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MODE PEDAGOGICHE

 

MODE PEDAGOGICHE

Istanze e modi emergenti ciclicamente nell’ambito dell’educazione e della pedagogia, che esaltano costrutti, modelli, prospettive educative, suscettibili di critica o comunque soggetti al logorio del tempo e della pratica educativa concreta.​​ 

1. Nel linguaggio comune, con il termine m. indichiamo non solo la foggia corrente di vestire e di acconciarsi, ma anche il costume, il modo di vivere e di comportarsi che emerge e si impone in un determinato periodo o epoca e che interpreta, almeno per un certo tempo, il gusto e il sentire sociale prevalente. Spesso si tratta di fenomeni indotti dalla propaganda messa in atto dal sistema della​​ ​​ comunicazione sociale, ma talora si ha a che fare con risposte ad esigenze ed urgenze profonde, emergenti dalle vicende e dal gioco storico-sociale.

2. Questa doppiezza si nota anche nelle m.p.: esse possono indicare esigenze fondamentali dell’educazione oppure affermazioni pedagogiche piuttosto passeggere. Esempi​​ recenti possono essere riferiti allo​​ ​​ spontaneismo, alla creatività, all’educazione ai valori, alle competenze, alla multimedialità, al​​ cooperative learning, al​​ tutor, ecc. In tal senso si impone costantemente un’analisi critico-linguistica delle «parole nuove» dell’educazione e della pedagogia e una critica della «certezza pedagogica». È certamente questo un compito dell’​​ ​​ epistemologia pedagogica o comunque di una riflessione teorico-pedagogica.

Bibliografia

Bertoldi F.,​​ Critica della certezza pedagogica,​​ Roma, Armando, 1981; Reboul O.,​​ Il linguaggio dell’educazione,​​ Ibid., 1986.

C. Nanni​​ 




MODELLO

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MODELLO

In campo educativo: schema concettuale e operativo secondo cui può essere strutturata e ordinata la pratica educativa in rapporto a un principio teleologico, un ideale di​​ ​​ uomo e di​​ ​​ società, che ne assicuri coerenza e organicità.

1.​​ Approfondimento del concetto.​​ La definizione adottata riprende, adattandola, quella di G. M.​​ ​​ Bertin: «schema concettuale secondo cui possono essere connessi e ordinati i vari aspetti della vita educativa in rapporto ad un principio teleologico che ne assicuri coerenza e organicità» (Bertin, 1968, 68). Un m. educativo è caratterizzato dunque dalla tensione verso un ideale di uomo e di società. Ma se ogni m. di pratica educativa è intrinsecamente caratterizzato dagli ideali guida che esso include circa il bene del singolo e di quello della comunità, occorre riconoscere che nell’idea di m. educativo sta la ricerca o la proposta di un’«eccellenza» nella pratica educativa stessa. Eccellenza che include coerenza con gli ideali guida perseguiti e organicità nella strutturazione delle azioni messe in atto, secondo le espressioni di Bertin. Un m. educativo, da un punto di vista descrittivo, può essere definito come una particolare strutturazione delle variabili fondamentali che entrano in gioco in una pratica educativa a partire da un insieme di concetti, principi e metodi di riferimento. Al posto del termine m. è spesso usato con analogo significato quello di sistema e anche quello di metodo. Così nella tradizione pedagogica salesiana si parla di​​ ​​ sistema preventivo, riprendendo l’espressione stessa di s. Giovanni​​ ​​ Bosco.

2.​​ Ulteriori significati.​​ Occorre però ricordare come il termine m. venga usato in una pluralità di accezioni che vanno dalla persona che fa da m. di riferimento per apprendere o sviluppare una competenza (ad es. il mastro artigiano), a una struttura fisica che riproduce in maniera ridotta, ma fedele, una qualche realtà del mondo (m. di edificio, mappamondo). La prima di queste due accezioni va estesa sia al concetto di testimonianza, sia a quello di esperienza indiretta o vicaria, tipiche di un apprendimento osservativo, quale si ha nell’assistere a uno spettacolo televisivo. La psicologia sociale utilizza in quest’ultimo caso le parole inglesi​​ model​​ e​​ modeling​​ (m. e fare da m.). In campo sia psicologico, sia educativo, sia spirituale si giunge a parlare di «m. ideali», riferimenti prospettici che includono il concetto di eccellenza, oppure di «m. reali», personaggi storici o viventi, che concretizzano un proprio ideale di vita.

