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MAGISTERO DELLA CHIESA

 

MAGISTERO DELLA CHIESA

In orizzonte cristiano-cattolico, M. sta ad indicare il potere e la pratica che la​​ ​​ Chiesa ha di insegnare e interpretare autorevolmente il messaggio evangelico e la tradizione ecclesiale. Solitamente si distingue un M. ordinario, affidato alla comunità cristiana che adempie tale compito con la​​ ​​ catechesi, la predicazione, le lettere pastorali, ecc.; e un M. straordinario o solenne di cui fanno parte gli insegnamenti del Papa e dei concili ecumenici, tesi a conservare indefettibilmente il patrimonio di fede e a definire aspetti della dottrina cristiana.

1. Sempre presente negli interessi del M.d.C. il tema dell’educazione negli ultimi tempi è stato oggetto di particolare attenzione. Basti ricordare nel sec. scorso quanto si afferma in alcuni tra i documenti più significativi, come l’enc. di Pio XI​​ Divini illius Magistri,​​ il decreto​​ Gravissimum Educationis​​ (GE) del Vaticano II, o il Codice di Diritto Canonico del 1983, che dedica all’argomento un ampio e rinnovato sviluppo rispetto al precedente (can. 793-821). Il motivo di questa dilatata attenzione magisteriale per l’educazione sta sia nell’accresciuta importanza che l’argomento ha avuto nel contesto sociale e culturale odierno sia nella pluralità di visioni pedagogiche oggi presenti, non sempre immediatamente coniugabili con una visione cristiana della​​ ​​ vita e della​​ ​​ persona. La situazione è il risultato di un’evoluzione storica. All’inizio dell’epoca moderna, in continuità con la propria tradizione, la Chiesa cattolica ribadiva in modo inequivocabile la sua competenza in ambito educativo, nella convinzione che non esisteva altra educazione che non fosse stata quella cristiana. Lo possiamo verificare, ad es., nelle autorevoli affermazioni del Concilio Lateranense (1512-1517) e del Tridentino (1545-1563). Nei secoli successivi, tuttavia, si assiste al progressivo affermarsi del pluralismo culturale ed al sorgere della pedagogia come sapere autonomo, a volte non cristiano. Comincia così, per la Chiesa cattolica, un confronto che la porta in più occasioni a reagire per affermare i principi della sua tradizione, in alcuni casi polemicamente, in altri ricercando il dialogo.

2. La posizione più autorevole del M. odierno sull’argomento è espressa nel documento GE del Vaticano II. Tra i punti fermi del documento va registrata la convinzione che «tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità di persona, hanno il diritto inalienabile ad una educazione che risponda al proprio fine, convenga alla propria indole, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro Paese, e insieme aperta a una fraterna convivenza con gli altri popoli al fine di garantire la vera unità e la vera pace sulla terra» (GE 1). I primi responsabili dell’educazione sono i genitori, ai quali competono il diritto e il dovere di promuovere lo sviluppo dei figli sotto ogni aspetto: fisico, intellettuale, morale e religioso. Per svolgere il loro compito hanno il diritto di godere delle condizioni necessarie, e di avere a disposizione i mezzi idonei. Compete alla società civile, in particolare allo Stato, non violare questo diritto fondamentale. Anzi, lo Stato, con la ricchezza delle sue strutture educative, è chiamato ad aiutare il compito della famiglia, in virtù della sua funzione sussidiaria ed in forza della giustizia distributiva (cfr. GE 3,2; 6,1; 6,2). A sostegno della responsabilità educativa si pone in modo del tutto particolare la Chiesa. Essa ritiene di dover essere riconosciuta idonea al compito di educare già come società umana; ma ancor più in virtù della sua missione pastorale. La responsabilità educativa della Chiesa, infatti, scaturisce dalla sua missione salvifica e non investe esclusivamente i minori, ma riguarda le loro famiglie, le istituzioni e l’intera società, nella quale è chiamata ad essere segno profetico di valori cristiani ed umani.

Bibliografia

Sinistrero V.,​​ Il​​ Vaticano II e l’educazione,​​ con la dichiarazione su l’educazione cristiana. Genesi,​​ testo,​​ commento,​​ Leumann (TO), Elle Di Ci, 1970;​​ Codice di diritto canonico,​​ 1983, can. 793-821; Giovanni Paolo II,​​ Christifideles laici,​​ 1988, nn. 57-63; Groppo G.,​​ Teologia dell’educazione. Origine identità compiti,​​ Roma, LAS, 1991; Galli N. (Ed.),​​ L’educazione cristiana negli insegnamenti degli ultimi pontefici. Da Pio XI a Giovanni Paolo II, Milano, Vita e Pensiero, 1992; Pont. Cons. Iustitia et Pax,​​ Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano, LEV, 2004.

R. Rezzaghi




MAGISTRALE istituto / scuola

 

MAGISTRALE: istituto / scuola

L’istituto m. (scuola secondaria di durata quadriennale finalizzata alla preparazione degli insegnanti elementari) e la scuola m. (fino al 1933 definita scuola di metodo per l’educazione materna, di durata triennale, per la formazione degli insegnanti della scuola materna) furono entrambi istituiti nell’ambito della riforma scolastica del 1923, rispettivamente previsti dal R.D. 6.05.1923, n. 1054 e dal R.D. 31.12.1923, n. 3106.

