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VERIFICA

 

VERIFICA

Operazione di controllo per mezzo della quale si procede all’accertamento di determinati fatti, situazioni o risultati nelle loro modalità e nel loro valore in relazione a un obiettivo o ad una ipotesi (etim. lat.:​​ verum​​ = vero,​​ facere​​ = fare).

1.​​ Il significato.​​ Si procede alla v. (ingl.​​ verification, fr.​​ vérification, ted.​​ verifikation, sp.​​ verificación) ogni volta che si effettua una ricerca o si svolge un’attività educativa: si verifica un’ipotesi sperimentale o il conseguimento di determinati obiettivi educativi. In entrambi i casi si procede a una v. iniziale per poter descrivere la situazione di partenza del gruppo sperimentale o dei soggetti in formazione, relativamente agli obiettivi della ricerca o dell’attività educativa; poi ad una serie di verifiche intermedie per tenere sotto controllo l’andamento del processo raccogliendo man mano i risultati dei singoli interventi che rientrano nel piano di ricerca o nella progettazione educativa; infine ad una v. complessiva di tutte le attività svolte.

2.​​ V. e valutazione. In ambito scolastico il termine v. viene usato spesso come sinonimo di valutazione. Partendo dal presupposto che ogni atto valutativo comprende, in ordine cronologico: 1) una stimolazione valida e costante del soggetto per l’aspetto da valutare, 2) una rilevazione la più precisa possibile delle risposte fornite dal soggetto, 3) un confronto delle risposte rilevate con dei criteri prestabiliti al fine di pervenire a un giudizio sulla loro positività o meno (è la valutazione in senso stretto), 4) una espressione e comunicazione del giudizio, all’interno di questo quadro di riferimento il termine v. assume un significato più ristretto del termine valutazione in quanto non implica necessariamente la comunicazione del giudizio sui risultati. Inoltre si usa più facilmente il termine v. per riferirsi al controllo dell’effetto di un singolo atto di un intervento formativo mentre si preferisce usare il termine valutazione quando si prende in considerazione l’effetto globale di un intero processo formativo, che è composto da un insieme di interventi. Una serie di prove di v. consentono di effettuare una valutazione globalmente valida.

3.​​ V. della progettazione educativa. Si parla di v. anche a proposito della progettazione educativo-didattica, nel senso che periodicamente gli insegnanti dovrebbero controllare non solo i risultati conseguiti dagli alunni ma anche la congruità degli obiettivi formulati rispetto alle potenzialità degli alunni, la propria capacità di svolgere le attività didattiche programmate e l’utilità dei sussidi didattici impiegati.

4.​​ V. delle ipotesi. L’uso più frequente del termine si ha a proposito delle indagini sperimentali in cui si verificano le ipotesi di ricerca mediante l’osservazione sistematica o l’ esperimento. Esiste una stretta connessione tra la valutazione dei risultati di una ricerca e la v. delle ipotesi sperimentali perché un’ipotesi risulta verificata quando i risultati ottenuti al termine dell’attività educativa corrispondono a quelli attesi. Ciò comporta che le ipotesi vengano formulate operativamente. Formulare operativamente un’ipotesi significa esplicitare, prima dell’inizio dell’azione del fattore da mettere sotto controllo, sia nel caso che esso già esista nella situazione educativa sia nel caso in cui vi venga introdotto intenzionalmente, quali conseguenze si prevede di rilevare nei soggetti coinvolti nella ricerca al termine dell’azione del fattore sperimentale, se l’ipotesi è vera. Affinché un’ipotesi si possa verificare per via sperimentale essa deve essere formulata in modo tale che sia concepibile almeno un fatto che al termine dell’osservazione sistematica o dell’esperimento sia in grado di smentire ovvero dimostrare falsa l’asserzione ipotetica. Quando si vuole risolvere per via sperimentale un problema educativo si formulano delle ipotesi, che si mettono alla prova: da ogni ipotesi si traggono delle conseguenze, rilevanti per il problema studiato, che ci si attende di osservare empiricamente al termine della ricerca; si esplicita il modo attraverso cui è possibile controllare la presenza o meno dei fatti previsti; si fa poi agire il fattore sperimentale. Se le conseguenze previste nel momento della formulazione della singola ipotesi si danno poi effettivamente nei fatti, si dice che quella ipotesi è stata verificata; se invece i fatti alla fine negano anche una sola delle conseguenze previste si dice che l’ipotesi non è stata verificata. I passaggi logici che si compiono per la v. di un’ipotesi sono tre: se l’ipotesi x è vera al termine dell’attività educativa si osserveranno i fatti y in misura abbastanza rilevante da raggiungere il limite di significatività previamente stabilito; il piano di osservazione o di esperimento scelto consente di rilevare la presenza o l’assenza finale dei fatti y; a seconda della presenza o dell’assenza dei fatti y al termine dell’attività educativa l’ipotesi x risulta verificata o non verificata.

