KOMENSKÝ Jan Amos
n. a Nivnice nel 1592 - m. ad Amsterdam nel 1670, teologo, poligrafo, pedagogista ed educatore moravo, più noto con il nome latinizzato di Comenio.
1. Vita e opere. Di famiglia benestante, rimase orfano nel 1603. Affidato a una zia, frequenta le scuole dell’«Unità dei Fratelli», comunità religiosa di ascendenza hussita, cui la famiglia apparteneva e che si occuperà degli studi di K.: prima nella scuola latina di Přerov (1608-1611), poi nell’Accademia di Herborn per la teologia, con uno stage presso l’Università di Heidelberg (1613). A Herborn ebbe come docenti J. Alsted e J. Fischer, dai quali derivò la tendenza al millenarismo e all’enciclopedismo. Nel 1614 tornò a Přerov come insegnante e poi rettore; nel 1616 fu ordinato sacerdote e pubblicò Grammaticae facilioris praecepta, ispirata a → Ratke, ma non conservata. Sposatosi, fu inviato a Fulnek come pastore e rettore della scuola locale. La guerra dei Trent’anni (1618-1648) causò la distruzione di Fulnek e una pestilenza, in cui K. perse la moglie e due figli (1622). Dovette allora nascondersi presso il barone von Žerotín a Brandys, dove, dopo alcuni tentativi di scritti enciclopedici, completò diverse opere religioso-consolatorie, tra cui il Centrum securitatis (1625) e si risposò (1624). La lettura della Didactica di E. Bodinus, ne riaccese l’interesse educativo, mentre l’incontro con K. Kotter, di cui tradusse le «profezie», ne rafforzò la tendenza millenaristica. Nel 1628, acuitasi la persecuzione religiosa, dovette rifugiarsi a Leszno in Polonia, senza poter più rientrare in patria. Insegnò nel ginnasio della fiorente comunità dei Fratelli, diventandone rettore. Terminò la Didactica in ceco, che tradurrà poi, ampliandola e adattandola, in lat. Pubblicò la Janua linguarum reserata (1631), di grande successo, la Physicae synopsis e l’Informatorium der Mutterschule (Manuale della scuola materna, 1633). Si aprì, al tempo stesso, alla dimensione pansofica, pur continuando a preparare testi scolastici, in quanto, eletto «Senior» (vescovo) nel 1632, fu incaricato degli interessi culturali della comunità. In Olanda conobbe i de Geer, suoi mecenati fino alla morte. Si occupò, a Elbląg (1642), di testi scolastici per la Svezia, ma non trascurò l’ascolto di profezie, né incontri irenici ed ecumenici, mentre approfondiva l’interesse pansofico (Pansophiae diatyposis 1643 e inizio della Consultatio catholica 1645). Pubblicata la Methodus linguarum novissima (1648), dopo la morte della moglie, rientrò a Leszno e nel 1649 si risposò. Invitato a Sárospatak (Transilvania) nel 1650, si impegnò in una riforma delle scuole, con relativi testi. Ma nel 1654 rinunciò all’impresa per l’opposizione di docenti locali e per le sue crescenti preoccupazioni politiche. Tornò quindi a Leszno, da cui dovette fuggire definitivamente (1656), perdendo ancora una volta i suoi beni, con il saccheggio della città. Si ritirò così ad Amsterdam, appoggiandosi alla famiglia de Geer. Pubblicò la Schola ludus (1656) e poi il suo famoso testo illustrato Orbis sensualium pictus (1658), preparati a Sárospatak; e, nel 1657, l’Opera didactica omnia (2 voll., in folio), in cui fu pubblicata, per la prima volta, la Didactica magna. Affrontò anni difficili, per la salute e per le ricorrenti polemiche, ma tentò con impegno di completare la De rerum humanarum emendatione consultatio catholica, rimasta ciononostante incompiuta. Pubblicò, nel frattempo, l’Angelus pacis (1667) e l’Unum necessarium (1668), oltre ad altri scritti minori. Raccolti vari materiali, imbastì i Clamores Eliae (editi solo nel 1977), tra il 1665 e il 1670, quando affaticato e angustiato per la sorte della sua gente e della sua chiesa, morì. In precedenza aveva messo a punto, tra l’altro, la Janua rerum reserata, pubblicata postumi nel 1681.
