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WALLON Henri

 

WALLON Henri

n. Parigi nel 1879 - m. ivi nel 1962, psicologo francese.

1. Laureatosi in filosofia all’École Normale Supérieure di Parigi (1902) e conseguito nel 1908 il dottorato in malattie del sistema nervoso, lavora a Parigi come assistente negli ospedali di Bicêtre e della Salpétrière. Durante la prima guerra mondiale si occupa di soldati affetti da nevrosi di guerra. Nel 1920 ottiene l’insegnamento di psicologia infantile all’Istituto di Psicologia della Sorbona e nel 1921, per intervenire all’interno delle strutture scolastiche e studiare i problemi concreti del bambino, fonda a Parigi un consultorio medico-pedagogico. Nel 1927 crea, presso la scuola di Boulogne-sur-Seine, il Laboratorio di Psicobiologia Infantile, in cui lavorerà come direttore fino al 1950. Nel 1928 è nominato professore di psicopedagogia all’Istituto nazionale di studi del lavoro e dell’orientamento professionale.

2. Dopo aver ottenuto nel 1937 la cattedra di psicologia e pedagogia al Collège de France porta a termine una serie di studi sul pensiero e la sensibilità del bambino seguendo la linea tracciata da Lévy-Bruhl e utilizzando un metodo di inchiesta individuale che presenta svariati punti di contatto con la metodologia clinica messa a punto da​​ ​​ Piaget. I risultati di questo lavoro di ricerca sono riflessi in una serie di volumi, pubblicati tra il 1940 e il 1949. Nel 1949 si ritira, per ragioni politiche, da tutte le cariche di insegnamento, continuando però a lavorare presso il laboratorio di psicologia infantile diretto dal suo allievo R. Zazzo. Fonda nel 1950 la rivista «Enfance», dedicata a temi di psicologia, pedagogia e neuropsichiatria infantile e nel 1951 la rivista «La Raison», dedicata alla psicopatologia e psichiatria in un’ottica pavloviana.

3. Socialista e poi, a partire dal 1942, comunista convinto si impegna nel lavoro politico e partecipa attivamente alla resistenza. Partendo dallo studio dei problemi dell’affettività e della formazione del carattere nel primo anno di vita W. tenta di costruire le tappe fondamentali dell’evoluzione infantile. Per lui nello sviluppo del bambino è possibile identificare una serie di stadi in cui «il dinamismo» psicomotorio e l’attività mentale ed emotiva appaiono strettamente legati e in cui viene attribuito particolare rilievo alle emozioni come determinanti dello sviluppo psichico. W., che nella sua teoria propone un’integrazione tra psicologia e marxismo, sostiene inoltre una concezione «dialettica» della psiche umana, intesa come prodotto dell’interazione dinamica, nel corso dello sviluppo infantile, di fattori biologici e sociali e sottolinea la stretta interdipendenza fra la vita di relazione e l’ambiente in cui questa si esplica e fra i diversi fattori che concorrono a costituire in ogni fase la personalità.

Bibliografia

a)​​ Fonti: opere principali di W. trad. in it.:​​ Les origines du caractère chez l’enfant​​ (1934), Roma, Editori Riuniti, 1974;​​ L’évolution psychologique de l’enfant​​ (1941), Torino, Bollati Boringhieri, 1980;​​ Les origines de la pensée chez l’enfant​​ (1945), Firenze, La Nuova Italia, 1974;​​ Antologia di testi, ed. it. a cura di Silvia Bonino, Firenze, Giunti-Barbera, 1980. b)​​ Studi: Zazzo R.,​​ Portrait d’H.W. (1879-1962), in «Journal de Psychologie Normale et Pathologique» 60 (1963) 386-400; Jalley E.,​​ W. lecteur de Freud et Piaget, Paris, Editions Sociales,​​ 1981; Kurcat L.,​​ A propos de l’héritage​​ di H.W., in «Studi di Psicologia dell’Educazione» 3 (1987) 70-80: Netchine-Gryn-berg G.,​​ The theories of H.W.: from act to thought, in «Human Development» 34 (1991) 363-379.

F. Ortu - N. Dazzi




WATSON John Broadus

 

WATSON John Broadus

n. a Greenville (Carolina del Sud) nel 1878 - m. a New York nel 1958, psicologo statunitense.

