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RAGIONE / RAGIONEVOLEZZA

 

RAGIONE / RAGIONEVOLEZZA

1. R. è termine dai molteplici, spesso contrastanti, significati: filosofico, teologico, pedagogico, scientifico, ecc. Dal punto di vista pedagogico si può parlare di educare sia al​​ ​​ ragionamento che alla ragionevolezza, ma, più in particolare, della funzione della ragionevolezza nel processo educativo. All’uno e all’altra si riferiscono più voci del dizionario: educare alla r. speculativa (nel significato classico-cristiano), cioè alla sapienza e all’amore e ricerca della sapienza (​​ filosofia), alla contemplazione (teoria); ed educare alla ragion pratica (nel significato classico-cristiano) (​​ prudenza,​​ ​​ saggezza).

2. Il termine ragionevolezza esprime qualcosa di contiguo al concetto di prudenza-saggezza. A rigore, però, vi si distingue quale concetto pedagogico piuttosto empirico, strumentale, esperienziale. Non a caso lo si trova adottato ed elaborato in chiave empiristica da​​ ​​ Locke nei​​ Pensieri sull’educazione​​ (1693) e assunto da un educatore militante, s. G.​​ ​​ Bosco, come uno dei tre principi fondamentali del​​ ​​ sistema preventivo: «Questo sistema si appoggia tutto sopra la r., la religione e sopra l’amorevolezza» (1877). In ambedue gli autori esso è trattato prevalentemente dal punto di vista metodologico: educare​​ con​​ ragionevolezza, ragionevolmente, più che educare​​ alla​​ ragionevolezza. Il secondo tipo di considerazione, semmai, può essere proprio di un tipo di educazione di ispirazione illuministica, prevalentemente inglese, come educazione a una morale, a una religione, a un cristianesimo «senza misteri», «razionale» e «ragionevole» (above reason​​ e​​ reasonable).

3. «Persuadere col ragionamento», «ragionar con i fanciulli» «creature ragionevoli», è il metodo che, secondo Locke, il padre dovrebbe praticare dopo che si sia assicurato la sottomissione del figlio con l’autorità. Non indica un «ragionare che muove da lontani principi», da adulti, ma l’adozione di​​ ragioni​​ su misura dei fanciulli, «adatte alla loro età e intelligenza, ed esposte con poche e semplici parole», «ovvie, al livello della loro mentalità e tali che essi le sentano e le tocchino con mano». Per questo, in sostanza, il mezzo «più semplice, facile ed efficace consiste nel porre sotto i loro occhi gli​​ esempi​​ di ciò che si vuole facciano o non facciano»,​​ «additati​​ nella condotta delle persone da loro conosciute e accompagnati da qualche​​ riflessione​​ sulla loro bellezza o sconvenienza» (Pensieri,​​ nn. 81-82).

4. Il discorso di don Bosco è teoreticamente meno elaborato ma contenutisticamente più ricco. La r.-ragionevolezza ispira diverse attività educative: a) «umanizzare» il giovane mediante il contatto concreto con i valori razionali e terreni: salute, istruzione, lavoro, inserimento sociale con precise capacità professionali e una sicura «onestà» personale e civile; b) creare solide «convinzioni» in campo religioso, morale, sociale, più pratico-vitali che astratte: pietà illuminata, controllo delle «passioni», ordine; c) «ragionare il giovane» con la fondatezza, l’essenzialità, la coerenza e la comprensibilità delle «motivazioni»; d) inoltre, «guadagnare il cuore del giovane», poiché il cuore, oltre che organo dell’amore e del volere, è principio dell’intendere e del comprendere; e) adottare metodi e mezzi educativi (disciplina, regolamenti, organizzazione della comunità educativa, interventi) ispirati a buon senso, semplicità, funzionalità, attenzione alle diversità delle «indoli».

Bibliografia

Sina M.,​​ L’avvento della r. «Reason» e «above reason» dal razionalismo teologico inglese al deismo,​​ Milano, Vita e Pensiero, 1976; Pellerey M.,​​ La via della r.: rileggendo le parole e le azioni di don Bosco, in «Orientamenti Pedagogici» 35 (1988) 383-396.

P. Braido