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LOCKE John

 

LOCKE John

n. a Wrington (Somersetshire) nel 1632 - m. a Oates (Essex) nel 1704, filosofo inglese.

1.​​ Vita e opere.​​ Studente alla Westminster School ed al Christ Church College di Cambridge, acquisì una vastissima preparazione ma non scelse nessun tipo di carriera, restando uno studioso indipendente. Direttamente coinvolto nelle vicende culturali e politiche come esponente del partito «whig» (ideologia liberale e costituzionalista), fu esiliato in Olanda, da dove rientrò in patria al seguito dei nuovi sovrani Maria e Guglielmo d’Orange. Ricoprì importanti incarichi pubblici ed infine si dedicò esclusivamente alla riflessione filosofica e scientifica. La sua amplissima produzione costituisce una delle fonti basilari del pensiero occidentale moderno soprattutto nei campi della gnoseologia, della filosofia politica e della pedagogia.

2.​​ Il​​ pensiero.​​ L. afferma, ponendo con questo il fondamentale assioma dell’empirismo, l’equivalenza fra il concetto di conoscenza e quello di esperienza, che costituisce il limite invalicabile di ogni possibilità conoscitiva, poiché in essa risiedono le uniche opportunità per la mente dell’uomo, attraverso le sue facoltà (sensazione, intuizione, dimostrazione), di ricevere ed elaborare oggetti (idee) provvisti di un qualche genere di contenuto. La vita cognitiva è quindi circoscritta all’ambito di ciò che è riportabile ad un contenuto mentale effettualmente presente. Il rifiuto dell’innatismo sorregge anche l’analisi del comportamento etico e politico, nella quale assume un ruolo centrale il principio della corrispondenza a leggi, la cui origine può essere rintracciabile nella volontà divina, negli ordinamenti civili e nella pubblica opinione. Anche in questo caso, l’impostazione empirista appare quanto mai lineare: il bene ed il male non costituiscono proprietà in sé e per sé, ma consistono nella conformità o difformità ad una di queste leggi; il motivo dell’agire è dato dal disagio per un bene assente di cui si avverte il bisogno; il fondamento della convivenza civile degli uomini va identificato in uno stato ideale degno della natura di un essere razionale, in cui avviene una «delega» all’autorità politica per la salvaguardia dei diritti soggettivi inviolabili dell’individuo (vita, libertà, proprietà); sul terreno religioso, è necessario allontanarsi da ogni dogmatismo per accedere ad una concezione che lascia libera ogni credenza purché non contrasti con i principi morali e con le leggi (tolleranza). Il mondo umano delineato in questa visione teorica ha influenzato alle radici tutte le rivoluzioni liberali dell’età moderna.

3.​​ L’educazione.​​ I notissimi​​ Pensieri sull’educazione​​ nascono da una raccolta di consigli che L., esperto di grande reputazione anche nel campo medico ed igienistico, inviava ad alcune famiglie amiche. Va però detto che, al di là dell’occasionalità pratica dell’origine, appaiono evidenti nelle sue indicazioni le tracce delle riflessioni e delle competenze acquisite nell’ambito della ricerca teoretica, politica e scientifica generale. Siamo quindi in presenza di uno dei primi casi in cui un «filosofo» applica con sistematicità ed autentico interesse il suo sapere alle problematiche dell’educazione. Il messaggio fondamentale della pedagogia di L. consiste – come ha affermato A. Carlini – in «un profondo senso della dignità della persona umana», intesa come portatrice di una sostanziale ed originale attività autonoma di ordine spirituale, che vede nella coscienza il suo punto unificante. Il soggetto è un essere razionale, sottoposto a leggi ma titolare di diritti che va garantito in ogni campo di esperienza nei confronti di qualsiasi genere di oppressione. Anche in pedagogia L. dispiega il suo paradigma empirista, che lo porta ad un atteggiamento realista, pratico – il terreno immediato di riferimento è l’educazione dei figli delle famiglie nobili ed alto-borghesi della nuova Inghilterra: i «gentlemen» – sorretto dalla continua ricerca dell’equilibrio fra le evidenze dei dati e dei fatti ed il rispetto delle «regole» di natura psicologica e morale derivate dalla conoscenza oggettiva della natura umana. Il bambino va osservato e compreso nella sua naturalezza ed individualità caratteristica, allo scopo di coglierne immediatamente l’indole, le inclinazioni e le attitudini, così da favorire le buone e correggere le cattive; i genitori non devono lasciarsi fuorviare dagli eccessi emotivi ed affettivi mentre gli educatori (precettori) devono ispirare il loro operato alla dolcezza ed alla comprensione; la cura del corpo (indurimento) è il presupposto della disciplina morale della volontà; l’istruzione intellettuale non deve perseguire finalità di informazione enciclopedica o di ornamento ma badare all’acquisizione di abilità pratiche e dei principi basilari del ragionamento e della dimostrazione; la formazione del giovane trova il suo culmine in un prolungato viaggio all’estero, nel quale, sotto la guida di un saggio ed esperto accompagnatore, può fare diretta esperienza della grande varietà di usanze, vizi e virtù presenti nel genere umano.

