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LOGICA E EDUCAZIONE

 

LOGICA E EDUCAZIONE​​ 

Dal gr.​​ logiké​​ (tékhne)​​ è arte del pensiero (o del discorso) corretto.

1.​​ La presenza nei curricoli.​​ Un vero e proprio insegnamento della l., intesa come disciplina autonoma e con una propria funzione all’interno di un piano di studi, si comincia a riscontrare solamente verso il sec. X. Ciò nonostante si può affermare che la componente l. è stata presente in qualsiasi forma di trasmissione culturale, fin dai tempi più antichi. Si tratta però di una presenza che si è realizzata progressivamente in forme varie e molteplici, tanto che si potrebbe parlare di diversi modelli di ricerca l. nelle singole epoche, aventi fini e metodi propri. Le​​ sette​​ ​​ arti liberali​​ avevano costituito il sistema di sapere «enciclico» per​​ ​​ Quintiliano prima e nella fortunata allegoria di Marziano Capella poi, il cui​​ De nuptiis philologiae et Mercurii et de septem artibus liberalibus​​ nel​​ ​​ Medioevo fece testo. Fra le​​ artes sermocinales​​ Alcuino assegnò alla l., detta indifferentemente​​ dialettica,​​ un ruolo di coronamento finale del corso scolastico, riservato nell’antichità alla​​ ​​ retorica.​​ Ed insieme a quest’ultima fino alla fine del sec. IX dominò il campo filosofico, teologico, scientifico, politico ecc. Fine dell’insegnamento della l. è trattare gli argomenti più astratti e oggettivi, è mirare al raggiungimento della verità, nel senso della verità scientifica, attraverso lo scontro delle opinioni. Con il sorgere delle​​ ​​ università la l. assunse un’importanza sempre maggiore. Verso la fine del sec. X e l’inizio dell’XI si innesca quel processo di progressiva subordinazione della retorica alla l. che giungerà a compimento nel sec. XIII, allorché tutto il vasto settore delle​​ sette arti​​ sembrerà restringersi alla sola l. / dialettica che finirà col meritare la lode iperbolica di Pietro Ispano nelle sue​​ Summulae logicales.​​ Si ricordi la contesa sorta, in questo secolo, fra la scuola di Parigi, in cui si esaltava la l., perché in grado di fornire gli schemi dell’organizzazione astratta delle cose e dei processi che si riflettono nel linguaggio, e la scuola di Orléans, in cui si opponeva gagliarda resistenza a tale indirizzo. Tale contesa che ebbe grande risonanza, dette argomento a un grazioso componimento del poeta Enrico d’Andéli,​​ La bataille des sept arts.​​ Nel Rinascimento la l. visse vicende alterne anche se l’importanza e il ruolo di essa non furono mai totalmente messi in discussione in quanto si vide nella disciplina l. lo strumento privilegiato per il ricupero di quell’ideale formativo classico in complementarità con la retorica (Agricola, Melantone,​​ ​​ Vives ed altri logici umanisti). Nel XVI sec. i gesuiti nella​​ ​​ Ratio studiorum​​ accanto alle «lettere umane, la filosofia naturale e morale, la metafisica, la teologia scolastica e positiva» posero la l. Un contributo allo sviluppo degli studi logici ed un affinamento degli strumenti critici venne anche dalla scuola di Port-Royal. Definita come «l’arte di ben condurre la propria ragione nella conoscenza delle cose, sia per istruir se stessi, sia per istruir gli altri», la l. si configurò come tentativo coerente e potente di ricondurre il linguaggio ai suoi usi più corretti e pertinenti, scartandone le deformazioni emotive (che qui ricevono una trattazione straordinariamente accurata) e i veli di ideologia che potrebbero tradire la funzione primaria. L’​​ ​​ Illuminismo settecentesco mostrerà​​ ​​ com’è noto​​ ​​ grande fiducia nella l., che nella sua forma moderna è l.​​ matematica.​​ Il fervore intellettualistico dell’epoca non poteva non riflettersi in campo educativo ove l’insegnamento della l. si affermò in modo definitivo. Nell’epoca contemporanea il passaggio dalle l. «pre-formali» a quelle «formali», la costituzione della cosiddetta​​ teoria dei modelli​​ e il delinearsi della​​ fuzzy logic​​ assumono rilevanza assai densa per l’avanzamento della​​ metodologia della ricerca pedagogica e didattica.