3.​​ La modellizzazione.​​ Per chiarire ancor meglio il concetto di m. si può cercare di precisare il processo di modellizzazione. Esso consiste nell’individuare gli elementi salienti di una situazione, o di una pratica, e le relazioni fondamentali che la caratterizzano e nel rappresentare gli uni e le altre in forma adeguata. Tale rappresentazione può assumere forme varie: verbali, mediante descrizioni e narrazioni; fisiche, mediante disegni, diagrammi, immagini fisse o in movimento; simboliche, mediante opportuni sistemi di segni. La relazione che collega il m. alla realtà della pratica educativa a cui esso fa riferimento non può essere che di tipo omeomorfico, cioè di similitudine o di analogia, e non di isomorfismo. In effetti non solo si ha una riduzione della complessità della situazione reale, ma anche una sua rappresentazione analogica. In un m. di pratica educativa possono essere individuati concetti, principi e metodi che riguardano piani logici differenti: 1)​​ Piano delle asserzioni o degli assunti impliciti di natura teorica​​ (filosofica, teologica). Essi riguardano la concezione stessa della persona umana e della società, del loro significato, del loro destino, del loro bene. Da qui derivano le finalità fondamentali che caratterizzano la messa in opera di una pratica educativa ispirata al m. Questo piano viene definito «assiologico», perché riguarda i valori a cui il m. si ispira e quelli che intende promuovere attraverso la sua attivazione pratica. 2)​​ Piano delle assunzioni di ordine scientifico​​ in senso largo, in particolare di tipo psicologico e relativo allo sviluppo del soggetto nelle sue varie dimensioni, alle relazioni e interazioni educative, ai processi di apprendimento e di acquisizione delle conoscenze e delle competenze. Occorre chiarire che l’aggettivo scientifico qualifica le conoscenze a cui si rifà il m. in quanto derivanti da una qualche disciplina scientifica applicata all’educazione, come la psicologia dell’educazione o la​​ ​​ sociologia dell’educazione. Questo piano viene definito «scientifico», perché riguarda le conoscenze disciplinari di cui il m. tiene conto in maniera più o meno critica e mediata. 3)​​ Piano dei principi operativi e di metodo.​​ Nella storia della pedagogia, soprattutto di quella che può essere definita «pedagogia pratica», sono molte le proposte di questo tipo, generalmente raccolte sotto il titolo di indicazioni metodologiche o principi di metodo. Basti qui citare a questo proposito Corallo (1967) e Bertin (1968). Questo piano viene anche definito «prasseologico», perché appunto prende in considerazione gli aspetti operativi o pratici del m. Il termine prasseologico deriva dai vocaboli gr.​​ praxis​​ e​​ logos​​ che indicano un’organizzazione razionale della pratica educativa.

4.​​ Componenti.​​ Meirieu (1994) indica cinque componenti fondamentali di un m. educativo scolastico. Per analogia qui esse vengono estese a ogni m. educativo. 1) Il grado di strutturazione delle conoscenze, delle competenze, degli atteggiamenti e dei valori a cui ci si riferisce nel processo educativo. Si possono porre agli estremi di un continuo l’approccio destrutturato e basato su esperienze naturali o anche occasionali e per converso, un approccio assai organizzato, sia quanto a situazioni educative, sia quanto a una loro successione temporale. 2) Tipologia delle situazioni educative attivate. Ad es. si può impostare l’azione educativa in modo collettivo, rivolto cioè all’intero gruppo degli educandi, e basato sulla comunicazione diretta e unidirezionale; oppure preferire una situazione di natura più interattiva e centrata sugli interscambi tra educatore e gruppo e tra i membri del gruppo; oppure ancora dare spazio privilegiato agli interventi individualizzati. 3) Tipologia e qualità degli strumenti e materiali educativi adottati. Ad es., si può accennare ai diversi media coinvolti: dal​​ ​​ teatro, in particolare il teatro cosiddetto educativo, alla musica, sia come fruizione sia come produzione, all’uso del videoregistratore o del cinema, a quello del​​ ​​ computer e della​​ ​​ multimedialità, a quello del libro e del giornale. A questo proposito si può ricordare come la scelta dello strumento non è indifferente. Anche senza esasperare la posizione di chi dice, come Mac-Luhan, che il vero messaggio è dato dai caratteri propri del mezzo adottato, occorre riconoscere che uno stesso contenuto educativo ha una ben diversa valenza formativa a seconda di come e con quale mezzo viene proposto. Ben diverso è il caso di un coinvolgimento attivo personale in un’impresa a forte valenza educativa, da quello di una proposta a descrizione puramente verbale o anche presentata per mezzo di uno spettacolo da vedere. 4) Tipologia e qualità delle relazioni prefigurate. Qui entriamo nel campo del sistema di rapporti interpersonali e di quelli istituzionali. Tuttavia la piattaforma comunicativa che s’intende attivare o che viene privilegiata è certamente carattere peculiare di un m. educativo. L’accettazione di relazioni interpersonali tra educatore ed educando basate sull’​​ ​​ empatia, sull’accettazione incondizionata, sulla vicinanza ai suoi problemi esistenziali, è cosa ben diversa dalla teorizzazione di rapporti basati sul principio dell’autorità, della distanza, del rispetto di regole e regolamenti imposti dall’esterno. 5) Modalità di valutazione adottata. Anche in questo caso si possono distinguere: forme diagnostico-pragmatiche, dirette a conoscere per agire oppure a classificare gli educandi; valutazione formativa, intesa come modalità di regolazione o pilotaggio dell’azione educativa, oppure come giudizio sulla qualità delle prestazioni degli educandi; valutazione finale o sommativa più o meno concordata tra i vari partecipanti alla comunità educativa.