1. Dopo essersi diplomato alla Furnham University nel 1900, consegue a Chicago, sotto la supervisione di James R. Angeli e di Henry H. Donaldson nel 1903 il dottorato in Psicologia con la tesi​​ Animal education: the psychical development of the white rat. Si trasferisce nel 1904 a Baltimora, alla Johns Hopkins University dove prosegue la sperimentazione sugli animali. Nel 1908 è nominato professore di psicologia sperimentale e comparata alla Johns Hopkins University. Sempre più insoddisfatto dell’impianto teorico e sperimentale della psicologia strutturalista e funzionalista, pubblica nel 1913 un articolo (Psychology as the behaviorist views it) unanimemente considerato il manifesto del​​ ​​ comportamentismo. Dando una formulazione precisa e sistematica ad una prospettiva teorica e di ricerca che era andata maturando nei primi decenni del secolo tra gli psicologi statunitensi, in gran parte di orientamento funzionalista, W. definisce la psicologia «una branca sperimentale puramente oggettiva delle scienze naturali che identifica il suo obiettivo teorico nella previsione e il controllo del comportamento» e propone di sostituire lo studio degli eventi mentali con quello del comportamento, analizzabile in termini di connessioni o correlazioni tra stimoli visivi, auditivi, cinestesici da un lato e risposte cui tali stimoli danno luogo dall’altro. I punti essenziali dello scritto possono essere dunque identificati nel rifiuto della coscienza, nella delimitazione dell’indagine alla previsione e al controllo del comportamento e nella possibilità di unificare su queste basi il comportamento umano ed animale.

2. Negli scritti successivi, oltre ad una sistematizzazione della sua teoria (Behavior: An introduction to comparative psychology, 1914) W. individua nel riflesso condizionato, così come definito da Pavlov, l’unità di analisi per lo studio dell’abitudine o acquisizione di nuovi comportamenti (The place of conditioned reflex in psychology, 1916) e accentua il versante ambientalista della sua teoria (An attempted formulation of the scope of behavior psychology, 1917). Dopo essere stato nel 1915 presidente dell’American Psychological Association, nel 1920, travolto dallo scandalo suscitato dalla sua causa di divorzio, è costretto a dare le dimissioni dall’insegnamento universitario. Rivolge quindi la sua attività in campo pubblicitario e scrive, oltre a Behaviorism (1924), recensito con entusiasmo dalla stampa di grande diffusione e a​​ The ways of behaviorism​​ (1928), una serie di articoli di carattere divulgativo caratterizzati da un netto ambientalismo ed enfatizzanti le possibilità di modificare il comportamento umano. Scrive inoltre, in collaborazione con Rosalie Rayner, sua seconda moglie, un articolo,​​ Conditioned emotional reactions, che susciterà tutta una serie di critiche e di obiezioni, in cui sostiene la possibilità di condizionare nel bambino le risposte emotive e un libro​​ Psychological care of infant and child​​ (1928), che otterrà un notevole successo editoriale.

Bibliografia

a) Alcune opere in it. di W.:​​ Antologia degli scritti,​​ a cura di P. Meazzini, Bologna, Il Mulino, 1976. b) Su W.:​​ Naville P.,​​ La psychologie du comportement: le behaviorism de W., Paris, Gallimard,​​ 1943; Woodworth R. S.,​​ B.W.,​​ 1878-1958, in «American Journal of Psychology» 72 (1959) 301-310; Modesti U.,​​ Il problema dell’unità del sapere nel comportamentismo, Padova, CEDAM, 1967; Mackenzie B. R.,​​ Il comportamentismo e i limiti del metodo scientifico, Roma, Armando, 1980; Buckley K. W.,​​ Mechanical man.​​ J.B.W. and the beginnings of behaviorism, New York, Guilfort Publ., 1989.

F. Ortu - N. Dazzi




WEBER Max

 

WEBER Max

n. a Erfurt nel 1864 - m. a Monaco di Baviera nel 1920, sociologo ed economista politico tedesco.

