ROMA educazione
ROMA: educazione
La → paideia greca, come finalità e programma educativo, è nata e si è sviluppata in → Grecia in sintonia con la stessa cultura greca e quale mezzo per il suo perdurare. Con l’espandersi di tale cultura oltre i confini della Grecia si diffonde parallelamente anche la paideia ad essa inscindibilmente connessa. Questo evento più culturale che geografico o politico si è verificato nei secoli II a.C. - V d.C., dando origine al fenomeno che fu appunto chiamato Ellenismo, realizzando quella comunione della cultura greca, celebrata ed auspicata da grandi scrittori greci (→ Isocrate, → Platone...), che si diffuse in tutta l’area del Mediterraneo e del Medio Oriente.
1. L’ellenizzazione della antica cultura romana. Con la conquista della Grecia da parte di R. si effettua la diffusione diretta della cultura e della paideia anche sul suolo romano e attraverso R. in tutto il mondo civile romanizzato. Infatti all’inizio del II sec. a.C. nella storia civile, politica e letteraria dei Romani si verifica chiaramente una «crisi», una rivoluzione (Wendepunkt): la civiltà romana nei suoi aspetti fondamentali si trasforma clamorosamente e profondamente dando origine ad un processo irreversibile di → inculturazione e di «spiritualità». Questo cambio di mentalità e di prassi ebbe come elemento catalizzatore il fascino sempre più consapevole e diretto della civiltà greca e la presenza e l’attività determinanti di filosofi, letterati ed artisti greci, venuti in Italia, come pure di letterati, filosofi e insigni cittadini romani, che formarono il Sodalicium Scipionum, ruotante appunto attorno alla famiglia degli Scipioni, vero «cenacolo» e fulcro dello sviluppo evolutivo della storia romana. Nonostante la resistenza ostinata della classe tradizionalista (Catone il Censore), che difendeva il mos maiorum (= tradizione), valore sacrosanto per la tradizione della società romana contro il partito sempre più numeroso dei novatores, chiamati sprezzantemente Graeculi, la cultura e la condotta di vita dei Greci furono conosciute studiate ed imitate sempre maggiormente dalla parte più vivace ed aperta della società romana. Anche se in questo cammino progressivo si verificò qualche incidente di percorso, l’assimilazione della civiltà greca divenne orientamento pratico nell’evoluzione della storia romana. La vittoria del partito favorevole alla civiltà greca era scontata sia per l’ineluttabile progresso culturale e civile della società romana, come pure per la prospettiva politica di R. già proiettata decisamente alla sua missione di impero universale.
2. L’humanitas romana. In questo «cenacolo» di massimi esponenti della vita culturale, civile, militare della società romana, quale fu appunto il «Circolo degli Scipioni», si inserirono con un prestigio straordinario due personalità di prima grandezza del mondo greco, Polibio e Panezio, venuti a R. in tempi e circostanze diverse: il primo, grande storico greco, fu uno dei mille ostaggi portati a R. dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.) vinta da L. Emilio Paolo. A R. egli lo accolse immediatamente in casa (167-150 a.C.) e gli affidò l’educazione dei suoi due figli: Fabio e Scipione Emiliano. Il secondo, filosofo stoico, venne a R. verso il 150 a.C. e fu ospite del «Circolo degli Scipioni» (150-129 a.C). L’influsso dello storico Polibio e del filosofo stoico Panezio fu determinante per la formazione di una mentalità storica aperta ed universale della classe dirigente dei cittadini e per l’educazione ad un dinamico personalismo: l’uomo diventava veramente centro dell’attenzione e della formazione globale, motore della storia personale e politica (faber suae quisque fortunae; teknites tou biou) nella sua dimensione personale e politica, con l’acquisizione e lo sviluppo delle virtù della magnanimitas (megalopsychía) della filantropia (filanthropía) e della comunione con gli altri (koinonía), rafforzate dalle virtù tradizionali romane della fortitudo, della pietas, della gravitas, della fides, della clementia. L’osmosi di queste virtù doveva produrre nel cittadino romano l’equilibrio, l’armonia, l’eleganza, la dignità di tutta la vita nella condotta e persino nelle espressioni artistiche: recte vivere, facultas recte sentiendi et cogitandi, recte loqui. Come appare chiaramente anche attraverso la storia della civiltà romana questo orientamento programmatico non è solo una corsia preferenziale di formazione culturale, ma anche ed armonicamente di impegno pedagogico, veicolato dalla cultura. Una sintesi significativa della dottrina di Panezio sul culto della personalità si trova nel De officiis di → Cicerone, che riproduce il trattato di Panezio perì tou kathékontos. Il frutto più maturo e significativo era quindi una sintesi di «spiritualità», di cultura e di pedagogia, fondata sull’otium e il negotium (contemplazione e azione, teoria e prassi) per formare globalmente l’uomo, e soprattutto il giovane. Dalla città eterna questo ideale di vita si diffuse trionfalmente nell’impero romano. L’enucleazione di questo ideale di cultura e di pedagogia, nella sua diffusione ed incarnazione, fu arricchito specialmente con il contributo originale di Cicerone (Somnium Scipionis, De officiis, De oratore), di Terenzio, di Lucrezio, di Virgilio, di Orazio (Carm. III, 1,2, 3,4,5, 6: Carmina romana), di Properzio (Elegiae romanae: IV, 11), di Tito Livio, di → Seneca e di → Quintiliano. Questo emblematico traguardo della civiltà romana venne chiamato significativamente humanitas. Aulo Gellio puntualizza questo evento della civiltà romana, quando presenta la traduzione latina del termine greco paideia: «Qui verba latina fecerunt quique his probe usi sunt ... humanitatem appellaverunt id propemodum, quod Graeci “paideian” vocant, nos eruditionem institutionemque in bonas artis dicimus...» (XIII, 17).
3. Le specificità educative. Rispetto ai Greci i Romani mirarono particolarmente al traguardo della teoria e della prassi educativa (paideia): rendere l’uomo perfettamente uomo (homines maxime homines, liberi maxime liberi) e cittadino utile alla res publica. Più specificamente gli elementi qualificanti della «mens romana» nell’educazione della gioventù, differenziati da quelli dei Greci, possono essere schematicamente ridotti a questi: 1) maggior senso e dedizione alla famiglia; 2) nella famiglia una più forte coscienza della responsabilità diretta dei genitori sull’educazione dei figli, considerata come un’esplicazione anch’essa della patria potestas; 3) caratteristica impronta di praticità e concretezza, che fa associare la vita di lavoro e di attività produttiva con la preoccupazione della res publica, con la vita del foro e con l’impegno militare; 4) una maggior serietà e semplicità nella concezione della vita e spiccata formazione morale e religiosa, che distinse il popolo romano da quello greco; 5) una salda strutturazione della vita sociale, nella creazione del diritto, nel rispetto della maestà delle leggi e del mos maiorum: la formazione del civis romanus in opposizione all’individualismo greco. Senza dubbio la paideia greca si presenta in una sintesi più culturale e completa; R., giunta all’akme del suo sviluppo civile, culturale, politico e militare, non poteva non subirne il fascino e non sentire il bisogno di assimilarlo, operando una sintesi originale e congeniale al patrimonio spirituale romano. Ma a parte la differenziazione tra Grecia e R., è da dire che questa sintesi felice ed armonica di paideia greca e di humanitas romana si diffonderà nel tempo e nello spazio in tutto l’impero di R. e formerà l’apporto più vivace all’ideale umanistico di educazione che si svilupperà lungo i secoli.
Bibliografia
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S. Felici