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SCUOLA LIBERA

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SCUOLA LIBERA

La terminologia più diffusa distingue tra s.​​ privata​​ e pubblica secondo che sia istituita da privati, singoli o istituzioni, o dal potere pubblico, mentre alcuni parlano di s.​​ statale​​ e non, ma ambedue le definizioni non sembrano del tutto adeguate perché nel primo caso l’appellativo di pubbliche non può essere negato a s. che, pur nate dall’iniziativa privata, offrono un servizio a tutti, e nel secondo va osservato che non in ogni Paese le s. sono dello Stato e inoltre la categoria «non statale», oltre ad essere una definizione negativa, per esclusione, risulta molto eterogenea dato che raggruppa un’ampia gamma di s., da quelle degli enti pubblici a quelle private con scopo di lucro. Un’altra terminologia di area francese usa l’espressione s.l. per indicare programmi formali di educazione istituiti e gestiti da privati, singoli o enti, con finalità di interesse pubblico o di profitto. Essa non implica alcun giudizio negativo nei confronti della s. pubblica, quasi che lì non fosse rispettata la libertà, ma vuole sottolineare che la s.l. costituisce una manifestazione del diritto dei cittadini all’iniziativa in campo educativo.

1.​​ La situazione italiana.​​ Nel primo cinquantennio dello Stato unitario ha dominato il principio del​​ monopolio statale.​​ Durante il fascismo la riforma​​ ​​ Gentile del 1923 e, soprattutto, la L. n. 86 / 42 introdussero la normativa sul​​ riconoscimento legale​​ dei titoli di studio conseguiti nelle s.l., a condizione della conformità degli ordinamenti didattici a quelli delle corrispondenti s. statali. La​​ Costituzione repubblicana​​ ha inserito dal 1948 il sistema educativo in un quadro nuovo di principi. L’ordinamento scolastico è finalizzato al pieno sviluppo della persona umana all’interno di una concezione pluralista della società e svolge la sua funzione in connessione inscindibile con l’attività delle comunità naturali e delle formazioni sociali in cui avviene la maturazione dell’individuo, soprattutto con la famiglia. Esso va organizzato secondo i principi di libertà e di democrazia in vista soprattutto della realizzazione di tre diritti: all’educazione, alla libertà d’insegnamento, alla libertà d’iniziativa scolastica. Il punto più problematico è rappresentato dalla clausola contenuta nell’art. 33 secondo la quale il diritto di istituire s. è riconosciuto ad enti e privati​​ senza oneri per lo Stato.​​ Grosso modo le interpretazioni possono essere raccolte intorno a tre nuclei. Per alcuni la clausola sancisce il diritto di istituire s.l., ma vieta allo Stato di erogare loro finanziamenti. Secondo altri la normativa intende semplicemente escludere un diritto costituzionale dei privati ai contributi dello Stato; essa però non vieta qualsiasi aiuto pubblico alle s. libere. Altri infine ritengono che la tesi del divieto è in contraddizione con il resto della nostra costituzione scolastica. Per oltre 50 anni il dettato della carta fondamentale che, tra l’altro, richiedeva l’emanazione di una legge sulla parità delle s. non statali, è rimasto inattuato,​​ nonostante l’invito della Corte Costituzionale nel 1958 a provvedere con sollecitudine. Solo nel​​ 2000​​ la L. n. 62 ha introdotto una​​ parità parziale e imperfetta. Gli aspetti problematici riguardano soprattutto il concreto della vita scolastica: la realizzazione del tutto inadeguata della libertà di educazione della famiglia; l’ambiguità presente già nel titolo che mescola parità e diritto allo studio e all’istruzione; l’affermazione di principi giuridici di per sé validi ma di cui non viene valorizzata tutta la potenzialità pratica. Al tempo stesso risultano apprezzabili alcuni aspetti fondamentali di carattere giuridico quali: la consacrazione in legge del principio di un sistema nazionale di istruzione che non si identifica con la s. dello Stato e degli Enti locali, ma del quale sono parte integrante s. statale e l.; il riconoscimento del servizio pubblico delle s. paritarie; la libertà culturale e pedagogica con il diritto di dichiarare nel progetto educativo la propria ispirazione culturale o religiosa; la libertà del gestore di scegliere il personale dirigente e docente, purché fornito di abilitazione. Benché la quasi totalità delle s.l. siano divenute paritarie, rimane, tuttavia, molto bassa la percentuale degli alunni che le frequentano sul totale degli allievi del sistema scolastico: appena il 10.6% che, è vero, diviene nelle s. dell’infanzia il 35.4%, ma negli altri livelli non supera il 6% (5.8% nelle elementari e 5.2% nelle superiori) o nel caso delle medie raggiunge solo il 3.4% (Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della L. 10 marzo 2000, n. 62, 2004).​​ 

