PSICODRAMMA
PSICODRAMMA
Forma di → psicoterapia individuale e di gruppo inventata e così designata da J. L. Moreno negli anni ’20 del sec. XX, nel quadro del «Teatro della spontaneità» (Das Stegreiftheater) che egli aveva aperto a Vienna e in cui proponeva, a degli attori volontari, di improvvisare una rappresentazione scenica dei diversi fatti d’attualità (tecnica del «giornale vivente»). Moreno ha definito lo p. come «il fatto di mettere in atto la propria vita sulla scena» (to act out one’s life on the stage).
1. Nello p. classico, il metodo consiste, dunque, nel far giocare scene arcaiche, attuali o future in rapporto a situazioni personali reali o immaginarie. L’improvvisazione drammatica di queste scene richiede uno spazio di gioco, la liberazione della spontaneità degli attori, la replica prestata da psicodrammatisti che fungono da «io ausiliari», la presenza del pubblico che funge da cassa di risonanza degli affetti vissuti sulla scena, il tutto sotto la regia dello psicodrammatista che promuove l’azione. L’efficacia terapeutica dello p. deriva dalla catarsi, diretta negli attori, indiretta negli spettatori. La sua efficacia formativa si fonda, invece, su uno sfruttamento migliore dei ruoli che costituiscono la personalità.
2. Lo p. di Moreno ha generato numerose varianti a seconda dei soggetti coinvolti, dei contenuti trattati e dei diversi modelli teorici e clinici sottostanti. Già Moreno distinse lo p. dal sociodramma. Il primo affronta i problemi personali o i conflitti interpersonali che nascono nella vita privata, mentre il secondo tratta gli aspetti sociali o collettivi dei problemi e dei conflitti che sorgono tra gruppi o sottogruppi nella vita sociale e professionale. Originariamente rivolto agli adulti, lo p. è stato esteso anche ai bambini e agli adolescenti. Le problematiche affrontate sono le più varie: familiari, culturali o più specificamente etniche e razziali (etnodramma). Lo p. viene utilizzato anche come strumento di formazione professionale e di animazione educativa (gioco di ruolo).
3. Oltre al modello classico, si possono distinguere tre orientamenti: lo p. analitico, lo p. triadico e lo p. fenomenologico. Lo p. analitico traspone le regole e i concetti della psicoanalisi ai giochi psicodrammatici che si svolgono allora senza architettura scenica e senza spettatori. Può essere individuale (un solo paziente, generalmente psicotico, con più psicodrammatisti secondo la tecnica di S. Lebovici), o di gruppo (con un’alternanza di sessioni di analisi di gruppo e di sessioni di gioco, secondo la tecnica di D. Anzieu). La triade dello p. triadico, elaborato da Anne A. Schützenberger, significa un’integrazione degli approcci di → Freud, → Lewin e Moreno. Oltre agli strumenti offerti dallo p. classico, vengono utilizzati il transfert e l’interpretazione, la dinamica di gruppo, il linguaggio del corpo e la comunicazione non-verbale. L’approccio fenomenologico mira a descrivere, comprendere e cambiare gli schemi rigidi e ripetitivi che sono alla base dei comportamenti disfunzionali.
Bibliografia
Moreno J. L., Hypnodrama and psychodrama, Boston, Bacon House, 1950; Id., Gruppenpsychotherapie und Psychodrama. Einleitung in die Theorie und Praxis, Stuttgart, Thieme, 1959; Id., Principi di sociometria, di psicoterapia di gruppo e sociodramma, Milano, Etas Kompass, 1964; Id., Il teatro della spontaneità, Firenze, Guaraldi, 1973; Kaeppelin Ph., Le psychodrame instrument de formation, Paris, Centurion, 1977; Schuetzenberger A. A. - M. J. Sauret, Il corpo e il gruppo, Roma, Astrolabio, 1978; Anzieu D., Lo p. analitico del bambino e dell’adolescente, Ibid., 1979; Moreno J. L., Manuale di p., Ibid., 1985; Gasseau M. - G. Gasca, Lo p. junghiano, Torino, Ibid., 1991; Padilla Pérez J., Bibliografía del psicodrama, Madrid, Fundamentos, 1999; Ramírez A., Psicodrama: teoría y práctica, Bilbao, Desclée de Brouwer, 2002.
E. Gianoli