2.​​ Le possibilità formative.​​ La presenza della l. è anzitutto nell’ambito dell’​​ ​​ educazione intellettuale. Dell’insegnamento della l. si rilevano le enormi possibilità formative che nascono dall’innegabile valenza di correttezza formale da fornire al pensiero e al discorso. Dalle richieste di un insegnamento di tipo logico-metodico alla didattica di un apprendimento sistematico è tutta una serie di indicazioni che precisano il cammino educativo e scolastico.

3.​​ Il ruolo nelle «didattiche lineari».​​ Il matematicismo cartesiano, con la messa al bando delle arti e delle lettere in nome di una l. chiara e distinta, rivive nelle richieste di quelle nuove indicazioni didattiche che 1’​​ ​​ istruzione programmata prima e le​​ forme programmatorie curricolari​​ poi hanno ritenuto essere le uniche valide per un sicuro apprendimento. Magistro-centrismo, primato della​​ lectio,​​ disposizione rigorosamente l. del discorso, azione insegnativa ridotta ad un gioco di componenti elementari e sovente schiacciata su una tecnologicità rassicurante sono soltanto alcuni dei modi che caratterizzano queste impostazioni. Da qui i dubbi sollevati dalla più matura riflessione pedagogica e didattica contemporanea contro il pericolo di determinismo didattico, insito nella predisposizione di programmi in​​ sequenze lineari.

Bibliografia

Sutton R. E. - R. H. Ennis, «Logical operations in the classroom», in T. Husen - T. Neville Postlethwaite (Edd.),​​ The international encyclopedia of education,​​ Oxford / NewYork, Pergamon Press, 1985, 3129-3139; Kosko B.,​​ Il fuzzy-pensiero,​​ Milano, Baldini & Castoldi, 1995; Mela G. S.,​​ L. e razionalità dell’Occidente cattolico, Roma, Armando, 2006; Bencivenga E.,​​ Dio in gioco. L. e sovversione in Anselmo d’Aosta, Torino, Bollati Boringhieri, 2006; Larrey Ph.,​​ Il pensiero sulla l., Roma, Lateran University Press, 2006; Berto F.,​​ L. da zero a Gödel, Roma / Bari, Laterza, 2007.

C. Laneve




LOGOTERAPIA

 

LOGOTERAPIA

Orientamento psicologico e psicoterapeutico che vede nella ricerca di senso la motivazione fondamentale dell’esistenza e indica concrete modalità per intervenire nella soluzione di stati di disagio esistenziale.

La l., di cui è stato fondatore lo psichiatra ebreo​​ ​​ Frankl, occupa un posto di rilievo tra le scuole contemporanee di psicologia, da un lato per la sua contrapposizione alle riduttive visioni dello psicologismo e del determinismo di stampo psicoanalitico e comportamentista, e dall’altro per il legame con le concezioni filosofiche dell’esistenzialismo e del personalismo e con le teorie della personalità di matrice umanistica.

2. Triplice è il punto di partenza della visione antropologica della l.: 1) l’uomo è fondamentalmente libero, non perché non è sottoposto ad alcun condizionamento di carattere biologico, psicologico, sociologico, culturale, religioso, ma perché conserva sempre la radicale possibilità di prendere un atteggiamento nei confronti dei condizionamenti; 2) l’uomo non cerca, come motivazione primaria del suo agire, la soddisfazione del piacere (come viene rilevato dalla​​ ​​ psicoanalisi di Freud) o quella del potere (come è sostenuto dalla psicologia individuale di​​ ​​ Adler), ma piuttosto è guidato da una​​ volontà di significato​​ (e in questa prospettiva la parola greca​​ logos​​ viene interpretata come​​ significato della vita),​​ che si manifesta in una continua tensione tra la realtà esistenziale in cui si trova a vivere e il mondo dei valori che gli si presenta come appello e come sfida; 3) la vita dell’uomo conserva sempre un suo significato, nonostante le limitazioni dovute all’età, alla salute, alla sofferenza, ai fallimenti nel campo professionale o affettivo. Di conseguenza, agli appelli della vita si risponde non solo realizzando i​​ valori di creazione​​ (il lavoro, l’attività, l’impegno politico), o i​​ valori di esperienza​​ (l’amore, la musica, l’arte), ma soprattutto i​​ valori di atteggiamento​​ in situazioni-limite quali la sofferenza inevitabile, la colpa, la morte. «Una fede incondizionata in un significato incondizionato della vita» rappresenta, dunque, il nucleo centrale della l., avvalorato sia dall’esperienza tragica, vissuta personalmente da Frankl nei​​ lager​​ nazisti, e sia dal contatto con pazienti affetti da disturbi a matrice esistenziale, diagnosticati come​​ nevrosi noogene.

