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MIANI (EMILIANI) Girolamo

 

MIANI (EMILIANI) Girolamo

n. a Venezia nel 1486 - m. a Somasca (BG) nel 1537, santo, fondatore dei Chierici Regolari Somaschi, educatore italiano.

1. Abbandonata la carriera militare, si affida alla guida spirituale di G. P. Carafa (poi papa Paolo IV). Sacerdote nel 1518, si dedica alla cura degli orfani (1524) e delle derelitte (1527). Dà vita alla Fondazione​​ De’ servi dei poveri,​​ approvata da Paolo III (1540) e divenuta Congregazione dei Chierici Regolari di Somasca (Breve di Pio V, 1567).

2. L’orfanotrofio ha per suo volere una chiara funzione educativa, non solo dall’angolatura religiosa ma anche sul piano intellettuale e professionale (apprendimento di un mestiere). Nell’istituzione i compiti erano ben precisati: vanno ricordati il direttore (responsabile di tutto l’indirizzo educativo), il lettore (o maestro), il​​ solizitador​​ (l’organizzatore del lavoro) (​​ Congregazioni insegnanti maschili). L’esigenza di mirare alla formazione del soggetto tenendo conto delle caratteristiche di ciascuno, già presente in qualche frammento degli scritti del Fondatore, è ripresa dagli​​ Ordini per educare li poveri orfanelli conforme si governano dalli RR. PP. della Compagnia di Somasca:​​ il testo è del 1620 ma non si discosta dalle linee tracciate da M. La cura degli orfani (maschi e femmine) è ribadita come compito specifico dalle​​ Costituzioni​​ del 1677. Illuminante quanto scrive un biografo di M., P. Tortora: «Né mai si creda che mentre la mano è intenta all’opera, divaghi lo spirito in vani pensieri o la lingua si sciolga in chiacchiere inutili [...]. Due volte al giorno, la sera terminato il lavoro, ed il mattino non sorto ancora, erano ammaestrati sopra i precetti della legge cristiana e sopra gli articoli della cattolica fede; poscia venia lor insegnato l’alfabeto, l’ortografia, il compitare e il leggere esattamente; e colla viva sua voce Girolamo gl’informava spesso e coltivava nella virtù».

3. Accanto all’attività nel campo degli orfanotrofi va ricordata – anche se successiva a questa – la fondazione e la conduzione dei collegi per i giovani delle classi nobili: importanti, per es., il Collegio Gallio in Como (Bolla di papa Gregorio XIII del 1583), e l’incarico affidato ai Somaschi nel Collegio Clementino in Roma da papa Clemente VIII.​​ Finalità e metodo educativi si trovano nelle​​ Regole circa del studio​​ (1600). Altri testi da consultare in proposito sono l’Ordine da tenersi nelle nostre scuole​​ di P. S. Santinelli (ca. 1707), e la​​ Methodus studiorum​​ (1741).

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Frammenti di scritti di M. in G. Landini,​​ Piccolo contributo di scritti vari critico-storico-letterari e un discorso sulla vita di s. G. Emiliani,​​ Como, 1920 (anche in «Rivista di Somasca», 94, 1942). b)​​ Studi: Ordine dei Chierici Regolari Somaschi nel IV centenario della fondazione,​​ Roma, 1928; De Vivo F., «I Somaschi», in​​ Nuove questioni di storia della pedagogia, vol. I,​​ Brescia, La Scuola, 1977, 663-690; Pellegrini C., «San G. M. e i Somaschi», in P. Braido (Ed.),​​ Esperienze di pedagogia cristiana nella storia, vol. I, Roma, LAS, 1981, 45-74; Armogathe J.-R., «Cultura e educazione nella riforma cattolica», in C. Vasoli,​​ Le filosofie del Rinascimento, a cura di P. C. Pissavarino, Milano, Mondadori, 2002, 488-505.

F. De Vivo




MICROPEDAGOGIA

 

MICROPEDAGOGIA

Per m., nozione recentemente introdotta nel lessico pedagogico, si intende un punto di vista attinente sia i comportamenti di ricerca che l’assunzione di particolari stili educativi.

