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SEMANTICA

 

SEMANTICA

Nella sistemazione teorica fornita da Ch. Morris, si definisce s. una delle tre dimensioni costitutive della semiosi e, di conseguenza, una delle tre prospettive a partire da cui si può studiare un segno dal punto di vista semiotico.

1. Si intende per semiosi il processo attraverso il quale un segno funziona come segno, cioè produce senso, significa. In tale processo è facile distinguere almeno tre elementi: a) qualcosa che significa, che funge da segno; b) qualcosa che viene significato, cioè cui il segno rinvia; c) la capacità di questo qualcosa che significa qualcos’altro di produrre effetti su qualcuno. Nello studio dei segni, alla luce del rilievo di queste tre dimensioni costitutive, si prospettano tre livelli a cui organizzare l’analisi: se si resta sul piano dei segni, e si mette a tema lo studio delle relazioni dei segni con altri segni che appartengono allo stesso contesto, si assume una prospettiva sintattica; se si prende in considerazione la relazione dei segni con i loro interpreti ci si colloca dal punto di vista della pragmatica; si costruirà, invece, una s., se si assumerà a oggetto di studio il segno nella sua relazione con ciò che esso denota.

2. Con questo si porta in gioco un problema, quello del riferimento o della denotazione, che ha costituito una​​ vexata quaestio​​ per la ricerca logica tra Otto e Novecento, come la riflessione sulla natura dell’oggetto inesistente all’interno della scuola di Brentano e il dibattito Russell-Strawson a partire dalla teoria delle descrizioni hanno dimostrato. In una prospettiva semiologica il problema non è altrettanto rilevante. Ciò che interessa al semiologo è il connotato, non il denotato. Infatti, navigando nell’universo dei segni, ciò che urge è di capire a quale significato il segno rinvii, non quale oggetto concreto (il referente) esso designi; e infatti, una grande quantità di segni sono non referenziali, non designano cioè nessun oggetto esistente (un divieto di sosta, pur essendo perfettamente significante, non denota nulla).

3. Pensato in questi termini, il problema semantico coincide in definitiva con il problema della classificazione e della verifica dell’operazionalità dei codici attraverso i quali le diverse materie dell’espressione vengono organizzate in funzione significante. L’importanza formativa di una considerazione s. dei segni coincide di conseguenza con l’importanza formativa di un’analisi dei​​ ​​ codici.

Bibliografia

Morris C.,​​ Lineamenti di una teoria dei segni,​​ Torino, Paravia,​​ 21970; Rigotti E.,​​ Principi di teoria linguistica,​​ Brescia, La Scuola, 1979.; Violi P.,​​ Significato ed esperienza, Milano, Bompiani, 2001.

P. C. Rivoltella




SEMINARIO istituzione formativa

 

SEMINARIO: istituzione formativa

Istituzione ecclesiale ordinata alla formazione sacerdotale.

1. Nato con il concilio di Trento il s. è stato riconfermato nella sua validità e necessità dal Vaticano II (OT, 4; Codice cann. 235-245) e da più recenti documenti (Pastores dabo vobis,​​ 60,​​ La formazione dei presbiteri,​​ 58). L’identità del s. (maggiore) è «di essere, a suo modo, una​​ continuazione nella Chiesa della comunità apostolica stretta intorno a Gesù,​​ in ascolto della sua Parola» (Pastores,​​ 60).​​ Finalità specifica del s. è «l’accompagnamento vocazionale dei futuri sacerdoti, e pertanto il discernimento della vocazione, l’aiuto a corrispondervi e la preparazione a ricevere il sacramento dell’ordine con le grazie e le responsabilità proprie» (Ibid.,​​ 61).

2. Elementi costitutivi di tale istituzione sono: a) una comunità educativa organicamente strutturata in ruoli distinti e complementari; b) l’unità della proposta costruita attorno alla sensibilità pastorale, ragione ispirante dell’intera formazione, espressa nella convergenza dei vari stimoli e momenti educativi, dalla preghiera allo studio, dall’esperienza pastorale alla vita comunitaria; c) l’accompagnamento personale dei singoli attraverso il colloquio regolare e frequente; d) una precisa programmazione che armonizzi le dimensioni della formazione sacerdotale (umana, spirituale, intellettuale e pastorale) con il livello di maturità dei singoli e dei gruppi lungo le varie fasi, e la cultura locale; e) una condivisione di vita tra educatori e giovani per un congruo arco di tempo; f) un programma di studi filosofico-teologici che formino il credente e il maestro nella fede.

