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NEBREDA Alfonso María

 

NEBREDA Alfonso María

n. a Bilbao nel 1926 - m. a Tokyo nel 2004, gesuita spagnolo.

Gesuita nel 1945, dal 1950 al 1958 è missionario in Giappone, a contatto con il mondo studentesco universitario. L’atteggiamento degli studenti nei confronti della religione, caratterizzato da indifferenza, ateismo, avversione, pregiudizio (specialmente nei confronti del cattolicesimo), fa maturare in lui la convinzione che la proposta del messaggio evangelico a chi non è cristiano va preceduta da un paziente lavoro di​​ pre-evangelizzazione​​ volto a eliminare qualsiasi precomprensione negativa verso la religione e, in positivo, a valorizzare ogni possibile apertura dell’uomo al trascendente. Tra il 1958 e il 1962 approfondisce il suo pensiero in Europa, ispirandosi specialmente ai francesi P.-A. Liégé (1921-1979) e F. Coudreau (1916-2004), e dandovi una prima formulazione sistematica nella tesi di dottorato sostenuta alla Pont.​​ Univ. Gregoriana (1962:​​ Jalones para una preevangelización en Japón. El universitario japonés frente al Mensaje).​​ In seguito, N. si fa diffusore dell’istanza pre-evangelizzatrice con la docenza (Tokyo e Roma), l’intensa produzione pubblicistica, l’attiva partecipazione alle​​ Settimane Internazionali di Catechesi, specialmente quella di Bangkok (1962), e la direzione dell’East Asian Pastoral Institute​​ (1965-1978).

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ N.A.M.,​​ Session d’étude asiatique sur la catéchèse missionnaire. Bangkok,​​ 31 octobre - 3 novembre​​ 1962, in «Lumen Vitae» 17 (1962) 623-637; Id.,​​ Jalones para una preevangelización en Japón. El universitario japonés frente al Mensaje, Roma, Pont. Univ. Gregoriana, 1964; Id.,​​ Kerygma in crisis?, Chicago, Loyola University Press, 1965. b)​​ Studi:​​ Tacorda L.T.,​​ A. M. N.,​​ S.J. (1926- ) and the missionary problem of pre-evangelization, Tesi di dottorato, Roma, Univ.​​ Pont. Salesiana, 1994 (pp. 382-387, bibl. completa dell’A.); Calle J. M.,​​ In memoriam.​​ A.N.,​​ S.J. Founder,​​ East Asian Pastoral Institute, in «East Asian Pastoral Review» 42 (2005) 207-208.

G. Biancardi




NECKER DE SAUSSURE Albertine

 

NECKER DE SAUSSURE Albertine

n. a Ginevra nel 1766 - m. a Mornay nel 1841, pedagogista svizzera.

1. Ragazza intelligente trova nell’ambiente familiare il miglior incentivo allo studio delle discipline umanistiche e scientifiche, che apprende con un lavoro ordinato e continuo sull’esempio del padre, rinomato botanico e geologo. A 19 anni sposa J. Necker, nipote del celebre ministro di Luigi XVI, e cugino di M.me de Staël con cui la N. stringe amicizia e alla cui morte scriverà una biografia:​​ Notizia sulla vita e gli scritti di M.me de Staël​​ (1819). Diventa madre di quattro figli, che segue con amore intelligente annotando su un​​ Diario​​ le sue osservazioni e i progressi da loro compiuti. Quando il marito è nominato consigliere di Stato organizza un «salotto» per incontri politici e culturali.

2. Dal 1799 una serie di lutti di persone care e una progressiva sordità mettono a dura prova la sua capacità di cogliere la vita in tutti i suoi aspetti. Non si autocompiange, ma inizia a scrivere​​ L’educazione progressiva o Studio del corso della vita,​​ opera in tre volumi pubblicata a Parigi. Nel 1839 lo scritto viene insignito del premio Montyon dell’Accademia di Francia. È apprezzato dai pedagogisti dell’Ottocento, in particolare da​​ ​​ Lambruschini,​​ ​​ Rosmini e​​ ​​ Capponi, che dice: «un libro che ogni uomo si glorierebbe di aver scritto, ma che solo una donna poteva scrivere». L’opera traccia l’itinerario della formazione umana attraverso tre periodi fondamentali della vita: infanzia e fanciullezza; adolescenza e prima giovinezza; maturità e vecchiaia. Il 3° vol., che ha per titolo​​ Studio della vita delle donne,​​ è la parte più originale dell’opera perché parla dell’educazione della donna in quanto tale, di un’educazione in cui si possa meglio percepire l’autentico destino umano.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ N.D.S.A.,​​ L’éducation progressive ou étude du cours de la vie, Paris, Paulin,​​ 1841,​​ 3 voll.;​​ Educazione progressiva, traduzione di F. Damonte, introduzione e note di M. La Torraca, Bologna, Patron, 1970. b)​​ Studi:​​ Bernardinis A. M.,​​ Il pensiero educativo di A.N.D.S.,​​ Firenze, Sansoni, 1965.