1. Tale prospettiva, a livello teoretico, si riconduce a scuole di pensiero quali la fenomenologia, la psicoanalisi, l’approccio sistemico nonché il metodo biografico. Della prima corrente utilizza i concetti salienti di rappresentazione, intenzionalità, relazione; della seconda, la categoria di vissuto e latenza mentre della teoria dei sistemi quelli di comunicazione, contesto, complessità. L’attenzione biografica si palesa invece laddove viene messa sempre al primo posto l’idea di «storia di vita» sia dell’individuo-persona coinvolto in situazioni educative le più diverse (quale che sia l’età dei formandi), sia la stessa esperienza educativa. Questa infatti, nella prospettiva micropedagogica, viene considerata un’autobiografia «scritta» dai diversi protagonisti della vicenda formale o informale di apprendimento. La m. è riconoscibile pertanto laddove si faccia attenzione al particolare, alle soggettività, agli specifici ambienti di vita senza perseguire l’elaborazione di conclusioni generalizzanti, ma, piuttosto, l’analisi delle circostanze che contestualmente, e rispetto a quelle specifiche persone, suscitano eventi di carattere pedagogico. Per il suo carattere idiografico (lo studio dell’irriducibile singolarità della situazione educativa) e non nomotetico (tendente a individuare regole e leggi generali di comportamento), la m. è riconducibile alle correnti qualitative della ricerca scientifica, riconoscibili in sociologia (tale scienza, per prima, si è servita del prefisso «micro» per designare i fenomeni non quantificabili), in antropologia, in psicologia dinamica, il cui interesse precipuo mira a fornire non soltanto descrizioni delle realtà empiriche considerate, bensì delle interpretazioni e degli orizzonti di significato.

2. La prassi del ricercatore ad orientamento «micropedagogico» è riconoscibile in rapporto al principio in base a cui «l’osservatore si include nell’osservazione» che è in netto contrasto con le posizioni positivistiche, viceversa intenzionate a rivendicare la neutralità di un corretto comportamento euristico. L’implicazione del ricercatore comporta da parte di costui la riflessione attenta dei costrutti mentali (l’individuo ha sempre una​​ episteme)​​ e quindi delle teorie, sofisticate o ingenue, che lo guidano; l’autocontrollo delle interazioni che la sua presenza suscita tra i soggetti; la preoccupazione per i significati simbolici che la sua presenza ingenera: disturbo, attaccamento, ripulsa, affezione, ecc.

3. Lo stile educativo micropedagogico è quindi al contempo anche un comportamento di ricerca (la m. opera affinché gli educatori riconoscano sempre il loro ruolo di ricercatori e si formino in tal senso) che valorizza non pochi assunti della tradizione attivistica americana ed europea. Tecnicamente tale indirizzo si avvale di strumenti ricognitivi quali il colloquio, lo studio del caso, l’osservazione partecipante, la raccolta di storie di vita, ecc. Anche la ricerca-azione – la metodologia che studia i problemi attraverso il coinvolgimento diretto di coloro che in prima persona li vivono e non sempre sanno esprimerli – fa parte del filone «trasformativo» dell’intento micropedagogico. Nondimeno le pratiche valutative nell’insegnamento e nella formazione, assumendo tale paradigma, operano includendo in percorsi di autovalutazione critica i destinatari delle più diverse azioni educative.

Bibliografia

Becchi E. - B. Vertecchi (Edd.),​​ Manuale critico della ricerca e della sperimentazione educativa,​​ Milano, Angeli, 1984; Cipriani R. (Ed.),​​ La metodologia della storia di vita,​​ Roma, Europa, 1987;​​ Poisson Y.,​​ La recherche qualitative en éducation,​​ Quebec, Université du Quebec,​​ 1990; Massa R. (Ed.),​​ La clinica della formazione,​​ Milano, Angeli, 1991;​​ Mucchielli A.,​​ Les méthodes qualitatives,​​ Paris, PUF,​​ 1991; Demetrio D.,​​ M.: La ricerca qualitativa in educazione,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1992; Kanizsa S.,​​ Che ne pensi?, Roma, Carocci, 1993; Mantovani S.,​​ La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Milano, Mondadori, 1998; Castiglioni M.,​​ La​​ ricerca in educazione degli adulti: l’approccio autobiografico, Milano, Unicopli, 2002.

D. Demetrio




MILANESI Giancarlo

 

MILANESI Giancarlo

n. a Pavia nel 1933 - m. a Genzano nel 1993, sociologo della religione e della educazione italiano.