3. Rispetto al passato il s. odierno sottolinea maggiormente il rapporto tra formazione iniziale e permanente, e mira soprattutto a rendere il soggetto capace di continuare a imparare lungo la vita. Il s., inoltre, non è più pensato oggi come una parentesi che prepara al domani, ma come un’esperienza già fattiva di​​ presbiterio​​ e comunione ecclesiale. Sembrano oggi più marcati, infine, l’impronta pastorale nella formazione e il ruolo della dimensione umana. Condizione fondamentale per l’ingresso nel s. maggiore è la scelta tendenzialmente definitiva del sacerdozio assieme a una certa maturità di base, sul piano umano e spirituale. Nel passato tale preparazione avveniva nel s. minore; oggi tale istituzione, pur mantenendo una sua utilità (can. 234), non è ovunque presente, risentendo della crisi vocazionale, specie in certi ambienti. Nella​​ Pastores dabo vobis​​ si parla di s. minore e «altre forme di accompagnamento vocazionale» (n. 63), a sottolineare la necessità di provvedere comunque alla preparazione all’ingresso nel s. maggiore.

Bibliografia

Codice di Diritto canonico,​​ Roma, 1983, cann. 232-264; Peri I.,​​ I​​ s.,​​ Roma, Rogate, 1985; Gambino V.,​​ Dimensioni della formazione presbiterale,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1992; Giovanni Paolo II,​​ Pastores dabo vobis,​​ Roma, 1992; Congregazione per l’Educazione Cattolica,​​ Direttive sulla preparazione degli educatori nei s., Roma, 1993; Cei,​​ La formazione dei presbiteri nella chiesa italiana. Orientamenti e norme per i s.,​​ Città del Vaticano, LEV,​​ 32007.

A. Cencini




SEMINARIO metodo di studio / ricerca

 

SEMINARIO:​​ metodo di studio / ricerca

Metodo di lavoro intellettuale la cui funzione è avviare i giovani universitari allo studio e alla ricerca in gruppo. Il termine viene usato anche con significati meno precisi: una o più conferenze su un argomento seguite da discussione, incontri e giornate di studio.

1. Le prime esperienze di s. accademico ebbero luogo in Germania nella seconda metà del sec. XVIII, allo scopo di iniziare i futuri professori alla pratica del metodo storico-critico. Oggi viene largamente applicato nell’ambito delle diverse discipline anche in contesti culturali non prettamente universitari. In contesto accademico si distinguono tre livelli: il pre-s. (Proseminar),​​ introdotto già nelle esperienze tedesche, è destinato agli studenti che iniziano i corsi universitari, e costituisce una preparazione al s. propriamente detto (Hauptseminar).​​ Questo, ordinato all’approfondimento critico di una tematica o problema rilevante, è effettuato dallo studente in progressiva autonomia, in équipe con altri colleghi e con un professore in funzione fondamentalmente di coordinatore e di guida, controllato dal gruppo, a partecipazione definita, svolto con regolarità, in clima democratico di collaborazione. Il s. superiore (Oberseminar)​​ si propone un preciso scopo di ricerca in gruppo per dare un apporto originale al progresso della scienza e, contemporaneamente, cerca di offrire un contributo al perfezionamento scientifico dei partecipanti.

2. Dal punto di vista metodologico il s. accademico contempla alcune tappe fondamentali: a) presentazione da parte del docente / esperto dell’argomento proposto (problematica e impostazione generali, fonti e bibliografia essenziale); b) scelta ad opera dei partecipanti del tema (o aspetto del tema) da affrontare individualmente o in piccoli gruppi e pianificazione dei diversi incontri; c) periodo ragionevole di preparazione degli approfondimenti personali; d) incontri regolari di tutti i partecipanti, in cui vengono presentati e discussi i diversi contributi di studio; e) stesura di una relazione scritta. Questa relazione va redatta dai singoli partecipanti al s. (nelle eventuali relazioni di gruppo, deve apparire chiaramente la parte elaborata da ciascun membro). Nel corso della stesura del lavoro scritto vanno vagliati criticamente e integrati gli elementi emersi nei diversi momenti della discussione del tema generale. In tale confronto critico si trova un elemento fondamentale dell’efficacia del s. come metodo di studio e di ricerca in gruppo, alla base della «riforma dell’insegnamento e dell’apprendimento universitario» (Greschat, 1970, 7).