R. Lanfranchi




NEOKANTISMO PEDAGOGICO

 

NEOKANTISMO PEDAGOGICO

Si denomina n., o anche​​ neocriticismo,​​ la corrente fautrice di una ripresa di motivi kantiani nella seconda metà del sec. XIX, dopo l’esaurimento dell’idealismo di Fichte, Schelling ed Hegel. Il motto «torniamo a Kant!» fu dovuto all’opera di Liebmann,​​ Kant e gli epigoni​​ (1865), che constatava come gli interpreti romantici e quelli positivistici del criticismo fossero andati entrambi fuori strada rispetto alla fedeltà al pensiero autentico del fondatore.

1. Per garantire questa fedeltà occorreva anzitutto rifarsi ai testi. Nacque una agguerrita scuola di «filologi kantiani» che ebbe il suo organo nella rivista «Kantstudien» (fondata nel 1896, più volte interrotta e ripresa fino ai nostri giorni) e sfociò in una apposita società, la «Kantgesellschaft» (fondata nel 1904). Furono intraprese nuove edizioni più accurate con un imponente apparato di commenti, a cura di A. Riehl, E. Cassirer e altri.

2. In verità, salvo il riferimento ai testi, le interpretazioni di​​ ​​ Kant continuarono a svilupparsi su linee divergenti: soprattutto su due, una di tipo​​ psicologistico​​ che vedeva le forme a priori come risultati dell’evoluzione della specie ormai divenuti innati nell’individuo; e una di tipo​​ metafisico,​​ che vedeva nelle forme a priori qualcosa di più, radicato in un fondamento trascendentale se non addirittura trascendente alla maniera di Platone. Le conseguenze educative erano diverse, giacché la prima doveva privilegiare i processi di sviluppo endogeni, e la seconda i processi di formazione esogeni. In sostanza, sotto l’ombrello del n., si sono avvicendate parecchie correnti, unite peraltro dal rifiuto della concezione del mondo fisico come l’unico mondo (sostenuta invece dai monisti e materialisti) e dal pari rifiuto dell’assorbimento panlogistico nello spirito universale (sostenuto dagli idealisti e neoidealisti). In questo senso il n. ha favorito le posizioni pluralistiche e spiritualistiche; soprattutto ha ribadito una netta divisione tra​​ fenomeni​​ e​​ noumeni.​​ Non si possono confondere oggetti sensibili e oggetti intelligibili, e ancor meno essere e dover essere,​​ fatti​​ e​​ valori.​​ Dopo incontri con lo​​ ​​ storicismo, gli ultimi sviluppi hanno preso vie nuove, e si fondono oggi con le correnti della​​ ​​ fenomenologia e della​​ ​​ ermeneutica. Oltre ad alcuni pensatori indipendenti come​​ ​​ Paulsen, le due scuole di Marburgo e di Heidelberg hanno espresso il nerbo del n. Sono appartenuti alla prima H. Cohen,​​ ​​ Natorp, E. Cassirer e molti loro allievi che hanno soprattutto cercato di esplorare le molte forme che può assumere l’a priori attraverso il giudizio riflettente, oltre a quelle strettamente categoriali. Alla seconda W. Windelband e H. Rickert che hanno cercato di definire una tipologia dei valori, che pur essendo a priori e inderivabili dai meri fatti, però in essi si calano e si attuano attraverso le forme della cultura e della storia.

3. È dalla partecipazione ai valori di vero, bello, buono, santo, giusto, utile, sano (e di compassione, simpatia, cooperazione, comprensione, pace, ecc.) che prendono rilievo i cosiddetti beni di civiltà (Kulturwerte)​​ che annoverano i prodotti dell’arte e della scienza, del diritto e del lavoro dell’uomo. Nei confronti di questi si svolge la formazione culturale (Bildung)​​ che fa l’uomo «colto» ossia coltivato, educato in senso intellettuale e morale.