1. È certamente con ragione considerato uno dei padri fondatori della sociologia per i suoi importanti studi sulla​​ ​​ società, la politica, l’economia, la religione e la scienza. Suo padre era avvocato. La madre era una donna colta e pia i cui interessi religiosi e umanitari non erano condivisi dal marito. Dopo il liceo, W. frequentò la facoltà di Giurisprudenza delle università di Heidelberg e di Berlino. Si laureò a​​ Göttingen​​ nel 1886 con una dissertazione intitolata​​ Un contributo alla storia delle organizzazioni commerciali medioevali.​​ Nell’autunno del 1894 divenne professore di ruolo di economia all’università di Friburgo; nel 1896 si trasferì all’università di Heidelberg. Nel 1903 divenne uno dei direttori dell’Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik​​ e poté intensificare la ricerca scientifica. Nel 1904 pubblicò i primi risultati: un saggio di metodologia, una discussione sulla politica agraria nella Germania orientale e il noto volume su​​ L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.​​ La sua attività scientifica continuò altrettanto intensa e varia per il resto della vita. Di W. è da ricordare anche:​​ Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus; Wirtschaft und Gesellschaft,​​ pubblicato postumo nel 1922.

2. Il tema centrale studiato da W. è il razionalismo proprio dell’Occidente di cui tocca le diverse sfere: scienza, diritto, arte, scuola, politica ed economia. Il​​ ​​ capitalismo moderno, fondato sull’organizzazione razionale del lavoro, è solo un aspetto della sua riflessione. W. vuole identificare la specificità del contributo dell’Occidente allo sviluppo storico. Egli procede a studi comparativi sulla base del metodo sociologico e giunge a caratterizzare la nostra​​ ​​ cultura come una forma particolare di razionalismo, che si ritrova in tutti gli aspetti dell’evoluzione storica e ha le sue radici nel mondo ebraico-cristiano da un lato e greco-romano dall’altro. Lo studio del primo ha appunto al centro quel fenomeno della libera profezia che spezza il cerchio del magico e pone agli uomini domande di carattere etico nel nome di un Dio trascendente, dando così l’avvio alla razionalizzazione della vita. La sociologia delle religioni è l’opera che più a lungo e costantemente ha occupato l’attenzione di W., che l’aveva intesa come opera ultima e più importante della sua vita di studioso. La razionalizzazione assume in W. molte interpretazioni. Talvolta egli parla di razionalizzazione dell’azione, talvolta di razionalizzazione della condotta di vita, altre volte di razionalizzazione di una visione del mondo, di un tipo di etica, di un’immagine religiosa del mondo. Egli non vede in questo processo soltanto un tratto caratteristico della cultura occidentale, ma piuttosto un aspetto effettivamente universale, diffuso in tutte le altre civiltà. L’Occidente costituisce solo il grado estremo a cui tale processo è giunto. W. non ha certo esaltato la razionalità moderna che resta tutta fondata sul calcolo opportunistico e sulla corsa al successo, al profitto, all’efficienza, al benessere ad ogni costo. Essa, secondo W., può imprigionare l’uomo nella «gabbia d’acciaio della dipendenza». In particolare, W. ha temuto che la razionalizzazione impersonale e la burocratizzazione di tutti gli ambiti della vita finissero con l’annullare i valori e distruggere i rapporti umani, facendo perdere di vista il senso stesso dell’esistenza.

Bibliografia

Schluchter W.,​​ Rationalismus der Weltbeherrschung: Studien zu M.W., Frankfurt, Suhrkamp, 1980;​​ Marshall G.,​​ In search of the spirit of capitalism.​​ An essay on M.W.’s Protestant ethic thesis, New York, Columbia University Press, 1982; Parkin F.,​​ M.W.,​​ London, Tavistock Publications,​​ 1982;​​ Bendix R.,​​ M.W. Un ritratto intellettuale,​​ Bologna, Zanichelli, 1984; Rossi P.,​​ M.W.: Oltre lo storicismo,​​ Milano, Il Saggiatore, 1988; Treiber H. (Ed.),​​ Per leggere M.W., Padova, CEDAM, 1993; Pacifico A.,​​ M.W. I fondamenti della sociologia politica, Negarine, Il Segno dei Gabrielli, 2002;​​ Behnegar N.,​​ Leo Strauss,​​ M.W.,​​ and the scientific of politics, Chicago, University of Chicago Press, 2003.

J. Bajzek




WECHSLER David

 

WECHSLER David

n. nel 1896 a Lespedl (Romania) - m. nel 1981 a New York, psicologo statunitense.

