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LETTERATURA GIOVANILE

 

LETTERATURA GIOVANILE

Complesso delle opere letterarie specificamente proposte all’attenzione e alla fruizione di un pubblico compreso nell’arco dell’età evolutiva e di quelle che, pur scritte in origine per adulti, sono state apprezzate nel tempo e sentite come proprie dai giovani lettori.

1.​​ Denominazione.​​ La denominazione di l.g. si configura ancora oggi come sintesi pratica che reinterpreta dizioni utilizzate nel dibattito pedagogico degli ultimi secoli, quali «l. per l’infanzia» (ancora oggi utilizzata nell’ambito universitario), «l. infantile», «l. per ragazzi», «libri per fanciulli», «l. per l’infanzia e l’adolescenza» cui si vorrebbe aggiungere, ma non da tutti, «l. per giovani adulti». Nel ripercorrerne la storia si possono percepire la diversa attenzione rivolta nel tempo alle varie tappe dell’età evolutiva e il conseguente diversificato interesse per le letture a queste considerate connesse: da strumento educativo per lo più imposto e non sempre ben distinto da una funzione istruttivo-didattica, a consapevole esperienza di sempre più libera scelta della lettura come accompagnamento e costruzione della propria crescita personale. In questa logica la denominazione sembra poter assumere una «pregnanza categoriale» (Bernardinis, 1989) che aiuti una riflessione ancora non esaurita sullo statuto epistemologico della disciplina.​​ 

2.​​ Cenni sulle origini.​​ Al di là di una manualistica scolastica che ha informato nel tempo su un genere ritenuto minore nell’ambito di più generali suddivisioni letterarie (Lollo, 2003), la bibliografia critica più recente ha assunto che «il criterio ordinatore delle periodizzazioni e della ricerca delle fonti» debba essere «il​​ destinatario,​​ la categoria​​ dell’infantile​​ e​​ giovanile»​​ (Bernardinis, 1989) prima delle eventuali specificazioni (non sostitutive e non intercambiabili) di «scolaro», «figliolo» o simili. Una prima percezione del giovane come destinatario del dialogo educativo appare nell’opera di​​ ​​ Fénelon,​​ Télémaque,​​ del 1699, che, pur leggibile e valutabile anche da altri punti di vista, si è diffusa come lettura pedagogica in tutta Europa fino a tutto l’Ottocento. Ancor prima, postumo, era apparso nel 1632-34 in napoletano il​​ Cunto de li cunti​​ di G. B. Basile (1575-1632),​​ o vero lo trattenemiento de peccerille,​​ anche se la polisemia testuale lo fa ritenere di intenzionalità adulta. Basile precede La Fontaine (1668) e Perrault (1697), risultando essenziale fonte scritta per la​​ ​​ fiaba europea, come era ben noto ai Grimm. Nella forma letteraria via via assunta, il fiabesco, in cui si riconosce persistenza di miti e antichi reperti antropologici, pur dopo oscillazioni nel tempo sulla sua efficacia educativa, appare oggi importante, alla luce di apporti psicologici, per lo sviluppo e la strutturazione dell’immaginario infantile.​​ 