Bibliografia

si veda la​​ Grande antologia filosofica,​​ Milano, Marzorati, 1975, vol. XVII, 613-685 (vasta bibl. sugli sviluppi e la critica del kantismo a cura di V. Verra); Gigliotti G.,​​ Il neocriticismo tedesco,​​ Torino, Loescher, 1983; Besoli S. - M. Ferrari - L. Guidetti (Edd.),​​ N. e fenomenologia: logica,​​ psicologia,​​ cultura e teoria della conoscenza.​​ Atti del convegno internazionale, L’Aquila, 29-31 marzo 2001, Macerata, Quodlibet, 2002; Guidetti L.,​​ L’ontologia del pensiero: il nuovo n. di Richard Honigswald e Wolfgang Cramer, Ibid., 2004.

M. Laeng




NEOSCOLASTICA PEDAGOGICA

 

NEOSCOLASTICA PEDAGOGICA

«N.» è termine concettualmente e storicamente connesso con il termine​​ ​​ «Scolastica». In generale, si accreditano alla n.p. autori che nei secoli XIX e XX in ambito cattolico hanno trattato i problemi teorici e metodologici dell’educazione posti dal pensiero e dalla prassi moderna, mediante la riassunzione innovativa di principi e idee che si rifacevano alle grandi scuole filosofiche e teologiche medioevali e in particolare a s.​​ ​​ Tommaso d’Aquino: non pochi, infatti, soprattutto al seguito dell’enciclica​​ Aeterni Patris​​ di Leone XIII (4 agosto 1879) hanno identificato la n. con il neo-tomismo, seppure non sempre rigorosamente e univocamente interpretato. Inoltre, alcuni hanno associato l’ascendenza n. o neotomistica a svariate forme di personalismo spiritualista, tra cui alcune fondate anche in antropologie ispirate a una metafisica dell’essere di matrice aristotelico-tomista.

1. Pertanto le posizioni individuali non risultano, sempre omogenee tra loro; tuttavia, nel confronto tra antico e moderno, appaiono sostanzialmente solidali sui seguenti punti: a) l’inserzione della​​ pedagogia​​ o delle​​ ​​ scienze dell’educazione nel quadro epistemologico classico, aristotelico-tomistico, con particolare sottolineatura della funzione fondante e normativa della​​ filosofia realista dell’educazione;​​ b) l’introduzione nel sistema delle scienze dell’educazione, da parte di non pochi, anche della​​ pedagogia sperimentale​​ quale aspetto legittimo e fecondo della ricerca scientifica in campo educativo; c) il confronto critico con alcune filosofie di volta in volta dominanti, in particolare con il​​ positivismo​​ generatore del «naturalismo pedagogico», e coll’idealismo​​ immanentista che fagocita totalmente il «pedagogico» nella filosofia; d) l’apertura alle nuove scienze dell’uomo, in particolare alla sociologia e alla psicologia, pur preservando la riflessione pedagogica da ogni deriva nel​​ sociologismo​​ e nello​​ psicologismo​​ e rivendicando la necessaria fondazione della pedagogia sulla filosofia: «Ogni pedagogia è basata su una filosofia della vita. Ogni verace pedagogia sulla filosofia totale della vita. La vera pedagogia sulla vera filosofia della vita» (De Hovre,​​ Le Catholicisme, 5); e) l’equilibrata valutazione filosofico-teologica e la giusta valorizzazione metodologica dell’attivismo​​ (​​ Dévaud); f) il rifiuto critico del nazionalismo e dello statalismo in campo educativo e scolastico; g) l’apertura dell’educazione e della riflessione pedagogica al «religioso», raggiunto con la ragione o con la fede nella «rivelazione» e la conseguente ipotesi di una esplicita​​ ​​ teologia dell’educazione​​ quale parte essenziale di un compiuto sistema di scienze dell’educazione; h) la discussione dei temi relativi alla laicità, al pluralismo e alla conflittualità nell’ambito della scuola e delle altre istituzioni educative, entro corretti rapporti tra le principali agenzie educative: Stato, Chiesa, società, famiglia; i) l’approfondimento innovativo delle classiche «antinomie pedagogiche» – autoeducazione ed eteroeducazione, autorità e libertà, educazione intenzionale e educazione funzionale –, integrando e superando le posizioni di matrice rousseauiana, marxiana, deweyana; 1) l’insistenza nel ricondurre la molteplicità delle dimensioni educative al nucleo centrale costituito dalla formazione alla libertà nella responsabilità morale: «l’educazione è in primo luogo opera di formazione morale» (Mercier,​​ Principes d’éducation chré­tienne,​​ 13).