3. Concepire l’esistenza come un compito unico e originale che va individuato e realizzato con piena responsabilità, comporta per la l. un triplice atteggiamento: 1) accogliere e vivere la dialettica tra essere e dover-essere, tra quotidianità e mondo dei​​ ​​ valori, tra realizzazioni concrete e potenzialità innumerevoli; 2) essere fondamentalmente orientati al di fuori di se stessi (a tale proposito Frankl ha coniato la parola​​ autotrascendenza), e quindi superare la facile tentazione di ricercare solo l’immediatezza del piacere, oppure l’illusorietà del successo; 3) riuscire a prendere una giusta distanza dalle situazioni di limite e di difficoltà in cui ci si viene a trovare (in questo caso si parla di​​ auto distanziamento),​​ facendo leva sulla​​ forza di resistenza dello spirito.

4. Accanto a tre fenomeni dalla portata tragica per il mondo giovanile (suicidio, aggressività e tossicodipendenza), espressioni eloquenti della mancanza di valori e del vuoto esistenziale, la l. individua altre forme nevrotiche ampiamente presenti nel tessuto sociale contemporaneo: la​​ nevrosi meccanica,​​ conseguenza del crescente tempo libero che viene occupato con bravate che sfociano in comportamenti devianti; la​​ nevrosi della domenica,​​ che si manifesta in comportamenti massificanti e alienanti nelle discoteche, negli stadi, nei luoghi di ricerca esasperata del piacere; la​​ nevrosi di disoccupazione,​​ che assale sia i giovani alla ricerca di lavoro, sia gli anziani che, al termine di una vita operosa, si vedono impediti, a seguito del pensionamento, nel partecipare ai ritmi normali di produttività.

5. Dal punto di vista pedagogico, la l. offre notevoli spunti. Va sottolineato il suo accento su un’educazione centrata sull’individuazione e la realizzazione di compiti personali unici e originali, corrispondenti all’unicità e all’originalità della singola persona. Parimenti va evidenziato il ruolo fondamentale della libertà, della responsabilità e della coscienza, con cui scorgere i «diecimila comandamenti» che sono impliciti nelle «diecimila diverse situazioni della nostra unica vita». E poiché nessuno può «dare» un significato alla vita di un altro, né si possono distribuire ricette su quello che gli altri devono fare, l’incontro educativo nella prospettiva della l. può essere raffigurato come un’equazione a due incognite, laddove la prima incognita è costituita dalla personalità dell’​​ ​​ educatore e la seconda dall’individualità dell’​​ ​​ educando: entrambi sono irripetibili, originali, unici, ed entrambi sono rivolti al superamento di ogni senso di dipendenza di pensiero e di azione, alla scoperta delle modalità imprevedibili del vivere quotidiano, all’individuazione di una gerarchia di valori che assegni al piacere e al dominio, all’autoaffermazione e alla soddisfazione dei propri istinti il loro vero posto, che è quello di essere prodotti laterali, effetti di una realizzazione adeguata del senso della propria esistenza.

