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ZEN

 

ZEN

Nato in Cina come scuola filosofico-religiosa del​​ ​​ Buddhismo mahâyânico, lo Z. conta oggi quasi 9 milioni di aderenti, la cui maggioranza si trova in Giappone. Il termine (dal cinese​​ ch’an, trascrizione del termine sanscrito​​ dyâna) significa «immersione nella meditazione».

1. Il leggendario fondatore dello Z. fu Bodhidharma, originario dell’India del sesto secolo. La leggenda tuttavia attribuisce la fondazione allo stesso Buddha Sakyamuni, iniziatore del Buddhismo, che avrebbe indicato al suo discepolo Mahâkasyapa lo Z. come via che porta all’illuminazione. Infatti il nome scientifico dello Z. è Buddhahridaya («Dottrina del-Cuore-di-Buddha»).

2. L’insegnamento centrale dello Z. è lo stesso del Buddhismo mahâyânico: la possibilità di arrivare all’illuminazione personale, al risveglio improvviso,​​ satori​​ (wu​​ in cinese) o a diventare​​ buddha​​ attraverso una «contemplazione» di tipo​​ taoista​​ (tao​​ letteralmente significa «via» o «metodo» che consiste nell’«agire senza sforzo»), dove l’enfasi è posta sulla spontaneità dell’illuminazione che crea un rapporto armonioso tra l’individuo e la natura, uno stato in cui non esiste più la distinzione tra soggetto e oggetto o tra essere e agire.

3. L’educazione consiste principalmente nella formazione allo spirito dello Z. o di​​ Boddhisattva, cioè amore e compassione verso tutti gli esseri, che è il risultato dell’illuminazione Z. La scuola​​ Soto​​ sottolinea la possibilità dell’illuminazione attraverso una meditazione di tipo​​ yoghico​​ (za-zen) senza fare uno sforzo consapevole. La pratica dello​​ za-zen​​ è centrale e indispensabile allo Z.​​ Za-zen​​ significa concentrazione, silenzio dinamico e contemplazione; è il mezzo per la realizzazione della natura originale di colui che medita ed allo stesso tempo è la sua vera realizzazione. Il​​ Rinzai, invece, adopera anche la tecnica di​​ koan​​ (problemi o compiti tipo puzzle, indovinelli, aforismi, azioni bizzarre, ecc.), dove, appunto, lo studente focalizza la sua meditazione sul​​ koan, che il maestro (roshi) gli propone per consentirgli di arrivare da solo a soluzioni intuitive, eliminando qualsiasi altra soluzione concettuale o logica. Il​​ Rinzai​​ utilizza anche vari tipi di arte (la scherma, il tiro con l’arco, la cerimonia del tè, ecc.), come mezzi per il training dello spirito e per arrivare all’illuminazione. In ogni monastero-tempio della scuola Z. c’è una sala della meditazione, che è il vero centro dell’educazione e della formazione. Durante il periodo dell’iniziazione allo Z. la meditazione dura 5 o 7 giorni, nei quali l’iniziato (un monaco o laico) comincia la giornata verso le 3 del mattino e la conclude alla sera verso le 21. Tutto il giorno è dedicato alla disciplina della meditazione anche durante i lavori di casa o di giardino o qualsiasi altra cosa; si vive in semplicità e si possiede il minimo necessario per nutrirsi e vestirsi. In questo periodo iniziale la presenza del maestro e uno stretto rapporto tra maestro e discepolo sono indispensabili. Il maestro introduce, guida e propone il​​ koan​​ per la meditazione. Una volta iniziata la meditazione, il discepolo «impara facendo», che è il motto dello Z.; egli cerca di vivere in uno stato di meditazione, in armonia con tutto il cosmo, valorizzando ogni momento e ogni attività svolta nella vita. Ogni tanto poi ci sono dei periodi di intenso addestramento (sesshin) nella disciplina della concentrazione e meditazione con l’aiuto del maestro per raggiungere lo spirito Z. L’educazione allo Z. naturalmente varia da persona a persona: può durare anche per anni e persino una vita intera.

4. I monasteri Z. diventarono subito centri culturali, di educazione, di formazione intellettuale e spirituale, di intensa vita artistica, e influenzarono il sistema educativo giapponese. Nel Medioevo lo Z. ebbe prestigio e grande successo soprattutto tra i militari, guerrieri e samurai, che erano attirati dalla sua pedagogia adatta alla disciplina, all’autocontrollo, all’azione e al sacrificio. Non solo, i loro mestieri stessi erano considerati mezzi per raggiungere lo stato di Z. Oggi, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, la disciplina e la pratica dello​​ za-zen, come quella dello yoga, non è limitata solo ai seguaci dello Z. Buddhismo ma è diffusa pure tra credenti di altre religioni del mondo.

Bibliografia

Watts A. W.,​​ Lo Z., Milano, Bompiani, 1959; Dumoulin H.,​​ A history of Z. Buddhism, London, Faber, 1963; Suzuki D. T.,​​ Introduzione al Buddhismo Z., Roma, Astrolabio, 1970; Hoover T.,​​ Z. Culture, London, Routledge, 1978; Suzuki D. T.,​​ La formazione del monaco buddhista Z., Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1984; Abe M.,​​ Z. and western thought, London, Macmillan, 1985; Dumoulin H., «Z.», in M. Eliade (Ed.),​​ The encyclopedia of religions, vol. 15, New York, Macmillan, 1987, 561-568.

S. Thuruthiyil