1.​​ Vita. M. nasce a Pavia nel 1933 ed entra dai Salesiani; consegue il dottorato in pedagogia presso il Pontificio Ateneo Salesiano. Dal 1965 al 1989 è professore di sociologia della religione e dell’educazione presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma dove svolge l’incarico di direttore dell’Istituto di Sociologia dell’Educazione quasi ininterrottamente dal 1972 al 1989. Negli ultimi anni è direttore di ricerca presso il Labos e la Fondazione Italiana del Volontariato.​​ 

2.​​ Pensiero e opere. La sua attività scientifica si caratterizza per originalità, chiarezza e comunicatività. Coniuga in maniera versatile psicologia, sociologia e pedagogia, contribuendo a rafforzare la tradizione nella ricerca empirica esistente nella FSE. Il suo modello intreccia strettamente teoria e prassi, riflessione e operatività. È tra i primi in Italia ad aver utilizzato tecniche sofisticate come l’analisi fattoriale e delle corrispondenze e la «path analysis». Restano punto obbligato di riferimento le sue ricerche sulla religiosità e la condizione giovanile, sulla socializzazione, sulla formazione professionale, sulla pace, sulla prevenzione, la devianza e il volontariato. In particolare, nella sociologia dell’educazione il suo merito consiste nella definizione originale di oggetto e metodo in opposizione agli orientamenti di origine inglese e statunitense. Riguardo alla condizione giovanile M. sostiene che le problematiche possono essere identificate nella marginalità e nella frammentazione strutturale e culturale e che, nonostante ciò, i giovani dispongono di rilevanti potenzialità positive.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ M.G.,​​ Sociologia della religione, Leumann (TO), Elle Di Ci, 1973; M.G. - M. Aletti,​​ Psicologia della religione, Ibid., 1973; M.G. (Ed.),​​ Oggi credono così, Ibid., 1982; M. G.,​​ I giovani nella società complessa, Ibid., 1989. b)​​ Saggi: Malizia G. - V. Pieroni,​​ Ricordando un amico e un maestro, in «Rassegna Cnos» 10 (1994) 2, 105-115.

G. Malizia




MILANI Lorenzo

 

MILANI Lorenzo

n. a Firenze nel 1923 - m. ivi nel 1967, sacerdote e educatore italiano.

1. Di famiglia alto-borghese, colta e agnostica, compie i primi studi in casa con un’insegnante privata e li prosegue a Milano, dove la famiglia si trasferisce all’inizio degli anni ’30. Nel 1933 è battezzato con il fratello e la sorella per evitare rischi di persecuzioni antisemite: la mamma, infatti, è ebrea. Terminati gli studi liceali (1941) sceglie la pittura, contrariamente alla carriera universitaria, che è prassi familiare. Il 1943 segna una svolta decisiva e radicale nella vita di M.: è l’anno della conversione a un cattolicesimo convinto e dell’entrata in seminario. Sacerdote nel 1947 è mandato a S. Donato di Calenzano, paese vicino a Prato, come coadiutore dell’anziano parroco. M. è colpito dalla profonda ignoranza della popolazione la cui pratica religiosa è formale, perché manca di forti convinzioni.