2.​​ Lo scenario a livello mondiale.​​ Il riconoscimento reale e pieno della libertà di educazione può contare almeno su tre​​ giustificazioni:​​ il diritto di ogni persona ad educarsi e a essere educata secondo le proprie convinzioni e il correlativo diritto dei genitori di decidere dell’educazione e del genere d’ istruzione da dare ai loro figli minori; il modello dell’educazione permanente la cui attuazione è assicurata non solo dalle istituzioni formative statali, ma anche da una pluralità di strutture educative pubbliche o private che, in quanto operano senza scopo di lucro, hanno diritto di ricevere adeguate sovvenzioni statali; l’emergere nelle dinamiche sociali fra Stato e mercato di un «terzo settore» o del «privato sociale» che, creato dall’iniziativa dei privati e orientato a perseguire finalità di interesse generale, sta ottenendo un sostegno sempre più consistente dallo Stato a motivo delle sue valenze solidaristiche. Vari fattori hanno spinto i governi ad interessarsi a forme di privatizzazione dell’istruzione tra cui, fra l’altro, una certa superiorità della s.l. rispetto alla pubblica circa il profitto degli allievi, evidenziata dalla ricerca. Tra i​​ regimi giuridici​​ della libertà di educazione una formula che contrasta con criteri di eguaglianza sostanziale è costituita dal monopolio dello Stato che relega le s.l. in una posizione marginale, escludendole tra l’altro dai finanziamenti pubblici. Tra i modelli accettabili vanno ricordati: il sistema integrato di servizio scolastico che è caratterizzato dall’integrazione e dal coordinamento nell’unico servizio pubblico delle s. predisposte dai pubblici poteri e di quelle istituite e / o gestite da soggetti diversi, purché dirette al fine di educazione; il regime delle convenzioni che consiste in un’associazione dell’iniziativa privata al servizio pubblico, a metà strada fra l’indipendenza e l’integrazione; il buono s., purché sia subordinato a condizioni che garantiscano l’eguaglianza delle opportunità. Da ultimo, una ipotesi recente che potrebbe rivelarsi molto valida propone il passaggio da una s. sostanzialmente dello Stato a una s. della società civile con un perdurante ed irrinunciabile ruolo dello Stato, ma nella linea della sussidiarietà.

Bibliografia

Ribolzi L.,​​ Il sistema ingessato, Brescia, La Scuola, 1997; Rescalli G.,​​ La s. privata nell’Unione Europea, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1999;​​ Fernández A. et al.,​​ El estado de las libertades educativas en el mundo, Madrid, Santillana, 2002; Malizia G., «La legge 62 / 2000 e la libertà di educazione. Quali prospettive?», in Cssc-Centro Studi per la S. Cattolica,​​ A confronto con le riforme. S. cattolica in Italia. Quarto Rapporto, Brescia, La Scuola, 2002, 57-72;​​ Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 10 marzo 2000,​​ n. 62, Roma, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, 2004.

G. Malizia - S. Cicatelli