2. Il movimento neoscolastico, infatti, riconosce come uno dei suoi protagonisti, anche sotto il profilo pedagogico, D. J. Mercier (1851-1926), fondatore dell’Institut Supérieur de philosophie​​ (1882) presso l’Università cattolica di Louvain, autore anche del denso studio citato,​​ Principes d’éducation chrétienne​​ (1912). Gli si avvicina con analogo vigore speculativo, spiccata modernità e personale sforzo di ripensamento innovativo​​ ​​ Maritain. Tra molti altri pedagogisti di indirizzo neoscolastico, talora in senso neotomistico oppure con varianti personalistiche, si distinguono:​​ ​​ Casotti (Maestro e scolaro. Saggio di filosofia dell’educazione, 1930); Fr. De Hovre (1884-1950), autore di un lucido​​ Essai de philosophie pédagogique​​ (1927); F. Olgiati (1886-1962),​​ Primi lineamenti di pedagogia cristiana​​ (1924); G. Nosengo (1906-1968),​​ La persona umana e l’educazione​​ (1948); R. Blanco y Sánchez (1861-1936),​​ Teoría de la educación​​ (1930); J. Zaragüeta y Bengoechea (1883-1974),​​ Pedagogía fundamental​​ (1942); G. Di Napoli (1910-1980),​​ II concetto di educazione. Lineamenti di filosofia pedagogica​​ (1952); N. Petruzzellis (1910-1988),​​ I problemi della pedagogia come scienza filosofica​​ (1945);​​ ​​ Sinistrero,​​ Sulla problematica dell’educazione, in «Salesianum» 9 (1947) 386-399; 10 (1948) 79-102;​​ ​​ Corallo,​​ La pedagogia della libertà. Saggio di pedagogia generale​​ (1948, 1951); A. Agazzi,​​ I​​ problemi dell’educazione e della pedagogia​​ (1978).

Bibliografia

De Hovre F.,​​ Le Catholicisme,​​ ses pédagogues,​​ sa pédagogie,​​ Bruxelles,​​ Dewit, 1930; Olgiati F. (Ed.),​​ Indirizzi e conquiste della filosofia n.,​​ Milano, Vita e Pensiero, 1934; Braido P.,​​ La teoria dell’educazione e i suoi problemi,​​ Zürich, PAS-Verlag, 1968; Coreth E. - W. M. Neidl - G. Pfliegersdorfer (Edd.),​​ La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX,​​ vol. II,​​ Ritorno all’eredità scolastica,​​ a cura di G. Mura e G. Penzo, Roma, Città Nuova, 1994; Mari G.,​​ Razionalità metafisica e pensiero pedagogico, Brescia, La Scuola, 1998; Coreth E.,​​ Antropologia filosofica, Brescia, Morcelliana, 2004.

P. Braido




NEOUMANESIMO PEDAGOGICO

 

NEOUMANESIMO PEDAGOGICO

Orientamento culturale e pedagogico ted. fiorito fra la fine del XVIII e la prima metà del XIX sec. incentrato sull’idea del primato formativo della cultura classica in quanto espressione ideale insuperata di umanità.​​ 

1.​​ Contenuti.​​ Il n. presenta diverse componenti e comprende nel suo seno differenti autori di grande importanza e significatività – Lessing, Goethe, Herder, Schiller, von Humboldt, Schleiermacher, Wolff – , che appaiono tutti, sia pur nella varietà dei loro contributi e dei loro apporti, tesi ad affermare, di contro al predominio dell’​​ ​​ Illuminismo razionalistico di stampo francese, una nuova idea di​​ ​​ Umanesimo e, conseguentemente, un nuovo principio formativo. Dall’impianto illuministico viene ripreso il principio dell’universale, ma esso viene sottratto all’equivalenza con una astratta razionalità di tipo scientifico-concettuale per essere coniugato con le istanze dell’immediatezza individuale e storica. Nasce, in questo modo, l’idea dell’universale-concreto, e quindi della possibilità di ritrovare in una espressione ben individualizzata ed esistente di attività (identificata, a seconda dei vari autori, nella poesia, nel​​ ​​ gioco, nella storia, nella religione) o di civiltà (idealtipica la grecità classica) le «forme» assolute nelle quali l’umanità ha impresso la sua caratteristica impronta. Esistono, quindi, delle forme originarie ideali che, attraverso la formazione (Bildung),​​ devono essere riproposte per divenire il fondamento educativo del nuovo umanesimo. Sul piano metodologico, il n. presenta due fondamentali diramazioni: la prima si muove in direzione soprattutto storica ed estetica, mentre la seconda, che ispirerà le riforme degli studi liceali ed universitari pressoché in tutto l’Occidente, segue un orientamento di tipo filologico-letterario. In sostanza, con una pedagogia degli «ideali» da conquistare convive una pedagogia dei «modelli» da imitare, che, sul piano scolastico, ha finito col prevalere.