4.​​ Universalismo o particolarismo?​​ La questione critica principale è costituita dal problema se la pedagogia di L. è tale da confinarsi in una limitata prospettiva di classe e di ceto oppure se essa presenti caratteristiche tali da comprendere valori e significati validi anche al di fuori di questa contingente applicazione. In effetti, è vero che la sensibilità moderna (ma anche quella anteriore) ha individuato strade che in L. non sono assolutamente presenti; ma va anche riconosciuto che egli ha fatto compiere alla pedagogia di ambientazione nobiliare dei decisivi passi in avanti, che hanno reso possibile «rendere partecipabili al maggior numero di persone» (King) le qualità impersonate dal suo «gentleman». In questo senso, il suo è il contributo che per primo ha introdotto nella nostra civiltà educativa alcune essenziali verità pedagogiche.

Bibliografia

Cranston M.,.​​ J.L. A biography,​​ London, Longmans e Green, 1957; Scurati C.,​​ L., Brescia, La Scuola, 1967; King E. J.,​​ Prospettive mondiali dell’educazione:​​ Il «gentleman» e l’evoluzione di un ideale,​​ Roma, Armando, 1968; Benne K. D.,​​ Il gentleman, in P. Nash - A. M. Kazamias - H. J. Perkinson (Edd.),​​ Gli ideali educativi,​​ Brescia, La Scuola, 1972, 221-256; Scurati C.,​​ L., in​​ Nuove questioni di storia della pedagogia,​​ Ibid., 1977, vol. II, 31-76.

C. Scurati




LOCUS OF CONTROL

 

LOCUS OF CONTROL

Il termine indica un​​ ​​ costrutto psicosociale appartenente ad una estesa area di controlli che le persone possono esercitare sugli eventi personali e collettivi. Il l.o.c. si riferisce alla convinzione che il soggetto ha riguardo al rinforzo che segue le azioni dipendenti dal suo comportamento. Nel caso contrario il rinforzo viene considerato come dipendente da fattori esterni al soggetto (caso, fortuna o fato). I primi soggetti vengono considerati degli​​ Interni (I),​​ i secondi degli​​ Esterni (E).​​ L’autore del costrutto è J. B. Rotter (1966), che lo situa nella teoria dell’apprendimento sociale.

1. Poiché i soggetti situati ai due poli del costrutto assumono posizioni diverse in rapporto alla causalità del proprio comportamento, essi si differenziano per mezzo di numerosi criteri sociali. Gli​​ Interni​​ controllano meglio il loro ambiente, cercano di acquisire delle informazioni in vista delle loro decisioni, si dimostrano sensibili alle stimolazioni dell’ambiente sociale e resistono maggiormente ai condizionamenti esterni; sono inoltre socialmente più valorizzati in quanto risultano socievoli, efficienti, tolleranti e autonomi. Gli​​ Esterni​​ presentano problemi di adattamento e in quanto agli attributi personali risultano ansiosi, aggressivi, dogmatici e sospettosi. Gli Interni hanno maggiore successo professionale e nel lavoro risultano competenti, aggiornati e coscienziosi. Gli Esterni, oltre ad aver un minore successo professionale, sono esposti ai rischi dell’abuso di alcool e dell’uso di​​ ​​ droga ed esercitano un minore controllo sulle abitudini nocive alla salute (fumo ed eccessiva alimentazione). Lungo i due poli del costrutto si collocano i tipi meno definiti. Furnham e Steele (1993), seguendo O’Brien, hanno proposto come tipi intermedi​​ Realisti​​ e​​ Strutturalisti.​​ Mentre gli Interni sono tali in tutte le situazioni, i Realisti sono a volte Interni e a volte Esterni in base alla specifica situazione. Gli Strutturalisti, che si collocano tra Realisti ed Esterni (e sono chiamati in questo caso Fatalisti), agiscono da Esterni secondo le esigenze sociali. I due tipi intermedi sono probabilmente maggiormente aderenti alla realtà in quanto si rendono conto dei limiti che la realtà pone all’attribuzione della responsabilità personale e non assumono l’atteggiamento di deresponsabilizzazione degli Esterni.

