RELIGIONE
«Il più sicuro sostegno, la suprema dignità, la maggiore ricchezza, la più perfetta serenità di un uomo si fondano sulla r., cioè sul rapporto con la realtà ultima e più profonda» (Heiler, 1985, 9). Quest’affermazione di un grande studioso della r. trova nella → cultura attuale affermazioni di segno contrario: anche sull’onda dell’ → ideologia la r. è spesso considerata con sospetto, accusata di alienare e illudere. Resta il fatto che la r. accompagna il cammino dell’uomo e lo sostiene in quel confronto mai risolto con il mistero che l’avvolge con il destino che l’attende. La sua valenza educativa nel bene e nel male resta incomparabile.
1. Il termine e l’uso consueto nella tradizione classica. Già nell’antichità precristiana la r. designa il rapporto con il sacro, con il numen. Anzi la r. dice appunto la profonda riverenza, il turbamento di fronte al divino, alla sua misteriosa azione. Questo è vero per l’antichità classica: Cicerone vede nella r. «l’accurata osservanza di tutto ciò che attiene al culto degli dei» (De natura deorum, 2, 72); questo atteggiamento è vero anche per la tradizione ebraica: a Mosè è ingiunto di togliersi i calzari per avvicinarsi al misterioso roveto ardente (Es 3,5). La tradizione cristiana ha preferito l’interpretazione di Servio che fa derivare la r. da religare come un unire di nuovo ciò che era separato. → Agostino dà ampia risonanza a quest’accezione perché interprete puntuale della sua dottrina della grazia, del peccato e in particolare del peccato originale. Resta comunque il fatto che la r. si porta obbligatoriamente sul doppio versante: del mistero, dell’arcano, della trascendenza; e dell’atteggiamento umano di ricerca, di trepidazione, di sgomento, che ne deriva.
2. La ricerca recente. La ricerca religiosa come analisi specifica e differenziata del fenomeno religioso, è tuttavia piuttosto recente. In termini generali si può dire che accompagna la progressiva contestazione o la presa di distanza della cultura moderna dall’unicità della tradizione cristiana. In ambito filosofico e ideologico la provocazione più sconcertante è data dalla pubblicazione dell’opera di Feuerbach – L’essenza del cristianesimo (1841) – proprio in quanto la r. è ridotta a fenomeno umano. Alla fine del secolo scorso la spinta data dalla concezione evoluzionistica della scienza ha fortemente stimolato la ricerca religiosa; ha indotto a risalire alle origini della r., a misurarne il progressivo evolversi, spesso in un quadro di precomprensioni che cercavano conferma nell’analisi storica, etnologica, filologica. La stessa esigenza di verifica critica ha investito la tradizione biblica e ha spinto a ricerche vaste e accurate circa l’intero orizzonte religioso, specialmente del Medio Oriente. Successivamente il differenziarsi dei metodi di ricerca nell’ambito delle scienze dello spirito con Dilthey, l’esigenza di rigore della scuola fenomenologica hanno spinto a specificare la ricerca e quindi anche a moltiplicare le scienze di analisi del dato religioso. L’accentuazione portata sul fenomeno come dato umano ha naturalmente il suo rischio: denunciato con veemenza da tutta una corrente – la teologia dialettica – che con Barth ha richiamato risolutamente il primato del divino e della Parola, screditando la r. come radicale fraintendimento (Barth, 1989).
3. La progressiva articolazione della ricerca sulla r. Naturalmente non è questa la sede per seguire neppure nelle grandi linee il dibattito, diversificato nelle discipline che di fatto ormai sono impegnate a decifrare il fenomeno religioso.
3.1. Si dilata l’orizzonte di ricerca. Si possono richiamare in sintesi i diversi ambiti di ricerca collegandoli alle istanze educative che li accompagnano. Innanzitutto il progressivo distanziarsi della cultura moderna dalla tradizione cristiana e, nell’ambito stesso dell’occidente, l’irrompere di civiltà diverse con proprie tradizioni anche religiose di remota antichità forzano l’orizzonte della ricerca oltre il dibattito teologico-biblico. La storia delle r. suscita vasto interesse, confronto aperto sui metodi e sugli obiettivi: in particolare si impone il compito di decifrare i fenomeni complessi che accompagnano la r.; la fenomenologia della r. tende a darvi interpretazione unitaria e plausibile avvalendosi anche di metodologie che si affermano in campo storico e filosofico. Donde il dibattito così vivo negli anni sessanta sui reciproci apporti e limiti della storia e della fenomenologia; vivace anche per merito degli studiosi di prestigio internazionale che vi prendono parte (Heiler a Marburgo, Bianchi in Italia, Van der Leeuwe in Olanda).