2.​​ Riprese e limiti.​​ Nel nostro sec. le più dirette riprese delle posizioni del n. si sono avute in Germania attraverso la riproposizione della​​ ​​ paideia greca come ideale pedagogico ed in Italia nel quadro dell’idealismo assoluto gentiliano, che ha sostanzialmente mutuato dalla tradizione humboldtiana l’assetto del sistema dell’istruzione nazionale. Connessioni con la mentalità neoumanistica si possono trovare anche nelle formulazioni essenzialistiche della pedagogia americana (v. ad es. il Progetto Paideia). Il nodo critico fondamentale è costituito dalla difficoltà di sciogliere le esigenze del n. in una visione realmente universale in senso democratico e popolare dello sviluppo. Ugualmente cruciale è l’analisi delle derive che lo hanno portato a sfociare in alterazioni di carattere nazionalistico e statalistico contrarie, alla fin fine, agli stessi assunti di partenza.

Bibliografia

Blättner F.,​​ Storia della pedagogia moderna e contemporanea,​​ Roma, Armando, 1961, 183-196; Leser H.,​​ Il problema pedagogico,​​ voll. III (388-576) e IV, Firenze, La Nuova Italia, 1965; De Pascale C. (Ed.),​​ Il problema dell’educazione in Germania: dal n. al Romanticismo,​​ Torino, Loescher, 1979; Adler M. J.,​​ Il​​ progetto Paideia,​​ Roma, Armando, 1985; Gennari M.,​​ Storia della Bildung, Brescia, La Scuola, 1995.

C. Scurati




NEUROSCIENZE

 

NEUROSCIENZE

Le n. (neurofisiologia, neuroanatomia e neurobiologia) sono lo studio scientifico del sistema nervoso. Loro compito è descrivere il cervello e il suo funzionamento in condizioni normali; determinare come il sistema nervoso si sviluppa, matura e si mantiene e trovare le strategie per prevenire e curare le patologie e i disordini neurologici che lo possono colpire. La ricerca di frontiera nel campo delle n. va dallo studio e utilizzo delle cellule staminali per riparare il tessuto nervoso danneggiato alla visualizzazione del cervello «in vivo» per comprendere dove e come esso svolga le funzioni vitali cui è preposto ed eserciti le capacità cognitive e intellettive che lo caratterizzano. Negli anni ’70 si sono ottenute le prime immagini anatomiche del cervello umano grazie alla TAC o tomografia assiale computerizzata; negli anni ’80 è stata utilizzata la RMN o risonanza magnetica nucleare; negli anni ’90 si sono sviluppati i modelli realistici per identificare le sedi precise dell’attività elettrica del cervello rilevata mediante elettroencefalografia (EEG). Le attuali frontiere delle n. sono rappresentate dalla conoscenza precisa di quali regioni corticocerebrali sono responsabili di singole funzioni motorie, sensitive e cognitive e dallo sviluppo di strategie efficaci mirate al recupero e alla riabilitazione delle funzioni perse. Alcuni scienziati considerano la scoperta dei neuroni specchio una delle più importanti delle n. negli ultimi dieci anni. I metodi delle n. dialogano con le scienze cognitive e con la filosofia della mente generando il campo delle n. cognitive che interessano più da vicino il campo dell’educazione.​​ 

Bibliografia

Kandel E. R. - J. H. Schwartz - T. M. Jessell,​​ Fondamenti delle n. e del comportamento, Milano, CEA, 1999; Bear M. F. - B. W. Connors - M. A. Paradiso,​​ N. Esplorando il cervello, Milano, Masson, 2002; Rizzolatti G. - C. Sinigaglia,​​ So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio,​​ Milano, Cortina, 2006.​​ 

C. Cangià




NEVROSI

 

NEVROSI

Disturbo psichico i cui sintomi simboleggiano un conflitto inconscio tra le varie istanze della personalità (Es,​​ Io​​ e​​ Super-Io).​​ Esso affonda le sue radici nelle vicende dei primi anni di vita e costituisce un compromesso non riuscito tra le pulsioni rimosse e la difesa nei loro confronti. Generalmente tale disturbo è ego-distonico: l’individuo vorrebbe disfarsi dei sintomi di esso, perché fonte di sofferenza.

