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MOVIMENTI

 

MOVIMENTI

Nel campo sociale l’individuazione delle caratteristiche dei m. sembra molto elusiva dal punto di vista concettuale, essendovi una larga varietà di definizioni difficilmente comparabili tra loro; in genere vi si comprende insieme il «coinvolgimento di un gran numero di individui, un basso livello di organizzazione, la spontaneità dell’azione, l’esistenza di un’ideologia comune, l’identificazione di un avversario, la finalità di cambiare (o mantenere) il sistema sociale in qualche suo aspetto, l’essere causa o effetto di un processo di mutamento». Ne consegue che grande rilevanza ha lo studio di dinamiche e processi quali la mobilitazione, il reclutamento, l’ideologia, la​​ leadership,​​ l’organizzazione, la prassi e la strategia d’azione ed i loro risultati.

1. L’interesse per i m. viene dalla loro natura di specchio del sistema nel suo insieme. Come è stato notato «nelle società moderne, il processo di crescita della complessità sociale si traduce in una disarticolazione dell’universo simbolico, che pone ad ogni attore problemi di definizione del profilo sociale; con la frantumazione delle identità, e la disgregazione di ogni principio simbolico unitario, individui e gruppi sono proiettati in uno stato angosciante di incertezza; l’emergere di m. che tentano di riorganizzare la propria identità è tra le conseguenze di questi processi». L’incertezza concettuale si traduce nell’ambito classificatorio, mutevole a seconda degli indicatori di base assunti. Si possono riconoscere m. basati sulle norme o sui valori, a seconda del livello dell’azione che si mira a ricostruire, ovvero a seconda della natura della credenza generalizzata. Ma si possono distinguere, e sono stati indicati dalla storiografia, m. sociali​​ generali e specifici,​​ naturalmente secondo l’ampiezza degli obiettivi,​​ attivi​​ (riformistici e rivoluzionari) ed​​ espressivi​​ (anche fenomeni di moda); l’attenzione maggiore è andata ai m. sociali (rivendicativi, politici e di classe) e più in generale a m.​​ trasformativi,​​ riformistici,​​ redentivi,​​ alternativi,​​ a seconda che il mutamento desiderato sia totale o parziale e che coinvolga la struttura sociale o gli individui, in relazione alla mobilitazione di grandi masse, tali da assumere rilevanza storica, o di semplice protesta, limitati a gruppi ristretti con varie motivazioni.

2. Da un punto di vista tipologico occorre tenere conto di m. politici attraverso i quali si tende a fare politica al di fuori dei partiti; di m. religiosi (confessionali, ecclesiastici o neo-religiosi) come riscoperta di opportunità nella tensione al benessere ed alla assicurazione individuale; né sono trascurabili il m. pacifista, quello ecologico, quello femminile, del​​ ​​ volontariato e simili nei quali il tasso ideologico fornisce unità, rafforza i legami, consente di riconoscere alleati ed avversari, e fa «da base alla definizione e alla contrattazione degli spazi del m. in relazione al più ampio sistema sociale». Molti m. (politici, ecclesiali soprattutto, e così via) continuano a chiamarsi tali nonostante una marcata organizzazione e perfetta integrazione istituzionale: la autodefinizione costituisce allora parte del collante ideologico.

Bibliografia

Carboni C.,​​ Classi e m. in Italia,​​ Bari, Laterza, 1986;​​ Angel W.,​​ Youth movements of the world,​​ Haslow, Longman, 1990; Eyerman P. - A. Jamison,​​ Social​​ movements,​​ Cambridge, Polity Press, 1991;​​ Fauvel-Rouif D. (Ed.),​​ La jeunesse et ses mouvements,​​ Paris, C.N.R.S., 1992; Neveu​​ E.,​​ I m. sociali, Bologna, Il Mulino, 2001; Caimi L.,​​ Spiritualità dei m. giovanili, Roma, Studium, 2005.

