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MAESTRE PIE

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MAESTRE PIE

Dall’età postridentina fino alla seconda metà dell’Ottocento questa espressione è stata usata «genericamente» per indicare delle donne che, individualmente o unite in comunità, senza professare voti, si sono dedicate all’insegnamento del catechismo, all’educazione delle fanciulle e delle adulte, spesso ispirandosi alle Scuole della Dottrina cristiana.

1. In senso specifico la denominazione di M.P. è propria di alcuni istituti religiosi, anche se essa venne attribuita fin dal 1685 alle giovani che si erano unite a santa Rosa Venerini (1656-1728) costituendo una libera associazione di donne laiche che vivevano da secolari, e non dovevano né volevano essere religiose per essere libere «da altre devozioni», tenendo «in grandissima considerazione il fare scuola gratis alle fanciulle». Successivamente le scuole della Venerini (che all’inizio furono aperte per le bambine povere), in cui si impartiva un insegnamento (individuale e simultaneo) religioso (catechismo, preghiera, orazione mentale), istruttivo (lettura – raramente la scrittura – e far di conto) e operativo (lavori femminili), seguendo fedelmente il metodo stabilito dalla Fondatrice, accolsero tutte le fanciulle «a motivo del maggior bene che ne sarebbe derivato» e le adulte per momenti di conversazione e di preghiera. In seguito al Dec. Pont. 1-2-1933 le M.P. Venerini poterono emettere voti pubblici ed il loro istituto divenne una congregazione religiosa.

2. All’esperienza di S. Rosa Venerini si collega l’origine delle M.P. Filippini di Montefiascone (Dec. Dioc. 1690 e Dec. Pont. 1760), fondate da S. Lucia Filippini (1672-1732)mentre alcuni istituti, la cui azione è rivolta prevalentemente all’educazione femminile, sono sorti successivamente: M.P. Operaie (primo Settecento), M.P. di Sant’Agata (1820), M.P. dell’Addolorata (1893).

Bibliografia

Macchietti S. S.,​​ Rosa Venerini all’origine della scuola popolare femminile,​​ Brescia, La Scuola, 1986; Centro Studi dell’Unione Superiore Maggiori d’Italia,​​ Le religiose in Italia, suppl. n. 40 aprile 2001 di «Consacrazione e Servizio».

S. S. Macchietti




MAESTRO

 

MAESTRO

Il termine m. può avere tre significati: di «caposcuola» o di guida eminente nel campo della cultura o della scienza; di «capo d’arte» nel campo artistico o industriale; di «educatore» e «insegnante» in senso generale, e specificamente di insegnante nella scuola elementare. Le università medievali assegnavano il titolo di​​ Magister​​ a chi avesse completato un corso avanzato nelle varie discipline, soprattutto nelle​​ artes liberales​​ (​​ Medioevo). Oggi, nelle università britanniche e statunitensi rimane il titolo di​​ Master​​ conseguibile al termine di un curricolo avanzato nelle materie liberali (Master of Arts) o nelle materie scientifiche (Master of Science), corrispondente al titolo italiano di Laurea.

1. Sulla personalità e sul ruolo del m. hanno dissertato filosofi medievali di grande risonanza: da Boezio a​​ ​​ Tommaso d’Aquino. La funzione essenzialmente «ministeriale» del m. è stata sottolineata soprattutto da Tommaso, che considerava la funzione magistrale come coadiuvante subordinato all’agente principale, che è la natura del discepolo: un concetto che sarà poi, dopo secoli, ripreso e sviluppato dall’Attivismo moderno con la formulazione del principio della centralità dell’allievo (​​ Scuole Nuove). I costitutivi della professionalità magistrale sono sostanzialmente: 1) funzione di «guida», «animatore», «trascinatore», arricchendosi di doti squisitamente «umane»; 2) doti spirituali, culturali, psicologiche, didattiche; 3) possesso e uso pertinente di tecniche didattiche, destinate a facilitare e a rendere efficace il comunicarsi e il comunicare (​​ insegnante​​ ,​​ ​​ insegnamento).

2. L’idoneità a insegnare educativamente nella scuola primaria (o «scuola di base») richiede un processo previo di selezione e di formazione del m. Selezionare i candidati alla professione magistrale in base a precisi requisiti attitudinali, riducibili ai seguenti: 1)​​ attitudini:​​ fisiche, intellettuali, sociali; 2)​​ disposizioni:​​ affettive, morali, religiose, temperamentali, caratterologiche. L’esame di tali complessi di attitudini e disposizioni deve essere sostanzialmente di ordine diagnostico e prognostico. In molti Paesi, gli Istituti o le Facoltà di preparazione magistrale svolgono sia una funzione selettiva che formativa. La formazione, in particolare, esige un processo di direzione e orientamento di tipo istruttivo e addestrativo (mediante l’insegnamento di nozioni psicologiche, pedagogiche, didattiche; e mediante un tirocinio guidato e controllato). Importante è la valutazione periodica e ben mirata dell’acquisizione di capacità precise di ordine psico-pedagogico e didattico, generale e specifico per le diverse discipline d’insegnamento.

3. Il concetto di m. nella sua formulazione classica ha due significati; uno «possessivo» di​​ ​​ maturità piena della personalità; uno «dativo», di capacità comunicativa dei valori personali. Nel primo senso, l’uomo è​​ magister sui​​ (padrone del suo essere e del suo agire); nel secondo, è​​ magister alterius​​ (guida degli altri per arricchirli). Prima di essere m. degli altri, l’uomo deve essere m. di se stesso. Questa è chiamata tradizionalmente «legge di maestria», illustrata ampiamente dal filosofo dell’educazione Raffaele Resta. Ovviamente, nel m. ben formato si richiede una chiara e operativa conoscenza del testo, dei principi e dello spirito dei programmi ufficiali della scuola primaria. In Italia, i​​ Programmi​​ del 1985 rappresentano una formulazione scientificamente giustificata e storicamente matura delle modalità di attuazione di un curricolo formativo del fanciullo moderno.

Bibliografia

Titone R.,​​ Psicodidattica,​​ Brescia, La Scuola, 1977 / 1986; Postic M.,​​ La relazione educativa. Oltre il rapporto m.-scolaro,​​ Roma, Armando, 1993; Grillo M. R.,​​ Il m.: umanità e saggezza, Ibid., 2003.

R. Titone