PUBBLICO / PRIVATO
PUBBLICO / PRIVATO
Usati in generale per mettere in risalto due ambiti della vita sociale, i due termini sono qui assunti in riferimento specifico all’istruzione e al → sistema formativo scolastico.
1. Il sistema del servizio scolastico / formativo è infatti indirizzato alla piena realizzazione del diritto all’istruzione, nel quadro dell’attuazione del dovere-diritto dei genitori di mantenere, istruire, educare i figli. La funzione dello Stato è quella di «dettare le norme generali sull’istruzione», in un contesto in cui la → libertà d’insegnamento si esprime non solo sul piano individuale, ma anche sul piano collettivo, riconosciuta come è – insieme con tutti i diritti fondamentali – anche alle comunità o formazioni sociali (→ legislazione scolastica). La libertà d’insegnamento si pone a fondamento – insieme con la libertà di intrapresa – della libertà di istituire scuole ed istituti di educazione. Come lo Stato, per adempiere al suo compito di rendere effettivo il diritto all’istruzione dei propri cittadini, istituisce proprie scuole per tutti gli ordini e i gradi, così enti e privati possono istituire scuole, per realizzare il medesimo servizio pubblico, onde rendere altresì effettivo il diritto di libera scelta scolastica che compete ai genitori, quale corollario necessario della loro responsabilità in ordine all’istruzione dei figli. In questa concezione che è comune a tutte le costituzioni democratiche ed alle indicazioni di tutti i documenti internazionali concernenti la tutela dei diritti delle persone e dei popoli, sembra superata la distinzione p. / p. che fa perno sull’appartenenza per dire così «catastale» delle singole istituzioni scolastiche e sul loro stato giuridico (se di diritto pubblico o di diritto privato), per distinguere l’istruzione pubblica dall’istruzione privata. In realtà – come riconosciuto dalla maggior parte degli ordinamenti – si tratta di un unico servizio pubblico esplicato sullo stesso piano da soggetti di diritto pubblico e soggetti di diritto privato.
2. Se è vero che, in questo contesto, «l’istruzione non potrebbe più qualificarsi –come invece ancora tradizionalmente si fa – quale istruzione pubblica o privata», ma «pubbliche o private invero sono ormai soltanto le scuole, a seconda che ad esse provveda lo Stato ovvero i privati, mentre l’istruzione resterebbe sempre la stessa» (Pototschnig, 1961), sembra allora assai più appropriato – come fa la Cost. italiana – usare le espressioni scuole pubbliche statali e scuole pubbliche non statali, graduando tra queste ultime diversi livelli di «pubblicità» (cioè partecipazione all’espletamento del servizio pubblico scolastico / formativo), a seconda della maggiore o minore incisività e rilevanza della loro adesione al sistema di diritti ed obblighi stabiliti dallo Stato con la posizione delle «norme generali sull’istruzione» (né pubblica né privata), riguardanti la determinazione di requisiti e condizioni oggettive (standard) per la corretta esplicazione di tale servizio. Si tratterà, cioè, di stabilire i requisiti e le condizioni – validi sia per le scuole istituite da parte dello Stato sia per quelle istituite da soggetti di diritto privato – in base ai quali l’istruzione impartita in esse raggiunga livelli qualitativi e usufruisca di risorse e strumenti (sia sul piano umano sia su quello materiale) oggettivamente uguali o quanto meno equiparabili in ordine al risultato di istruzione che si prevede di ottenere ed alle garanzie di realizzazione dei diritti cui si intende dare attuazione. All’interno delle «norme generali sull’istruzione» (e verificati i requisiti e le condizioni da esse posti) non è possibile giuridicamente individuare alcuna differenziazione tra scuole statali e non statali, che non sia fondata su ragioni e differenziazioni di contenuto e di progetto educativo. Ma ogni discriminazione di tal fatta è esplicitamente negata in nome della libertà ed uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge da ogni costituzione democratica e da tutti i documenti, dichiarazioni e convenzioni internazionali sul riconoscimento e sulla salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo e dei popoli.
3. Il Parlamento Europeo, con una risoluzione votata a grande maggioranza il 14 marzo 1984 ha affermato che «il diritto alla libertà d’insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti e all’adempimento dei loro obblighi in condizioni eguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti senza discriminazioni nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale». Viene così in luce l’aspetto più problematico – per lo meno per alcuni (come in Italia) – della questione: il problema del finanziamento delle scuole pubbliche non statali. Esso è stato da tempo risolto da molti ordinamenti democratici prendendo come base dell’intervento perequativo della mano pubblica e della sua graduazione la maggiore o minore adesione ai requisiti ed alle condizioni poste dalle «norme generali sull’istruzione». Essi riguardano: l’apertura delle scuole non statali a tutti, senza discriminazioni; il possesso da parte dei docenti dei medesimi requisiti culturali e professionali; l’equipollenza dei programmi scolastici con quelli stabiliti dalle pubbliche autorità, pur tenendo conto che si va diffondendo una sempre più ampia autonomia didattica e programmatica anche per le scuole statali; la partecipazione delle scuole non statali alla programmazione territoriale del sistema di istruzione; l’attivazione di strutture ed organismi di partecipazione con attenzione al coinvolgimento delle famiglie nella gestione dell’istruzione dei figli; la mancanza di scopo di lucro (no-profit) e la pubblicità dei rendiconti relativi all’utilizzazione dei finanziamenti (o la pubblicità dei bilanci); l’idoneità delle strutture edilizie e delle dotazioni strumentali secondo gli standard previsti dalle particolari normative, valide per tutte le scuole, statali e non statali. La maggiore o minore adesione a questi requisiti e caratteristiche, decide del maggiore o minore inserimento – salva sempre la libertà di istruzione – e decide altresì della possibilità delle istituzioni non statali di accedere al finanziamento pubblico del servizio da loro reso. Recentemente la L. n. 62 / 2000 ha introdotto in Italia il principio di un sistema nazionale di istruzione che non si identifica con la sola scuola dello Stato e degli Enti locali, ma del quale sono parte integrante scuola statale e scuola non statale paritaria, riconoscendo il servizio pubblico svolto dalle scuole paritarie, private e degli Enti locali.
Bibliografia
Pototschnig U., Insegnamento istruzione scuola, Milano, Giuffrè, 1961; Garancini G., La scuola cattolica in Italia - tra parità ed uguaglianza e tradizione e cambiamento, in «Aggiornamenti Sociali» 44 (1993) 272-292; Malizia G., «La legge 62 / 2000 e la libertà di educazione. Quali prospettive?», in Cssc-Centro Studi Per La Scuola Cattolica, A confronto con le riforme: problemi e prospettive. Scuola cattolica in Italia. Quarto Rapporto, Brescia, La Scuola, 2002, 57-72; Palma A., Sussidiarietà e formazione in Italia: profili giuridici, in S. Versari (Ed.), La scuola nella società civile tra Stato e mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, 59-87; Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 10 marzo 2000, n. 62, Roma, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, 2004.
G. Garancini
PUBERTÀ → Adolescenza → Preadolescenza