A. Turchini




MOVIMENTI ECCLESIALI

 

MOVIMENTI ECCLESIALI

La fede cristiana è sempre stata vissuta in forme associate (​​ associazionismo), come mostra la storia delle confraternite e dei diversi sodalizi. In tempi recenti, però, soprattutto dal Concilio Vat. II ad oggi, si è assistito ad una nuova stagione aggregativa dei fedeli, caratterizzata sia dal riproporsi di precedenti associazioni, come la​​ ​​ Azione cattolica, sia dal sorgere e dal diffondersi di m., soprattutto laicali, che hanno dato rinnovato impulso alla vita della​​ ​​ Chiesa (​​ Scautismo cattolico, Opus Dei, «Cursillos» di cristianità, Focolarini, Giovani cooperatori salesiani, Comunione e Liberazione, Gioventù aclista).

1. In un contesto culturale frammentato, che ha comportato anche la crisi e l’evoluzione delle strutture ecclesiali, i m. sono stati forze vive ed hanno avuto il merito di costituire polarità forti, capaci di orientare la fede di molti credenti e di raccoglierla in significative forme di esperienza ecclesiale. Nel far ciò, essi hanno contribuito non poco a dar forma storica a quella «ecclesiologia di comunione», che il Sinodo straordinario dei Vescovi del 1985 ha indicato come idea centrale del Concilio per interpretare il popolo di Dio. Pur interessandosi di ambiti pastorali diversi della vita ecclesiale, sociale, culturale e politica, i m. hanno contribuito a promuovere una rinnovata e preziosa azione educativa, tesa a far riscoprire e a far vivere la​​ ​​ vocazione battesimale del credente, che prima di ogni missione specifica consiste nella chiamata alla comunione col Cristo nella Chiesa.

2. L’educazione alla comunione organica, vissuta nella diversità e complementarità dei carismi, è anche all’origine della riconosciuta ed apprezzata varietà delle «pedagogie cristiane» che caratterizzano i diversi m., qualificate da specifici e rinnovati itinerari di fede, unitamente a moderne metodologie. Si tratta di itinerari elaborati e costantemente verificati alla luce di precisi «criteri di ecclesialità», in più occasioni richiamati nei documenti magisteriali, anche a fronte di qualche difficoltà a volte creata all’armonia della comunione dall’esuberanza di certi m. Seguendo la​​ Christifideles laici​​ li possiamo così indicare: 1) il primato dato alla vocazione di ogni cristiano alla santità, promuovendo un’intima unione tra fede e vita; 2) la responsabilità di confessare la fede cattolica su Cristo, sulla Chiesa e sull’uomo in modo integrale, in obbedienza al Magistero; 3) la testimonianza di una comunione ecclesiale salda e convinta in relazione filiale col Papa e il vescovo e in rapporto con le altre forme aggregative di apostolato nei confronti delle quali vivere relazioni di stima e di collaborazione; 4) la conformità e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa, che consiste nell’impegno per una nuova evangelizzazione, la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza; 5) l’impegno di una presenza nella società umana, a servizio dell’integrale dignità dell’uomo, alla luce della dottrina sociale della Chiesa.

Bibliografia

Cei,​​ Criteri di ecclesialità dei gruppi,​​ m. e associazioni dei fedeli nella Chiesa. Nota pastorale della Commissione episcopale per l’apostolato dei laici,​​ 1981, ECEI / 3, nn. 587-612; Sinodo dei Vescovi,​​ Vocazione e missione dei laici. Proposizioni,​​ 1987, EV / 10, nn. 2103-2214;​​ Esortazione apostolica post-sinodale «Christifideles laici» di sua santità Giovanni Paolo II su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo,​​ 1988, EV / 11, nn. 1606-1900; Pontificium Consilium Pro Laicis (Ed.),​​ I m. nella chiesa. Atti del Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali Roma,​​ 27-29 maggio 1998, Città del Vaticano, LEV, 1999; Id.,​​ Atti del II congresso mondiale dei m.e. e delle nuove comunità dal titolo «La bellezza di essere cristiani e la gioia di comunicarlo»​​ (Rocca di Papa, 31 maggio - 2 giugno 2006, in stampa).

R. Rezzaghi​​