DIVORZIO

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Il d. è, sotto il profilo giuridico, l’atto emesso da un’autorità riconosciuta con cui si pone termine al vincolo matrimoniale durante la vita dei coniugi, accordando ad essi il diritto di contrarre un nuovo matrimonio. Non vanno confusi con il d. né l’atto di​​ annullamento del matrimonio,​​ con il quale si dichiara che tra i coniugi non è mai esistito un legame coniugale, né la​​ separazione legale,​​ che consente o impone ai coniugi di condurre un’esistenza separata, ma non scioglie il vincolo matrimoniale.

1. In​​ Italia​​ il d. è stato introdotto per la prima volta con la legge 898 / 70 e confermato dal consenso popolare nel referendum del 12 / V / 1974. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio veniva regolato da precise condizioni, modificate poi a seguito dell’entrata in vigore della legge 151 / 75 di Riforma del Nuovo Diritto di Famiglia e soprattutto con la legge 74 / 87 che riducendo a tre anni (dai cinque già fissati) dalla separazione il termine minimo per presentare la domanda di d., ne ha semplificato il processo ed abbreviato i tempi. In tutti i​​ paesi occidentali​​ per il forte aumento della fragilità della famiglia e dell’instabilità coniugale il numero dei d. e delle separazioni legali è andato fortemente aumentando dal 1965 ad oggi. In​​ Italia​​ siamo passati dalle 5.600​​ separazioni​​ del 1965, alle 42.000 nel 1989, alle 45.754 nel 1992 (oltre 80 ogni 100.000 ab.), alle 48.198 del 1993, alle 60.281 del 1997, alle 71.969 del 2000, alle 79.642 del 2002. Per quanto riguarda i d.​​ l’andamento ha le stesse proporzioni, ridotte però di metà, e cioè dai 33.342 del 1997, ai 37.573 del 2000, ai 41.835 del 2002.

2.​​ Fattori concausali​​ nel processo di d. si ritrovano generalmente nei mutamenti storici dell’organizzazione economico-sociale, nell’individualismo affettivo, nella riduzione dell’interdipendenza economica tra marito e moglie, nell’ingresso sistematico della donna nel mercato del lavoro, nella maggior attenzione accordata alla ricerca della propria felicità individuale attribuita al matrimonio e a percorsi alternativi, nella riduzione del controllo e della riprovazione sociale, nella più ampia possibilità di contatti con l’ambiente esterno alla famiglia e di rapporti paritari all’interno della coppia, nello stesso rito civile di celebrazione delle nozze. Il d. giuridico però è sempre preceduto dal d. affettivo e psicologico che lascia sempre effetti negativi sia sui coniugi che sui figli.

3. In una prospettiva​​ psicologica ed educativa​​ il d. è percepito come un fallimento personale per non avere potuto realizzare quella felicità attesa e progettata nei primi tempi. Ammettere tale insuccesso, a sé, agli amici e ai parenti contribuisce a indebolire la propria immagine di sé. Sui figli la separazione dei genitori sconvolge la struttura delle identificazioni e delle relazioni oggettuali, provoca reazioni di aggressività, sensi di colpa e operazioni difensive e insieme protettive. Tutto ciò avviene anche se il d. è vissuto in forme differenziate secondo l’età, il sesso, la qualità del legame familiare, l’educazione ricevuta e la capacità di tollerare relazioni parentali non più lineari, ma traversate da forti interferenze. Forte però è il rischio che i figli riproducano nella propria coppia le stesse interazioni patologiche occorse ai genitori.

Bibliografia

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R. Mion