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INNATISMO

 

INNATISMO

Orientamento filosofico che sostiene l’esistenza di idee o di principi conoscitivi o pratici presenti nell’uomo dalla nascita e quindi indipendenti da ogni esperienza. L’i. – che trova la sua formulazione più antica nella teoria platonica della reminiscenza – permea, nella sua polemica con 1’​​ ​​ empirismo, tutta la storia della filosofia occidentale, presentandosi in versioni più o meno ristrette e radicali a seconda della diversa interpretazione proposta per le idee innate, considerate comunque presupposto essenziale della validità di ogni conoscenza e garanzia della stabilità e assolutezza dei principi morali.

1. Se​​ ​​ Platone, e tutti gli autori del pensiero classico che alla sua teoria si rifanno, sostanzializzano le idee innate, concettualizzandole alla stregua di sostanze mentali, Descartes e Leibniz ridefiniscono a loro volta le idee innate come disposizioni della mente, come tendenze a reagire a determinate stimolazioni sensoriali secondo forme invarianti. In particolare Leibniz con il suo i. virtuale non ammette il possesso di vere e proprie conoscenze anteriori ad ogni esperienza ma sostiene che l’uomo nasce dotato di tendenze e virtualità mentali senza le quali la stessa esperienza non sarebbe possibile. Per Leibniz dunque la mente, con la sua capacità di costruire sintesi e di stabilire rapporti e correlazioni è la funzione presupposta di ogni esperienza possibile.

2. Nel pensiero moderno le posizioni innatiste, che assumono in genere un carattere più sfumato e articolato, caratterizzano ad es. la tesi di H. Spencer che vede nei caratteri che appaiono innati negli individui il frutto evolutivo delle esperienze della specie. Per Spencer l’uniformità di alcuni procedimenti intellettuali che si presentano negli individui in un momento determinato dell’evoluzione deriva dal fatto che il singolo eredita quanto la specie è venuta lentamente accumulando e ha di volta in volta stabilizzato attraverso opportune modificazioni del sistema nervoso. Nella sua riformulazione kantiana, l’orientamento innatista si presenta in forme nuove nelle cosiddette scienze umane e costituisce, ad es., la base della antropologia strutturale elaborata da Lévi-Strauss nonché della teoria del linguaggio proposta da Chomsky che identifica in una innata «grammatica universale generativa» la precondizione all’acquisizione del linguaggio e attribuisce all’esperienza semplicemente la funzione di «mettere in moto» uno schematismo innato. Presupposti fortemente connotati in senso innatista caratterizzano inoltre la teoria degli istinti specifici di McDougall nonché la tipologia di​​ ​​ Sheldon e l’etologia di​​ ​​ Lorenz che attribuiscono importanza fondamentale all’azione dei fattori ereditari nella genesi e nella strutturazione delle condotte. La psicoanalisi freudiana, la teoria piagetiana dello sviluppo, l’etologia post-lorenziana offrono, ciascuna nel proprio ambito e in termini diversi, una soluzione intermedia tra l’ambientalismo e l’i.

3. Secondo gli orientamenti prevalenti, la presenza di strutture psichiche e di schemi comportamentali innati non solo è molto meno significativa di quanto la psicologia scientifica potesse inizialmente ritenere ma soprattutto non è isolabile da fattori acquisiti: ogni modalità innata, nella misura in cui esiste ed è significativa, viene comunque modificata, esaltata o repressa, mutata nei suoi significati e nei suoi fini in ragione di eventi educativi, ambientali e dunque storico-culturali. Complessivamente, i dati tratti dalla ricerca psicologica sottolineano la complessità dell’interazione fra le strutture innate di comportamento e le specifiche caratteristiche dell’ambiente. In particolare la contrapposizione tra ambientalismo e i. è densa di implicazioni ideologiche: si pensi al dibattito particolarmente vivo negli Stati Uniti, relativo all’ereditarietà o meno della superiorità intellettuale di alcuni gruppi rispetto ad altri. L’orientamento innatistico, dunque, in contrapposizione alle teorie che considerano di importanza primaria ciò che è acquisito, finisce per legarsi ai principi del darwinismo sociale e costituisce in questo senso la premessa scientifica al principio della disuguaglianza selettiva degli individui.

