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VEDISMO

 

VEDISMO

Secondo la dottrina comune dell’​​ ​​ Induismo, i Veda sono libri sacri che contengono delle verità eterne rivelate da Dio e percepite nelle esperienze mistiche dei saggi (rishi) antichi. I Veda sono quattro:​​ Rigveda,​​ Yajurveda,​​ Samaveda​​ e​​ Atharvaveda​​ ed erano trasmessi prima oralmente e poi trascritti tra il 1500 e il 300 a.C. La religione e cultura fondate sui Veda vengono chiamate V.

1. Quando si parla dell’educazione nel V., ci si riferisce soprattutto all’ultima tappa dei Veda, alle​​ Upanishad​​ (upa​​ = vicino,​​ ni​​ = devotamente, e​​ sad​​ = seduto: devotamente seduto vicino al maestro o​​ Vedanta, che significa la fine e il fine dei Veda). Il fine dei Veda, quindi, consiste nell’ascoltare, comprendere, realizzare la dottrina insegnata da un​​ guru. L’Upanishad​​ si riferisce invece al contenuto della dottrina insegnata in tali sedute. La dottrina vedantica consiste nel​​ Brahman​​ (la causa e il principio ultimo o il fondamento dell’universo) che è​​ l’Atman​​ (il «Sé» o «anima», la realtà più profonda dell’uomo): il​​ Brahman​​ e​​ Atman​​ sono la stessa realtà. Questa dottrina non consiste solo nella presa di coscienza teorica che​​ Brahman​​ è​​ Atman​​ o​​ Atman​​ è​​ Brahman, ma nella realizzazione di questa verità:​​ tat tvam asi​​ (quello sei tu) (Chand.​​ Up., III, xiv, 1-4).

2. Lo scopo dell’educazione vedica è lo stesso di quello della​​ Vedanta:​​ l’autorealizzazione o unione dell’Atman​​ con​​ Brahman​​ (Dio). Lo studio delle altre materie o scienze, come​​ Yotisha​​ (astrologia),​​ Vyakarna​​ (grammatica),​​ Chandas​​ (prosodia),​​ Ajurveda​​ (medicina),​​ Gandharvaveda​​ (musica),​​ Dhanurveda​​ (arte della guerra), tutte contenute sia nei​​ Vedanga​​ (studi post-vedici considerati scienze ausiliarie dei Veda) o negli​​ Upaveda​​ (trattati supplementari dei Veda), è secondario e ha lo stesso scopo religioso. Secondo i Veda, le diverse fasi della vita indù sono accompagnate dai vari riti sacri, chiamati​​ Samskara​​ (sacramenti). Gli autori di Veda parlano di almeno sedici​​ Samskara, tra cui alcuni appartengono allo stadio dell’educazione.

3. L’iniziazione dello studio comincia con il rito sacro,​​ Vidyarambha​​ (l’inizio dello studio), chiamato anche​​ Akshararambha​​ (l’inizio dello studio dell’alfabeto), quando il fanciullo ha circa cinque anni. Il periodo di studio vedico o​​ brahmacarya​​ comincia con il rito di​​ Vedarambha​​ (inizio dello studio dei Veda) a cui sono ammessi solo coloro che hanno ricevuto l’upanayana​​ (il sacramento dell’iniziazione), condizione necessaria per iniziare lo studio vedico. Nell’antichità sia i ragazzi che le ragazze di tutte le caste furono ammessi all’upanayana​​ e allo studio dei Veda; più tardi però solo ragazzi appartenenti alle tre caste superiori furono ammessi a questo rito e allo studio dei Veda. Il periodo di​​ brahmacarya​​ (che è anche il primo stadio della vita o​​ asrama) comincia quando il​​ brahmacarin​​ (lo studente) lascia la sua casa e vive nella casa del​​ guru, sottomettendosi completamente al suo maestro durante tutto il periodo della sua formazione umana e religiosa che dura più o meno dodici anni. Il​​ Manava​​ Dharma​​ Sastra​​ (libro sacro delle leggi) contiene precise e dettagliate regole di condotta e vita per il​​ brahmacarin​​ (cfr.​​ Manu, II, 36-249; XI, 122-123); ad es. il modo di vestirsi, radersi i capelli, praticare quattro voti religiosi di castità, povertà, austerità e studi sacri, compiere i lavori domestici, mendicare il proprio cibo, pregare due volte al giorno, obbedire al maestro in ogni cosa e praticare varie discipline corporali. Gli studi sacri consistono principalmente nell’imparare a memoria i Veda in lingua sanscrita. Questa però è solo la prima tappa; la seconda consiste nel comprendere il significato, perché lo scopo ultimo è conoscere per realizzare la Verità suprema che salva. Tutte le altre discipline (​​ yoga​​ o​​ tapas) sono mezzi per arrivare a questa realizzazione.

4. Le caratteristiche principali del sistema educativo (chiamato​​ guru-sishya​​ o​​ gurukula) sono le seguenti: a) la casa del guru diventa la scuola domiciliare degli studenti; b) il​​ guru​​ è un individuo realizzato ed è riconosciuto come tale dagli altri; c) egli non ha solo il ruolo di insegnante ma anche di padre; d) è sempre presente e dà attenzione individuale agli studenti; e) il numero degli studenti per questa ragione è limitato; f) l’ammissione di uno studente dipende dal suo sviluppo morale, a parte il sacramento dell’upanayana; g) la disciplina del​​ brahmacarya​​ è imposta agli studenti; h) è obbligo morale degli studenti rispettare e onorare sempre il maestro, come se fosse loro padre. Il periodo di studio si conclude con il sacramento del​​ Samavartana​​ (rito di addio al​​ guru​​ e ritorno alla casa propria).

Bibliografia

Cultural heritage of India, 4 voll., Calcutta, The Ramakrishna Mission, 1953; Max Müller F.,​​ The Upanishads, 2 voll., Delhi, SBE I, 1965; Mookerji K. R.,​​ Ancient Indian education, Delhi, Motilal Banarsidass, 1989.

S. Thuruthiyil