1. Da giovane laureato W. ha dovuto diagnosticare le abilità intellettive delle reclute, usando i​​ ​​ test allora disponibili. Egli si è reso conto che tali test coglievano bene i processi astratti, ma in pratica non rilevavano importanti fattori «non intellettivi» come tenacia, motivazione, aspirazioni, interessi e per questa ragione risultavano solo parzialmente utili. Queste constatazioni hanno spinto W. a elaborare la prima scala di intelligenza, denominata​​ Bellevue Intelligence Scale.​​ La struttura delle scale è stata influenzata dal modello teorico di intelligenza di​​ ​​ Spearman e successivamente dal modello fattoriale di L. L. Thurstone delle abilità primarie. W. ha unito le due istanze teoriche, considerando l’intelligenza un «costrutto unitario, ma articolato». Inoltre ha arricchito le prove, particolarmente quelle verbali, con contenuti non intellettivi. Ogni prova, in misura differente, contribuiva alla misurazione dell’abilità generale. Dall’insieme si otteneva il quoziente globale dell’intelligenza, detto di «deviazione» (una sua innovazione rispetto al quoziente per età). Dal livello e dalle differenze tra le singole prove del soggetto sorgevano delle utili ipotesi interpretative sulla sua situazione intellettiva, come anche dei suggerimenti sugli interventi terapeutici per i soggetti.

2. In base all’esperienza molto positiva W. ha elaborato varie scale di intelligenza di cui le più note e le più usate sono state:​​ Preschool and Primary Scale of Intelligence (WPPSI),​​ Intelligence Scale for Children (WISC)​​ e​​ Adult Intelligence Scale (WAIS),​​ che abbracciavano praticamente l’intero arco della vita umana. Le ultime due scale sono state rivedute, prima nell’originale e poi nell’adattamento italiano (WISC-R e WAIS-R) e recentemente la WISC-R è stata sostanzialmente rielaborata e pubblicata nella sua terza edizione (WISC-III) anche nell’adattamento italiano. W., con le sue scale, come anche con la sua monografia​​ The measurement of adult intelligence,​​ ha contribuito notevolmente al chiarimento del complesso costrutto dell’intelligenza. W. intendeva ottenere come unico scopo quello di «aiutare le persone a capire il mondo e rispondere alle sue sfide con le proprie risorse» (Matarazzo, 1981); ne risulta così chiaro il risvolto educativo. Rimase incompiuto un suo progetto di elaborazione di una scala per anziani (Intelligence Scale for the Elderly).​​ Il desiderio di W. è stato parzialmente realizzato nell’ambito italiano con l’opera di Orsini e Laicardi (2003) con il titolo «WAIS-R e terza età» in base alla quale è possibile misurare l’efficienza intellettiva dei soggetti di età tra 65 a 84 anni. Le informazioni ottenute da tale opera possono essere valutate ulteriormente con il contributo di Padovani (1999) sulla involuzione mentale, sui danni cerebrali e sui disturbi psichiatrici dei soggetti di tale età. Dalla combinazione delle prove della WAIS-R è possibile intravedere da quale patologia è affetto un paziente. Anche la scala WISC-III è accompagnata dal volume di Padovani (2006) per mezzo del quale è possibile accertare: ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento, disturbi autistici, iperattività, disturbi d’ansia e disturbi emotivi in generale. Le scale di W. sono mezzi indispensabili per l’attività degli psicologi e con il contributo delle recenti opere citate anche per gli psichiatri.

Bibliografia

W.D.,​​ The measurement and appraisal of adult intelligence,​​ Baltimore, Williams and Wilkins, 1958; Matarazzo J. D.,​​ D.W.​​ (1896- 1981), in «American Psychologist» 36 (1981) 1542-1543; Padovani F.,​​ L’interpretazione psicologica della WAIS-R,​​ Firenze, O. S., 1999; Orsini A. - C. Laicardi,​​ WAIS-R e terza età. La natura dell’intelligenza nell’anziano: continuità e discontinuità,​​ Ibid., 2003; Padovani F.,​​ La WISC-III nella consultazione clinica,​​ Ibid., 2006.

K. Poláček

WELFARE STATE​​ ​​ Stato sociale




WELTANSCHAUUNG

 

WELTANSCHAUUNG

Termine ted., invalso in molte lingue, per indicare la visione del mondo e della vita.

