1

TECNICHE DI INSEGNAMENTO

 

TECNICHE DI INSEGNAMENTO

Modalità d’azione o procedimenti operativi per insegnare che implicano o meno l’uso di apparati tecnologici particolari.

1. Lo studio e l’organizzazione razionale delle differenti t. didattiche è sviluppato dalla tecnologia didattica. Talora l’espressione t. didattiche si accosta a quella di metodo didattico (​​ tecnologia dell’educazione).​​ ​​ Freinet ha valorizzato l’uso di questa espressione per indicare sia specifiche metodologie di insegnamento che implicano l’uso di alcuni apparati tecnologici (ad es. un apparato tipografico nell’insegnare a scrivere), sia modalità procedurali che non li coinvolgono. Sulla sua scia altri hanno utilizzato la stessa espressione per sottolineare la materialità dell’approccio. Esempi significativi di uso di questa espressione sono B. Ciari (1972) in ambito didattico e R. Massa (1986) in ambito più propriamente pedagogico. In ambito anglosassone si intendono le forme attraverso le quali le informazioni sono presentate agli studenti.

2. Un uso più tecnologicamente segnato viene dalle t. di​​ ​​ istruzione programmata, di utilizzazione del computer e degli​​ ​​ audiovisivi nell’attività didattica e di apprendimento e di sviluppo di abilità professionali. In questi casi si può parlare di t. di progettazione di materiali didattici o di​​ ​​ software audiovisivo e informatico, di programmazione e di validazione, come di t. per il loro utilizzo nel contesto dell’insegnamento.

3. Con l’avvento della cosiddetta pedagogia per​​ ​​ obiettivi si è posto l’accento sulle t. proprie della​​ ​​ progettazione didattica, accentuandone quindi la componente tecnologica. Così sono state sviluppate t. specifiche per l’operazionalizzazione degli obiettivi didattici, per l’analisi dei contenuti sia di tipo concettuale che procedurale, per la costruzione, validazione e utilizzo di prove di valutazione oggettive.

Bibliografia

Freinet C,​​ Le mie t., Firenze, La Nuova Italia, 1969; Ciari B.,​​ Le nuove t. didattiche, Roma, Editori Riuniti, 1972; Mager R.,​​ Gli obiettivi didattici, Teramo, Lisciani e Zampetti,​​ 41978; Massa R.,​​ Le t. e i corpi, Milano, Unicopli, 1986; Pellerey M.,​​ Progettazione didattica, Torino, SEI,​​ 21994;​​ Rieunier A.,​​ Les stratégies pédagogiques efficaces, Paris, ESF, 2001; Meirieu P.,​​ Faire l’école,​​ faire la classe, Ibid., 2004; Lang H. R. - B. N. Evans,​​ Models,​​ strategies and methods for effective teaching, Boston, Allyn and Bacon, 2005.

M. Pellerey




TECNICHE PROIETTIVE

 

TECNICHE PROIETTIVE

Strumenti psicodiagnostici particolarmente sensibili nel rilevare aspetti inconsci (desideri, motivazioni, ansie, stili, conflitti, meccanismi di difesa, ecc.) della personalità dell’individuo.

1.​​ Cenni storici. Le t.p. vengono introdotte nei primi decenni del ’900 in reazione, da parte degli psicologi clinici, ai test psicometrici, visti come inadeguati per fornire una diagnosi soddisfacente della personalità sia in senso idiografico (soggetto considerato nella sua individualità) che distico (soggetto considerato nella sua globalità). Il loro sviluppo è stato particolarmente favorito dai contributi teorici e clinici di numerosi psicoanalisti. Il primo serio tentativo di sintesi sulle t.p. è stato fatto da L. K. Frank nel 1939. Si può indicare come data d’inizio dell’uso delle t.p. il 1906 con l’introduzione da parte di​​ ​​ Jung del​​ test di associazione delle parole.​​ Altre tappe fondamentali sono la pubblicazione del Test di H. Rorschach nel 1921, del Thematic Apperception Test di H. A. Murray nel 1935, del Test di E. Wartegg nel 1939, delle Favole di L. Düss nel 1940, del Test di Frustrazione di S. Rosenzweig nel 1948, del Disegno della Figura Umana di K. Machover nel 1949, del Disegno dell’Albero di K. K. Koch nel 1949.

