SCUOLE NUOVE
S’intende per S.N. il movimento di riforma pedagogico-didattica iniziato negli ultimi anni del sec. XIX, con manifestazioni particolarmente significative nella prima metà del sec. XX.
1. Significato. L’espressione «movimento di riforma pedagogica» (Reformpädagogischebewegung) viene utilizzata dalla storiografia tedesca per definire l’insieme di orientamenti teorici e di realizzazioni pratiche che caratterizzano il periodo storico indicato; ma l’impegno per un rinnovamento dell’educazione e della s. è pure notevole fuori della Germania; anzi si tratta di un vasto fenomeno, noto con nomi diversi e segnato da tratti caratteristici nei diversi Paesi, che presenta, però alcune istanze comuni: a) critica severa, spesso polemica e un po’ ingenua, contro la cosiddetta «s. tradizionale», denunciata come s. dello sforzo, del castigo, passiva, adultistica, centrata sul programma, lontana dalla vita; b) proposta di mettere in atto una «S.N.». L’espressione «New School», coniata in Gran Bretagna nel 1889, ha una straordinaria accoglienza. Le esperienze inglesi si diffondono rapidamente in molti Paesi. Si creano uffici e associazioni per la loro promozione, Bureau International des Écoles nouvelles (1899), New Education Fellowship (1921); si cerca di fissare «i trenta punti» caratteristici di una «s.n. tipo». I pionieri del movimento parlano anche, in contesti culturali diversi, di «École active» (→ Ferrière), di «École fonctionnelle» (→ Claparède), di «Progressive School» (→ Dewey), di «Arbeitschule» (→ Kerschensteiner), di «Educación nueva» (Luzuriaga). In Italia viene spesso utilizzato il termine «Attivismo», benché esso sia ambiguo e inadeguato, come si evince dalla polemica, accesa negli anni centrali del nostro secolo, tra gli assertori di un «Attivismo cristiano» (→ Casotti, → Nosengo) e di un «Attivismo laico» (Coen, De Bartolomeis). Pure in altri casi, sotto i termini utilizzati, si nascondono concezioni teoriche diverse e accentuazioni pratiche non irrilevanti. Nell’insieme «il movimento educativo», durante il periodo storico segnalato, «rassomiglia più a una costellazione, nella quale ci sono numerosi gruppi di astri di tutti i tipi e grandezze (con una certa tendenza o orientamento generale) che ad un sistema planetario chiuso» (Luzuriaga, 1970, 27). Qui faremo qualche cenno anche ad «astri» minori allo scopo di abbozzare un sintetico quadro d’insieme.
2. Origini e sviluppo in Europa. Il fenomeno delle S.N. affonda le radici in un contesto socioculturale a cui solo si allude: industrializzazione, regimi democratici e liberali, mutamenti della vita collettiva (movimento operaio, giovanile e femminile), progresso delle scienze (psicologia, sociologia), maturazione di istanze e fermenti precedenti; per es., l’esperienza educativa di Salzmann e di → Tolstoj, e alcune tesi pedagogiche più note di → Rousseau (bontà naturale del bambino, puerocentrismo, contatto con la natura). All’origine del successo di molte iniziative si trova anche la vigorosa personalità dei promotori e la loro contagiosa fiducia nell’educazione, come nel caso di C. Reddie (1858-1932), creatore della «New School» di Abbotsholme (1889), una s.-internato in campagna, organizzata a modo di «monarchia costituzionale». Un collaboratore, J. H. Badley (1865-1927), allarga, nella s. di Bedales (1893), la partecipazione degli allievi mediante l’organizzazione di un «parlamento scolastico» indirizzato ad «accordare la libertà con l’ordine». Sul modello inglese vengono create diverse istituzioni in Germania (i Landerziehunsheime di Lietz, Wyneken e Geheeb) e in Francia (École des Roches di E. Demolins). In Spagna, dove giunge pure l’eco dell’opera di Reddie e Badley e della s. di lavoro di Kerschensteiner, ha inizio autonomamente, l’anno 1889, la prima «s. all’aria aperta» (Escuelas del Ave María) di → Manjón. Gli autori delle prime esperienze italiane che vengono annoverate tra le s.n. preferiscono