3.2. Molteplicità e articolazione delle scienze della r. Attualmente si va affermando la consapevolezza che l’interpretazione della r. rende indispensabile l’apporto concertato di molteplici scienze che si portano sul versante ermeneutico: tendono cioè a dare un’interpretazione unitaria e al fenomeno religioso (Eliade, Panikkar, Ries...) e al linguaggio che lo esprime (Marcel, Ricoeur, Ladrière...). L’attenzione portata sul soggetto in ambito educativo – recente svolta antropologica – ha suscitato ricerche vaste e articolate nell’ambito della psicologia religiosa. Così lo scadimento della pratica tradizionale religiosa, la perdita di rilevanza del «sacro» e la conseguente crisi delle istituzioni religiose, costituiscono quel fenomeno diffuso e complesso che va sotto il nome piuttosto generico di → secolarizzazione; una situazione in tanta parte inedita che ha dato incremento notevole alla ricerca socio-religiosa: alcuni studiosi sono notissimi in Italia (Acquaviva, Berger, Luckmann). Specificamente per quanto riguarda l’analisi dei processi interiori e degli itinerari educativi, le connessioni fra esperienza di fede e maturazione personale, studi interessanti sono venuti dalla → psicologia, soprattutto da quella di impronta umanistica, molto conosciuti in Italia (Allport, Erikson, Vergote, Godin). Più recentemente sono in atto ricerche circa le condizioni e i processi di maturazione specifica della fede a partire dall’idea di motivazione, dalla ricerca di significato sia in ambito psicologico che sociologico (Piaget, Keagan, Moran, Fowler, Oser, Nipkow). Per quanto concerne la ricerca filosofica un richiamo particolare meritano studiosi che hanno analizzato con novità e originalità l’esperienza umana nella sua dimensione specificamente religiosa.
4. La dimensione religiosa nell’esperienza umana. a) L’istanza ermeneutica. La riflessione attuale si è portata sul versante ermeneutico che analizza l’esistenza soprattutto nel rapporto interpersonale; si è concentrata sull’esperienza concreta, ne ha sondato lo spessore, ne ha perseguite le ramificazioni. Anche la ricerca religiosa si è sempre più consapevolmente orientata verso l’esperienza: ha inteso sondarne il mistero che la caratterizza, il richiamo alla trascendenza che l’attraversa. b) I riferimenti qualificanti dell’analisi recente. Schematicamente si possono delineare le tappe di una progressiva concentrazione sull’esperienza concreta per esplorarla nel presagio e legittimarla nell’opzione per la r. Risale a Kierkegaard la rivendicazione perentoria di una verità esistenzialmente significativa (Kierkegaard, 1962). Il rapporto religioso oltre che nella sua verità va verificato nella sua significatività. A conferire singolare risonanza al richiamo di Kierkegaard ha contribuito la svolta ermeneutica, impressa dalla riflessione heideggeriana. È sulla base di un certo progetto personale previo che si compie l’interpretazione della realtà (Heidegger, 1970). Precisamente la risonanza e il significato del rapporto religioso costituiscono l’orizzonte sollecitante di ricerca. Il contributo più significativo viene in proposito da G. Marcel. Egli argomenta da una considerazione attenta e vigile dell’esperienza umana, così come si lascia decifrare nella consuetudine anche quotidiana; si preoccupa di lasciarne affiorare tutte le ramificazioni e la complessità (Marcel, 1963). È in questa considerazione aperta, puntuale e consapevole che l’esperienza denuncia un margine insanabile di precarietà e appella alla trascendenza: ripiega nell’insignificanza, se non è «sostenuta dall’armatura del sacro». Il gesto e la parola umana sono in definitiva votati all’insignificanza, se non risultano ancorati ad un approdo definitivo: il rapporto con l’assoluto salva da una precarietà altrimenti irrecuperabile. Dunque una legittimazione tipicamente esistenziale, che porta la ricerca religiosa al suo nocciolo qualificante: il rapporto a tu per tu dell’uomo con Dio. E qui il maestro è indubbiamente → Buber. Gli stimoli che egli offre ad una rivisitazione dell’esperienza religiosa sono originali e spesso espliciti. Puntano soprattutto ad esplorare la novità e la ricchezza, l’intensità emotiva e il coinvolgimento esistenziale (Buber, 1993): del resto rimbalzati nella riflessione di altri interpreti contemporanei accreditati, quali Lévinas, Ricoeur, Ladrière. Il quadro dei riferimenti può opportunamente venir completato con l’analisi del processo interiore, che ragionevolmente sospinge la riflessione verso l’approdo religioso. Su questa traccia indicazioni preziose vengono offerte da M. Scheler, soprattutto in un’analisi rigorosamente conseguente dell’atto di fede. Secondo Scheler l’intuizione religiosa si afferma in una considerazione interiore, a verifica dello scarto fra aspirazione e risposta, che attraversa ogni esperienza umana autentica. Comprende tappe successive che vanno dall’insoddisfazione radicale che segna l’esistenza all’incontro con l’ultimo approdo, costituito da un Dio che entra in dialogo con l’uomo (Scheler, 1972). Il tema che a questo punto s’impone è quello del → linguaggio: come articolare ed esprimere un’esperienza che per tanti aspetti risulta al limite dell’interpretazione e della manifestazione; la consapevolezza della fede in particolare è alla ricerca di un proprio linguaggio che dia figura al rapporto interiore con Dio e ne consenta un’elaborazione razionalmente plausibile.
