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SPERIMENTAZIONE

 

SPERIMENTAZIONE

Il termine è dal lat.​​ experior​​ (sperimento, metto alla prova) e indica i metodi usati per studiare e verificare costrutti e risultati educativi.

1. Tale metodologia collega esperienza ed esperimento (Bertoldi, 1976), esplicitando più razionalmente controlli e procedimenti (Calonghi, 1977), con soluzioni più sicure ed economiche di problemi educativi (per es. sull’apprendimento). Gli obiettivi della s., definiti formalmente e operativamente, sono controllabili attraverso condotte (indicatori) osservabili. Le ipotesi della s., coerenti con gli obiettivi, sono maturate e formulate secondo contenuti, metodi, strutture (ivi), dalla scoperta (problem finding),​​ alla soluzione del problema (problem solving), coinvolgendo lo sperimentatore con creatività, intelligenza, capacità critica (Boncori, 1995).

2. Applicazioni educative e scolastiche sono dirette a migliorare la conoscenza e la soluzione dei problemi riguardanti, ad es., il profitto scolastico e accademico, la dispersione, ecc. (Boncori, 1992). L’interazione produttiva tra operatori, insegnanti e ricercatori migliora la s. Una metodologia sperimentale funzionale e valida per l’educazione e la scuola è rappresentata dall’osservazione pedagogica (Boncori, 1994; 1997; Coggi, 1989), basata sulla descrizione delle caratteristiche istituzionali, scolastiche, ambientali (socio-culturali, familiari), personali. Il processo osservativo incorre in errori comuni (per es.:​​ effetto alone,​​ conoscenza per​​ stereotipi,​​ ecc.), con distorsioni sistematiche riguardanti la validità e l’attendibilità della rilevazione e, conseguentemente, l’efficacia degli interventi (Boncori, 1994, 2000). Tali problemi sono controllati dalla consapevolezza di chi osserva (doti personali) e da metodologie strutturate: le​​ Guide di osservazione​​ (Boncori, 1997), ad​​ es., rilevano e programmano interventi sugli alunni attraverso la predisposizione di unità di osservazione, obiettivi (comuni, specifici), indicatori e descrittori comportamentali, fino ad una sintesi in un profilo finale che sintetizza le diverse variabili considerate. Il metodo sperimentale è usato anche per osservare e valutare il comportamento degli insegnanti (Boncori, 2000), con metodologie strutturate, rilevazione di dati, colloquio (Montgomery, 1999).​​ La validazione sperimentale fonda la validità dell’intera metodologia.

3. L’esperimento​​ può conferire validità alle conoscenze e agli interventi educativi, e richiede una strutturazione della situazione, mantenendo costanti tutti i fattori eccetto quello sperimentale, sulla cui azione si vuole ricercare. Va deciso su quali soggetti (popolazione, campione) operare: una​​ s. campionaria, ad es.,​​ è​​ basata su un «numero limitato di individui, oggetti o eventi, la cui osservazione consente di trarre delle conclusioni o inferenze estendibili all’intera popolazione o universo da cui il campione è stato tratto» (De Landsheere, 1973). L’estensione dei risultati all’intera popolazione (validità esterna) dipende da limiti metodologici connessi con il campione e le misure. Le fasi​​ classiche​​ della s. includono la maturazione dell’ipotesi e la definizione del problema (attraverso ricerche ed esperienza), la formulazione sperimentale dell’ipotesi in termini di variabili rilevabili e misurabili, la definizione e descrizione della popolazione e / o del campione, la scelta degli strumenti per l’acquisizione dei dati, la rilevazione e l’elaborazione dei dati, il commento dei risultati, le conclusioni a cui si è giunti sul problema iniziale e le successive ricerche e ipotesi previste per ulteriori e migliori soluzioni​​ (Bieger, Gerlach, 1996; Evans, 1968; Wiersma, 1995).