2.​​ Fondamenti teorici. Le basi teoriche su cui si fondano le t.p. sono fornite dalla psicologia della percezione e dalla psicoanalisi. La psicologia della percezione sottolinea che la risposta allo stimolo del test è determinata dal processo percettivo, il quale è la risultanza sia di fattori strutturali (quelli cioè derivati dalla natura stessa degli stimoli) che funzionali (quelli derivati dai bisogni, dagli stili cognitivi, dagli stati d’animo, dalle esperienze passate dell’individuo). La teoria psicoanalitica evidenzia che la risposta allo stimolo del test è determinata dal processo proiettivo, il quale fa emergere il mondo inconscio, inteso come un insieme di contenuti interni costituiti in gran parte da ciò che resta del passato, specie quello relativo alla prima infanzia, e che, pur non essendo presenti alla coscienza, agiscono in modo determinante sul pensiero, sul comportamento, sulle scelte e sulle relazioni dell’individuo. Sulla base di questi due processi, per molti versi tra loro assimilabili, si può quindi capire che l’individuo finisce per elaborare lo stimolo che gli viene presentato secondo la struttura della propria personalità, al punto da potere affermare l’esistenza in ogni essere umano di una tendenza di fondo a creare il mondo a propria immagine e somiglianza. Inoltre emerge che il materiale proiettivo prodotto dalle risposte allo stimolo non è il risultato di un puro caso, ma la conseguenza logica delle caratteristiche psichiche di base dell’individuo. Per cui, diversamente dai test psicometrici, non esistono risposte giuste e sbagliate, ogni risposta è sempre da considerarsi valida ai fini diagnostici, anche quando il soggetto per suoi motivi inconsci la dichiara sbagliata e desidera sostituirla con un’altra.

3.​​ Caratteristiche dello stimolo proiettivo. Innanzitutto, va chiarito che in senso largo, sono da considerarsi come stimolo proiettivo, oltre al test vero e proprio (per es. le tavole del Rorschach), lo stesso esaminatore e la situazione ambientale, in cui si svolge la somministrazione. In senso stretto per stimolo proiettivo s’intendono i singoli test. Per favorire l’emersione degli aspetti profondi ed inconsci della personalità di un individuo occorre che lo stimolo sia:​​ ambiguo,​​ non familiare​​ e​​ significativo. a) L’ambiguità dello stimolo è una delle caratteristiche fondamentali che differenzia le t.p. dai test psicometrici, dove invece lo stimolo deve essere ben definito. Uno stimolo può essere ambiguo, perché impoverito a livello fisico (es. riduzione del tempo di esposizione, riduzione dell’illuminazione, ecc.) oppure perché suscettibile di diverse decodificazioni da parte di differenti soggetti. Nelle t.p. si mira ad ottenere questo secondo tipo di ambiguità. L’ambiguità minimizza l’influsso dello stimolo, mentre massimizza l’influsso della personalità del percettore. Va tuttavia chiarito che non si deve confondere l’ambiguità dello stimolo con la sua scarsa strutturazione. Inoltre l’ambiguità non va assolutizzata, dal momento che non è senz’altro scontato che più lo stimolo è ambiguo e più c’è proiezione. b) La non familiarità dello stimolo comporta che esso sia sconosciuto al soggetto. Tale caratteristica insieme all’ambiguità suscita una situazione di ansia e di riflesso un processo di regressione. E cioè il soggetto ritorna indietro nel suo passato verso il «già conosciuto». In tal modo vengono fatti riaffiorare i contenuti e le modalità specifiche del mondo arcaico rimosso. c) La significatività dello stimolo consiste nel fatto che esso deve essere in rapporto a situazioni specifiche che il soggetto vive. Ad es., se si vuole conoscere come l’individuo si rapporta alle figure parentali si può ricorrere allo stimolo: «Disegna una famiglia di tua invenzione».

