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RIFLESSIONE PARLATA

 

RIFLESSIONE PARLATA

La r.p. o verbalizzata è una forma di colloquio con cui si ottengono informazioni sui processi intellettuali e sulle strutture concettuali di un soggetto, stimolato a risolvere una situazione problematica. Si richiede all’intervistato di verbalizzare i ragionamenti che sta svolgendo mentre esegue un compito (un problema, la scelta di un titolo per una vignetta, ecc.). L’interazione è prevalentemente verbale, ma implica anche la rilevazione dei comportamenti osservabili di soluzione e i messaggi non verbali connessi (pause, ritmi dell’eloquio, ecc.).

1.​​ Evoluzione storica della tecnica.​​ Storicamente è stata sviluppata da​​ ​​ Claparède che la derivava dalla scuola di Würzburg. Lo strumento è stato ripreso da​​ ​​ Buyse che si è preoccupato soprattutto di affinare le tecniche di stesura del protocollo e di esplicitare le modalità di interrogazione per far emergere in modo analitico i ragionamenti, soprattutto assumendo stimoli di tipo scolastico. Allievi di Buyse come A. Bonboir, A. De Moraes e​​ ​​ Calonghi hanno ampliato i campi di utilizzo della tecnica e l’hanno affinata progressivamente. Alcuni cognitivisti come E. Gagné hanno ripreso lo strumento, valorizzandolo nella r. e riconoscendone la validità legata anche alla bassa distorsione dei ragionamenti, dovuta all’attenzione richiesta per la loro verbalizzazione. Ulteriori apporti sono stati dati da K. A. Ericsson e H. A. Simon per l’uso valido dei protocolli nella ricerca.

2.​​ Struttura dell’intervista.​​ La r.p. si presenta come una forma di​​ ​​ colloquio semistrutturato, preparato in base a un quadro teorico adeguatamente approfondito sui costrutti da far emergere, e centrato su una serie di situazioni-problema atte a condurre una verifica delle ipotesi in situazione critica, tale da far emergere i ragionamenti mentre si svolgono, attraverso domande graduate, frasi di rispecchiamento, parafrasi, messa in dubbio delle affermazioni. La r.p. viene condotta secondo le seguenti fasi: a) approfondimento teorico del tema e del problema su cui si intende indagare attraverso questo strumento; b) formulazione di ipotesi; c) elaborazione di situazioni che consentano all’alunno di manifestare il proprio modo di ragionare; d) definizione della struttura da attribuire al colloquio: può trattarsi di una struttura sequenziale a catena, ad imbuto (quando usata con scopi diagnostici), può presentare invece strutture ramificate, con ritorni sui problemi, nell’uso per il ricupero. La r.p. deve avere un’introduzione, che spiega il compito da svolgere e l’esigenza di verbalizzare i ragionamenti, un​​ corpus,​​ in cui si seguono con flessibilità i processi intellettuali dell’intervistato senza segnalare errori o limiti, e una​​ conclusione​​ che lasci l’interrogato gratificato del lavoro svolto; e) disposizione flessibile delle domande, chiare, adeguate al livello di maturazione cognitiva dell’intervistato, di retroazione o feed-back, di controllo, di rispecchiamento, di approfondimento, di verifica; f) controllo dei fattori che possono ridurre l’attendibilità del materiale raccolto; g) allestimento di tecniche di registrazione (audio e video, se possibile); h) definizione di un sistema di stesura del protocollo, che dovrebbe riportare: dati anamnestici sul soggetto intervistato tali da chiarire eventuali particolarità individuali e da fornire informazioni sulle variabili di sfondo; l’intera trascrizione dell’interazione, accompagnata da osservazioni raccolte durante lo svolgimento delle prove; eventuale materiale integrativo (disegni, schemi, ecc.); i) scelta di un sistema di trattamento delle risposte. Numerose sono però le variabili che possono ridurre l’attendibilità di una r.p. Per la maggior parte sono connesse con le caratteristiche dell’intervistatore​​ (stile relazionale, fluenza verbale, comunicazione non verbale, caratteristiche intellettuali e di personalità, conoscenza del grado di maturità dell’intervistato, competenza nei contenuti dell’intervista, pregiudizi). Altri fattori di disturbo sono connessi con l’impianto o la​​ struttura dell’intervista,​​ con la situazione-problema (motivazione suscitata, chiarezza, validità della prova); altre ancora riguardano le caratteristiche di chi viene interrogato.

3.​​ Utilizzo della tecnica.​​ Può essere un valido strumento, purché impiegato nel quadro di ipotesi teoricamente fondate. È stata utilizzata soprattutto nel settore della diagnosi degli errori ed è risultata uno strumento importante della ricerca qualitativa. Può essere trasformata in strumento di innovazione didattica se si prende un campione rappresentativo di studenti e si vede: a) quali tipi di errore possono esser indotti da un certo iter di apprendimento; b) quali nuove sequenze didattiche possono essere strutturate, basandosi sull’informazione fornita dall’iter di ricupero o di apprendimento individuale e collettivo con r.p. Altre possibili applicazioni si possono riscontrare nell’ambito delle ricerche sugli stili di​​ ​​ apprendimento, sulla comprensione della lettura e sulle competenze metacognitive sviluppate da un soggetto.

Bibliografia

Buyse R. - A. Bonboir,​​ Étude psychopédagogique des formes géométriques,​​ Bruxelles, CCUP, 1962; Claparède E.,​​ La genesi dell’ipotesi: uno studio sperimentale dei processi di pensiero,​​ Firenze, Giunti-Barbera, 1972; Calonghi L.,​​ Valutare,​​ Novara, IGDA, 1985;​​ Vermersch P.,​​ L’entretien d’explicitation, Paris, ESF, 2004.

C. Coggi