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INCLUSIONE SOCIALE

 

INCLUSIONE SOCIALE

Per i.s. si intende un processo multidimensionale di interventi rivolto ad assicurare la piena partecipazione di tutti alle opportunità sociali. Qui ci si limiterà all’ambito educativo.

1.​​ Obiettivi e strategie a livello macro. Di fronte alle sfide della globalizzazione e della nuova economia basata sulla conoscenza, nel 2000 l’UE si è data a Lisbona un programma per questo decennio e ha individuato in un grande rafforzamento dell’istruzione e della formazione la chiave di volta per realizzare, tra l’altro, l’i.s. Ricordo i capisaldi, rilevanti per il nostro tema, di questo progetto che vincola tutti i Paesi dell’Unione, compresa l’Italia. In primo luogo si tratta di migliorare la qualità e l’efficacia​​ dei sistemi di istruzione e di formazione in modo da consentire a tutte le persone di realizzare il loro potenziale in qualità di cittadini e di rendere i sistemi sociali più competitivi e dinamici. La prevenzione dall’esclusione sociale deve prendere le mosse proprio dalla realizzazione di questo impegno perché è provato che la probabilità di cadere nella emarginazione è notevolmente superiore tra quanti sono privi di una preparazione e di qualifiche adeguate. Pertanto si richiede che tutti i cittadini possiedano conoscenze, competenze e capacità adeguate e aggiornate per contribuire allo sviluppo proprio e del Paese. Nella stessa linea si pone l’obiettivo di facilitare l’accesso di tutti all’istruzione e alla formazione lungo l’intero arco della vita e di consentirlo in un ambiente di apprendimento aperto. In questo quadro va anche garantita a ciascuno l’utilizzazione delle nuove tecnologie data la loro rilevanza ai fini dell’i.s.

2.​​ Obiettivi e strategie a livello micro. Un primo obiettivo consiste nello sviluppare le capacità per la​​ ​​ società della conoscenza. Passando nello specifico, bisognerà rafforzare l’alfabetizzazione di base e consentire a tutti di acquisirne un livello operativo adeguato perché qui risiede la chiave di volta di tutte le successive capacità di apprendimento e dell’occupabilità. Strategia fondamentale per raggiungere questo obiettivo è di rendere l’apprendimento più attraente. Nella stessa linea altri due impegni del prossimo decennio consistono nell’incentivare gli studi scientifici e tecnici e nel migliorare l’apprendimento delle lingue straniere data la loro incidenza sulla i. ed esclusione sociale delle persone.

Bibliografia

Consiglio,​​ Programma di lavoro dettagliato sul follow-up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e di formazione in Europa, in «Gazzetta ufficiale delle Comunità europee» (14.6.2002), C 142, 1-22; Malizia G. - C. Nanni,​​ Istruzione e formazione: gli scenari europei, in Ciofs / Fp - Cnos-Fap (Ed.),​​ Dall’obbligo scolastico al diritto di tutti alla formazione: i nuovi traguardi della formazione professionale, Roma, 2002, 15-42; Standing Conference of European Ministers of Education,​​ Building a more humane and inclusive Europe: role of education policies,​​ Draft final declaration, Istanbul, 4-5 May 2007.

G. Malizia




INCONSCIO

 

INCONSCIO

In senso​​ descrittivo​​ si riferisce all’insieme dei contenuti mentali che non sono presenti nel campo attuale della consapevolezza. Entro quest’ottica, dal punto di vista dinamico esistono due tipi d’i.: il primo è inaccessibile alla coscienza, mentre il secondo con uno sforzo di memoria può essere facilmente rievocato; quest’ultimo è denominato​​ preconscio.​​ In senso​​ topico​​ riguarda uno dei sistemi descritti da S.​​ ​​ Freud nella sua prima teoria della personalità (concezione​​ stratigrafica:​​ conscio, preconscio, inconscio). Nella sua seconda formulazione teorica (concezione​​ strutturale:​​ Es, Io, Super-Io),​​ i caratteri generali dell’i. sono attribuiti principalmente, anche se non in modo esclusivo, all’Es.

1. L’i., i cui contenuti sono rappresentanti delle pulsioni, è caratterizzato da processi emotivi dominati dal principio del piacere e che quindi non tengono conto delle leggi del pensiero razionale. Esso inoltre è essenzialmente dominato da processi dinamici che si manifestano sia attraverso il meccanismo della rimozione (​​ meccanismi di difesa) che nella produzione di derivati di ciò che è rimosso (ritorno del rimosso) attraverso formazioni di compromesso (sogni, lapsus, atti mancati, sintomi nevrotici o psicotici, attività creativa, ecc.).

2. L’i. si forma nella prima infanzia come risultato di una rimozione di una serie di rappresentazioni mentali originate da stimoli percettivi esageratamente intensi e fonte di ansia. Esso dà origine alla​​ realtà psichica​​ dell’individuo, detta anche​​ realtà interna​​ o​​ soggettiva,​​ che si distingue e talvolta si oppone alla realtà esterna o oggettiva. Maggiore è il predominio della realtà psichica su quella esterna, più alto è il rischio di disturbi nevrotici o psicotici. L’accesso all’i., è possibile solo attraverso un’analisi accurata dei propri desideri, delle proprie emozioni e dei propri comportamenti condotta all’interno del rapporto terapeutico psicoanalista-paziente. In particolare, Freud sottolinea che la via regia per accedere all’i., è rappresentata dall’analisi dei sogni.