Bibliografia

Lukas E.,​​ Dare un senso alla famiglia. L. e pedagogia,​​ Milano, Paoline, 1987; Fizzotti E. - R. Carelli (Edd.),​​ L. applicata. Da una vita senza senso a un senso nella vita,​​ Brezzo di Bedero, Salcom, 1990; Fizzotti E.,​​ Per essere liberi. L. quotidiana,​​ Milano, Paoline, 1992; Id. (Ed.),​​ «Chi ha un perché nella vita…». Teoria e pratica della l., Roma, LAS,​​ 21993; Fizzotti E. - I. Punzi,​​ Solidarietà come ricerca di senso. Il contributo della l. nella formazione del volontario,​​ Brezzo di Bedero, Salcom, 1994; Bruzzone D.,​​ Autotrascendenza e formazione. Esperienza esistenziale,​​ prospettive pedagogiche e sollecitazioni educative nel pensiero di Viktor E. Frankl, Milano, Vita e Pensiero, 2001; Fizzotti E.,​​ L. per tutti. Guida teorico-pratica per chi cerca il senso della vita, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2002; Id. (Ed.),​​ Nuovi orizzonti di ben-essere esistenziale. Il contributo della l. di V.E. Frankl, Roma, LAS, 2005; Id. (Ed.),​​ Il senso come terapia. Fondamenti teorico-clinici della l. di V.E. Frankl, Milano, Angeli, 2007.

E. Fizzotti




LOMBARDO RADICE Giuseppe

 

LOMBARDO RADICE Giuseppe

n. a Catania nel 1879 - m. a Cortina d’Ampezzo nel 1938, educatore e pedagogista italiano.

1. Nacque in una famiglia modesta, ma ricca di serenità educativa. La scuola fu per L.R. un’esperienza positiva. Completò i suoi studi alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove strinse amicizia con​​ ​​ Gentile. Laureato in filosofia iniziò l’attività docente a Firenze al collegio «Le Querce» dei Barnabiti; acquistò poi una lunga esperienza in diverse scuole normali, prima di ricoprire la cattedra di pedagogia all’Università di Catania. Nel 1923 fu chiamato da Gentile al Ministero dell’Educazione Nazionale come direttore generale dell’istruzione elementare, da cui si dimise in seguito al delitto Matteotti e ritornò all’insegnamento presso il Magistero dell’Università di Roma (1924-1938). Partecipò come volontario alla prima guerra mondiale; dopo la disfatta di Caporetto svolse il ruolo di educatore dei soldati.

2. Aderì al movimento idealistico passando da una prima fase di stretta dipendenza come discepolo di Gentile a quella di comune ma autonoma collaborazione alla rivista la «Voce» (1908-1915) di Prezzolini, per passare poi alla diretta collaborazione politica con il filosofo dell’attualismo allo scopo di realizzare la riforma del 1923 nel settore della scuola elementare, fino ad un quasi distacco senza rotture negli anni successivi. Tradusse la filosofia idealistica nelle problematiche educative e scolastiche, sviluppando questi principi che sarebbero per L.R. i caratteri fondamentali dello spirito umano: «1. Spontaneità di sviluppo. 2. Integrità e concomitanza di sviluppo di tutte le attività spirituali. 3. Coscienza dell’autonomia e valutazione di sé, come spirito non individuale». A queste tre leggi corrispondono tre idee essenziali: «1. Lo spirito è in ogni momento tutto lo spirito. 2. Esso genera se stesso. 3. Si possiede come spirito universale» (Il​​ concetto dell’educazione,​​ 1911, 38). Dall’equivalenza di spirito e coscienza, e di questa con i suoi contenuti, scaturisce il concetto di educazione come «vita mentale umana in ogni suo palpito» (Ibid.,​​ 15). L’educazione così intesa è «l’opera di ogni essere pensante da lui compiuta più o meno chiaramente»; è un «processo di interiorizzazione» e nello stesso tempo è «universale collaborazione tra gli uomini» (Lezioni di pedagogia generale,​​ 1916, 27, 52).

