la realtà, considera la m. «prima di tutte le passioni» (Cartesio, 1994, 83).

2. Al di là delle diverse interpretazioni giova sottolineare l’importanza attribuita alla m. nella conoscenza e l’ineluttabile coinvolgimento emotivo del soggetto nel processo del conoscere: si intende, a partire tuttavia da un determinato modo di conoscenza. La cultura delle passioni che si sviluppa correlata a quella della ragione subisce inevitabilmente le stesse variazioni cui è soggetta la ragione medesima. In particolare, i cambiamenti che si sono verificati sul piano epistemologico (passaggio dal metodo induttivo a quello deduttivo, slittamento della conoscenza dal teoretico al pratico, al pragmatico) sono alla base di una costante attenuazione del senso del meraviglioso nella nostra vita, fino quasi alla sua progressiva scomparsa.

3. Sotto l’aspetto pedagogico-educativo il recupero della m. si impone per due ordini di motivi: a) affermazione di un umanesimo dialettico tra sensibilità e ragione, in senso schilleriano, a partire dall’inversione della tendenza ad uno sradicamento della sensibilità, favorito dalla progressiva estensione dei processi di razionalizzazione nella nostra vita; b) rivalutazione pedagogico-educativa della conoscenza teoretica rispetto a quella pratico-pragmatica. Un correttivo all’azione manipolatrice-trasformatrice della scienza-tecnica attraverso la promozione di un sentimento della realtà, la m., fatta di rispetto, senso del limite, riconoscimento del reale e promozione di un sapere osservativo-descrittivo accanto a quello tecnico-poietico.

Bibliografia

Vico G. B.,​​ La scienza nuova,​​ a cura di P. Rossi, Milano, Rizzoli,​​ 21982; Aristotele,​​ La metafisica,​​ a cura di G. Reale, Milano, Rusconi,​​ 21984; Bodei R.,​​ Geometria delle passioni,​​ Milano, Feltrinelli, 1991; Kant I.,​​ Antropologia pragmatica,​​ Bari, Laterza, 1993; Cartesio R.,​​ Le passioni dell’anima,​​ a cura di E. Lojacono, Milano, TEA, 1994; Xodo C.,​​ Stupore ed educazione: ragione e passione,​​ in «Scuola e Didattica» 15 (1994) 10-13.

C. Xodo