5. La valenza educativa della r. Anche la r. subisce l’urto spesso rude dei cambiamenti che attraversano il tessuto sociale e culturale. Nel giro di alcuni decenni è saltato il «sistema» che inquadrava l’esperienza religiosa. A torto o a ragione la r. ha perduto la sua indiscussa credibilità: lo studioso rileva di fatto un tracollo di plausibilità che, a livello educativo, rappresenta una considerazione decisiva (Milanesi, 1981). La risonanza che la r. assume nell’esperienza personale e collettiva non è esente da ambiguità. È fin troppo facile documentare strumentalizzazioni della r. nei rapporti interpersonali e comunitari. Proprio per la sua costitutiva esigenza di totalità e di radicalità la r. si presta a molti abusi. Bisogna riconoscere un’ambivalenza insita nel fatto religioso e una pluralità di emergenze che possono diversamente venir interpretate nelle molteplici situazioni storiche ed esistenziali. Già la tradizione biblica è portatrice di accentuazioni singolari su cui la ricerca anche filosofica ritorna. È nota la differenza fra tradizioni storiche e tradizioni profetiche nella r. biblica (Von Rad, 1974); il patto che soggiace alle tradizioni storiche vede Dio affiancarsi da alleato potente all’impresa epica di un piccolo popolo alla conquista della patria (Ricoeur, 1969) e colora la r. di un singolare rapporto di alleanza, stabilito quasi alla pari fra Israele e il suo Dio. Le tradizioni profetiche raccolgono più l’istanza interiore; il rapporto di intimità, guardano a Dio come all’amico e al confidente; ne presagiscono la presenza nei grandi segni sponsali e familiari, privilegiano il simbolo della paternità, nella ricerca recente reinterpretato perfino sulla traccia della riflessione psicoanalitica (Vergote, 1967). Altra ambivalenza è data dal riferimento che la stessa tradizione religiosa privilegia. C’è una tendenza a rifarsi alle origini, a garantire stabilità e sicurezza con una fedeltà al passato che può diventare anche spinta alla conservazione e resistenza al processo irrinunciabile della storia. Bergson ha visto bene quando ha voluto distinguere una doppia matrice della r.: quella statica e quella dinamica; ed è precisamente nell’analisi della risorsa innovativa della matrice dinamica che Bergson rileva la spinta più alta al processo di maturazione personale e collettiva che anima l’istanza religiosa. L’analisi del misticismo come fonte di rinnovamento per l’umanità gli ha dettato pagine suggestive e vere (Bergson, 1967). Nel contesto attuale è la distinzione fra sacro e profano che spinge la ricerca. L’ambito storico-esistenziale rappresenta un’esperienza indivisibile. La r. non può presumere uno spazio «separato», né appellarsi ad un ricorso «estraneo», pena l’emarginazione dalla percezione attuale che l’uomo ha di sé e della sua storia. Il perno della ricerca si porta allora sulla funzione e sul ruolo che la r. assume per il processo esistenziale e storico oltre che sulla concezione della trascendenza come dato interiore e costitutivo della vita.
Bibliografia
Acquaviva S. S., L’eclissi del sacro nella società industriale, Milano, Comunità, 1961; Kierkegaard S., Diario, Brescia, Morcelliana, 1962; Marcel G., Le mystère de l’être, Paris, Aubier, 1963; Bergson H., Les deux sources de la morale et de la religion, Paris, PUF, 1967; Vergote A., Psicologia religiosa, Torino, Borla, 1967; Ricoeur P., Le conflit des interprétations, Paris, Seuil, 1969; Heidegger M., Essere e Tempo, Milano, Longanesi, 1970; Feuerbach L., L’essenza del cristianesimo, Milano, Feltrinelli, 1971; Allport G. W., L’individuo e la sua r., Brescia, La Scuola, 1972; Scheler M., L’eterno nell’uomo, Milano, Fabbri, 1972; Rad G. von, Teologia dell’Antico Testamento, Brescia, Paideia, 1974; Milanesi G., Oggi credono così, Leumann (TO), Elle Di Ci, 1981; Heiler F., Le r. dell’umanità, Milano, Jaca Book, 1985; Barth K., L’epistola ai Romani, Milano, Feltrinelli, 1989; Buber M., Il principio dialogico e altri saggi, Torino, San Paolo, 1993; Trenti Z., Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando, 2003; Filoramo G. (Ed.), Storia delle r. Mondo classico-Europa precristiana, Milano, Mondadori, 2005; Despland M., «R.», in Dizionario delle r., Ibid., 2007.
Z. Trenti