NEVROSI
Disturbo psichico i cui sintomi simboleggiano un conflitto inconscio tra le varie istanze della personalità (Es, Io e Super-Io). Esso affonda le sue radici nelle vicende dei primi anni di vita e costituisce un compromesso non riuscito tra le pulsioni rimosse e la difesa nei loro confronti. Generalmente tale disturbo è ego-distonico: l’individuo vorrebbe disfarsi dei sintomi di esso, perché fonte di sofferenza.
1. Considerazioni generali. Il termine n. è stato introdotto da W. Cullen (1710-1790) verso la fine del XVIII sec. I primi studi sistematici sulle n. risalgono alla seconda metà dell’Ottocento per opera di → Charcot e continuati poi da P. Janet (1859-1947). Ma i contributi più significativi al riguardo sono senz’altro quelli di S. → Freud. Nel 1895, in collaborazione con J. Breuer (1842-1925), egli pubblica Studi sull’isteria e altri scritti. Inizialmente Freud pone una distinzione tra n. attuali, la cui eziologia è fatta risalire ad una disfunzione somatica della sessualità del momento presente, e psiconevrosi, in cui viene invece indicata come avente un ruolo fondamentale l’esistenza di un conflitto psichico prevalentemente inconscio e basato sulle vicende della prima infanzia. Queste ultime comprendono la n. isterica, la n. fobica e la n. ossessiva. Sebbene Freud non abbia mai abbandonato del tutto il concetto di n. attuale, oggi questo termine è pressoché scomparso dalla nosografia, dal momento che, pur riconoscendo l’importanza dei fattori presenti, questi sono comunque da considerarsi dei semplici elementi scatenanti e non invece delle cause, che vanno ricercate nel vissuto passato dell’individuo. In linea generale, Freud colloca la genesi della n. nel conflitto edipico non risolto e nella conseguente ansia di castrazione. a) Oltre alle tre n. classiche citate di cui si dirà a parte, sono da segnalare i seguenti tipi: 1) La n. d’ → ansia. Essa è caratterizzata da un’ansia dominante e diffusa e cioè non diretta ad alcun oggetto o ad alcuna situazione specifica. L’individuo si dimostra estremamente pessimista, ricorre ad una vigilanza esagerata e appare sempre affaticato. Freud inizialmente la considerava una n. attuale e la riteneva una conseguenza di comportamenti sessuali, che tendevano a bloccare la scarica adeguata dell’eccitazione sessuale. 2) La n. da successo. L’individuo di fronte al successo si sente in colpa di avere eliminato il padre e quindi inconsciamente si autopunisce soccombendo alla sua stessa riuscita. 3) La n. depressiva (→ depressione). 4) La n. di carattere. Essa comporta l’assenza dei sintomi classici (angoscia, isteria, fobia, ossessione). Il conflitto intrapsichico è invece rappresentato da tratti del carattere. Tale n. è ego-sintonica e cioè appare evidente all’osservatore esterno, ma non al soggetto interessato, che anzi la nega. In altri termini, l’individuo avverte il suo comportamento come congeniale a sé e quindi lo difende soprattutto attraverso il meccanismo della razionalizzazione. 5) La n. di destino. E determinata dal ripetersi periodicamente di eventi tra loro concatenati e generalmente sfortunati, per cui l’individuo è convinto di essere in balia del destino. In realtà le cause vanno ricercate a livello inconscio e più precisamente nel meccanismo della coazione a ripetere. 6) La n. di transfert. Riguarda la ripetizione da parte del paziente delle modalità nevrotiche infantili nei confronti dello psicoterapeuta nell’ambito del setting analitico. 7) La n. d’organo. Si riferisce ad un conflitto psichico che si manifesta attraverso il cattivo funzionamento di un organo o di un sistema organico. Oggi per indicare tale disturbo si preferisce usare il termine malattia psicosomatica. 8) La n. infantile. Essa è stata particolarmente messa a fuoco da Freud nei casi clinici del Piccolo Hans del 1909 e dell’Uomo dei lupi del 1918. Dall’analisi dei testi freudiani risulta che il termine n. infantile assume un duplice significato: un momento dell’evoluzione psichica, in cui il bambino vive un conflitto espresso o no da sintomi simili a quelli propri di una n. strutturata; uno stato psichico disturbato, espresso da una serie di sintomi che rivelano un’organizzazione conflittuale interiorizzata. In questo secondo caso l’eziologia, secondo Freud, è da ricercarsi nel conflitto edipico non risolto. L’individuo usa i → meccanismi di difesa della fissazione e / o della regressione; inoltre denuncia un Io debole nei confronti sia delle pulsioni