4. Lo schema di base dell’esperimento (Laeng, 1992) confronta i cambiamenti tra una situazione iniziale e una finale, dopo l’applicazione di un fattore sperimentale. Ad es., nel disegno sperimentale​​ con un gruppo,​​ c’è una situazione iniziale, misurata con una prova iniziale; viene applicato il fattore​​ ordinario​​ e quello​​ sperimentale, con effetti misurati distintamente in una situazione finale. Questo disegno di s. ha limiti consistenti soprattutto perché non può valutare in modo distinto il peso della maturazione e dell’apprendimento dei soggetti nel corso dell’esperimento (Calonghi, 1977). Un disegno sperimentale con due gruppi permette un controllo più distinto e preciso del fattore sperimentale. Ad es., per verificare se alcuni esercizi per sviluppare la capacità critica sono efficaci (Boncori, 1995) in alunni di scuola media, e disponendo di due gruppi-classe presi a caso, o sperimentalmente equivalenti, si può procedere come segue: si dividono gli alunni, o le due classi, in due raggruppamenti casuali (A - sperimentale, B -​​ di controllo). Dopo un test iniziale e valido di capacità critica (Boncori, 1989) al gruppo A e B, si propone solo al gruppo A un​​ trattamento​​ educativo (T), per es. con schede valide di esercizio critico (Boncori, 1995). Il gruppo B​​ segue solo la scuola ordinaria. Alla fine del​​ trattamento, si valuta nuovamente (con la prova usata all’inizio o forme parallele) la capacità critica per gli alunni del gruppo A e del gruppo B. Differenze statisticamente significative nei due gruppi alla fine della s. indicheranno l’efficacia degli esercizi svolti sulla capacità critica. Graficamente, questo disegno sperimentale si esprime come segue:​​ 

Gruppo A (sperimentale):  C 01  T  02​​ 

Gruppo B (di controllo):  C  03 ​​  04

5. Disegni sperimentali con più gruppi, controllano meglio i diversi fattori attivi nella s., con conseguenti migliori analisi e soluzione dei problemi (Calonghi, 1977; Laeng, 1992). Connesse con la validità e l’attendibilità della s. sono le problematiche sulla misurazione, l’elaborazione dei dati, l’uso di test statistici idonei (Kerlinger, 1964; Boncori, 1993, 2006), per valutare le indicazioni sperimentali e le ipotesi formulate, con stima probabilistica dell’errore (p≤.01-.05). La presentazione dei risultati dà agli interessati (ricercatori, insegnanti, ecc.) una sintesi dell’intero procedimento, per interventi educativi più produttivi e ulteriori ipotesi di s. Tra gli strumenti usati nella raccolta dei dati c’è il cosiddetto​​ portfolio, «una raccolta mirata del lavoro dello studente, in un certo periodo di tempo, che ci mostra dettagliatamente e con evidenza i suoi sforzi, progressi o profitto in una certa area» (Smith, 1997). Le ricerche ne documentano la validità sperimentale purché basata sull’uso di procedure rigorose per la strutturazione metodologica e la rilevazione dei dati, con risultati significativi e correlazionali (Smith, Tillema, 1998) su​​ manager​​ aziendali, presidi, apprendimento scolastico della lingua scritta, lettura, matematica, programmi per superdotati (Boncori, 2000).

Bibliografia

Kerlinger F. N.,​​ Foundations of behavioral​​ research,​​ New York, Holt, Rinehart and Winston, 1964; Calonghi L.,​​ La scelta del campione,​​ Roma, UPS, 1973; De Landsheere G.,​​ Introduzione alla ricerca in educazione,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1973; Bertoldi F.,​​ S.,​​ Brescia, La Scuola, 1976; Coggi C.,​​ L’osservazione sistematica e i docenti di scuola media,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 36 (1989) 915-934; Boncori G.,​​ Test di pensiero critico «Caccia all’errore 12»,​​ Roma, Kappa, 1989; Id., «Rendimento», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica, vol. V, Brescia, La Scuola, 1992, 9948-9961; Boncori L.,​​ Teoria e tecniche dei test, Torino, Bollati Boringhieri, 1993; Boncori G.,​​ Guida all’osservazione pedagogica,​​ Brescia, La Scuola, 1994; Id.,​​ Educare la capacità critica,​​ Roma, CRISP, 1995; Id., «Le guide di osservazione in pedagogia», in C. Nanni (Ed.),​​ La ricerca pedagogico-didattica - Problemi,​​ acquisizioni e prospettive, Roma, LAS, 1997, 231-244; Montgomery D.,​​ Positive teacher appraisal through classroom observation, London, Fulton, 1999; Boncori G.,​​ L’osservazione sistematica in pedagogia: un metodo per la ricerca e la pratica educative, in «Studium Educationis» (2000) 2, 248-260; Boncori L.,​​ I test in psicologia. Fondamenti teorici e applicazioni, Bologna, Il Mulino, 2006.

G. Boncori