parlare di «s. materna», di «casa dei fanciulli» (sorelle → Agazzi), di «casa dei bambini» (→ Montessori). Ferrière, propagatore convinto delle esperienze di rinnovamento pedagogico-didattico, che egli chiama «s. attiva», riferendosi alle opere sorte in Italia, accoglie il nome proposto da → Lombardo Radice e parla di «s. serene». Tra esse, viene ricordata la «Rinnovata» di G. Pizzigoni, a Milano, e la «s. serena di Agno» di M. Boschetti Alberti, nella Svizzera italiana. Nell’ambito culturale francese, è nota l’«École de l’Ermitage» (1907), definita dal fondatore, lo psicologo e pedagogista belga → Decroly, una «s. per la vita attraverso la vita». Le idee decrolyane sui «centri d’interesse», in stretto rapporto con i «quattro bisogni fondamentali» del bambino (nutrirsi, lottare con le intemperie, difendersi contro i pericoli, agire e lavorare in solidarietà), ispirano l’organizzazione in numerose s. europee e americane, ma destano riserve e critiche tra i pedagogisti cattolici che postulano una «s. attiva secondo l’ordine cristiano», attenta anche ai bisogni superiori (→ Dévaud).
3. Le S.N. fuori di Europa. Dewey, massimo rappresentante e teorico delle «Progressive schools» negli Stati Uniti, utilizza pure l’espressione «New schools» e «New education» e, superando posizioni polemiche, riconosce che in ciò che «si suol chiamare nuova educazione e s. progressive» ci sono certi principi comuni: «All’imposizione dall’alto si oppongono l’espressione e la cultura dell’individualità; alla disciplina esterna la libera attività; all’imparare dai libri e dai maestri, l’apprendere attraverso l’esperienza; all’acquisto di abilità e di tecniche isolate attraverso l’esercizio si oppone il conseguimento di esse come mezzi per ottenere fini che rispondono a esigenze vitali; alla preparazione per un futuro più o meno remoto si oppone il massimo sfruttamento delle possibilità della vita presente; ai fini ed ai materiali statici è opposta la familiarizzazione con un mondo in movimento» (Dewey, 1967, 6). Quando vengono fatte queste affermazioni, nel 1938, sono ormai note in USA le innovazioni europee (specialmente quelle di Montessori) e in Europa si conosce l’«Elementary school» (1896), creata presso l’università di Chicago. Alla concezione teorica di Dewey si ispirano pedagogisti ed esperienze educative dentro e fuori degli USA. Basti citare tre autori che hanno elaborato tre metodi didattici molto diffusi anche in Italia: → Kilpatrick («Metodo dei progetti»), Parkhurst («Piano Dalton»), Washburne («Tecniche Winnetka»). Tra i più convinti diffusori delle S.N. in America Latina, spicca il brasiliano M. Lourenço Filho. In India è nota la s. di Shantiniketan del poeta e educatore → Tagore, buon conoscitore delle esperienze innovative europee.
4. Rilievi critici. Nella varietà delle realizzazioni esaminate, si riscontrano, in tempi e contesti diversi, istanze che giustificano il discorso su un certo «orientamento generale» (centralità dell’allievo; valorizzazione dell’attività, dell’esperienza, degli interessi spontanei e del contatto con la natura; appello alla collaborazione; introduzione del lavoro manuale nella s.). L’uso di espressioni come «educazione attiva», «educazione nuova» e «attivismo» non deve far supporre che il «movimento di riforma pedagogica» sia riconducibile a un unico sistema pedagogico compiuto. Dal punto di vista storico, sembra più corretto parlare di S.N., di esperienze scolastiche che rispondono a concezioni filosofiche e pedagogiche differenziate. Infatti, le riserve e i contrasti non si verificano di per sé nella pratica di determinati metodi o innovazioni educativo-didattiche (che costituiscono l’apporto più significativo alla storia della s.), ma nei presupposti teorici (monismo evoluzionista, strumentalismo pragmatista, biologismo) che stanno alla base di alcune realizzazioni più note.
Bibliografia
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J. M. Prellezo