3. I suoi orientamenti pedagogici gli hanno consentito di sviluppare in modo organico le varie problematiche educative, dalla elaborazione di una teoria della scuola alla fondazione di una nuova critica didattica; dalla formazione dei docenti alla formulazione di nuovi programmi di studio e prescrizioni didattiche per le scuole elementari. Nell’approfondire le relative tematiche ebbero certa incidenza prima il pensiero pedagogico americano (​​ Dewey, Emerson), e il riformismo sociale di Salvemini e in generale il socialismo umanitario dei primi anni del Novecento poi, non ultimo, il movimento per l’«educazione nuova». I vari indirizzi del rinnovamento della cultura pedagogica e sociale del suo tempo si rispecchiano nella formulazione della teoria della «scuola come organo dello spirito» nel primo stadio del pensiero di L.R. (cfr.​​ Saggi di propaganda politica e pedagogica,​​ 1907-1910;​​ Idealismo e pedagogia,​​ 1912). Nel secondo stadio la scuola è intesa come «organo dell’educazione nazionale» e della «nazione educatrice» (Lezioni di didattica e ricordi di esperienza magistrale,​​ 1913;​​ L’ideale educativo e la scuola nazionale,​​ 1916). Il terzo e più aperto stadio, rappresentato dalla «scuola serena», ebbe inizio con il dichiarato antifascismo del saggio​​ Accanto ai maestri​​ (1925) e continuò negli anni successivi (Athena fanciulla,​​ 1925;​​ II problema dell’educazione infantile,​​ 1929).

4. Recenti pubblicazioni sottolineano l’importanza del contributo di L.R. nella costruzione di una «didattica della collaborazione» e nel delineare la centralità della figura degli insegnanti. La critica è concorde nel considerare L.R. uno dei principali protagonisti del rinnovamento della pedagogia, della scuola e della didattica nell’Italia della prima metà del Novecento; svolse infatti un’intensa e continua attività educativa a livello teorico ed operativo, impegnato a fondo nella politica scolastica, nell’insegnamento, come autore di opere largamente diffuse e promotore di importanti iniziative editoriali.

Bibliografia

Luzuriaga L., «Estudio preliminar» a​​ Líneas generales de filosofía de la educación de L.R., Madrid, La Lectura, 1928; Catalfamo G.,​​ G.L.R.,​​ Brescia, La Scuola, 1958; Giraldi G.,​​ G.L.R. tra poesia e pedagogia,​​ Roma, Armando, 1965; Picco I. (Ed.),​​ G.L.R. Atti del convegno internazionale di studi per il centenario della nascita (1879-1979),​​ L’Aquila, Gallo Cedrone, 1980; Sordina E.,​​ Il pensiero educativo di G.L.R.,​​ Roma, La Goliardica, 1980; Cives G.,​​ Pedagogia del cuore e della ragione. Da G.L.R. a Tina Tomasi,​​ Scandicci (FI), La Nuova Italia, 1994.

S. Bucci




LORENZ Konrad Zacharias

 

LORENZ Konrad Zacharias

n. a Vienna nel 1903 - m. ad Altenberg nel 1989, naturalista ed etologo austriaco.

1. Figlio di un noto medico, L. segue i corsi di medicina a Vienna, dove si laurea nel 1928. Nel periodo degli studi universitari è decisivo l’influsso esercitato da F. Hochstetter, che lo avvia all’approfondimento dell’anatomia comparata. In tale orientamento va individuato il primo germe delle successive ricerche di L. sugli uccelli. È anche rilevante l’influsso esercitato dai lavori di Heinroth (1910) e di Craig (1918) nell’affermazione della teoria secondo cui i processi istintivi si fondano sulla filogenesi. Sotto l’ispirazione di Von Werxhül (1909-1929), L. studia le radici dell’aggressività animale e di quella umana. La pubblicazione, nel 1935, dei risultati delle prime investigazioni sul costituirsi dei rapporti affettivi tra gli uccelli (Der Kumpan in der Umwelt des Vogels)​​ viene considerata come il momento in cui nasce la etologia, di cui L. è considerato fondatore assieme all’olandese nazionalizzato britannico, N. Tinbergen. Con questi e con K. von Frisch condivide, nel 1973, il premio Nobel per la fisiologia e la medicina.