3.​​ L.g. tra pedagogia e l.​​ Le difficoltà tuttora persistenti di definizione e di indagine teorica sulla disciplina nascono dalla sua complessità interna. Essa si è infatti sviluppata negli ultimi secoli in rapporto alla comprensione e valutazione adulta delle categorie di​​ ​​ infanzia e​​ ​​ adolescenza, alla diffusione illuministica dell’istruzione, all’autonomia del processo formativo elaborata da​​ ​​ Rousseau, «che rifiutava l’uso della l. quale fonte di modelli» secondo un’ottica adulta (Bernardinis, 1989). Ma nell’Ottocento, oltre i pochi testi di alto livello e notevole diffusione, lo scrivere per l’infanzia è stato, particolarmente in Italia, connotato da un pedagogismo intenzionale, sia di matrice cattolico-liberale e di influsso manzoniano, sia di orientamento mazziniano, con conseguente strumentalità degli assetti linguistico-narrativi al fine extraletterario di un’educazione comunque «nazionale» e di fatto poco propensa a sviluppare autonomie giovanili. Facile è stato il rifiuto di Croce fin dal 1905 di un’arte «infantile» e pesante il suo condizionamento sulla produzione novecentesca per l’infanzia e l’adolescenza non in termini economico-editoriali ma di esistenza critico-culturale al di fuori dell’ambito pedagogico. In questo settore, una riflessione in cui non si possono dimenticare gli apporti degli studiosi P. Hazard e M. Soriano e l’approfondimento della pedagogista A. M. Bernardinis, si avverte a lungo l’esigenza di individuare la specificità della l.g. Con A. Faeti, già docente di l. per l’infanzia nell’Università di Bologna, la polemica sulla valutazione letteraria della l.g. sembra cessare di esistere come problema critico: la formazione pedagogica di Faeti gli consente di percorrere (1977) con innovativa creatività gli spazi lasciati aperti dalle asserzioni di Croce. Non teme infatti di collegare la produzione «infantile» innanzitutto con l’illustrazione e poi col romanzo popolare, con la pubblicistica e con tutto ciò che si legge a circolazione diffusa, senza limiti geografici, anche se trascurato dalla critica ufficiale. L’affermarsi delle tendenze strutturalistico-semiologiche e poi ermeneutiche porta a complesse e non concluse ridefinizioni di testo, di mittente e di destinatario, all’interno di processi in cui la stessa fruizione estetica appare atto soggettivo ma canalizzato e orientato da una pluralità di condizionamenti istituzionali e culturali, da decodificare anche con adatte competenze, tra cui, di rilievo, quelle filologiche. La l.g., che ha acquisito con maggiore chiarezza il dato del «destinatario», ha fatto propri in maniera diseguale gli apporti più direttamente testuali (ma si veda Rodari 1973). Si è arricchito il rapporto già maturo con l’illustrazione e via via si è problematicamente avvertita nella proposta editoriale l’incidenza dei cambiamenti ideologici, delle trasformazioni interculturali (di cui sono indice significativo le case editrici Sinnos e Carthusia) e della globalizzazione. Sono emerse intersezioni accentuate dei linguaggi mediali e multimediali, hanno acquistato peso alcune tendenze diffuse verso mete esoterizzanti, mentre è apparsa difficile e difficoltosamente cercata la relazione con la storia, tra distopia e orizzonte utopico, tra coscienza del costruire e rifiuto del crescere. L’attuale attenzione alla lettura mette in rilievo il piacere del leggere, una «pedagogia della lettura» mirante a far acquisire il gusto del rapporto personale con il libro pur senza escludere apporti dialogici e orientativi. Rimane presente, anche se in gradi diversi di consapevolezza, il nodo problematico sotteso alla l.g.: che le autonomie e le scelte giovanili non appaiono separabili da proposte e scelte adulte. Tra queste ha un rilievo particolare la produzione del testo, che è tanto più di provenienza adulta (singolare e di​​ editing) quanto meno è alta l’età del destinatario. La l.g. non può fingere di ignorare che tra autore e lettore non esiste solo la disparità delle competenze (attiva e passiva), ma una disparità più profonda cui si potrebbe dare il nome di generazionale. Solo accettando questa disparità (ovviamente nel testo, che è il solo vero luogo della comunicazione letteraria cui comunque la l.g. appartiene) si può realizzare il «dialogo paritario tra autore e lettore» (Bernardinis, 1989) che è di squisita natura pedagogica. Sembra infatti connotazione giovanile la​​ domanda​​ e proprio dell’adulto l’accoglierla in quanto domanda esistente, quali che siano le sue attitudini a rispondervi. Attraverso la scrittura e mirando intrinsecamente al «bene dell’opera» (​​ Maritain), lo scrittore che è anche adulto formalizza la problematica di cui è portatore in modo da offrirla, nell’esito creativo in cui si dispone, al piacere e allo scavo di un lettore «giovane» che gli chiede in ultima analisi di essere se stesso nell’opera per poter procedere a sua volta a conoscersi liberamente. Nella diversità dello scambio, quindi, si realizza la parità di esso: la scrittura si fa luogo, con modalità diverse, di comune accrescimento di umanità. In questo senso è importante una l.g. (nella quale si potrebbe individuare e studiare un’eventuale produzione di giovani per giovani o per adulti, con tutte le sue variabili), da non rifiutare per una pretesa e accentuata precocità infantile né da prolungare probabilmente oltre una piena adolescenza, ma da lasciare a una libera attrazione che induca a leggere testi dell’uno e dell’altro versante (giovanili, cioè, o adulti) con una pluralità di esigenze personali e di strumenti interpretativi.