che della realtà esterna e sperimenta stati di angoscia. Relativamente alla prima accezione, Freud si riferisce ad una situazione che potremmo denominare conflitto di sviluppo. Esso è considerato come inevitabile in quanto fa parte della crescita normale del bambino. Tale inevitabilità è sottolineata nel saggio Inibizione, sintomo e angoscia del 1925 e ciò a causa di tre fattori tra loro interrelati: biologico (l’individuo sperimenta inizialmente un periodo molto ampio d’impotenza, di dipendenza e di bisogno di aiuto); filogenetico (l’individuo, come la specie, vive uno sviluppo bifasico della sessualità); psicologico (l’individuo ha inizialmente un apparato psichico imperfetto, per cui l’Io vive le pulsioni interne come pericolose). 9) La n. narcisistica. È caratterizzata dal ritiro della libido sull’Io e si oppone alla n. di transfert. 10) La n. traumatica. È dovuta all’esperienza reale di gravi traumi fisici o psichici ed è stata studiata soprattutto in connessione con le vittime della guerra. Essa può essere acuta, ritardata o cronica e comporta la riesperienza ripetitiva dell’evento traumatico, una diminuzione della reattività, uno scarso coinvolgimento con la realtà esterna, una forte insicurezza ed uno stato disforico. Nel momento in cui il trauma viene rivissuto, l’individuo appare irritabile, socialmente isolato e talvolta distruttivo. Una caratteristica tipica di tale n. è la comparsa di sogni ripetitivi, in cui il trauma viene rivissuto. Ciò è motivo di paura di sognare che provoca come conseguenza l’insonnia. b) Mentre nell’ambito psicoanalitico si mantiene sostanzialmente la terminologia sopraccennata, in campo psichiatrico sono in atto dei mutamenti. Ad es., il DSM-IV-R (1994), pur accogliendo la nosologia tradizionale delle n., propone una diversa denominazione. Più precisamente al posto del termine n. viene preferito quello di disturbo.
2. N. isterica. Disturbo nevrotico in cui il conflitto psichico è rappresentato da sintomi sensoriali o motori senza una base anatomica individuabile (isteria di conversione) o da intense manifestazioni ideative ed emotive (isteria d’angoscia). Il termine isteria deriva dal gr. hysteron (utero), poiché la medicina ippocratica faceva risalire i sintomi propri di tale patologia ad una disfunzione dell’utero e pertanto si riteneva che fosse un disturbo esclusivamente femminile. Rispetto ad un secolo fa, oggi l’isteria sembra pressoché scomparsa. Di fatto è però semplicemente cambiato il modo di manifestarsi del conflitto sottostante e cioè il medesimo disagio è ora rappresentato attraverso sintomi depressivi o psicosomatici. S. Freud vede nell’isteria il prototipo della n. Si distinguono due tipi di isteria: 1) Isteria di conversione. Ricorrendo al meccanismo difensivo dello spostamento, l’individuo tenta di dominare il conflitto psichico attraverso sintomi somatici motori (paralisi, afonia, singhiozzo, tics, ecc.) o sensoriali (anestesie, perdita dell’udito, disturbi visivi, ecc.). Ciò che viene alterato è una funzione del corpo o in eccesso (es. tachicardia) o in difetto (es. paralisi), mentre gli organi perturbati rimangono integri. 2) Isteria d’angoscia. Essendo l’apparato difensivo della rimozione piuttosto debole, il tentativo di evitare il conflitto riesce solo in parte, per cui l’individuo si sente travolto da una profonda angoscia, che tende poi a trasformarsi in manifestazioni fobiche. Il conflitto psichico di cui soffre l’isterico è determinato dal fatto che l’oggetto d’investimento emotivo è allo stesso tempo desiderato e temuto, dal momento che esso è a connotazione edipica e quindi a contenuto incestuoso. Per cui, al fine di potere in qualche modo mantenere il rapporto con l’oggetto, si ricorre all’esibizione dei sintomi di conversione somatica o di angoscia, come mezzo per attirare l’attenzione. La tipica difficoltà dell’isterico a gestire le emozioni dipende dal fatto che alla base c’è una posizione libidica di tipo orale-fallico, dovuta al fallimento della fase anale, che impedisce un adeguato ancoraggio ed una congrua canalizzazione delle pulsioni primarie. È difficile riscontrare una vera e propria isteria nell’infanzia. Più che altro esiste un isterismo che si può definire fisiologico. Normalmente l’isteria di conversione tende a comparire verso la fine dell’età di latenza. Nell’età adolescenziale, data la particolare situazione conflittuale che il soggetto vive, è possibile rilevare manifestazioni isteriche.