2. Il pensiero pedagogico. K., celebrato per i suoi manuali scolastici e, dal secolo scorso, per la Didactica Magna, si era sempre proclamato «theologus», più che per l’interesse per la sua chiesa, per l’impegno nel decifrare, propagare e realizzare la volontà divina, norma suprema di ogni agire. Essa si manifesta, a suo avviso, mediante i «tre libri divini»: la Bibbia, la natura e la mente umana, con un indiscutibile primato della prima, testo della rivelazione, che rimane però aperta e non conclusa, lasciando spazio alle profezie, cui aderisce con certa ingenuità. In questa linea teocentrica, si muove durante tutta la sua vita, polemizzando con i contemporanei, pur senza disconoscere il relativo valore delle scienze. Due principi ne guidano il pensiero: il triadismo e l’armonia universale, entrambi fondati nella Scrittura e avvalorati dalle sue riflessioni, che lo fanno passare da un iniziale enciclopedismo alla concezione pansofica. In questa, anche con un ricorso quasi ossessivo al prefisso gr. «pan», egli evidenzia l’esigenza di globalità e universalità («Uni-versum» = tensione all’Uno, che è Dio) onniinclusiva, organica e coordinata, pur nelle sue svariate articolazioni. Dio, uno e trino, creatore e matrice di tutto l’esistente, ne è parimenti il padre e il fine e, nella persona di Cristo, il redentore, a causa del peccato originale umano. L’uomo, figlio e immagine di Dio, è, a sua volta, «microcosmo» e mediatore tra Lui e le creature, che a Lui deve ricondurre, secondo un’ispirazione, in K., mistico-neoplatonica. A tal fine è dotato di «semi innati», che, sviluppati, lo abilitano al suo compito, benché parta come una «tabula rasa». In tal senso K. mette a punto tutta una serie di triadi, che specificano le possibilità umane e i sentieri da percorrere, come è detto specie nel Triertium catholicum. Tra le altre (a volte, con i termini invertiti): gli organi per la lettura dei libri divini: «sensus, ratio, fides», usando: «mens, manus, lingua», da cui il «sapere, agere, loqui» (SAL: una delle triadi fondamentali). Questa, mediante «analysis, synthesis, syncrisis» permette l’esplicazione di «theoria, praxis, chresis». Le due ultime triadi, oltreché tipiche di K., hanno un ruolo particolare sul piano educativo. Infatti non solo rivelano meglio l’armonia universale, ma consentono di raggiungere obiettivi altrimenti impossibili, come la conoscenza di Dio, necessariamente analogica e quindi per confronto (sincrisi), e un uso del sapere e agire, che porti a un’autentica fruizione gratificante e rasserenante (cresi). Pertanto l’operare umano, nella sua compiutezza è, al tempo stesso, teorico-pratico e fruitivo, come chiarisce appunto la pansofia, «sapienza universale», operativamente connotata e unificante ogni sapere umano, superando la frammentarietà dell’enciclopedismo. Su questa base, K. afferma e giustifica la centralità della dimensione educativa, cui dedica appunto la quarta delle sette parti della Consultatio: opera complessiva per una riforma universale, purtroppo non pubblicata integralmente che nel 1966. La prima e la settima parte («Panegersia» e «Pannuthesia») sono, rispettivamente, introduttiva e conclusiva; la seconda e la terza («Panaugia» e Pansophia» o «Pantaxia») sono più teoriche; la quarta e la quinta («Pampaedia» e «Panglottia») esprimono il momento pratico-applicativo, sotto il profilo individuale; mentre la sesta («Panorthosia») delinea, dal punto di vista sociale e ai vari livelli, il cammino per un esito fruitivo, in un orizzonte stimolante e originale, ma indubbiamente utopico. Due componenti caratterizzano il pensiero pedagogico di K.: quella metodologica, imposta dall’affermarsi delle scienze; e quella contenutistica, frutto