Bibliografia

Mecacci L.,​​ Storia della psicologia del novecento,​​ Roma / Bari, Laterza, 1992; Raggiunti R.,​​ I. e linguaggio nel pensiero di Leibniz, Massarosa, Del Bucchia, 1998; Id.,​​ Da Tommaso a Rosmini: indagine sull’i. con l’ausilio dell’esplorazione elettronica dei testi, Venezia, Marsilio, 2003; Barsky R. F. - N. Chomsky,​​ Una vita di dissenso,​​ Roma, Datanew, 2004; Chomsky N. - M. Foucault,​​ Della natura umana. Invariante biologico e potere politico, Roma, DeriveApprodi, 2005.

F. Ortu - N. Dazzi




INNOVAZIONE

 

INNOVAZIONE

È un vocabolo di recente comparsa nella letteratura pedagogica, ma ha avuto successo immediato soprattutto a partire dagli anni ’70, anche ad opera degli organismi internazionali.

1. L’i. come termine richiama il cambiamento, ma nell’ambito pedagogico essa non indica qualunque cambiamento. Un’autentica i., ben lungi dall’improvvisazione, dal cambiamento fine a se stesso, dal pragmatismo deleterio, richiede una serietà di ricerca, sperimentale e non, con un’intenzione deliberata e un accurato processo di programmazione-realizzazione-verifica, il cui risultato deve costituire un effettivo miglioramento qualitativo. Essa indica così l’applicazione dell’esito positivo della ricerca e spesso viene a significare la strategia della ricerca-azione (Action research; Aktionforschung).

2. L’i. è un processo complesso che si effettua a vari livelli: istituzionale, organizzativo, didattico, e richiede competenze e strategie, nonché l’assicurazione delle condizioni e dei mezzi necessari. In questi ultimi decenni la scuola ha vissuto un periodo intenso di trasformazioni profonde attraverso le i. relative a: revisione dei programmi e​​ ​​ programmazione, nuovi sistemi di​​ ​​ valutazione e di​​ ​​ formazione degli insegnanti, collegialità, integrazione scolastica degli handicappati, apertura della scuola al sociale, sperimentazione, continuità educativa, valorizzazione dei nuovi mezzi tecnologici,​​ ​​ e-learning, ecc. I campi toccati dall’i. hanno contemplato, perciò, non solo i cambiamenti​​ concettuali​​ (programmi e metodi di insegnamento,​​ ​​ software​​ didattico compreso, in relazione all’individuazione dei nuovi compiti specifici della scuola), ma anche i cambiamenti​​ relazionali​​ e​​ organizzativi​​ (la partecipazione interna-esterna come criterio organizzativo e formativo, il​​ ​​ team teaching),​​ e i cambiamenti​​ materiali​​ riguardanti attrezzature e sussidi (laboratori multimediali,​​ hardware​​ audiovisivi, biblioteche di lavoro, TV a circuito chiuso e aperto, computer, internet, ecc.). Le riforme scolastiche, sia grandi che piccole, sono pure delle i. pedagogiche, sebbene non sempre in senso positivo soprattutto se sono dovute esclusivamente all’ideologia del regime politico.

3. Urge oggi creare delle vie per un’opportuna comunicazione e cooperazione tra ricercatori, insegnanti e organi decisionali: istituire dei centri di ricerca in connessione diretta con le scuole e gli insegnanti, sia per favorire un flusso ininterrotto d’informazioni tra persone interessate e una partecipazione attiva alla ricerca da parte degli insegnanti, sia per consentire alle autorità competenti di valutare ostacoli e difficoltà nell’introdurre certe i. In ogni caso, l’adeguata formazione iniziale e continua degli insegnanti costituisce il motore principale dell’i.

Bibliografia

Ceri,​​ Études de cas d’innovation dans l’enseignement,​​ 4 voll., Paris, Ocde,​​ 1973; Huberman A. M.,​​ Understanding change in education.​​ An introduction,​​ Paris / Genève, Unesco / BIE, 1973 (31979);​​ House E. R.,​​ Tres perspectivas de la innovación educativa,​​ in «Revista de Educación»​​ 36 (1988) 5-34.

H.-C. A. Chang