1.​​ Considerazioni generali.​​ Il termine n. è stato introdotto da W. Cullen (1710-1790) verso la fine del XVIII sec. I primi studi sistematici sulle n. risalgono alla seconda metà dell’Ottocento per opera di​​ ​​ Charcot e continuati poi da P. Janet (1859-1947). Ma i contributi più significativi al riguardo sono senz’altro quelli di S.​​ ​​ Freud. Nel 1895, in collaborazione con J. Breuer (1842-1925), egli pubblica​​ Studi sull’isteria e altri scritti.​​ Inizialmente Freud pone una distinzione tra​​ n. attuali,​​ la cui eziologia è fatta risalire ad una disfunzione somatica della sessualità del momento presente, e​​ psiconevrosi,​​ in cui viene invece indicata come avente un ruolo fondamentale l’esistenza di un conflitto psichico prevalentemente inconscio e basato sulle vicende della prima infanzia. Queste ultime comprendono la n. isterica, la n. fobica e la n. ossessiva. Sebbene Freud non abbia mai abbandonato del tutto il concetto di​​ n. attuale,​​ oggi questo termine è pressoché scomparso dalla nosografia, dal momento che, pur riconoscendo l’importanza dei fattori presenti, questi sono comunque da considerarsi dei semplici elementi scatenanti e non invece delle cause, che vanno ricercate nel vissuto passato dell’individuo. In linea generale, Freud colloca la genesi della n. nel conflitto edipico non risolto e nella conseguente ansia di castrazione. a) Oltre alle tre n. classiche citate di cui si dirà a parte, sono da segnalare i seguenti tipi: 1) La​​ n. d’​​ ​​ ansia.​​ Essa è caratterizzata da un’ansia dominante e diffusa e cioè non diretta ad alcun oggetto o ad alcuna situazione specifica. L’individuo si dimostra estremamente pessimista, ricorre ad una vigilanza esagerata e appare sempre affaticato. Freud inizialmente la considerava una​​ n. attuale​​ e la riteneva una conseguenza di comportamenti sessuali, che tendevano a bloccare la scarica adeguata dell’eccitazione sessuale. 2) La​​ n. da successo.​​ L’individuo di fronte al successo si sente in colpa di avere eliminato il padre e quindi inconsciamente si autopunisce soccombendo alla sua stessa riuscita. 3) La​​ n. depressiva​​ (​​ depressione). 4) La​​ n. di carattere.​​ Essa comporta l’assenza dei sintomi classici (angoscia, isteria, fobia, ossessione). Il conflitto intrapsichico è invece rappresentato da tratti del carattere. Tale n. è​​ ego-sintonica​​ e cioè appare evidente all’osservatore esterno, ma non al soggetto interessato, che anzi la nega. In altri termini, l’individuo avverte il suo comportamento come congeniale a sé e quindi lo difende soprattutto attraverso il meccanismo della razionalizzazione. 5) La​​ n. di destino.​​ E determinata dal ripetersi periodicamente di eventi tra loro concatenati e generalmente sfortunati, per cui l’individuo è convinto di essere in balia del destino. In realtà le cause vanno ricercate a livello inconscio e più precisamente nel meccanismo della coazione a ripetere. 6) La​​ n. di transfert.​​ Riguarda la ripetizione da parte del paziente delle modalità nevrotiche infantili nei confronti dello psicoterapeuta nell’ambito del setting analitico. 7) La​​ n. d’organo.​​ Si riferisce ad un conflitto psichico che si manifesta attraverso il cattivo funzionamento di un organo o di un sistema organico. Oggi per indicare tale disturbo si preferisce usare il termine​​ malattia psicosomatica.​​ 8) La​​ n. infantile.​​ Essa è stata particolarmente messa a fuoco da Freud nei casi clinici del​​ Piccolo Hans​​ del 1909 e dell’Uomo dei lupi​​ del 1918. Dall’analisi dei testi freudiani risulta che il termine​​ n. infantile​​ assume un duplice significato: un momento dell’evoluzione psichica, in cui il bambino vive un conflitto espresso o no da sintomi simili a quelli propri di una n. strutturata; uno stato psichico disturbato, espresso da una serie di sintomi che rivelano un’organizzazione conflittuale interiorizzata. In questo secondo caso l’eziologia, secondo Freud, è da ricercarsi nel conflitto edipico non risolto. L’individuo usa i​​ ​​ meccanismi di difesa della fissazione e / o della regressione; inoltre denuncia un Io debole nei confronti sia delle pulsioni che della realtà esterna e sperimenta stati di angoscia. Relativamente alla prima accezione, Freud si riferisce ad una situazione che potremmo denominare​​ conflitto di sviluppo.​​ Esso è considerato come inevitabile in quanto fa parte della crescita normale del bambino. Tale inevitabilità è sottolineata nel saggio​​ Inibizione,​​ sintomo e angoscia​​ del 1925 e ciò a causa di tre fattori tra loro interrelati:​​ biologico​​ (l’individuo sperimenta inizialmente un periodo molto ampio d’impotenza, di dipendenza e di bisogno di aiuto);​​ filogenetico​​ (l’individuo, come la specie, vive uno sviluppo bifasico della sessualità);​​ psicologico​​ (l’individuo ha inizialmente un apparato psichico imperfetto, per cui l’Io vive le pulsioni interne come pericolose). 9) La​​ n. narcisistica.​​ È caratterizzata dal ritiro della libido sull’Io e si oppone alla n. di transfert. 10) La​​ n. traumatica.​​ È dovuta all’esperienza reale di gravi traumi fisici o psichici ed è stata studiata soprattutto in connessione con le vittime della guerra. Essa può essere acuta, ritardata o cronica e comporta la riesperienza ripetitiva dell’evento traumatico, una diminuzione della reattività, uno scarso coinvolgimento con la realtà esterna, una forte insicurezza ed uno stato disforico. Nel momento in cui il trauma viene rivissuto, l’individuo appare irritabile, socialmente isolato e talvolta distruttivo. Una caratteristica tipica di tale n. è la comparsa di sogni ripetitivi, in cui il trauma viene rivissuto. Ciò è motivo di paura di sognare che provoca come conseguenza l’insonnia. b) Mentre nell’ambito psicoanalitico si mantiene sostanzialmente la terminologia sopraccennata, in campo psichiatrico sono in atto dei mutamenti. Ad es., il DSM-IV-R (1994), pur accogliendo la nosologia tradizionale delle n., propone una diversa denominazione. Più precisamente al posto del termine n. viene preferito quello di​​ disturbo.