2. Dal punto di vista metodologico, L. studia il comportamento animale nell’ambiente naturale, spostando «l’area di gravità della ricerca dal laboratorio al campo». In questo contesto vengono messi in evidenza gli aspetti ereditari del comportamento, cioè gli istinti caratteristici di ogni specie animale. Fin dai primi studi l’attenzione di L. si centra, in modo particolare, su una forma precoce e irreversibile di apprendimento, determinata geneticamente nei suoi tratti tipici, chiamata da lui​​ imprinting, che condizionerebbe il futuro comportamento sessuale e sociale dell’individuo secondo la specie animale a cui esso appartiene. I risultati delle ricerche di L. divengono noti molto presto agli scienziati europei e nordamericani; ma sono soprattutto i suoi saggi a carattere divulgativo (le sue «storie di animali») quelli che hanno contribuito a diffondere le idee dell’etologo austriaco anche tra i non «addetti ai lavori».

3. Negli ultimi decenni si sono fatte più forti le riserve degli studiosi nei confronti del sostanziale innatismo di L. Resta tuttavia importante la sua incidenza sulla formazione e sullo sviluppo. Va sottolineato in particolare il suo progressivo interesse «per gli aspetti dell’educazione, della cultura, della civiltà, dell’ecologia e delle possibili degradazioni che, oltre a creare tensioni, violenze, aggressività, mettono in discussione il patrimonio genetico e portano a involuzioni naturali, biologiche, sociali» (Fornaca-Di Pol, 1993,418).

Bibliografia

a)​​ Tra le opere di L. trad. in it.:​​ Evoluzione e modificazione del comportamento,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1971;​​ Il comportamento animale,​​ Novara, De Agostini, 1977; e in sp.:​​ Hablaba con las bestias,​​ los peces y los pájaros, Barcelona, Tusquets,​​ 2006. b)​​ Studi:​​ Wieser W.,​​ K.L. e i suoi critici,​​ Roma, Armando, 1977; Fornaca R. - R. S. Di Pol,​​ Dalla certezza alla complessità. La pedagogia scientifica del ‘900,​​ Milano, Principato, 1993.

J. M. Maíllo




LOYOLA Íñigo López de

 

LOYOLA Íñigo López de

n. a Azpeitia (Euskadi, Spagna) nel 1491 - m. a Roma nel 1556 (chiamato pure​​ Ignazio​​ fin dal tempo dei suoi studi a Parigi), fondatore dei​​ ​​ Gesuiti.

1. Tutta la sua vita si svolse in chiave pedagogica. Durante la sua convalescenza nella casa paterna (era stato ferito in guerra a Pamplona) sperimentò l’avvicendarsi dei suoi stati d’animo. In seguito, a Manresa (1522), facendo gli esercizi spirituali, comprese che Dio lo trattava come fa un maestro col suo discepolo. Nel 1523 fece un pellegrinaggio in Terra Santa. Al suo ritorno, studiò lat. a Barcellona, inserendosi in una classe di ragazzi (1524). Nel 1526 apprese i primi rudimenti della filosofia ad Alcalá de Henares; fu coinvolto in un processo contro gli​​ alumbrados.​​ L. desiderava che i suoi seguaci rinnovassero la loro vita, pregassero ed esaminassero la loro coscienza, confessandosi e ricevendo l’Eucarestia: era la pedagogia della fede. A Salamanca (1527) non gli fu possibile studiare, infatti fu incarcerato a causa dei sospetti della Inquisizione, ma in seguito fu dichiarato innocente. Completò i suoi studi a Parigi, sperimentando con sollievo l’esattezza del metodo pedagogico della Sorbonne, conseguendo il titolo di Maestro nelle Arti (1534).​​ 

2. Il​​ modus parisiensis​​ fu il modello pedagogico che più tardi lui e i suoi compagni accettarono per i collegi gesuitici (​​ Ratio studiorum).​​ Nelle aule della Sorbonne frequentavano le lezioni e poi, nei rispettivi collegi facevano la ripetizione, adoperando metodi attivi. Ricevette gli Ordini Sacri a Venezia nell’anno 1537, ma celebrò la sua prima Messa la notte di Natale del 1538, a Roma, davanti alla reliquia del presepe di Gesù, a Santa Maria Maggiore. Il desiderio di «aiutare le anime» aveva condotto L. a cominciare a portare a termine i suoi studi come un presupposto del suo apostolato futuro, specialmente quando né lui né i suoi compagni sarebbero potuti andare a Gerusalemme. Predicare in povertà si tradusse per lui pure nel dedicarsi al ministero dell’educazione.