delle sue informazioni e di una elaborazione teorica e pratica. Quanto al metodo, sottolinea anzitutto il trinomio necessità, possibilità e facilità dell’educazione, riconducibili, rispettivamente, al raggiungimento del fine dell’uomo, alla sua dotazione naturale («libri», «organi», «strumenti») e alla «spontaneità» del processo. Di qui, in sintonia con Ratke, la naturalità dell’educazione stessa, giustificata prima sul modello dei processi naturali (cfr. Didactica magna) e poi sulla stessa natura umana: evoluzione con significativi risvolti didattici, non riducibili alla gradualità, ciclicità e continuità, caratterizzanti la sua didattica scolastica. Infatti, nel corso degli anni, si allargano gli spazi per una partecipazione dell’allievo, affiancando alla «didactica» (ars docendi), la «mathetica» (ars discendi), dando così più spessore a sue precedenti affermazioni, come: «agendo discitur», «fabricando fabricamur» e simili. Quanto ai contenuti, K., partito dall’esigenza di insegnare tutto, sia pure relativamente (in funzione cioè della «sapienza» e della felicità), a tutti, «nemine usquam neglecto, quia omnes sunt homines», integra poi questo binomio con un terzo membro, globalmente, integralmente, creando la triade pedagogicamente, forse, più importante: «omnes, omnia, omnino». Definito l’orizzonte, K. traccia il cammino, che consente di raggiungere detti obiettivi: la «panscholia», «pambiblia» e «pandidascalia» (cfr.: «Pampaedia»). Si ipotizzano dunque scuole, testi e insegnanti per tutti e per ogni situazione. Dei docenti K. si era occupato specialmente durante il suo soggiorno a Sárospatak, pur ribadendo poi l’esigenza della loro preparazione e delle altre doti, che li devono qualificare; dei manuali richiama la facilità e, possibilmente, unicità con quelle altre attenzioni che ne rendono proficuo l’uso. Più ampia la trattazione sulle scuole, che, contrariamente ad altri suoi progetti anteriori, diventano coestese all’intera vita umana, con cui (in una visione del tutto innovativa) si identificano, perdendo il loro carattere di istituzione e di rapporto bipolare. Si parte così dalla «scuola prenatale», con spazi, sussidi e fini propri (come tutte le altre), per passare poi alla «scuola dell’infanzia», «della fanciullezza», «dell’adolescenza» e «della giovinezza» o accademia (già presenti queste nella Didactica magna) e, quindi, alla «scuola della virilità», «della vecchiaia» e «della morte». A ognuna è dedicato, con indicazioni tradizionali e no, un capitolo, non sempre completato: quello sulla morte (scuola aggiunta «in extremis») è appena abbozzato. Non sfugge certo il carattere radicalmente riformistico, se non rivoluzionario, di questa visione pedagogica di K.: funzionale sul piano individuale e sociale e integrata, ulteriormente, dalla ricerca e proposta di una lingua unica, per agevolare la comunicazione e collaborazione tra gli uomini (cfr. «Panglottia»). Introduce inoltre correzioni (egli parla di «emendatio») da apportare anche all’interno della famiglia, degli stati e delle chiese, sotto il controllo di organismi internazionali («Collegium lucis», «Consilium oecumenicum» e «Concistorium pacis»), per costruire una vita umana diversa e più soddisfacente. In questa prospettiva assume un rilievo crescente la dimensione politica, ma conserva e, forse, accresce il suo significato la dimensione religiosa, senza la quale nulla è fattibile per K. Di qui la possibilità, quanto meno, di un suo ripensamento globale e tardivo, per cui l’educazione perde il proprio ruolo centrale a vantaggio di un fattore religioso-politico, come sembrerebbe avvenire con i Clamores Eliae, benché restino di difficile lettura per la loro frammentarietà e incompiutezza.