2. Il costrutto è stato messo in rapporto con le varie realtà sociali come il rendimento scolastico, l’adattamento generale, l’autocontrollo personale, la responsabilità sociale, l’uso di sostanze dannose e la perseveranza nelle abitudini nocive alla salute, le psicopatie e l’esito della psicoterapia, dimostrandosi utile per la comprensione di tali fenomeni e offrendo la possibilità di modificarli positivamente.

3. Per rilevare il costrutto, Rotter ha elaborato un breve questionario (Poláček, 1980), che diagnostica i due poli del costrutto (I-E). Come hanno attestato Furnham e Steele (1993), sono disponibili più di cinquanta questionari per rilevare il l.o.c. Il rapporto tra di loro, come risulta dalle verifiche di Furnham (1987) e Hau (1995), è tutt’altro che univoco; i dati infatti confermano da un lato la multidimensionalità del costrutto e dall’altro sottolineano l’incertezza nell’elaborazione dei questionari su quali dimensioni del l.o.c. siano da realizzare. Una recente conferma di ciò è stata offerta da Leone e Burns (2000) con la loro ricerca su una ottantina di studenti universitari ai quali hanno somministrato tre più noti questionari del costrutto. È stato riscontrato solo un discreto rapporto tra qualche scala dei tre questionari mentre per le rimanenti i coefficienti risultavano bassi. Nell’interpretazione dei risultati di un questionario occorre fare stretto riferimento alla concezione del costrutto elaborato dal rispettivo autore.

4. Esistono delle convincenti conferme che genitori protettivi, affettuosi, con comportamento coerente (rinforzo costante) e ragionevolmente severi contribuiscono a rendere Interno un figlio. È possibile inoltre effettuare interventi educativi che promuovono la crescita del giovane dalla dimensione Esterna a quella Interna. Il costrutto infine è associato al concetto positivo di sé e all’​​ ​​ autoefficacia. Con quest’ultima il l.o.c. ha in comune gli effetti positivi del controllo interno e le due componenti di entrambi: una individuale e l’altra collettiva. Tanto l’autoefficacia quanto il l.o.c. prima di tutto sono individuali e poi nell’insieme di tanti soggetti diventano sociali. L’opinione pubblica è costantemente messa di fronte a fatti pubblici preoccupanti (inquinamento, corruzione finanziaria, bancarotta fraudolenta, conflitto generazionale, riscaldamento del globo e altri ancora) di fronte ai quali i singoli si considerano impotenti ma il costrutto tiene desta l’attenzione dei soggetti Interni su tali pericoli.​​ 

5. Il l.o.c. è stato assunto da B. Weiner (1974) nella sua teoria dell’attribuzione causale del comportamento. Per interpretare la causalità del successo e dell’insuccesso che le persone attribuiscono agli eventi, Weiner, accanto al l.o.c., colloca altre due componenti: stabilità e controllabilità dell’evento. Un esempio può chiarire la funzione delle tre componenti: un alunno può attribuire il fallimento in un esame scritto di matematica alla seguente combinazione delle tre situazioni: esterna, variabile, incontrollabile; in tal caso l’insuccesso è dovuto alla prova inadatta; interna, stabile, incontrollabile; l’insuccesso è dovuto alla sua scarsa abilità in matematica; interna, variabile, controllabile; l’insuccesso è dovuto al suo scarso impegno. In base all’attribuzione della causalità il futuro comportamento del soggetto assumerà modalità diverse a cui seguiranno comportamenti differenti. Tale attribuzione ha una fruttuosa applicazione nell’apprendimento scolastico e costituisce un buon indice di motivazione al lavoro.​​ 

Bibliografia

Rotter J. B.,​​ Generalized expectancies for internal vs external control of reinforcement,​​ in «Psychological Monographs» 80 (1966) 10, 1-28; Weiner B.,​​ Achievement motivation and attribution theory,​​ Morristown, General Learning Corporation, 1974; Poláček K.,​​ L.o.c: concetto,​​ risultati e misurazione,​​ in «Orientamenti Pedagogici» 27 (1980) 410-418; Furnham A.,​​ A content and correlational analysis of seven l.o.c. scales,​​ in «Current Psychological Research and Reviews» 6 (1987) 244-255; Furnham A. - H. Steele,​​ Measuring l.o.c: a critique of general,​​ children’s,​​ health-and work-related l.o.c. questionnaires,​​ in «British Journal of Psychology» 84 (1993) 443-479; Hau K. T.,​​ Confirmatory factor analyses of seven l.o.c. measures,​​ in «Journal of Personality Assessment» 65 (1995) 117-132; Leone C. - J. Burns,​​ The measurement of l.o.c.: assessing more than meets the eye?, in «Journal of Psychology» 134 (2000) 63-76.

K. Poláček