Bibliografia

García Villoslada R.,​​ Sant’I.d.L.,​​ Cinisello Balsamo (MI), Paoline, 1990; Tellechea Idígoras I.,​​ Ignacio de L. solo e a piedi,​​ Città di Castello (PG), Borla, 1990; Barlone S. (Ed.),​​ I.​​ di L.,​​ un mistico in azione,​​ Roma, Città Nuova, 1994; Rahner H.,​​ Come sono nati gli Esercizi. Il cammino spirituale di sant’I. di L., Roma, Ed. Adp, 2004.

F.-J. de Lasala




LUDICITÀ

 

LUDICITÀ

Dal lat.​​ ludus,​​ ovvero​​ ​​ gioco, divertimento, passatempo. Insieme al significato di manifestazione pubblica a carattere religioso (ludi),​​ il termine indica, nell’antica Roma, la scuola e, conformandosi in​​ ludimagister,​​ il​​ ​​ maestro di scuola.

1. Accreditato da tale originaria accezione, primeggia, come intrinseco allo «stato» ludico, il carattere educativo. La l. si lega a un modo di vivere nella quotidianità, nonché a una modalità di rapporto dell’uomo con il mondo. «Ludico» non è semplicemente un atteggiamento o un comportamento sotteso all’attività di gioco, sebbene a questa la l. si connetta più frequentemente che ad altre manifestazioni ed espressioni umane. Nello sviluppo di molteplici esperienze culturali proprie dell’uomo, dal mito al culto, dalla rappresentazione estetica al linguaggio, è rintracciabile un​​ fattore ludico.​​ Processi, dinamiche ed essenze ludiche pervadono l’universo umano. Si potrà concludere che anche gli animali giocano, ma solo l’uomo è ludico.

2. La l. richiama qualità formative per il soggetto di qualsiasi età. Gioia e creatività, armonia e libertà sono racchiuse in essa. Le connotazioni della l. si saldano al vissuto personale piuttosto che a codici sociali, mentre le denotazioni riflettono prioritariamente i caratteri tipici del gioco. La l. è in grado di permeare, con le sue caratterizzazioni, l’esperienza di vita di ciascun essere umano, facendosi «semantica» personale e sociale. In tal senso, la stessa cultura può essere colta​​ sub specie ludi,​​ mentre l’uomo si appropria dell’attributo​​ ludens.​​ Accanto all’educazione che tiene conto della perfettibilità dell’homo​​ sapiens​​ e​​ faber,​​ si delineano quindi processi educativi volti al suo connaturale essere​​ ludens.​​ Nel lavoro e nel tempo libero, nello sport e nel gioco, la persona che partecipi ludicamente trae da se stessa valenze formative. Inoltre, la l. sostiene e incentiva il rapporto con l’altro in famiglia, a scuola e nella società, senza permettere che questa relazione si esaurisca in un semplice incontro casuale.

3. La partecipazione ludica e il vissuto ad essa correlato non possono essere imposti né limitati da necessità o ritualità quotidiane. Non sono individuabili ambiti esistenziali circoscritti spazio-temporalmente, ove la l. si esprima in modo preferenziale. L’infanzia vive spontaneamente tutto ciò che la sua natura le offre; la l. ne guadagna in termini di autenticità, creatività, originalità. L’adulto, al contrario, tende a falsificare la sua stessa essenza umana quando reprime la propria espressività ludica esaurendola in rari momenti di gioco. La l. è in grado di pervadere ogni linguaggio, inventando e realizzando molteplici fenomenologie.