Bibliografia

Bernardinis A. M., «L.g.», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol. IV, Brescia, La Scuola, 1989, 6717-6732; Maritain J.,​​ La responsabilità dell’artista,​​ tr.it.​​ Brescia, Morcelliana, 1963; Rodari G.,​​ Grammatica della fantasia,​​ Torino, Einaudi, 1973; Soriano M.,​​ Guide de littérature pour la jeunesse,​​ Paris, Flammarion,​​ 1975; Faeti A.,​​ L. per l’infanzia,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1977; Hazard P.​​ Uomini ragazzi e libri,​​ Roma, Armando,​​ 31980; Lollo R.,​​ Sulla l. per l’infanzia, Brescia, La Scuola, 2003; Fava S.,​​ Percorsi critici di l. per l’infanzia tra le due guerre, Milano, Vita e Pensiero, 2004; Faeti A.,​​ Specchi e riflessi, Cesena, Soc. Ed.​​ Il Ponte Vecchio, 2005; Colin M.,​​ L’age d’or de la littérature d’enfance et de jeunesse italienne, Caen, Presse Universitaire de Caen, 2005;​​ Boero P. - C. De Luca,​​ La l. per l’infanzia, Roma / Bari, Laterza, 1995 e ristampe fino al 2006;​​ De Maeyer J. (Ed.),​​ Religion,​​ children’s literature and modernity​​ in Western Europe 1750-2000,​​ Leuven, University Press, 2005;​​ dal 2006 è uscita presso l’Università di Macerata la rivista internazionale «History of Education and Children’s Literature»; Blezza Picherle S.,​​ Raccontare ancora, Milano, Vita e Pensiero, 2007.

R. Lollo




LETTERATURA insegnamento della

 

LETTERATURA:​​ insegnamento della

L’insegnamento della l. implica questioni teoriche oltre che psico-pedagogiche.

1. Infatti richiede come presupposto un sufficiente grado di sviluppo della capacità di lettura, applicata agli scopi di informazione, ricreazione e diletto. Pertanto presuppone nel giovane una certa maturità delle sue funzioni psichiche superiori, intellettuali ed estetiche. Ma chiede anche che si pigli posizione nella questione della​​ funzione​​ della l.​​ ​​ Platone parla di una polemica, già vecchia ai suoi tempi, tra poeti e filosofi. In fondo, le teorie più recenti dell’«arte per l’arte» o della​​ «poésie pure»​​ non costituiscono grandi novità rispetto alle polemiche più antiche; benché non si possa identificare la «eresia didascalica» – come Poe chiamò la concezione della poesia come strumento di edificazione – con la dottrina rinascimentale secondo cui la poesia piace e insegna o insegna piacendo. La storia delle teorie estetiche si potrebbe quasi riassumere nell’oscillazione dialettica, in cui tesi e antitesi sarebbero date dall’oraziano​​ dulce​​ e​​ utile.​​ Ciascuno dei due predicati, presi separatamente, non può che dar origine a teorie incomplete perché unilaterali. All’istanza secondo cui la poesia (o la l. in genere) è diletto risponde l’istanza che vede la poesia come insegnamento. All’idea che la l. dovrebbe ridursi a mezzo di persuasione risponde l’idea di una l. neutra, ridotta a suono puro o a vergine immagine. La verità sembra stare nella sintesi delle due note oraziane. Si è parlato anche abbondantemente della funzione​​ catartica​​ dell’arte, da cui non andrebbe esclusa la l., che mirerebbe a liberare o il lettore o lo scrittore dalla pressione angustiante delle emozioni. Ma non è forse egualmente vero che la l., anziché calmare le emozioni, ha talvolta il potere e l’effetto di incitarle?

2. È evidente che, sebbene il letterato non si ponga la questione della funzione o degli effetti dell’opera d’arte, tale questione è ineludibile sul piano​​ morale ed educativo,​​ e va quindi risolta da ciascun insegnante- educatore nella sincerità della propria coscienza. Hosic nel 1917 aveva raccolto e rilevato quattro obiettivi propri dello studio letterario: a) allargare, approfondire ed arricchire la vita immaginativa del giovane; b) destare un senso sincero di ammirazione per le grandi personalità sia degli autori (scrittori) che degli attori (o personaggi descritti); c) elevare il potere di godimento spirituale; d) far conoscere al giovane ambito e contenuto del patrimonio letterario. A sua volta, a livello liceale, Taylor ha indicato queste finalità: la l., nel suo valore di universalità, conferisce a) un senso della interdipendenza vitale nella società umana; b) un affinamento e un ravvivamento del sentire, del pensare, del fare umano in ciascun individuo che vi si accosta e rivive l’esperienza letteraria genuinamente in se stesso; c) un senso del processo creativo e ricostruttivo con cui l’uomo trionfa sul processo disintegrativo della realtà cosmica; d) un ampliamento delle prospettive del giudizio e della decisione.