3. N. fobica. Una seconda n. è quella fobica (dal gr. phóbos: terrore, panico). Essa può essere intesa come paura irrazionale, abnorme, carica di angoscia, nei confronti di oggetti, attività o situazioni, anche se obiettivamente non pericolosi. Ciò comporta un impellente bisogno di evitamento. Manifestazioni tipiche presenti in ogni fobia sono: angoscia cosciente ed intensa fino al terrore, reazioni neurovegetative (tremori, rossori, pallori, sudorazione, aumento della frequenza respiratoria, ecc.), inibizione dell’attività, scarsa concentrazione del pensiero fino all’inibizione intellettuale, instabilità psicomotoria. A seconda degli oggetti, delle attività o delle situazioni, le fobie vengono diversamente denominate. Ad es.: la paura degli animali (zoofobia); la paura di muoversi in ambienti aperti (agorafobia); la paura di arrossire (ereutofobia). Mentre nel passato era vista come una forma d’isteria, ora la fobia viene collegata alla n. ossessiva. S. Freud colloca la genesi della fobia nella fase del conflitto edipico. Come ogni altro sintomo nevrotico, la fobia rappresenta un compromesso tra le varie istanze (Es, Io e Super-Io) della personalità. I meccanismi di difesa usati dal fobico sono la rimozione non del tutto riuscita delle pulsioni (libidiche o aggressive), la proiezione di tali pulsioni all’esterno, lo spostamento dall’oggetto originario ad un altro e l’evitamento di oggetti, di attività e di situazioni che rappresentano a livello simbolico le pulsioni rimosse. Un esempio classico dell’uso di tutti questi meccanismi difensivi è dato dal Caso clinico del piccolo Hans (S. Freud, 1909). Con il termine controfobia s’intende un atteggiamento, per cui l’individuo affronta con piacere oggetti o situazioni che sono consciamente o inconsciamente temuti. Spesso tali oggetti o situazioni sono di per sé pericolosi e sono abitualmente motivo di angoscia per le persone «normali». La controfobia non è altro che una difesa maniacale attraverso cui l’individuo, superando l’angoscia, persegue il soddisfacimento di un bisogno di onnipotenza.
4. N. ossessiva. È un tipo di n. che si manifesta con sintomi o prevalentemente ossessivi o prevalentemente coatti. Per questo motivo viene denominata anche n. ossessivo-coatta. L’ossessione (dal lat. obsidere: assediare) riguarda un’idea, un desiderio, un dubbio, una proibizione, un comando o un’immagine che s’intromettono in maniera imperativa nella coscienza. Il contenuto ossessivo interferisce nell’apprendimento, nella memoria, nella capacità di concentrazione. La coazione (dal lat. cogere: costringere) riguarda invece un’azione o una serie di azioni ripetitive ed incoercibili. Essa ha caratteri simili all’ossessione, ma in più comporta il passaggio all’azione, come, ad es., il toccare, il lavarsi le mani, il contare, il pronunciare determinate parole, ecc. Nella n. ossessivo-coatta si nota un alternarsi di azioni e contro-azioni, di tentativi di soddisfare le pulsioni e bisogni di negazione di esse, dove l’individuo non è mai certo che i meccanismi di difesa messi in atto hanno funzionato in modo corretto. Secondo S. Freud la causa della n. ossessivo-coatta va ricercata nell’eccessiva stimolazione dell’ → aggressività, verificatasi nella fase sadico-anale, nei confronti degli oggetti d’amore, conseguentemente vissuti in modo ambivalente, e nella prematura e rapida maturazione dell’Io e della contemporanea emersione di un Super-Io particolarmente crudele e colpevolizzante, il tutto come conseguenza di situazioni stressanti, a cui il bambino viene precocemente esposto. I meccanismi di difesa maggiormente usati nella n. ossessiva sono: la formazione reattiva, la regressione, l’isolamento, l’intellettualizzazione, lo spostamento e l’annullamento retroattivo.
Bibliografia
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V. L. Castellazzi