1. L’istituto m., inizialmente di durata settennale (quadriennio inferiore e triennio superiore) e organizzato secondo un impianto umanistico e didattico ispirato a quello del ginnasio-liceo, sostituì le preesistenti​​ ​​ scuole normali, con il proposito di privilegiare più la formazione culturale che le competenze tecnico-professionali come dimostrava l’arricchimento dei programmi (che prevedevano anche l’insegnamento della filosofia e del lat.) e la contestuale soppressione del tirocinio che ampio spazio aveva avuto nella tradizione normalista. L’abilitazione m. consentiva l’accesso, previo esame di ammissione, agli Istituti superiori di Magistero per il conseguimento della laurea universitaria (pedagogia, materie letterarie, lingue e letterature straniere) e del diploma di vigilanza ai fini della carriera direttiva nella scuola elementare. La scuola m., a sua volta, regolamentò finalmente in modo organico dopo un dibattito e tentativi durati per molti decenni, la preparazione del personale docente nelle scuole infantili. Mentre gli istituti m. furono presenti in prevalenza nell’ambito dell’istruzione statale, le scuole m. (caso piuttosto infrequente nel sistema scolastico italiano) furono per lo più affidate all’iniziativa di enti e privati con un intervento dello Stato piuttosto modesto.

2. Col trascorrere degli anni tanto l’istituto m. quanto la scuola m. sono stati interessati da notevoli cambiamenti, pur nella permanenza del quadro normativo definito nel 1923. In seguito alla unificazione, prevista dalla riforma Bottai del 1939, dei corsi inferiori nella scuola media triennale, l’istituto m. assunse la fisionomia quadriennale che conserva tuttora. Con i programmi del 1945 furono introdotti l’insegnamento della psicologia e la pratica del tirocinio allo scopo di potenziare gli aspetti professionali del corso di studi. La liberalizzazione degli accessi universitari del 1969 rese infine necessaria la creazione negli istituti m. del cosiddetto quinto «anno integrativo» per equiparare la durata quadriennale ai corsi quinquennali degli altri istituti secondari. Nel frattempo il riordino degli esami di Stato del febbraio 1969 trasformò l’abilitazione m. in «maturità m.». A partire dalla fine degli anni Settanta, in mancanza di interventi riformatori nel settore dell’istruzione secondaria (più volte progettati, ma mai andati in porto) tanto l’istituto m. quanto la scuola m. sono stati soggetti a numerosi processi di sperimentazione quinquennale. Sono state in tal senso avviate numerose esperienze di liceo pedagogico e di liceo psico-socio-pedagogico. Le vicende sopra descritte si sono, a loro volta, intrecciate con i dibattiti sulla qualità, la durata e l’impianto culturale della formazione degli insegnanti primari e della scuola materna. Con il tempo è prevalsa la convinzione dell’opportunità del suo spostamento a livello universitario. Questo traguardo, già indicato nella L. delega del 1973, è stato sancito dalla L. di riforma universitaria n. 341 del 1990 che ha infatti previsto l’istituzione di un apposito corso di laurea per la formazione degli insegnanti primari e della scuola materna (corso di laurea in Scienze della formazione primaria) avviato in una ventina di sedi universitarie a decorrere dall’anno accademico 1997-98. Di conseguenza con D.L. 10 marzo 1997 il Ministero della Pubblica Istruzione ha progressivamente soppresso i corsi dell’Istituto M. che ha definitivamente cessato di esistere alla fine dell’anno scolastico 2001-02.​​ 

Resta aperto il dibattito nell’ambito del riordino della scuola secondaria se sia opportuna la persistenza di un indirizzo psico-socio-pedagogico (tesi sostenuta da quanti ritengono necessario coltivare la cultura socio-educativa fin dagli anni adolescenziali, pur in un quadro di ampia flessibilità, già fatta propria dalla Commissione Brocca e confermata dalla L. n. 53 / 2003 che prevede il liceo delle Scienze Umane) anche per l’accesso ai corsi universitari di tipo pedagogico oppure sia sufficiente una buona formazione culturale generale.

Bibliografia

Ministero dell’Educazione Nazionale,​​ Dalla riforma Gentile alla Carta della scuola,​​ Firenze, Vallecchi, 1941; Agazzi A.,​​ La formazione dell’insegnante,​​ Bari, Laterza, 1964; De Vivo F.,​​ La formazione del maestro dalla legge Casati ad oggi,​​ Brescia, La Scuola, 1986; Zuccon G. C.,​​ Il progetto della Commissione Brocca. Piani di studio della scuola secondaria superiore e programmi del biennio,​​ Ibid., 1991; Di Pol R. S.,​​ Cultura pedagogia e professionalità nella formazione del maestro italiano, Torino, Sintagma, 1998; Luzzatto G.,​​ Insegnare a insegnare. I nuovi corsi universitari per la formazione dei docenti, Roma, Carocci, 1999; Chiosso G.,​​ Le débat sur la formation des enseignants en Italie, in «Politique d’Éducation et de Formation»​​ (2002) 5, 81-94; Galliani L. - E. Felisatti,​​ Maestri all’Università. Modello empirico e qualità della formazione iniziale degli insegnanti, Lecce, Pensa, 2002; Damiano E.,​​ L’insegnante. Identificazione di una professione,​​ Brescia, La Scuola, 2004.​​ 

G. Chiosso