Bibliografia

Greschat M. et al.,​​ Studium und wissenschaftliches Arbeiten. Eine Anleitung,​​ Gütersloh, Gütersloher Verlaghaus Gerd Mohn, 1970; Spandl O. P.,​​ Die Organisation der wissenschaftlichen Arbeit,​​ Braunschweig, Vieweg, 1977; Prellezo J. M. - J. M. García,​​ Invito alla ricerca.​​ Metodologia e tecniche del lavoro scientifico,​​ quarta ediz. rivista e aggiornata, Roma, LAS, 2007 (ediz. in sp.: Madrid, CCS, 2006).

J. M. Prellezo




SEMIOTICA

 

SEMIOTICA

Si definisce con questo termine un’area disciplinare che si propone lo studio: a) dei segni intesi come ciò di cui l’uomo, in virtù della loro strutturale capacità di rinviare a uno o più significati, si serve per comunicare con i suoi simili; b) del testo inteso come lo spazio metodologico in cui, in virtù del ricorso a codici e strategie comunicative precisi, avviene uno scambio simbolico tra un progetto di comunicazione (enunciatore) e un programma d’uso (enunciatario); c) dell’interazione tra un testo e il suo ricettore entro un determinato contesto comunicativo.

1. Ciascuna di queste definizioni corrisponde a una delle tre grandi famiglie di teorie che lo sviluppo della s. nel nostro secolo ha prodotto; la vicenda storica della s., in tempo precedente al raggiungimento di un’autoconsapevolezza epistemologica (tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento), è di fatto più antica e ci riporterebbe prima ancora che alle riflessioni di Locke, all’intuizione del processo di significazione nella antica Stoà (sec. III a.C.). L’attenzione al segno, alla sua capacità di rinvio, al suo impiego in funzione comunicativa, è quella distintiva delle origini «scientifiche» della s. dalla riflessione di Peirce e Saussure. Il prevalere del modello di significazione proposto dal secondo – quello classico che distingue nel segno significante e significato – comporta l’iscriversi di tutta una generazione di s., la prima, entro il paradigma teorico dello​​ ​​ strutturalismo.

2. Quando lo strutturalismo entra in crisi alla fine degli anni ’60 del sec. scorso, alla prima si avvicenda una seconda generazione di teorie accomunate da una preoccupazione testualista. Critiche nei confronti di un concetto, quello di struttura, rigido e soprattutto incapace, perché non dinamico, di spiegare il funzionamento comunicativo di un testo, queste s. pensano il testo come il luogo di una contrattazione simbolica, come una macchina che produce senso ed insieme disegna il profilo del suo interlocutore. Vittime di questa reimpostazione sono idee forti delle prime s., come la convinzione dell’autosufficienza dell’oggetto significante o della reversibilità del processo di codifica. A queste s. subentra infine – ed è storia recente – una nuova generazione di s., le pragmatiche, la cui attenzione passa dal testo all’interazione e soprattutto al contesto come luogo di questa interazione.

3. Di grande interesse è lo studio della s. per chi si occupa di educazione almeno in due direzioni. In primo luogo perché l’intera area della comunicazione didattica, sia condotta in presenza che all’interno di ambienti di apprendimento on-line, richiede che venga elaborata una compiuta s. della formazione sia in ordine ai codici con cui si organizza la comunicazione (da parte dell’insegnante come dello studente) sia in relazione al​​ setting​​ che ne costituisce lo spazio naturale. In secondo luogo, la strumentazione s. è sicuramente importante perché consente all’insegnante di muoversi a proprio agio dentro la vera e propria foresta di simboli multimediali di cui è costituito il paesaggio culturale della società dell’informazione. Non saperli leggere significa condannarsi automaticamente a una scarsa efficacia educativa.

Bibliografia

Casetti F.,​​ S. Saggio critico,​​ testimonianze,​​ documenti,​​ Milano, Feltrinelli, 1977; Eco U.,​​ I​​ limiti dell’interpretazione,​​ Milano, Bompiani, 1990; Martin M.,​​ Semiologia dell’immagine e pedagogia,​​ Roma, Armando, 1990; Bonfantini M. A.,​​ Specchi del senso. Le s. speciali,​​ Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1991; Rivoltella P. C.,​​ Teoria della comunicazione, Brescia, La Scuola, 2001; Cantoni L. - N. Di Blas,​​ Comunicazione. Teorie e pratiche, Milano, Apogeo, 2006.

P. C. Rivoltella