4.​​ Validazione.​​ La validazione delle t.p. poggia sui quattro requisiti fondamentali propri dei test psicometrici: oggettività (uguale situazione per tutti i soggetti sottoposti al test), sensibilità (finezza di discriminazione dei soggetti sottoposti al test), fedeltà (costanza della misura), validità (grado di precisione con cui il test misura una determinata caratteristica dell’individuo). Va tuttavia chiarito che tali requisiti, dal momento che si rifanno alla quantificazione dei dati e alla relativa elaborazione statistica, non sono rigidamente applicabili alle t.p. Queste infatti privilegiano un approccio idiografico (attento alle caratteristiche del singolo e non alla media di gruppo) ed olistico (attento alla globalità della personalità e quindi a molteplici variabili). Del resto, l’adozione di metodi prevalentemente fondati sulla quantificazione, e quindi l’accettazione di un approccio nomotetico dove dell’individuo si sa solo ciò che ha in comune con gli altri, comporterebbe la rinuncia alle caratteristiche e alle finalità proprie delle t.p.

Bibliografia

Rabin A.​​ I.​​ (Ed.),​​ Assessment with projective techniques.​​ A concise introduction, New York, Springer, 1981;​​ Anzieu D. - C. Chabert,​​ Les méthodes projectives, Paris, PUF,​​ 1983; Castellazzi V. L.,​​ Introduzione alle t.p., Roma, LAS,​​ 32000; Sola T.,​​ L’apporto dei metodi proiettivi nella psicodiagnosi clinica, Roma, Aracne, 2006; Chabert C.,​​ Psicoanalisi e metodi proiettivi, Roma, Borla, 2006.

V. L. Castellazzi




TECNOLOGIA

 

TECNOLOGIA

Per t. si intende, secondo la classica definizione del​​ Dizionario​​ di N. Tommaseo, una tecnica basata sulla scienza. Ciò è alluso dal termine​​ logia​​ incorporato al vocabolo composto.

1. La tecnica in genere è un​​ modus operandi, vale a dire una sequenza di operazioni tese alla produzione di un risultato. Come tale può essere il semplice effetto empirico di una esperienza ripetuta con esito vantaggioso, e trasmessa culturalmente, come avviene per le tecniche delle arti utili e delle arti belle, ossia rispettivamente delle arti d’artigiano e di quelle d’artista. Si può rammentare che le prime civiltà vennero descritte essenzialmente in base ad aspetti tecnici della loro cultura materiale, come le civiltà della pietra scheggiata e levigata, del rame, del bronzo e del ferro. Quando parecchie tecniche si collegano per la produzione di risultati importanti, sottentra la necessità di darsene ragione e di cercarne i fondamenti teorici. A quel punto avviene il passaggio alla t. Nel nostro tempo si è instaurata una civiltà tecnologica che si estende a tutte le attività economiche, ma soprattutto trova applicazione grazie all’impiego di grandi fonti di energia nei settori industriali e nei trasporti, nelle comunicazioni, nella sanità. Il passaggio alla automazione e informatizzazione ha determinato un ulteriore salto di qualità introducendo al settore «terziario avanzato» detto anche «quaternario».

2. L’educazione è condizionata dai cambiamenti nella cultura materiale e formale, e quindi è sollecitata da nuove sfide provenienti dalla diffusione e rapida accelerazione di tutti i processi tecnologici. In questo senso i programmi e curricoli scolastici devono prestare maggiore attenzione alle discipline d’insegnamento delle​​ ​​ scienze, alla​​ ​​ educazione tecnica e alla​​ ​​ formazione professionale. Esse devono essere intese non come un cumulo di prescrizioni empiriche e occasionali, ma come una concezione organica del lavoro umano, che è «lavoro pensato». In un altro senso i progressi tecnologici possono offrire alla educazione e alla scuola nuove opportunità, in quanto pongono nuovi mezzi al servizio del pensiero e della sua comunicazione. In particolare le t. della stampa hanno reso possibile la cultura del libro a buon mercato ed a larga diffusione; quelle della fotografia e poi del cinema hanno consentito progressi scientifici e illustrazioni efficaci; la radio e la televisione hanno diffuso la informazione, la cultura e lo spettacolo; la registrazione delle immagini e dei suoni hanno offerto condizioni alla cultura post-alfabetica; l’amplificazione permette la comunicazione simultanea a grandi uditori.

