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RELIGIOSITÀ POPOLARE

 

RELIGIOSITÀ POPOLARE

Circa l’espressione r.p. si sono fatte lunghe disquisizioni e si sono proposte denominazioni diverse (religione popolare, pietà popolare, religione del popolo, ecc.) per evitare equivoci e superare pregiudizi e ambivalenze. Resta comunque un alone di indeterminatezza nell’uso dell’espressione sia in riferimento ai soggetti che al significato e agli aspetti fondamentali che la caratterizzano. Poiché qualunque tentativo di definizione risulterebbe parziale ai fini della sua comprensione, è più utile elaborare un quadro concettuale che aiuti a comprenderne la natura e le caratteristiche.

1.​​ R.p.: un modo di vivere e credere.​​ Prima di ogni contrapposizione e accentuazione di «alterità», si deve anzitutto riconoscere la r.p. come una modalità concreta di​​ ​​ religione radicata in una cultura e vissuta in contesti sociali particolari. Si tratta quindi di un fenomeno religioso inscindibile da un’esperienza culturale, legato alla storia di comunità locali. Questo significa che, in quanto «vissuto di un popolo», se ne comprende il valore e il significato non a partire dalle concezioni o dai contenuti che esprime, ma dalle funzioni che svolge, da cui, ovviamente, si possono dedurre concezioni e contenuti. La sua è anzitutto una funzione rassicurante perché realizza una sorta di «umanizzazione del divino», avvicinandolo alla vita. La r.p. costituisce inoltre l’orizzonte di comprensione dei significati della vita e il fondamento comune dei comportamenti concreti. Assume quindi valore centrale per l’identificazione individuale e collettiva. Le manifestazioni religiose servono ad esprimere e a rinsaldare l’identità della comunità ambientale, a rafforzare le appartenenze, a far riconoscere i segreti dell’arte di vivere alle nuove generazioni e a segnare i momenti di progressivo inserimento nel mondo degli adulti. L’obiettivo e il modello ideale di riferimento è una realizzazione sapienziale della vita incarnata, per lo più, in un anziano. Il coinvolgimento nelle manifestazioni religiose, peraltro, è tradizionalmente il modo più efficace per realizzare la​​ ​​ socializzazione sia religiosa che ambientale; insieme​​ costituiscono e vengono percepite come aspetti complementari di un itinerario unificante che integra i contenuti sacrali con quelli socioculturali. Alla luce di questi elementi di comprensione si può senz’altro affermare che una caratteristica fondamentale della r.p. è quella di essere una «fede condivisa», espressa insieme e in gran numero da coloro che si riconoscono portatori di valori e che non possono sottrarsi alla sua presenza. Ci sono senz’altro livelli e intensità diversi di coinvolgimento, ma la r.p. riguarda tutti coloro che vivono in uno stesso contesto e si riconoscono negli stessi valori di fondo. «La religione fatta di costumi è una casa simbolica ove ci si sente a proprio agio, e ove si diventa se stessi, e a cui si è legati profondamente perché ivi si può essere durevolmente se stessi ed esprimervi le proprie convinzioni spontaneamente e i propri sentimenti più profondi» (Vergote, 1981, 298).

2.​​ R.p.: aspetti fondamentali.​​ Uno degli aspetti fondamentali della r.p. è anzitutto l’accentuazione della dimensione rituale, la sovrabbondanza dei segni, la preminenza della corporeità. Il primato è dato all’esperienza, al vissuto, al segno come mediazione, alla presenza come contatto diretto con il luogo sacro o con l’immagine sacra. La «fede corporea» facilmente porta a sentire profondamente insieme con gli altri; a sentire il beneficio di un’atmosfera, di un clima, di ciò che suscita ammirazione. In questa fede corporea vi è un cuore che dà anima e nuova energia a ogni manifestazione: la​​ ​​ festa. Essa segna i ritmi della vita collettiva, è l’occasione della rigenerazione, aiuta a vivere la gioia dell’appartenenza alla collettività ambientale, ecc. La r.p. sente anche forte il bisogno del «meraviglioso», del «miracolo», poiché accentua l’esigenza di segni concreti della presenza e della potenza del divino. Potenza che si vuole benevola e disposta a coinvolgersi nelle situazioni personali problematiche attraverso una serie di comportamenti devozionali, appresi e trasmessi secondo le modalità efficaci sperimentate nella tradizione. Le caratteristiche finora accennate non devono indurre a pensare che tutto nella r.p. si esaurisca nell’esteriorità. La ritualità popolare, nella sua varietà e ricchezza, esprime spontaneità di sentimenti e una fede carica di emozionalità, ma queste si radicano nelle motivazioni devozionali e di fede nelle quali non è affatto estraneo un bisogno salvifico insieme a quello materiale.

3.​​ R.p.: aspetti problematici.​​ La r.p., per quanto sia un fenomeno molto diffuso ancora oggi, fa pensare spontaneamente a qualcosa di passato e rischia di essere idealizzata. Nel passato e soprattutto oggi essa non è invece priva di aspetti problematici. Anzitutto bisogna sottolineare che la r.p. ha una fragilità intrinseca dovuta al suo specifico di essere una «religione di costume», radicata in un «modo culturale» e vissuta in contesti sociali e territoriali particolari. Tutti questi aspetti sono stati attraversati da grandi cambiamenti che hanno coinvolto profondamente la r.p., ma poiché non vi è stata continuità nel rinnovamento, oggi si rischia di rimanere sulle tracce dei padri più per fedeltà materiale che per comprensione e valorizzazione di significati. La frattura tra «memoria e mentalità» è carica di conseguenze problematiche e rischia di far scadere nel folkloristico non poche manifestazioni religiose. La fragilità e problematicità è accresciuta anche dalla marginalizzazione del cattolicesimo popolare rispetto alla liturgia e all’azione pastorale della​​ ​​ Chiesa. Il rischio del parallelismo di modalità religiose e di modi di credere è tutt’altro che scongiurato: dopo il grande fervore di riflessioni e di ricerche degli anni Settanta e Ottanta del sec. scorso, attualmente si riscontra solo una maggiore tolleranza senza veri riconoscimenti e capacità di interazioni e di integrazioni. Non bisogna trascurare inoltre di sottolineare elementi di ambiguità presenti nelle stesse concezioni che animano la r.p., legate al ruolo assegnato a Dio e ai Santi, all’ambivalenza di atteggiamenti e di valutazioni, di sentimenti e di credenze: alla fede si ritiene di dover aggiungere sempre qualche supplemento, di dover affiancare qualche perplessità o di chiedere una sorta di verifica. Problematicità, fragilità e ambivalenza della r.p. richiedono un forte impegno educativo-religioso che consenta anche di valorizzarne meglio il significato e la portata nell’attuale percorso storico del «popolo di Dio».

Bibliografia

Pannet R.,​​ Le catholicisme populaire,​​ Paris, Centurion,​​ 1974;​​ Equipo Seladoc,​​ R.p.,​​ Roma, ASAL, 1977; Sartori L. (Ed.),​​ R.p. e cammino di liberazione,​​ Bologna, EDB, 1978; Orlando V.,​​ La religione «del popolo»,​​ Bari, Ecumenica, 1980; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,​​ Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano, LEV, 2002; Sodi M. - G. La Torre (Edd.),​​ Pietà popolare e liturgia. Teologia-spiritualità-catechesi-cultura, Ibid., 2004; Orlando V.,​​ Religione «popolo» e pastorale popolare,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1986; Id.,​​ R. p. nel Sud. Criteri e metodi di analisi, in «Itinerarium» 13 (2005) 211-233.

V. Orlando