Bibliografia

Corallo G.,​​ Pedagogia,​​ II: L’atto di educare,​​ Torino, SEI, 1967; Bertin G. M.,​​ Educazione alla ragione,​​ Roma, Armando, 1968; Blankertz H.,​​ Teorie e m. della didattica,​​ Ibid., 1977; Dalle Fratte G. (Ed.),​​ Teoria dei m. in pedagogia,​​ Trento, FPSM, 1984; Id. (Ed.),​​ Teoria e m. in pedagogia,​​ Roma, Armando, 1986; Joyce B. - M.​​ Weil,​​ Models of teaching,​​ Englewood Cliffs, Prentice-Hall,​​ 1986; Scurati C.,​​ Realtà e forme dell’insegnamento,​​ Brescia, La Scuola, 1990;​​ Meirieu P., «Méthodes pédagogiques», in P. Champy - C. Étève (Edd.),​​ Dictionnaire encyclopédique de l’éducation et de la formation,​​ Paris, Nathan, 1994, 660-666; Id.,​​ La pédagogie entre le faire et le dire, Paris, ESF,​​ 1995; Pellerey M.,​​ Educare. Manuale di pedagogia come scienza pratico-progettuale, Roma LAS, 1999; Baldacci M. (Ed.),​​ I m. della didattica, Roma, Carocci, 2004.​​ 

M. Pellerey​​ 




MODERNITÀ

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MODERNITÀ

Il termine, dal lat. tardo​​ modernum,​​ derivato dall’avv.​​ modo​​ (= or ora), sta propriamente per «attuale». Ma storicamente è venuto ad indicare l’atteggiamento ed il modo di vedere tipico della coscienza storica occidentale post-medioevale, che tende a distinguersi dall’epoca precedente non solo cronologicamente ma anche in termini di prospettive culturali, di sistemi di significati e di criteri di valutazione per ciò che concerne la qualità della vita individuale e collettiva.

1. Già nel periodo medioevale ci si poneva il problema della differenza tra antichi e moderni. È nota l’affermazione riferita a Bernardo di Chartres, secondo cui noi moderni saremmo come dei nani sulle spalle dei giganti (riportata da G. di Salisbury,​​ Metalogicon,​​ III, 4). Ma la coscienza moderna acquista tutto il suo tipico significato con la concezione umanistico-rinascimentale dell’uomo-microcosmo e dell’uomo costruttore (homo faber)​​ del proprio destino. I secoli successivi hanno rafforzato il forte carattere antropocentrico della concezione moderna del mondo e della vita. L’uomo è visto come prospettiva totalizzante, come centro solare («uomo copernicano») attorno a cui tutto il resto vien fatto ruotare. Posta piuttosto in ombra la dimensione creaturale e quella di particella dell’universo, l’uomo moderno ha esaltato la sua qualità di soggetto e costruttore della storia, grazie alle sue capacità di libertà, di razionalità e di potenza politica. L’Illuminismo ha dato ulteriore consistenza teorica a queste prospettive umanistiche, affidandole alla forza illuminante della ragione, vista essenzialmente non come ragione contemplativa ma come ragione pratica, cioè funzionale e strumentale all’efficacia operativa dell’agire, della capacità produttiva e dell’abilità trasformativa dell’uomo nei confronti della natura e dell’ambiente. Scienza e tecnica ne sono diventate le figure culturali principali. L’affermazione dell’autonomia delle realtà terrestri si è combinata con una crescente tendenza alla secolarizzazione dei modi sociali dell’esistenza, poggiata su una fede laica nelle potenzialità umane di sviluppo illimitato, di progressiva liberazione, eguaglianza, giustizia sociale e felicità per tutti: nell’orizzonte di un «regno della libertà» e di una «pace universale», in cui si avrebbe finalmente il pieno affrancamento da ogni feudalesimo interiore ed esteriore.