1. Esso indica più specificatamente la rappresentazione mentale e il discorso che ogni popolo, cultura, epoca, gruppo ed individuo si fanno del mondo (cioè della totalità delle cose con cui storicamente ci si rapporta) e della vita (cioè della propria e comune esistenza), dando loro, via via, un determinato senso e valore, nel corso e nell’evolversi della vicenda storica personale e comunitaria. Presente già nella cultura tedesca ottocentesca, è stato tematizzato da W. Dilthey e K. Jaspers. Il primo lo ha collegato in particolare con lo «spirito del tempo», vale a dire con ciò che dal punto di vista culturale, artistico, filosofico, politico e religioso distingue un’epoca o un periodo da un altro. Il secondo, a sua volta, ha distinto nelle W. l’aspetto soggettivo, gli atteggiamenti, dall’aspetto contenutistico, le immagini.

2. La W. individuale e di gruppo ha una notevole rilevanza in educazione. Infatti non è senza significato per l’agire educativo l’atteggiamento spontaneo o riflesso che si ha nei confronti della realtà in generale o di fronte al tempo, al passato, al presente, al futuro (paura, conservazione, contestazione, impegno riformatore, pessimismo, ottimismo, assenza o presenza di prospettive, ecc.). Né saranno meno significative le immagini, le idee, i valori che agevolano o rendono difficile la lettura della realtà che sta alla base di qualunque impegno individuale, interpersonale o comunitario di educazione Altrettanto si può dire, in particolare, per ciò che riguarda una visione credente, agnostica o atea della vita.

Bibliografia

Dilthey W., «Der Aufbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaften», in​​ Gesammelte Schriften, vol. VII, Leipzig, Teubner,​​ 1914-1936; Jaspers K.,​​ Psicologia delle visioni del mondo, Roma, Astrolabio, 1950 (orig.: 1919).

C. Nanni




WILLMANN Otto

 

WILLMANN Otto

n. a Lissa nel 1839 - m. a Leitmeritz nel 1920, pedagogista cattolico tedesco.

1. Influenzato da​​ ​​ Herbart e Leibniz e, attraverso di essi, scopritore di una grande tradizione filosofico-pedagogica che comprendeva​​ ​​ Platone,​​ ​​ Aristotele, s.​​ ​​ Agostino e s.​​ Tommaso, la sua corrente di pensiero potrebbe definirsi come​​ ​​ perennialismo pedagogico, anche se allargato agli aspetti storico, individuale e sociale, fino ad essere ritenuto uno dei precursori, se non uno dei fondatori, della pedagogia sociale storica. Studia filologia e filosofia nelle università di Breslau e Berlino e nel Seminario dell’herbartiano​​ ​​ Ziller a Lipsia; è professore della scuola pratica e poi (1868-72) della scuola di educazione di Paul Barth, herbartiano; in seguito, professore del​​ Pädagogium​​ di Vienna. Nel 1872-1903 è professore di filosofia e pedagogia nell’università tedesca di Praga, dove nel 1876 fonda il Seminario pedagogico universitario.

2. W. analizza e critica sia l’idealismo tedesco (studia prima​​ ​​ Kant, poi Fichte ed Hegel) poiché la sua assoluta autonomia esclude l’attività educativa, sia il materialismo che ammette solo un influsso puramente esterno. Concepisce allora una pedagogia «organica» come interpretazione totale della realtà educativa, validata dalle connotazioni del mondo morale: linguaggio, religione, diritto, costumi o forme aristotelico-platoniche che, insieme alle idee (valori sussistenti, modelli e archetipi di ogni possibile realtà) costituiscono la filosofia perenne. Le forme sono l’educazione (influsso dell’umanità matura sull’immaturità allo scopo di raggiungere determinati comportamenti) e la cultura (assimilazione dei beni della civilizzazione: artistici, scientifici, economici), oggetti rispettivamente della pedagogia e della didattica. La società vive attraverso le forme e nel suo organismo la persona si sviluppa. L’opera principale di W.,​​ Didaktik als Bildungslehre​​ (1869), è stata tradotta in varie lingue.

Bibliografia

Greissl​​ C.,​​ O.W. als Pädagog und seine Entwicklung, Paderborn, Schöning, 1916; Pohl W.,​​ O.W. der Pädagog der Gegenwart, Düsseldorf, Pädagogischer Verlag, 1930; Petruzzellis N.,​​ Il pensiero di O.W., in «Rassegna di Scienze Filosofiche» 3-4 (1949); 1-3 (1950);​​ Sánchez Villarán M. C.,​​ O.W.,​​ pensador y pedagogo católico, in «Eidos» 11 (1959) 193-215.