2.​​ N. isterica.​​ Disturbo nevrotico in cui il conflitto psichico è rappresentato da sintomi sensoriali o motori senza una base anatomica individuabile (isteria di conversione)​​ o da intense manifestazioni ideative ed emotive (isteria d’angoscia).​​ Il termine​​ isteria​​ deriva dal gr.​​ hysteron​​ (utero), poiché la medicina ippocratica faceva risalire i sintomi propri di tale patologia ad una disfunzione dell’utero e pertanto si riteneva che fosse un disturbo esclusivamente femminile. Rispetto ad un secolo fa, oggi l’isteria sembra pressoché scomparsa. Di fatto è però semplicemente cambiato il modo di manifestarsi del conflitto sottostante e cioè il medesimo disagio è ora rappresentato attraverso sintomi depressivi o psicosomatici. S. Freud vede nell’isteria il prototipo della n. Si distinguono due tipi di isteria: 1)​​ Isteria di conversione.​​ Ricorrendo al meccanismo difensivo dello spostamento, l’individuo tenta di dominare il conflitto psichico attraverso sintomi somatici motori (paralisi, afonia, singhiozzo, tics, ecc.) o sensoriali (anestesie, perdita dell’udito, disturbi visivi, ecc.). Ciò che viene alterato è una funzione del corpo o in eccesso (es. tachicardia) o in difetto (es. paralisi), mentre gli organi perturbati rimangono integri. 2)​​ Isteria d’angoscia.​​ Essendo l’apparato difensivo della rimozione piuttosto debole, il tentativo di evitare il conflitto riesce solo in parte, per cui l’individuo si sente travolto da una profonda angoscia, che tende poi a trasformarsi in manifestazioni fobiche. Il conflitto psichico di cui soffre l’isterico è determinato dal fatto che l’oggetto d’investimento emotivo è allo stesso tempo desiderato e temuto, dal momento che esso è a connotazione edipica e quindi a contenuto incestuoso. Per cui, al fine di potere in qualche modo mantenere il rapporto con l’oggetto, si ricorre all’esibizione dei sintomi di​​ conversione somatica​​ o di​​ angoscia,​​ come mezzo per attirare l’attenzione. La tipica difficoltà dell’isterico a gestire le emozioni dipende dal fatto che alla base c’è una posizione libidica di tipo orale-fallico, dovuta al fallimento della fase anale, che impedisce un adeguato ancoraggio ed una congrua canalizzazione delle pulsioni primarie. È difficile riscontrare una vera e propria isteria nell’infanzia. Più che altro esiste un isterismo che si può definire​​ fisiologico.​​ Normalmente l’isteria di conversione tende a comparire verso la fine dell’età di latenza. Nell’età adolescenziale, data la particolare situazione conflittuale che il soggetto vive, è possibile rilevare manifestazioni isteriche.