2. Queste prospettive ideologiche sono alla base anche del concetto di «modernizzazione»,​​ vale a dire dell’insieme dei criteri orientativi dell’azione politica sia nei confronti dello «svecchiamento» dell’organizzazione sociale interna sia nel confronto politico-internazionale sui modelli di sviluppo, secondo cui regolare i processi di trasformazione economica, sociale, civile, giuridica a livello mondiale. Ne sono considerati «indicatori»: la partecipazione attiva dell’intera popolazione maschile e femminile a tali processi, la possibilità reale di mobilità ed innalzamento sociale, uno stato di diritto garante della sicurezza e delle libertà individuali, l’effettivo accesso di tutti ai beni di consumo del mercato internazionale, un’equa ripartizione e distribuzione delle risorse, la diffusione del benessere attraverso l’azione privata e pubblica.

3. L’​​ ​​ alfabetizzazione, l’​​ ​​ istruzione e la​​ ​​ formazione sono considerate condizione di base per il conseguimento di questi obiettivi (formazione). La fiducia nel potere illuminante dell’istruzione e nella forza rigenerante dell’educazione è stata vista come fondamentale fin dall’inizio dell’età moderna. Tuttavia, negli ultimi decenni – specie in rapporto ai tragici esiti delle due guerre mondiali, dell’eurocentrismo imperialistico e colonialistico, delle ideologie politiche totalitarie di destra e di sinistra, degli effetti ecologicamente devastanti dell’industrializzazione e del neo-capitalismo internazionale – la visione moderna è diventata oggetto di forti critiche. Diversi esponenti della​​ ​​ Scuola di Francoforte ne hanno evidenziato l’eclisse della ragione e la riduzione ad una umanità ad una sola dimensione. Altri ne criticano il carattere lineare, quantitativo e necessario del concetto di sviluppo, poco attento agli aspetti di contingenza, di non continuità, di situazionalità, di involuzione, di differenziazione soggettiva e socio-culturale, di creatività e di responsabilità etica individuale e collettiva. Così pure si problematizza fortemente la fiducia moderna nella razionalità e nella trasparenza dell’azione umana storica, che non sembra vedere la fondamentale ambivalenza delle scelte e delle produzioni umane. Individualismo, eclisse dei fini, perdita della libertà politica ne sarebbero gli «effetti perversi» più cospicui. Da parte religiosa se ne evidenzia il riduzionismo immanentistico, il materialismo economicistico, il laicismo anti-ecclesiastico che enfatizzano l’efficienza e il successo, rendono estremamente difficile il senso della gratuità e forme di pensiero spirituale aperto alla trascendenza o al desiderio del totalmente altro. In tal senso si è parlato di «fine della m.» o più comunemente di un passaggio a forme non univoche e non unidirezionali di​​ ​​ post-m. o, in positivo – in rapporto al forte incremento dell’innovazione tecnologica e delle sue potenzialità trasformazional-umanistiche – di seconda m. o di iper-m.

4. Per parte sua, la riflessione teorico-pedagogica evidenzia il forte tasso di problematicità che attraversa quelli che erano considerati i capisaldi della cultura educativa moderna: la fiducia nelle capacità soggettive di libertà e di trasformazione umana del reale; la fede quasi «sacrale» nella razionalità, nella scienza e nella tecnica; la speranza della possibilità di una comunicazione trasparente e di un dialogo corretto e fruttuoso tra le persone, i gruppi sociali, i popoli, le nazioni e le culture. Per altro verso è stimolata ad andare oltre le forme tradizionali di fare scienza e a ricercare forme di discorso pedagogico più adeguate alle molteplici possibilità conoscitive umane, fortemente provocate dall’accresciuta interazione multiculturale e dalle possibilità offerte dai nuovi media computerizzati. Ad un livello più ampio è chiamata a collaborare con altri approcci scientifici e teorici nella ricerca di una cultura formativa di un qualche significato e futuro rispetto ai modi «attuali» di essere, di agire, di educare.