5. Gli strumenti di v.​​ La scelta degli strumenti per effettuare le v. apre un dibattito che riguarda sia l’attività educativa sia la ricerca sull’educazione; esso gira principalmente intorno al rapporto tra il «qualitativo» e il «quantitativo» nell’educazione. I primi strumenti costruiti per la v. scientifica dei risultati educativi tendevano a misurare gli aspetti quantitativi dei fenomeni, esploravano prevalentemente l’area cognitiva, coglievano i risultati piuttosto che i processi mediante i quali si giunge ad essi: che cosa sa l’alunno, quanto sa, quanti errori commette, quante risposte esatte fornisce e in quanto tempo. Progressivamente l’attenzione dei ricercatori si è spostata sui processi mentali che portano a determinati risultati (perché l’alunno risponde in un certo modo) e sugli aspetti non cognitivi della personalità: motivazioni, interessi atteggiamenti, emozioni; inoltre non si pretende più di misurare ma ci si accontenta di descrivere le situazioni. Da tempo ci si interroga sulle interazioni tra gli osservatori e gli osservati, tra i misuratori e i misurati; si sono evidenziati i significati diversi che il ricercatore, l’educatore e l’educando attribuiscono allo stesso fatto educativo osservato. In ultima analisi, pur continuando ad effettuare delle v. sui fatti educativi (né d’altro lato vi si potrebbe rinunciare per la natura stessa di tali fatti), se ne sono colti meglio i limiti e si è messa da parte la pretesa di ridurre l’uomo a ciò che lo strumento di v. è in grado di misurare. Insieme agli strumenti tradizionali per la v. dell’apprendimento, come l’interrogazione orale, la composizione scritta, i questionari, le prove oggettive e le prove diagnostiche, oggi vengono utilizzati dei nuovi strumenti di v.: quali, la riflessione parlata, per esplorare il procedimento attraverso cui un alunno giunge a un certo risultato, o le guide per l’osservazione sistematica di abilità intellettuali come la capacità critica, la creatività o la capacità di risolvere i problemi. Altri classici strumenti di v. sia degli aspetti cognitivi che di quelli non cognitivi del processo educativo sono i reattivi psicologici; si può definire un reattivo come una situazione (insieme di stimoli) rappresentativa di una certa area di comportamento, standardizzata (stessi stimoli-stesse risposte), dove dei soggetti sono chiamati a rispondere; in base alle diverse risposte dei soggetti alla situazione-stimolo è possibile misurare le differenze tra i soggetti in relazione all’area di comportamento esaminata. All’inizio degli anni settanta del ventesimo secolo si sono diffusi tra coloro che fanno ricerca educativa sul campo altre modalità di v. mutuate dall’ambito psico-sociologico e socio-antropologico, quali l’osservazione partecipante, il colloquio non direttivo, i racconti di storie di vita, il gioco dei ruoli, la tecnica degli incidenti critici, l’analisi di contenuto. Si tratta di strumenti descrittivi che non hanno la pretesa di misurare la portata e l’intensità dei fenomeni educativi bensì di descriverli nella loro complessità cogliendone le diverse sfaccettature. Chi fa ricerca educativa, per la v. delle ipotesi, deve saper utilizzare sia gli strumenti quantitativi che quelli qualitativi, se intende valutare adeguatamente i risultati ottenuti. Infatti, mentre le v. quantitative consentono di cogliere la dimensione dei fenomeni educativi, quelle qualitative danno loro vita e concretezza perché rivestono il corpo dei dati quantitativi rilevati con i dettagli e le sfumature che caratterizzano le persone e le situazioni. Le differenti informazioni che i due tipi di strumenti consentono di raccogliere sullo stesso fenomeno studiato costituiscono un arricchimento dei risultati della ricerca.

Bibliografia

Calonghi L.,​​ Valutare, Novara, De Agostini, 1983; Di Nuovo S.,​​ La sperimentazione in psicologia applicata.​​ Problemi di metodologia e analisi dei dati, Milano, Angeli, 1991; Boncori L.,​​ Teoria e tecnica dei test, Roma, Boringhieri, 2000; Coggi C. - A. Notti (Edd.),​​ Docimologia, Lecce, Pensa, 2002; La Marca A.,​​ Autovalutazione e e-learning all’università, Palermo, Palombo, 2004; Trinchero R.,​​ I metodi della ricerca educativa, Bari, Laterza, 2004.

G. Zanniello