3. Sul piano didattico,​​ ​​ audiovisivi e informatica costituiscono i «media» tecnologici per antonomasia. Ma vanno altresì considerati tutti i mezzi che facilitano la registrazione, replica e diffusione dell’informazione e la comunicazione a distanza nello spazio o differita nel tempo. Ciò rende disponibili mezzi autodidattici in larga misura automatici (​​ istruzione programmata e / o assistita dal calcolatore) i cui programmi sono preregistrati, ma flessibili e interattivi con una pluralità di vie, o addirittura aperti a una libera «navigazione» tra contenuti conservati in «ipertesti». Una ulteriore possibilità offerta dalle t. è quella di somministrare​​ ​​ prove e test per la valutazione e per la sperimentazione, che vengono scrutinati con lettura ottica mediante​​ scanner​​ e resi immediatamente noti come​​ feedback​​ dell’apprendimento. La elaborazione statistica dei risultati necessaria alla​​ ​​ docimologia difficilmente oggi può farne a meno, soprattutto quando debbano essere valutate molte prove di migliaia di soggetti. La t. è il mezzo attraverso il quale l’insegnamento verifica l’apprendimento.

Bibliografia

Laeng M., «Pedagogia didattica t.», in R. Titone (Ed.),​​ Questioni di t. didattica, Brescia, La Scuola, 1974, 23-60; Id.,​​ L’educazione nella civiltà tecnologica, Roma, Armando, 1969 (2ª​​ ed. 1984); Ballanti G., «La t. dell’istruzione», in B. Vertecchi (Ed.),​​ Il secolo della scuola, Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1995, 271-287; Devoti A. G.,​​ Educazione e t., Pisa, ETS, 2003; Calvani A.,​​ Manuale di t. dell’educazione, Ibid., 2004; Roszak T.,​​ El culto a la información: tratado sobre alta tecnología, inteligencia artificial y el verdadero arte de pensar, Barcelona, Gedisa, 2005.

M. Laeng




TECNOLOGIA DELLEDUCAZIONE

 

TECNOLOGIA​​ DELL’EDUCAZIONE

Il termine t., dal gr.​​ tékne​​ (tecnica) e​​ lógos​​ (studio), viene utilizzato in alcuni momenti per indicare tecniche, strumenti e in altri è considerato come un modo di affrontare la progettazione dei processi educativi.

1.​​ L’evoluzione tecnologica.​​ Il concetto di t. ha subito con l’avvento della società industriale una radicale trasformazione. Anche nel campo della t.d.e. si è prodotta parallelamente una evoluzione profonda, in parte derivante dagli studi di tipo psicologico, in parte dalle ricerche nel campo dell’organizzazione dei sistemi produttivi e dei processi informativi. La t. moderna introdotta dalla rivoluzione industriale e dal progresso scientifico ha caratteri essenzialmente diversi dalla t. antica dove i cambiamenti avevano finalità eminentemente pratiche ed immediate e dove il criterio di verifica e di controllo sul campo aveva il compito di dimostrare la bontà delle proposte. Una concezione moderna della t. che cerca di intervenire nei diversi settori del vivere umano in maniera sistematica ed organizzata per ottenere l’effetto voluto con il massimo di efficacia, è stata applicata sistematicamente nel mondo formativo in particolare a partire dalla fine degli anni quaranta, cioè subito dopo la seconda guerra mondiale. Questa opera è dovuta, almeno nelle sue fasi iniziali, alle ricerche ed all’azione di due pionieri: R. W. Tyler e Skinner che, seguiti poi da altri, hanno contribuito notevolmente a chiarire il concetto di t.d.e.

2.​​ La t.d.e.​​ In sede pedagogica ed educativa il termine assume il significato di una mentalità diversa, una mentalità tecnologica come a volte si usa dire, nell’affrontare i problemi legati al mondo educativo, in cui possono essere certamente incluse tecniche e strumenti, ma solo in quanto elementi di una pianificazione più generale e finalizzata al miglioramento degli interventi progettati. In tal senso oggi si parla molto di: progetto educativo, progettazione didattica, proposta formativa e t. didattiche. Ma tale impostazione richiede di entrare in un’ottica in cui l’attività formativa viene strutturata in momenti ben definiti che potrebbero essere sintetizzati come: un momento di analisi della situazione su cui si vuole intervenire; un momento in cui si elaborano obiettivi, si scelgono le attività e gli strumenti per intervenire, si prepara un piano d’azione; un momento in cui si controlla la qualità del prodotto e del processo per verificare l’efficacia e procedere ad eventuale revisione e riprogettazione.