V. Faubell




WINNICOTT Donald Woods

 

WINNICOTT Donald Woods

n. a Plymouth nel 1896 - m. a Londra nel 1971, pediatra e psicoanalista inglese.

1. L’approccio teorico di W. si colloca a metà strada tra la​​ ​​ Klein e A. Freud. W. ha fornito contributi fondamentali per la conoscenza e la cura dei bambini e degli adolescenti. Partendo dall’assunto di base che all’inizio più che un neonato esiste una coppia formata dal bambino e da chi si prende cura di lui, W. sottolinea l’importanza fondamentale dell’ambiente materno, da lui definito facilitante, che nei primi mesi è rappresentato soprattutto dalla preoccupazione materna primaria. Esso offre al bambino un solido supporto emotivo (holding), per poter far fronte alle proprie agonie primitive impensabili e di riflesso strutturare progressivamente il vero Sé. Se invece la madre non corrisponde alle attese del neonato, questi reagisce sviluppando un falso Sé, pronto a soddisfare i bisogni e le richieste dell’ambiente a danno del suo vero Sé.

2. W. è noto specialmente per avere introdotto il concetto di oggetto tradizionale, inteso come punto d’incontro tra la realtà interna e quella esterna. Essendo sperimentato come non appartenente completamente né al me del bambino né al mondo esterno, l’oggetto transizionale, abitualmente rappresentato da un giocattolo, è utilizzato al fine di rendere man mano più sopportabile sia la rinuncia all’illusione di onnipotenza che il processo di separazione dalla madre. La comparsa dell’oggetto transizionale si colloca tra i cinque / sei mesi. La sua assenza è indice di grave disturbo psichico.

Bibliografia

a)​​ Fonti: tra le opere di W. trad. in it.:​​ La famiglia e lo sviluppo dell’individuo, Roma, Armando, 1968;​​ Sviluppo affettivo e ambiente, Ibid., 1970;​​ Il​​ bambino e la famiglia, Firenze, Giunti-Barbera, 1973;​​ Colloqui terapeutici con i bambini, Roma, Armando, 1974;​​ Gioco e realtà, Ibid., 1974;​​ Dalla pediatria alla psicoanalisi, Firenze, Martinelli, 1975;​​ Il bambino deprivato, Milano, Cortina, 1986;​​ I bambini e le loro madri, Ibid., 1987;​​ Colloqui con i genitori, Ibid., 1993;​​ Esplorazioni psicoanalitiche, Ibid., 1995;​​ Bambini, Ibid., 1997;​​ Sostenere e interpretare. Frammento di un’analisi, Roma, Ma.Gi., 2006. b)​​ Studi: Phillips A.,​​ W. Biografia intellettuale, Roma, Armando, 1994; Abram J.,​​ Il linguaggio di W.,​​ Dizionario dei termini e dei concetti winnicottiani, Milano, Angeli, 2002;​​ Rodman F. R.,​​ W. Vita e opere, Milano, Cortina, 2004.

V. L. Castellazzi




WUNDT Wilhelm

 

WUNDT Wilhelm

n. a Neckarau nel 1832 - m. a Lipsia nel 1920, psicologo tedesco.

1. Dopo aver studiato medicina alle università di Tubinga e di Heidelberg, ottiene nel 1856 l’incarico di fisiologia a Heidelberg. Qui unisce la ricerca in campo fisiologico ad interessi di tipo psicologico e sottolinea nei suoi scritti l’importanza della sperimentazione per la fondazione di una psicologia scientifica, intesa come scienza della coscienza o della esperienza interna immediata. Nel 1874 ottiene la cattedra di filosofia induttiva a Zurigo e nel 1875 la cattedra di filosofia a Lipsia, dove rimarrà fino al 1917. Nel 1879 fonda a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale che attrarrà ben presto numerosi studiosi di diversa provenienza geografica. Nel 1881 fonda la rivista «Philosophischen Studien». I numerosissimi scritti di W., continuamente rivisti, ampliati e modificati, segnano le tappe di quel lungo percorso che a partire da interessi fisiologici e filosofici lo porteranno ad elaborare i principi, i metodi e i concetti fondamentali della psicologia sperimentale, intesa come scienza autonoma.