Bibliografia

Fromm E.,​​ Avere o essere?,​​ Milano, Mondadori, 1977; Guardini R.,​​ La fine dell’epoca moderna,​​ Brescia, Morcelliana, 1979; Vattimo G.,​​ La fine della m.,​​ Milano, Garzanti, 1985; Arendt H.,​​ Vita activa. La condizione umana,​​ Milano, Bompiani, 1989; Habermas J.,​​ Il​​ discorso filosofico della m.,​​ Roma / Bari, Laterza, 1991; Campanini G.,​​ Cristianità e m.,​​ Roma, AVE, 1992;​​ Touraine A.,​​ Critique de la modernité,​​ Paris, Fayard,​​ 1992; Giddens A.,​​ Le conseguenze della m.,​​ Bologna, Il Mulino, 1994; Taylor C,​​ Il​​ disagio della m.,​​ Roma / Bari, Laterza, 2006; Eisenstadt S.,​​ Sulla m., Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2006.

C. Nanni




MODULI DIDATTICI

 

MODULI DIDATTICI

Il termine m. (dal lat.​​ modulus,​​ diminutivo di​​ modus,​​ misura, regola, modello) nell’ambito didattico viene utilizzato di recente per indicare un insieme di esperienze di apprendimento (costruite generalmente in forma di​​ ​​ unità didattica), riferite ad una disciplina o ad alcune discipline di studio, con l’indicazione precisa degli obiettivi da raggiungere, dei prerequisiti e della durata complessiva di svolgimento. A volte viene usato come sinonimo di unità didattica.

1. Ogni m.d. è un micro-curricolo (​​ curricolo), quindi include, in rapporto ai soggetti alunni a cui è destinato, gli elementi essenziali costitutivi quali: obiettivi - contenuti - procedimenti / attività - mezzi - momenti e modalità della verifica. La caratteristica di un m. è la possibilità di combinarlo variamente con altri, in relazione con le competenze o qualificazioni previste; la durata dello svolgimento di un m. spesso viene a coincidere con la periodicità interna assunta (settimanale, mensile, trimestrale, o quadrimestrale e più). Si parla così di corsi o insegnamenti modulari, o di organizzazione per m. che non ha una struttura sequenziale bensì quella a rete con un’ottica sistemica.

2. Data la diversa componibilità dei m. la modularità viene utilizzata soprattutto nell’ambito della​​ ​​ formazione professionale dove gli utenti possono essere, in partenza, di livello diverso di preparazione e aver bisogno di uscire al termine di un m. e di rientrare per proseguire la qualificazione più elevata attraverso altri m. La struttura di ogni m. include:​​ titolo​​ (tema disciplinare, pluri o interdisciplinare, o trasversale),​​ sommario​​ (indicazione dei destinatari, delle unità didattiche previste e della durata in termini di giorni, settimane e ore),​​ finalità e obiettivi​​ (espressi in termini di conoscenze, competenze e capacità),​​ prerequisiti,​​ contenuti​​ (temi, argomenti, problemi),​​ mezzi​​ (libro, saggi, fotocopie, software didattico, ecc.),​​ metodi,​​ valutazione​​ (criteri e tipi di prove).

3. Nell’ambito italiano si parla dell’organizzazione modulare anche in riferimento alla scuola primaria in cui di recente si è introdotta la pluralità dei docenti anziché il maestro unico, cosicché due classi vengono affidate a tre insegnanti e tre classi a quattro insegnanti. Ovviamente la programmazione educativo-didattica secondo questa riforma comporta una modalità particolare, chiamata appunto «organizzazione modulare».

Bibliografia

Arends R. et al.,​​ Handbook for the development of instructional modules in competency-based teacher education programs,​​ Buffalo, The Center for the Study of Teaching,​​ 21973; Warwick D.,​​ Teaching and learning through modules, Oxford, Blackwell, 1988;​​ Tiriticco M.,​​ La progettazione modulare nella scuola dell’autonomia, Napoli, Tecnodid, 2000; Zanchin M. R. (Ed.),​​ Le interazioni educative nella scuola dell’autonomia: itinerari di didattica modulare, Roma, Armando, 2002.

H.-C. A. Chang