3.​​ Diversi significati ed usi formativi.​​ Il termine t.d.e. può assumere dunque un primo significato quando lo si riferisce a tutto ciò che riguarda l’applicazione della scienza fisica e della t. ingegneristica allo studio e alla costruzione di strumenti meccanici o elettromeccanici che possono essere usati a scopi formativi. Questo è il significato principale in cui il termine è stato usato in particolare dai portavoce dell’istruzione con 1’audiovisivo e dall’industria delle comunicazioni elettroniche. In questo senso il riferimento riguarda solitamente l’uso di strumenti in un intervento formativo per renderlo più efficace. In tale contesto si preferisce parlare di t. didattica o t. didattiche. Un secondo significato di t.d.e. non si riferisce tanto allo strumento come tale, ma ad una t. in senso generico, come derivato o applicazione di una scienza. Il rapporto Perkins-McMurrin, elaborato da una commissione parlamentare negli Stati Uniti nel 1970, presenta due definizioni della t. didattica. Con la prima s’intendono i mezzi nati dalla rivoluzione delle comunicazioni: cioè i mezzi che possono essere usati a scopi didattici dall’insegnante, insieme con i libri di testo e il suo apporto personale. Con la seconda definizione, meno comune, per t. didattica si vuole intendere qualcosa di più che l’insieme delle sue componenti. Essa è vista come un modo sistematico di progettare, realizzare e valutare il processo globale dell’apprendimento e dell’insegnamento in termini di obiettivi specifici. La diffusa accettazione e applicazione di questa più ampia definizione esige un approccio sistematico ed estensivo, che può realmente contribuire all’avanzamento dell’educazione. L’uso dei prodotti delle t. moderne rientra nell’ambito di una t.d.e., ma solo in quanto componente di un sistema assai più vasto e comprensivo di procedimenti di un intervento formativo. Il significato quindi, più appropriato del termine t.d.e. sembra essere quello di trattamento sistematico di un’arte, in questo caso dell’arte dell’educazione. Il problema fondamentale di ogni intervento formativo è quello di organizzare in maniera efficace una serie di esperienze ed attività di apprendimento, e non tanto quello di usare questo o quel libro di testo, proiettare o meno un film, visitare un museo o usare un sistema multimediale. La t.d.e. diventa quindi una scienza pratica che permette la progettazione, la conduzione e la valutazione di un programma formativo. Essa potrebbe essere vista anche come una mentalità nuova da acquisire per poter progettare prima e realizzare poi, la programmazione didattica. La t.d.e. potrebbe dunque essere definita come lo sviluppo di un insieme delle tecniche sistematiche e delle conoscenze pratiche che le accompagnano, volte a progettare, verificare e gestire sia la pianificazione dell’intero sistema formativo, sia l’organizzazione dei diversi centri e scuole intesi come sistemi formativi, sia, infine, lo sviluppo delle singole lezioni o gruppi di lezioni scolastiche.

4.​​ Il supporto scientifico.​​ Certamente per concretizzare tutto questo verranno utilizzate tutte le risorse possibili e i contributi delle diverse scienze. Le scienze sociologiche ed antropologiche, per individuare le situazioni di partenza dal punto di vista culturale e sociale della popolazione scolastica, e i condizionamenti ambientali e per analizzare sistemi di valori e le tradizioni culturali presenti nell’ambiente esterno ed interno alla struttura formativa. La psicosociologia delle istituzioni, per favorire una analisi delle relazioni istituzionali presenti nella struttura formativa e della loro incidenza sul processo didattico. La psicologia dello sviluppo e dell’intelligenza, per aiutare i processi di​​ ​​ apprendimento, da cui si possono trarre alcuni parametri di riferimento fondamentali sulla conoscenza dell’allievo in generale e sui processi di sviluppo della sua maturazione conoscitiva e comportamentale. La​​ ​​ psicologia sociale per approfondire gli studi sui meccanismi umani relazionali che possono contribuire alla comprensione dei fenomeni di natura interattiva ed emozionale. La​​ ​​ psicologia differenziale che può aiutare ad individuare particolari situazioni di difficoltà e di disturbo. È appena da accennare al fatto che, tra i supporti, si dovrà pensare in primo luogo a quelli economici e di politica scolastica.