2. Il sistema psicologico di W. è essenzialmente contenuto nei​​ Fondamenti di psicologia fisiologica​​ (Grundzuge der Physiologischen Psychologie, che dal 1873-74 conobbe ben 6 ediz.) e nei​​ Lineamenti di psicologia​​ (Grundriss der Psychologie, 1896) in cui vengono definiti l’oggetto (la coscienza del singolo studiata negli elementi ultimi che la costituiscono, e cioè le sensazioni – i prodotti degli organi di senso –, le immagini e i sentimenti), il metodo e il programma di ricerca. Tra il 1910 e il 1920 W. pubblica, in 10 volumi, la psicologia dei popoli o​​ Volkerpsychologie, in cui sostiene la necessità di ricorrere al metodo osservativo per lo studio comprensivo della natura umana, quale si manifesta nella cultura, nel linguaggio, nel mito e nella religione.

3. Le diverse e contrastanti letture e interpretazioni, che sottolineano da un lato l’elementismo e dall’altro il volontarismo del sistema wundtiano, sono tuttavia concordi nel definire W. come il primo psicologo nella storia della psicologia; gli riconoscono il merito di aver identificato chiaramente la psicologia come autonoma disciplina scientifica e di aver svolto una fondamentale opera di sistematizzazione, fondazione e istituzionalizzazione della psicologia.

Bibliografia

tra le opere di W. trad. in it.:​​ Compendio di psicologia, Torino, Clausen, 1929;​​ Elementi di psicologia, Genova, Centro Diffusione Psicologica, 1992;​​ Scritti scelti di W.W., a cura di C. Tugnoli:​​ La psicologia dei popoli, Torino, UTET, 2006. Su W.: Feldman E.,​​ W.’s psychology, in «American Journal of Psychology» 44 (1932) 615-620; Soro G.,​​ Il soggetto senza origini. La soggettività empirica nella fondazione wundtiana della psicologia sperimentale,​​ Milano, Cortina, 1991.

F. Ortu - N. Dazzi




WYNEKEN Gustav

 

WYNEKEN Gustav

n. a Stade nel 1875 - m. a Göttingen nel 1964, pedagogista e educatore tedesco.

1. Dopo sei anni di collaborazione con H. Lietz nei suoi​​ Landerziehungsheime​​ (luoghi di educazione in campagna), fondò con P. Geheeb nel 1906 a Wickersdorf la «libera comunità scolastica» (Die freie Schulgemeinde) che presuppone la libertà di fronte alla famiglia, alla credenze e allo Stato e la partecipazione organizzativa di alunni e insegnanti, con elezione di propri rappresentanti, ma come comunità puramente spirituale e non nel senso politico-sociale di repubblica o città giovanile, secondo quanto espone nella sua opera​​ Der Gedankenkreis der freien Schulgemeinden​​ (Jena, 1913-1919). La sua filosofia educativa parte dall’idealismo classico (Fichte, Hegel) e da Nietzsche, nel suo aristocraticismo, antistoricismo, valorizzazione della gioventù di fronte all’adulto e dell’arte come elemento educativo. Per l’opposizione del governo imperiale chiuse Wickersdorf, ma il suo influsso fu grande nel mondo giovanile sia attraverso il movimento Wandervogel sia attraverso la rivista «Anfang». Nella Repubblica di Weimar (1919-1933) fu consigliere del Ministero dell’Educazione, creando comunità di genitori e insegnanti nelle scuole secondarie.

2. È caratteristico e centrale in lui il concetto di cultura giovanile: la gioventù crea la propria concezione di vita al servizio dello spirito, non dello Stato; lo spirito e la gioventù coincidono nella scuola, secondo la sua opera​​ Was ist Jugendkultur? (München, 1914;​​ Stuttgart, Klett Verlag, 1970). L’unilateralità del suo concetto di libertà, l’esagerata importanza della gioventù nello sviluppo culturale, la sua opposizione verso le istituzioni di base della società, la mancanza di autentica religiosità nelle sue concezioni e nei riti festivi, e la pericolosa erotizzazione delle relazioni tra educatore ed educando, fecero di W. un personaggio molto discusso e avversato.

Bibliografia

Klein G. W.,​​ Die Freie Schulgemeinde Wickersdorf, Jena, 1921; Rohrs H.,​​ Die Reformpädagogik, Hannover, Schroeder Verlag, 1980.

V. Faubell