Bibliografia

Huizinga J.,​​ Homo ludens,​​ Amsterdam, Pantheon Akademische, 1939;​​ Rahner H.,​​ Der spielende Mensch,​​ Einsiedeln, Johannes, 1952; Fink E.,​​ Spiel als Weltsymbol,​​ Stuttgart, Kohlhammer,​​ 1960;​​ Caillois R.,​​ Les jeux et les hommes. Le masque et le vertige,​​ Paris, Gallimard, 1967;​​ Moltmann J.,​​ Die ersten Freigelassenen der Schöpfung. Versuche über die Freude an der Freiheit und das Wohlgefallen am Spiel,​​ München, Kaiser,​​ 1971 (trad. it.:​​ Sul gioco.​​ Saggi sulla gioia della libertà e sul piacere del gioco,​​ Brescia, Queriniana, 1988); Kaiser A.,​​ Antropologia pedagogica della l., Brescia, La Scuola, 1996.

A. Kaiser




LUZURIAGA MEDINA Lorenzo

 

LUZURIAGA MEDINA Lorenzo

n. a Valdepeñas nel 1889 - m. a Buenos Aires nel 1959, pedagogista spagnolo.

1. È stato uno dei principali innovatori dell’educazione in Spagna e in​​ ​​ America Latina nella prima metà del sec. XX. Frequentò la​​ Escuela Superior de Magisterio e l’Universidad​​ di Madrid. Completò gli studi pedagogici nelle università di Jena e Berlino. Ispettore di Insegnamento elementare, lavorò nel Museo Pedagógico Nacional di Madrid sotto la direzione di​​ ​​ Cossío, portando a termine una intensa attività di ricerca e di diffusione delle idee pedagogiche. Dal 1933 fu professore di Organizzazione dell’insegnamento e politica pedagogica a Madrid. Intellettuale impegnato, partecipò nella lotta per la modernizzazione della scuola; preparò la relazione che la Scuola Nuova presentò al Partito Socialista Operaio spagnolo, e occupò cariche importanti nell’Amministrazione durante la Seconda repubblica spagnola. A causa della guerra civile dovette partire per l’esilio e cominciò la seconda parte della sua vita, privata e pubblica, in Argentina. Fu nominato professore dell’Università di Tucumán e poi ottenne la cattedra di Storia dell’educazione e della pedagogia presso l’Università di Buenos Aires. Prese parte a numerose iniziative culturali come la creazione dell’editrice «Losada» (in cui diresse la celebre «Biblioteca pedagógica») e della rivista «Realidades».

2. L., tipico rappresentante della generazione del 1914, capeggiata da​​ ​​ Ortega y Gasset, suo ispiratore in campo filosofico, riceve un forte influsso dal pensiero pedagogico di​​ ​​ Giner de los Ríos, di​​ ​​ Natorp, di​​ ​​ Kerschensteiner​​ e di​​ ​​ Dewey, che si riflette nella proposta e nell’impegno di formazione dell’uomo libero e completo. Perché questo ideale possa essere raggiunto da tutti gli esseri umani, L. propone e difende vigorosamente la scuola attiva e pubblica, neutrale e unificata. Tra i numerosi scritti, vanno ricordati come più importanti:​​ El analfabetismo en España​​ (1919),​​ La escuela unificada​​ (1922; recente ediz.: Madrid, 2001),​​ La educación nueva​​ (1927),​​ Historia de la educación pública​​ (1949),​​ Pedagogía social y política​​ (1954).​​ D’altra parte uno dei maggiori successi come pubblicista è stata l’edizione durata quindici anni della «Revista de Pedagogía» (1922-1937) a Madrid e un anno a Tucumán, in cui furono presentate tempestivamente in castigliano le idee pedagogiche più innovatrici del momento storico.

Bibliografia

Ruiz Berrio J., «L.L.M.», in Á. Galino (Ed.),​​ Textos pedagógicos iberoamericanos,​​ Madrid, ITER, 1968, 1605-1626;​​ L.L. y la política educativa de su tiempo,​​ Ciudad Real, Diputación Provincial, 1986; Barreiro V.,​​ L.L. y la renovación educativa en España (1889-1936),​​ A Coruña, Do Castro, 1989; Lozano Seijas, C., «La coherencia de un liberal honrado». Prólogo a L.L.,​​ La escuela nueva pública, Buenos Aires, Losada, 2002, 9-44.

J. Ruiz Berrio​​