2. M. studia la situazione e decide di aprire una scuola per i giovani perché è convinto che per risvegliare in loro il senso religioso è necessario risvegliare prima il senso dell’umano. Si fa maestro dei giovani senza badare alla loro tessera di partito: unica tessera valida è un’umanità bisognosa di liberare intelligenza e cuore. Alla morte del parroco (1954) è «confinato» a Barbiana – una sperduta parrocchia del Mugello, senza strada carrozzabile – perché il suo modo di fare pastorale non è ben accetto e la sua persona è alquanto scomoda. Anche a Barbiana trova ignoranza, aggravata dalla timidezza e dalla solitudine tipiche dei montanari. Anche qui stesso rimedio: la scuola con cui appropriarsi della parola per comprendere gli altri, esprimere se stessi e poi accogliere la Parola che salva. La scuola di don M. è esigente ed austera, ma non priva di rapporto interpersonale e di autentico amore pedagogico, tanto che M. chiama quei piccoli montanari «figlioli». A Barbiana porta a termine un lavoro iniziato a S. Donato:​​ Esperienze pastorali​​ (1967), un saggio sociologico che pone in evidenza le carenze di una certa pastorale. Con i ragazzi della scuola di Barbiana scrive​​ Lettera a una professoressa​​ (1967), in cui critica un certo tipo di scuola, incapace di adeguarsi alle esigenze dei meno favoriti, selettiva in base a determinati canoni di cultura. Viene pubblicata nel maggio del 1967, a un mese dalla sua morte. Da ricordare la lettera​​ Ai cappellani militari toscani​​ e​​ Lettera ai giudici,​​ entrambe del 1965, come critica dell’istituzione militare ed ora raccolte in​​ L’obbedienza non è più una virtù​​ (1976). La sua figura e la sua opera sono oggetto di polemiche e letture di parte.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ Esperienze Pastorali, Firenze, L.E.F., 1958; Scuola di Barbiana,​​ Lettera a una Professoressa, Ibid., 1967;​​ Lettere di Don L.M. priore di Barbiana, a cura di M. Gesualdi, Milano, Mondadori, 1970;​​ Lettere alla mamma, a cura di A. Milani-Comparetti, Ibid., 1973;​​ Alla Mamma,​​ a cura di G. Battelli, Genova, Marietti, 1990;​​ Anche le oche sanno sgambettare, Roma, Stampa Alternativa, 1995;​​ I care ancora. Inediti. Lettere,​​ appunti e carte varie, Bologna, EMI, 2001. b)​​ Studi:​​ Di Giacomo M.,​​ Don M. tra solitudine e Vangelo, Roma, Borla, 2002; Lancisi M.,​​ Il segreto di don M., Casale Monferrato (AL), Piemme, 2002; Moraccini M.,​​ Scritti su L.M.,​​ Milano, Jaca Book, 2002; Simeone D.,​​ Don L.M. da S. Donato a Barbiana,​​ Milano, Università Cattolica, 2003; Eiterer O.,​​ La morte di L.M., Firenze, Polistampa, 2006; Pecorini G.,​​ Il segreto di Barbiana,​​ ovvero l’invenzione della scuola, Bologna, EMI, 2006.

R. Lanfranchi




MINORI

 

MINORI

Convenzionalmente l’universo dei m. comprende il gruppo di età 0-17 anni e si articola in tre grandi fasce: m. in età prescolare (0-5); dai 5 ai 14; dai 14 ai 17. È una categoria che si sovrappone parzialmente ad altre quali​​ ​​ bambini,​​ ​​ infanzia,​​ ​​ preadolescenza,​​ ​​ adolescenza e​​ ​​ giovani.

1. A unificare i vari gruppi contribuisce anzitutto il​​ diritto​​ e in particolare quello internazionale. Le leggi della maggior parte degli Stati considerano come m. tutti i soggetti che non hanno compiuto il diciottesimo anno di età. Una definizione simile si trova nella Convenzione internazionale sui diritti del bambino del 1989. Il documento si qualifica, rispetto alla precedente Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959, sia per la sua natura giuridicamente vincolante per gli Stati contraenti, sia per il contenuto più ampio e innovativo che dà notevole rilevanza ai diritti indispensabili alla crescita.

