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RATIO STUDIORUM

 

RATIO STUDIORUM

Metodi e pratiche pedagogiche sperimentati ripetutamente nei collegi della Compagnia di Gesù (​​ Gesuiti) durante quattro secoli, che furono radunati e vagliati per costituire una norma strutturata della pedagogia, senza negare la convenienza degli opportuni accomodamenti ai luoghi, tempi e persone. Il preposito generale C. Acquaviva ordinò la sua redazione definitiva nel 1599; in essa s’integravano gli esperimenti pratici del Collegio di Messina e quelli del Collegio Romano, in accordo con la parte IV delle​​ Costituzioni. A​​ partire dal 1832, la​​ r.s.​​ dovette essere adattata per proteggerla dalle ingerenze dei poteri pubblici.

1.​​ Struttura fondamentale.​​ Questa impostazione degli studi divide l’insegnamento in tre tappe:​​ studi umanistici,​​ filosofia​​ e​​ teologia.​​ A​​ loro volta, gli studi umanistici si dividevano in tre categorie:​​ grammatica,​​ studi letterari​​ e​​ retorica.​​ La grammatica era divisa ancora in​​ infima,​​ media​​ e​​ suprema.​​ Ogni livello stabiliva gli autori classici che dovevano essere spiegati (Cicerone, Virgilio, Orazio, ecc.). Come materie complementari, la​​ storia​​ e​​ l’erudizione.​​ Il corso di​​ filosofia​​ si divideva in: 1)​​ logica​​ e​​ metafisica generale,​​ con​​ matematica elementare; 2)​​ cosmologia e psicologia,​​ insieme alla​​ fisica​​ e alla​​ chimica;​​ 3)​​ teodicea​​ ed​​ etica,​​ con l’aggiunta della​​ matematica​​ e della​​ storia naturale.​​ Gli studi di​​ teologia​​ erano impostati secondo la​​ scolastica,​​ in particolare​​ ​​ Tommaso d’Aquino, insieme alla​​ teologia​​ Positiva: Sacra Scrittura​​ (Nuovo e Vecchio Testamento),​​ Canoni​​ e casi di teologia morale (casus conscientiae).

2.​​ Fondamento pedagogico.​​ La r.s. è la risposta metodologica ad alcuni principi e finalità previ che costituivano l’ideale educativo dei primi gesuiti: l’umanesimo cristiano. Ignazio di​​ ​​ Loyola sperimentò il valore e la necessità della formazione accademica che lo preparò alla fondazione di un Ordine religioso eminentemente educativo. Ritenne basilare un atteggiamento attivo del discepolo, coadiuvato dall’esperienza del maestro, sottolineando perciò l’importanza della relazione maestro-discepolo, nonché il progredire dello studente grado per grado.

Bibliografia

a)​​ Fonti: R. atque institutio s. S. I.​​ (1586, 1591, 1599), Roma, IHSI, 1986, ediz. in MHSI, 129;​​ La «r.s.». Il metodo degli studi umanistici nei collegi dei gesuiti alla fine del secolo XVI,​​ a cura dei Gesuiti de «La Civiltà Cattolica» e di San Fedele, Milano, 1989. b)​​ Studi:​​ Trossarelli F.,​​ La pedagogia dei Gesuiti dalla tradizione ad oggi,​​ Roma, 1973; Bertrán M. Ma,​​ «Introducción», in C. Labrador et al.,​​ La «r.s.» de los jesuitas,​​ Madrid, Universidad Comillas,​​ 1986;​​ R. atque institutio studiorum Societatis Iesu. Introduzione e traduzione​​ di​​ A. Bianchi, testo latino a fronte, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2002.

F.-J. de Lasala




RATKE Wolfgang

 

RATKE Wolfgang

n. a Wilster nel 1571 - m. ad Erfurt nel 1635, pedagogista enciclopedico e didatta tedesco.

1. Di famiglia borghese, R. studiò teologia e lingue, con interessi enciclopedici e, poi, pedagogici. Soggiornò a Londra e, in guerra, ad Amsterdam, per stabilirsi nel 1611 a Francoforte, dove stese il suo noto​​ Memoriale​​ (1612), presentato alla Dieta. Tentò di applicarne i principi a Cöthen, senza successo, finendo in carcere. In seguito errò per varie città, a volte con l’appoggio dei governanti, ritentando il suo esperimento e sostenendolo con vari saggi, in polemica con i suoi critici, finché approdò a Erfurt, dove morì. Oltre agli scritti di didattica:​​ Allunterweisung. Schriften zur Bildungs-,​​ Wissenschafts- und Gesellschaftsreform​​ (Istruzione universale. Scritti per una riforma dell’educazione, della scienza e della società), 2 voll., Berlino, Volk und Wissen, 1970-1971.

2. È nota la sua concezione didattica, meno quella enciclopedico-riformistica, fondata sulla​​ ​​ Bibbia, sulla natura e sulle lingue, con una connotazione cristiana e pedagogica di fondo. Alla prima sono legati la sua fama e i suoi meriti. Individuata nel​​ metodo​​ la procedura più efficace e innovativa, ne propone un’applicazione all’insegnamento. Si tratta di un​​ metodo naturale​​ e quindi unico, come la natura, a cui si devono ispirare i manuali, che, da allora, si vanno moltiplicando. La sua fiducia nel metodo risulta riduttrice del ruolo dell’educatore e, in parte, delle peculiarità dell’alunno. I suoi​​ «aforismi»​​ sono di​​ tre categorie:​​ due didattiche (più tradizionale l’una e innovativa l’altra) e la terza di carattere più generale. Della prima fanno parte la gradualità, la ripetizione frequente e il silenzio. Della seconda, l’esclusione della violenza e costrizione, l’adattamento al singolo, l’armonia universale, la priorità della lingua vernacola e il primato di esperienza, esempi, e uso su precetti, autorità e preconcetti. Della terza sono parte l’esigenza di democratizzazione, di continuità tra famiglia e scuola e di organizzazione.

3. Ebbe grande, seppur contrastato influsso, e va considerato un fecondo seminatore più che un produttore.

Bibliografia

su R., attenta e ricca l’«Introduzione» all’Allunterweisung;​​ Rioux G.,​​ L’oeuvre pédagogique de W.R., Paris, Vrin,​​ 1963;​​ Hofmann F.,​​ Das Schulbuchwerk W.R.s zur Allunterweisung, Ratingen, A. Henn, 1974;​​ Michel G.,​​ Die Welt als Schule. R.,​​ Comenius und die didaktische Bewegung,​​ Hannover, H. Schrödel, 1978.

B. A. Bellerate