3. Valutazione. Con un’evoluzione continua nei suoi atteggiamenti e nel suo pensiero, K. è stato ed è oggetto di interpretazioni diverse e contrastanti. Prima, si è passati da letture in chiave puramente didattica, a letture più comprensive con accentuazione di interessi, a volte, filosofici; a volte, storico-letterari; a volte, filologici, socio-politici, pedagogici e, poi, teologico-religiosi: tutti indubbiamente presenti in lui e sovrapponentisi, con momenti di maggior attenzione all’uno o all’altro. Dall’inizio alla fine tuttavia K. ha due preoccupazioni principali, in sintonia con la sua missione di «teologo»: quella per il suo popolo e la sua chiesa e quella per la salvezza del genere umano, che percepisce sempre più insensibile ai richiami di Dio e dei «profeti». Di qui il suo ultimo tentativo con i Clamores Eliae, dove accanto a più estese e crude critiche, prospetta anche nuove possibilità di conversione. L’opera di K. e la sua personalità non hanno esercitato tutto l’influsso che avrebbero potuto avere in altre circostanze e se fossero stati conclusi e pubblicati, a suo tempo, tutti i suoi scritti. Ha goduto però di grande fama e fu richiesto da più parti, così da essere riconosciuto «magister nationum». Oggi, studiato specie in patria e in Germania, se ne apprezzano soprattutto altri aspetti, con un’accentuazione del suo impegno per la pace e per la riconciliazione tra le chiese, e si riconosce in lui il fascino di un’umanità cosciente, responsabile e aperta, nonostante i disagi e le peripezie sofferti. Malgrado lo svantaggio di partenza, con la perdita dei genitori, ha saputo riprendersi, lavorare con impegno, lottare e progettare con entusiasmo e con slancio utopico, un rinnovamento della società umana, puntando su tutto il disponibile, in virtù di una rivisitazione globale della condizione umana, chiamata a cooperare con Dio per la salvezza del mondo. L’esempio della sua vita, animata da un’incrollabile speranza e da una salda fede, ha fatto di K. un testimone e un promotore di fratellanza, di pacificazione e di coinvolgimento responsabile in una ricerca continua, critica e, nonostante qualche rigidità, feconda.
Bibliografia
a) Fonti: Comenii J.A., Opera omnia, Pragae, Academia scientiarum bohemoslovaca, 1969ss., in 25 voll, più gli indici. In it. si segnalano: Opere di C., a cura di M. Fattori, Torino, UTET, 1974; Grande didattica, a cura di A. Biggio, Firenze, La Nuova Italia, 1993; La riforma universale del mondo, a cura di G. Formizzi, Verona, Il Segno dei Gabrielli, 2003. b) Studi: Bellerate B., La sincrisi nella metodologia di G.A.C, in «Salesianum» 24 (1962) 86-110; Schaller K., Die Pädagogik des J.A.C. und die Anfänge des pädagogischen Realismus im 17. Jahrhundert, Heidelberg, Quelle & Meyer, 21967; Bellerate B. (Ed.), C. sconosciuto, Cosenza, Pellegrini, 1984; Schaller K. (Ed.), Zwanzig Jahre C. Forschung in Bochum, Sankt Augustin, Academia Verlag, 1990; Id. (Ed.), C. 1992 - Gesammelte Beiträge zum Jubiläumsjahr, Ibid., 1992; Bellerate B., C. e l’educazione, in «Pedagogia e Vita» 52 (1994) 1, 31- 42; Ferranti C. (Ed.), J.A.C. 1592-1670, Macerata, Quodlibet, 1998; Cauly O., C.: l’utopie du paradis, Paris, PUF, 2000; Bellerate B. A., Società ed educazione in Europa (Secoli XVI-XVII), Milano, Unicopli, 2004; Valeriani A., Pellegrini nel labirinto del mondo e del vivere, Ibid., 2006.
B. A. Bellerate