Bibliografia

Ceri,​​ Le nuove t. dell’informazione: una sfida per l’educazione, Roma, Armando, 1988;​​ Calvani A.,​​ Manuale di t.d.e.,​​ Pisa, ETS, 1999;​​ Scurati C. (Ed.),​​ Tecniche e significati: linee per una nuova didattica formativa,​​ Milano, Vita e Pensiero, 2000;​​ Aleandri G.,​​ Formazione e dinamiche sociali: la diffusione delle t. per lo sviluppo della qualità,​​ Roma, Armando, 2001; Calvani A.,​​ Educazione,​​ comunicazione e nuovi media, Torino, UTET, 2001; Regni R.,​​ Geopedagogia: l’educazione tra globalizzazione,​​ t. e consumo,​​ Roma, Armando, 2002.

N. Zanni




TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE

 

TECNOLOGIE​​ DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE

Il termine​​ Tecnologie dell’informazione e della comunicazione​​ (TIC) a volte indicato in inglese​​ Information and Communication Technology​​ (ICT) si riferisce ad un insieme di strumenti come il telefono, internet, computer, reti, radio, televisione; un insieme di servizi ed applicazioni ad essi associati come videoconferenza, formazione a distanza, banche dati e un insieme di programmi legati al mondo dell’informazione e comunicazione. È un termine che abbraccia tutte quelle forme di t. impiegate per creare, scambiare, utilizzare e immagazzinare l’informazione.

1. Lo sviluppo tecnologico negli ultimi decenni ha avuto una accelerazione molto forte in tutti i settori non escluso quello inerente il trattamento dell’informazione. In particolare la t. che si occupa della​​ gestione dati,​​ elementi di base dell’informazione, ha cercato di studiare modalità sempre più efficaci per velocizzare la loro trasmissione nelle diverse parti del mondo e facilitare una comunicazione più rapida e sicura. Le TIC sono diventate, ormai, un elemento molto importante nel nostro vissuto quotidiano. Esse stanno provocando una piccola rivoluzione nel gestire l’informazione e la comunicazione spingendo verso il cambiamento nel modo di lavorare e nella gestione del tempo libero. Il binomio «tempo» e «spazio» ha assunto in questo contesto sfumature diverse dal passato. La rivoluzione industriale si è sviluppata attraverso le t. legate ai sistemi di produzione e trasporto. La rivoluzione dell’informazione si sta sviluppando attraverso le nuove t. legate al reperimento, alla conservazione e trasmissione dei singoli elementi dell’informazione in modo sempre più rapido e meno costoso.

2. Sono t. che riguardano prevalentemente i settori legati all’informatica ed alle telecomunicazioni. Esse svolgono un ruolo importante in materia di crescita dell’innovazione, della creatività e della competitività in diversi settori industriali e dei servizi. Si tratta di t. che stanno rivoluzionando il mondo dei servizi, le strutture sociali, culturali ed economiche introducendo nuovi comportamenti nei confronti dell’informazione stessa, dello scambio delle conoscenze in generale e dell’attività professionale.

3. Essendo un insieme molto ampio che comprende diversi settori da quello informatico a quello delle telecomunicazioni e trasmissioni radiotelevisive, le TIC spesso vengono associate a contesti specifici, come le TIC nell’istruzione, nella ricerca, nella medicina, nella pubblica amministrazione, nell’industria. Le TIC in questi ultimi anni hanno subito una grande espansione sviluppando elementi poco presenti nelle t. tradizionali, come ad es. l’interattività e la multimedialità. Esse svolgono un ruolo fondamentale nella società attuale, molto segnata da forme nuove nel mondo dell’informazione e comunicazione, in materia di crescita delle innovazioni, della creatività e della competitività di tutti i settori industriali e dei servizi.

Bibliografia

Bentivegna S.,​​ Politica e nuove t. della comunicazione, Bari, Laterza, 2002; Beducci F.,​​ La democrazia e le nuove t. della comunicazione, Roma, P. Università Lateranense, 2003; Ingrosso M.,​​ Le nuove t. nella scuola dell’autonomia: immagini,​​ retoriche,​​ pratiche: un’indagine in Emilia Romagna, Milano, Angeli, 2004; Mammarella N. - C. Cornoldi - F. Pazzaglia,​​ Psicologia dell’apprendimento multimediale: e-learning e nuove t., Bologna, Il Mulino, 2005; Piattini Velthuis M. G.,​​ Gobierno de las tecnologías y los sistemas de información, Madrid, RA-MA, 2007.

N. Zanni