2. Altro fattore unificante è la​​ ricerca.​​ In particolare riguardo all’Italia, i dati evidenziano che nei processi di​​ ​​ socializzazione l’influenza principale continua ad essere esercitata dalla famiglia; tuttavia, l’incidenza non è così preponderante come in passato. Nei confronti dei bambini la televisione sta sostituendo le forme tradizionali di socializzazione dell’immaginario, ma l’interazione con il teleschermo si presenta alquanto povera. La stragrande maggioranza degli adolescenti giudica la tv divertente e interessante e quindi un ottimo mezzo di svago; al tempo stesso, è giudicata violenta dal 40% quasi e volgare da oltre la metà (Eurispes - Telefono Azzurro, 2004). Inoltre, essi si rivelano grandi utenti di radio, film, musica leggera e calcio-spettacolo e dimostrano una passione crescente per il gioco elettronico e il personal computer. Nella vita quotidiana un ruolo sempre più rilevante viene svolto dal gruppo dei pari che si palesa come l’interlocutore primario dei m. Se cresce la percentuale dei m. che prosegue gli studi dopo l’obbligo, è anche vero che la scuola sempre meno esaurisce l’area dell’esperienza dei m. Il rapporto con gli insegnanti​​ assume un’importanza fondamentale per i m. tale da contenere o escludere nella maggioranza dei casi forme di scortesia. Rispetto a fenomeni di teppismo o ad atti di violenza, si evidenzia il dato di una metà di scuole in cui si verificano furti; abbastanza diffusi risultano anche gli episodi di bullismo che accadono in oltre un terzo dei casi. Nell’attuale contesto di grave disoccupazione i m. lavorano in misura sempre più modesta. A loro parere il lavoro assolve principalmente ad una funzione pratica, quella cioè della indipendenza economica (oltre un terzo). Il lavoro inteso invece come realizzazione personale e concretizzazione dei propri sogni interessa meno di un quinto dei m. Se migliorano le loro condizioni igieniche e sanitarie, crescono invece le preoccupazioni per il consumo della droga. Analogamente l’immagine della trasgressione minorile è caratterizzata dalla microcriminalità urbana, in particolare dai reati connessi alla droga. Il 6° rapporto nazionale Eurispes definisce i m. come «esploratori senza frontiere tra opportunità e rischi». Certamente è dovere delle nuove generazioni diventare esploratrici del futuro; è però altrettanto vero che essere senza frontiere significa essere senza protezione e sicurezza.

Bibliografia

Consiglio Nazionale dei M.,​​ I m. in Italia,​​ Milano, Angeli, 1988; Id.,​​ Secondo rapporto sulla condizione dei m. in Italia,​​ Ibid., 1990; Accornero G.,​​ M. e giovani: non solo doveri,​​ in «Tuttogiovani Notizie» 10 (1995) 37, 5-23; Eurispes - Telefono Azzurro,​​ 5° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Roma, 2004; Id.,​​ 6° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Roma, 2005.

G. Malizia




MITO

 

MITO

Nel pluralismo delle interpretazioni (storico, etnico, filosofico, religioso, psicoanalitico, linguistico), m. esprime fondamentalmente una realtà (avvenimento, persona, visione) di eccezionale importanza, paradigmatica, svincolata per sé da valutazioni puramente razionali, antecedente sovente i tempi storici, di portata simbolica, come archetipo, per spiegare il senso ultimo delle realtà storiche e contingenti.

1. Il m. è recepito dalla filosofia e dalla teologia come portatore di verità profonde in stile sapienziale (come ad es. il «m. della caverna» in​​ ​​ Platone e i racconti di creazione e di peccato in Gn 1-3). Ciò che importi questo nel processo educativo non è difficile a cogliersi. Ne enunciamo quattro aspetti: a) Comporta il riconoscimento che la mediazione razionale tipica dell’educazione non esaurisce le risorse di comprensione della realtà, per quanto riguarda in particolare il senso ultimo della​​ ​​ persona e del mondo in cui vive. b) Comporta ancora un misurato apprendimento del m. e del suo significato filosofico-religioso nell’approccio ai grandi interrogativi degli inizi (arché)​​ e della fine (éschaton)​​ (​​ educazione religiosa). c) Comporta pure il riconoscimento della valenza del m. come linguaggio, capace di allargare un mondo altrimenti esposto alla riduzione logico-operativa e tecnico-produttiva, introducendo ad una più compiuta comprensione del mondo mediante l’esperienza poetica e religiosa. d) Comporta infine la sollecitazione critica verso i tanti abusi della mitizzazione o mitomania, che erige a valore di principio fondante e a sapienza-guida, illusioni, ideologie, passioni, fantasie non di rado malate.

2. Nell’ambito dell’educazione cristiana, si ricorderà che la​​ ​​ Bibbia proponendo accadimenti storici come luoghi della rivelazione di Dio, invita a cogliere la verità del m. in limpida aderenza all’annuncio di un Dio unico e in una continua attenzione alla luce del Logos o Verbo fatto carne nella persona di Gesù di Nazaret.

Bibliografia

Eliade M.,​​ M. e realtà,​​ Torino, Borla, 1966; Rizzi A.,​​ Il​​ sacro e il senso. Lineamenti di filosofia della religione,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1995; Levi-Strauss C.,​​ M. e significato, Milano, Il Saggiatore, 1995.

C. Bissoli​​