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PROBLEMATICISMO PEDAGOGICO

 

PROBLEMATICISMO​​ PEDAGOGICO

Sono dette genericamente problematicistiche quelle posizioni filosofiche pragmaticistiche, storicistiche, immanentistiche, esistenzialistiche che rifiutano assolutezze di tipo metafisico e pretese dogmatiche di verità sovrastoriche e di valori eterni. Lo scetticismo e il nichilismo vengono evitati, perché la problematicità e non definitività della ricerca vengono connesse con le potenzialità di apertura universale e critica della ragione. Essa, come ragione trascendentale, può fare opera di demistificazione antidogmatica e di comprensione pratica della realtà storica umana.

1. In un senso più specifico, il termine è venuto alla ribalta nell’ambito della filosofia italiana del ’900 con U. Spirito (1896-1979) e con A. Banfi (1886-1957). Di fronte alle contraddizioni della metafisica occidentale e dell’attualismo di​​ ​​ Gentile (di cui era stato discepolo), U. Spirito vede nel p. l’unica posizione teoretica possibile. Penserà di superarla con una prospettiva di vita come ricerca, come arte, come amore e, da ultimo, affidandosi alle potenzialità critiche ed operative della scienza. Rispetto alle pretese assolutistiche del neo-idealismo crociano e gentiliano, il p. di Banfi, discepolo di Martinetti, si pone come razionalismo critico, ispirato al kantismo della Scuola di Marburgo, al pensiero di Simmel (di cui fu amico) e alle suggestioni teoretiche della fenomenologia husserliana. Nel suo pensiero, di respiro europeo, in analogia con la prospettiva kantiana, la ragione ha una funzione critico-trascendentale, non fondativa; ma insieme assolve ad una funzione unificativa dell’infinita problematicità dell’esperienza, mantenendo aperta la ricerca e sostenendo «praticamente» l’impegno dell’«uomo copernicano», costruttore di sé e del suo mondo nella storia. In questa linea, il Banfi, da sempre antifascista, nel secondo dopoguerra aderirà al partito comunista e si avvicinerà a posizioni etico-politiche ispirate ad un marxismo non dogmatico e visto come strumento di critica sociale e civile.

2. Lo stesso Banfi, ma soprattutto il suo discepolo​​ ​​ Bertin (1912-2002), hanno offerto una versione problematicistica della pedagogia, che stimola a prendere coscienza della relatività e problematicità dell’esistenza ed in particolare dell’esperienza educativa. Rispetto ad esse viene evidenziata la necessità di affrontare i problemi in chiave di una razionalità aperta e dinamica (che nell’ultimo Bertin si avvicina alla «lievità» e alla libertà nietzscheiana). L’aderenza alla realtà e la fedeltà alla ragione si esprimono pedagogicamente in una «educazione alla ragione», per favorire l’autonomia, il coraggio, la disponibilità, l’impegno socio-politico, l’apertura all’oltre, al bello, al nobile e agli altri con l’amicizia, la simpatia, la solidarietà. Tale posizione pedagogica, da parte spiritualistica e neotomista, è stata accusata di assolutizzare a sua volta la problematicità e di cadere quindi nel dogmatismo e nel relativismo; e da parte marxista è stata tacciata di ideologismo borghese. Tuttavia, nel pluralismo attuale, il p.p. ottiene considerazione per le sue stimolazioni di una libertà in senso democratico-solidale e per prospettive educative aperte a valori esistenziali personalizzati.

Bibliografia

Miano V.,​​ Il p. e l’educazione,​​ Roma, PAS, 1960; Banfi A.,​​ La problematicità dell’educazione e il pensiero pedagogico,​​ a cura di G. M. Bertin, Firenze, La Nuova Italia, 1961; Bertin G. M.,​​ Educazione alla ragione,​​ Roma, Armando, 1968; Spirito U.,​​ Dall’attualismo al p.,​​ Firenze, Sansoni, 1976; Bertin G. M.,​​ Nietzsche. L’inattuale: idea pedagogica,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1977; Bertin G. M. - M. G. Contini,​​ Progettualità esistenziale,​​ Roma, Armando, 1981; Beseghi E., «P.p.», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol. V, Brescia, La Scuola, 1992, 9405-9413; Baldacci M.,​​ Il p., Lecce, Milella, 2004.

C. Nanni