3.​​ N. fobica.​​ Una seconda n. è quella fobica (dal gr.​​ phóbos:​​ terrore, panico). Essa può essere intesa come paura irrazionale, abnorme, carica di angoscia, nei confronti di oggetti, attività o situazioni, anche se obiettivamente non pericolosi. Ciò comporta un impellente bisogno di evitamento. Manifestazioni tipiche presenti in ogni fobia sono: angoscia cosciente ed intensa fino al terrore, reazioni neurovegetative (tremori, rossori, pallori, sudorazione, aumento della frequenza respiratoria, ecc.), inibizione dell’attività, scarsa concentrazione del pensiero fino all’inibizione intellettuale, instabilità psicomotoria. A seconda degli oggetti, delle attività o delle situazioni, le fobie vengono diversamente denominate. Ad es.: la paura degli animali (zoofobia); la paura di muoversi in ambienti aperti (agorafobia); la paura di arrossire (ereutofobia). Mentre nel passato era vista come una forma d’isteria, ora la fobia viene collegata alla n. ossessiva. S. Freud colloca la genesi della fobia nella fase del conflitto edipico. Come ogni altro sintomo nevrotico, la fobia rappresenta un compromesso tra le varie istanze (Es,​​ Io​​ e​​ Super-Io)​​ della personalità. I meccanismi di difesa usati dal fobico sono la rimozione non del tutto riuscita delle pulsioni (libidiche o aggressive), la proiezione di tali pulsioni all’esterno, lo spostamento dall’oggetto originario ad un altro e l’evitamento di oggetti, di attività e di situazioni che rappresentano a livello simbolico le pulsioni rimosse. Un esempio classico dell’uso di tutti questi meccanismi difensivi è dato dal​​ Caso clinico del piccolo Hans​​ (S. Freud, 1909). Con il termine​​ controfobia​​ s’intende un atteggiamento, per cui l’individuo affronta con piacere oggetti o situazioni che sono consciamente o inconsciamente temuti. Spesso tali oggetti o situazioni sono di per sé pericolosi e sono abitualmente motivo di angoscia per le persone «normali». La controfobia non è altro che una difesa maniacale attraverso cui l’individuo, superando l’angoscia, persegue il soddisfacimento di un bisogno di onnipotenza.

4.​​ N. ossessiva.​​ È un tipo di n. che si manifesta con sintomi o prevalentemente ossessivi o prevalentemente coatti. Per questo motivo viene denominata anche n. ossessivo-coatta. L’ossessione​​ (dal lat.​​ obsidere:​​ assediare) riguarda un’idea, un desiderio, un dubbio, una proibizione, un comando o un’immagine che s’intromettono in maniera imperativa nella coscienza. Il contenuto ossessivo interferisce nell’apprendimento, nella memoria, nella capacità di concentrazione. La​​ coazione​​ (dal lat.​​ cogere:​​ costringere) riguarda invece un’azione o una serie di azioni ripetitive ed incoercibili. Essa ha caratteri simili all’ossessione, ma in più comporta il passaggio all’azione, come, ad es., il toccare, il lavarsi le mani, il contare, il pronunciare determinate parole, ecc. Nella n. ossessivo-coatta si nota un alternarsi di azioni e contro-azioni, di tentativi di soddisfare le pulsioni e bisogni di negazione di esse, dove l’individuo non è mai certo che i meccanismi di difesa messi in atto hanno funzionato in modo corretto. Secondo S. Freud la causa della n. ossessivo-coatta va ricercata nell’eccessiva stimolazione dell’​​ ​​ aggressività, verificatasi nella fase sadico-anale, nei confronti degli oggetti d’amore, conseguentemente vissuti in modo ambivalente, e nella prematura e rapida maturazione dell’Io e della contemporanea emersione di un Super-Io particolarmente crudele e colpevolizzante, il tutto come conseguenza di situazioni stressanti, a cui il bambino viene precocemente esposto. I meccanismi di difesa maggiormente usati nella n. ossessiva sono: la formazione reattiva, la regressione, l’isolamento, l’intellettualizzazione, lo spostamento e l’annullamento retroattivo.

Bibliografia

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V. L. Castellazzi