FENOMENOLOGIA E EDUCAZIONE
Anche se ci sono stati dei precedenti nel l’uso filosofico del termine f., oggi esso è comunemente riferito alla teoria e alla metodologia di E. Husserl, sviluppati successivamente in varie direzioni da numerosi allievi ed estimatori. Tra tali direzioni si può citare anche quella pedagogica, pur se Husserl non si occupò mai esplicitamente di tematiche educative. Numerosi punti-chiave del suo pensiero, infatti, hanno o possono avere un chiaro significato ed un’importante valenza pedagogici.
1. Il punto di partenza del pensiero di Husserl ed il suo «modo di pensare» consistono in una sorta di rivendicazione della presenza della soggettività nel costituirsi del senso del mondo e quindi anche di ogni autentico processo conoscitivo. Poiché tale soggettività ha nell’intenzionalità la sua caratteristica fondante, essa non va intesa in senso idealistico ma esistenziale in quanto è sempre e comunque in relazione con l’oggetto. È così che la vera realtà per l’uomo è ciò che risulta dall’incontro tra la realtà oggettiva e il soggetto intenzionante: il fenomeno appunto, che cionondimeno si costituisce in modo originario nella coscienza (rappresentando quelle che Husserl definisce le «essenze»). Perché sia possibile cogliere tali essenze è tuttavia necessario mettere tra parentesi («epoché») i giudizi comuni o pregiudizi, soprattutto quelli di tipo oggettivistico-naturalistico. La relazione con l’oggetto è quindi irrinunciabile per la soggettività, così come la relazione con l’altro da sé è irrinunciabile per il costituirsi della persona.
2. Interessanti sono le conseguenze pedagogiche che si possono ricavare da quella impostazione, a partire dall’invito a cogliere l’esperienza educativa nella sua essenza che peraltro è sempre storicamente data, proprio perché anch’essa fondata sulla relazione non solo tra due (o più) individui, ma anche tra le tre dimensioni della storia (passato, presente e futuro). La relazione dunque deve essere considerata come il punto forte per ogni teoria pedagogica e per ogni prassi educativa, anche se essa non è affatto garantita potendo essere nella concretezza dell’esistenza disattesa, contraddetta, calpestata. In secondo luogo, appare pedagogicamente molto interessante la nozione di «visione del mondo» (che è l’insieme strutturato dei fenomeni vissuti individualmente o socialmente) sia perché il diventarne consapevoli rappresenta il traguardo primo di ogni processo formativo, sia perché nel rapporto educativo concreto è indispensabile per 1’ → educatore cogliere la visione del mondo (capacità definibile in termini di «entropatia») attuale dell’ → educando per poterla sviluppare e, se del caso, metterla in crisi al di fuori di un comportamento autoritario e perciò violento. È ovvio che da questa impostazione emergono molteplici indicazioni anche metodologico-operative, sia nel l’ambito di un’educazione «normale» sia in quello di un’educazione «speciale», tra cui peraltro c’è una chiara continuità. Indicazioni che, pur dando grande rilevanza al l’attività dell’educando, non lo considera no come l’unico protagonista dell’evento educativo in cui infatti l’educatore rappresenta l’altro necessario polo.
Bibliografia
Paci E., Funzione delle scienze e significato dell’uomo, Milano, Il Saggiatore, 1963; Bertolini P., L’esistere pedagogico, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1988; de Monticelli R., La conoscenza personale: introduzione alla f., Milano, Guerini, 2003.
P. Bertolini