3. Per giudicare della dinamica psicopedagogica dell’esperienza letteraria bisogna tener presenti i due aspetti che la costituiscono: l’aspetto​​ contenutistico​​ e l’aspetto​​ formale.​​ La l. non è solo contenuto, come non è solo forma: ciò che la distingue da altri prodotti spirituali dell’uomo è appunto la fusione di un contenuto di alto valore spirituale con una forma autenticamente «bella». Perciò l’esperienza letteraria non si può ridurre a un fatto meramente intellettuale, di assimilazione di dati culturali (culturalismo),​​ ma nemmeno ad un semplice fascio di vibrazioni estetiche (estetismo).​​ Per cui, se da una parte non si può fare insegnamento letterario, col rimpinzare la mente del giovane di nozioni storiche o formali, dall’altra non ci si deve fissare unicamente sull’apprezzamento e sull’imitazione di una forma vuota, che in questo caso non sarebbe più «valore» ma «orpello».

4. L’accostamento alla l. esige un buon​​ avviamento alla lettura:​​ l’insegnare a leggere secondo i fecondi canoni della «l. estetica di prima impressione» e della «l. estetica approfondita». Sarà anche necessario indirizzare gli allievi alla «lettura ricreativa». Il gusto della vera l. si coltiva dirigendo intelligentemente, già fin dalle elementari, la scelta delle letture ricreative. Infine, è opportuno un avvertimento sul​​ contenuto​​ dell’insegnamento letterario. Dovrebbe essere bandito un certo feticismo per la l. del passato, che è sempre aggravato da un atteggiamento di sdegnoso ripudio per la l. contemporanea. Anche nella scuola media, anziché proibire la lettura degli autori contemporanei (certo, giudiziosamente scelti), è proprio da questi che dovrebbe iniziarsi l’accostamento ai valori letterari, e ad essi si dovrebbe poi ancora tornare dopo l’esplorazione (indispensabile) del passato. Solo in questo senso la didassi linguistica riuscirebbe autenticamente «funzionale».

Bibliografia

Coveri L. (Ed.),​​ Insegnare l. nella scuola superiore,​​ Firenze, La Nuova Italia, 1986; Armellini G.,​​ Come e perché insegnare l.,​​ Bologna, Zanichelli, 1987; Blau S.,​​ The literature workshop: Teaching texts and their readers, Portsmouth (NH), Heinemann, 2003; Beach R. W. - D. Appleman,​​ Teaching literature to adolescents, New York (NY),​​ Lawrence Erlbaum Associates, 2006; Dorfman L. R. - R. Cappelli,​​ Mentor texts: teaching writing through children’s literature,​​ K-6, Portland (Maine), Stenhouse Publishers, 2007.

R. Titone




LETTURA

 

LETTURA

Il termine l., assunto in modo generico come sinonimo di «decodificazione», va ulteriormente specificato nel suo oggetto. Si parla in questo modo di l. del testo verbale, di l. dell’immagine, di l. del cinema, di l. della pubblicità, di l. dell’arte, di l. del fumetto (per non parlare di l. della realtà, di fatti od eventi).

1. Nel passato il saper leggere è stato riferito in particolare all’abilità di decodificare il linguaggio verbale e la scuola si è molto impegnata perché questa potesse da tutti essere acquisita. Oggi il saper leggere occupa uno spazio semantico più ampio, ma non meno intenso è stato l’impegno della scuola per educare le generazioni più giovani alle nuove abilità di decodificazione (di lettere, parole, strutture, segni, immagini). I risultati tuttavia non sono stati sempre all’altezza delle intenzioni. L’apprendimento di altre abilità di l. spesso avviene a scapito di quelle verbali. Nonostante il rilievo di altre forme linguistiche, quelle verbali conservano certamente una superiorità per quanto riguarda l’apprendimento e lo sviluppo di conoscenze complesse (​​ strategie cognitive).

2. Gli effetti di una buona o scarsa abilità nella capacità di l. linguistica può avere effetti molto devastanti in altri campi. Da molti psicologi scolastici si sottolinea come una debolezza nella capacità di leggere sia un chiaro indicatore di uno studente a rischio di diventare più avanti un drop-out. Vari motivi oggi sottolineano l’importanza di un’attenzione educativa particolare per la capacità di decodificazione linguistica: a) la necessità di un suo possesso molto sofisticato per l’apprendimento e lo sviluppo elevato di conoscenze; b) la necessità di conoscere la complessità dei processi connessi alla​​ ​​ comprensione del testo linguistico per intervenire adeguatamente nell’educazione, nel ricupero e nelle difficoltà; c) la sua rilevanza fondamentale per molte altre competenze; d) la sua necessità per una comunicazione interpersonale efficace, ma anche per una conoscenza di se stessi.

Bibliografia

Pearson P. D. (Ed.),​​ Handbook of reading research,​​ New York / London, Longman, 1984; Barr R. et al. (Edd.),​​ Handbook of reading research,​​ vol.​​ II, Ibid., 1991; Ruddell R. B. - M. R. Ruddell - H. Singer (Edd.),​​ Theoretical models and processes of reading,​​ Newark, International Reading Association, 1994.

M. Comoglio