3.​​ ​​ Jung ritiene che non esiste solo un​​ i. personale,​​ costituito da esperienze individuali infantili rimosse, ma anche un​​ i. collettivo,​​ inteso come insieme di contenuti (archetipi, simboli, miti) derivati da esperienze fondamentali del genere umano.

Bibliografia

Jung C. G.,​​ Psicologia dell’i.,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1968; Ellenberger H. F.,​​ La scoperta dell’i. Storia della psichiatria dinamica,​​ Ibid., 1976; Freud S., «L’i.», in​​ Opere,​​ vol. 8, Ibid., 1976, 49-88; Matte Blanco I.,​​ L’i. come insiemi infiniti,​​ Torino, Einaudi, 1981; Lang R.,​​ La comunicazione inconscia nella vita quotidiana,​​ Roma, Astrolabio, 1988; Akoun A.,​​ El inconsciente a debate: comprender,​​ saber,​​ actuar revisión y actualización,​​ Natalia Ojeda, Bilbao; Mensajero, 2002 Tallis F.,​​ Breve storia dell’i., Milano, Il Saggiatore, 2003; Frankl G.,​​ Esplorare l’i. Un nuovo metodo per l’analisi del profondo, Torino, Bollati Boringhieri, 2005;​​ Mollon P.,​​ L’i., Torino, Centro Scientifico, 2006.

V. L. Castellazzi




INCULTURAZIONE

 

INCULTURAZIONE

Per i. s’intende il processo educativo per cui i membri di una​​ ​​ cultura vengono resi coscienti e partecipi della cultura stessa.

1. In questo processo, l’individuo non è un soggetto passivo, ma accoglie i modelli e i valori culturali con il suo giudizio critico. Inoltre, nell’individuo si sviluppa una crescita continua della capacità di interpretare in maniera autonoma e personale ciò che vede o che gli viene proposto. Tutta la società si preoccupa per i giovani che sono chiamati a far parte della sua realtà e storia comune. L’i. comprende particolarmente l’assunzione del patrimonio sociale comune di conoscenze, idee, valori, norme, tecniche, modelli operativi, ecc. L’i. si coglie con maggior evidenza durante l’infanzia, quando il​​ ​​ bambino viene educato ad essere​​ ​​ uomo o​​ ​​ donna nell’ambito della​​ ​​ famiglia e dei gruppi spontanei di coetanei. All’interno del processo d’i. si può parlare di tre stadi: a) si informa l’individuo; b) si forma la sua visione mentale; c) si orienta il suo comportamento. L’informazione nutre la coscienza e l’individuo che, da creatura del tutto dipendente, diventa una persona responsabile e autonoma. Oltre ai tre stadi, c’è anche​​ l’imitazione​​ che è un aspetto dell’i., che appare determinante soprattutto al periodo infantile. L’imitazione però non appartiene soltanto al periodo dell’infanzia, ma continua tutta la vita e prosegue con il processo d’i.

2. Il processo di i. può avvenire in due modi:​​ formale​​ e​​ informale.​​ Secondo i sistemi propri della società, a un determinato momento del loro sviluppo, i giovani – maschi e femmine – vengono affidati a specifiche istituzioni (la​​ ​​ scuola) o a specifiche persone (i maestri, ecc.), ai quali si attribuisce il compito dell’i. formale. Diversa è l’i. informale, che si attua continuamente lungo tutta la vita dell’individuo. La distinzione tra i. formale e informale, pur essendo netta, non dev’essere assunta come assoluta. Per es., anche durante il processo dell’i. formale in una istituzione rigida, niente può inibire l’individuo a cogliere tutto ciò che gli si presenta in maniera informale.

3. Questa concezione di i. viene sempre più frequentemente scambiata con il termine​​ ​​ socializzazione. Però, la socializzazione è oggetto di studio di varie discipline scientifiche; per es., la psicologia, la sociologia ecc. e ognuna di esse le dà un significato differente, seguendo il suo punto di vista. Mentre nella prospettiva psicologica si bada ai meccanismi e ai processi evolutivi, in quella sociologica la socializzazione va studiata sulle procedure sociali che determinano la condizione sociale, individuale e collettiva. Invece, nell’ambito dell’​​ ​​ antropologia culturale l’interesse per la socializzazione si svolge attorno al rapporto tra il mondo della cultura e la personalità, individuale e collettiva; a tale senso si avvicina a quello che noi chiamiamo i. Nel quadro della cultura, l’i., come anche la socializzazione, è vista da parte dell’individuo come l’insieme dei processi da acquisizione della cultura, e da parte del gruppo come il sistema di comunicazione di cultura.

4. È necessario fare una distinzione anche tra i. e​​ acculturazione​​ per cogliere meglio il significato dell’una e dell’altra, perché all’i. si accompagna o si sovrappone l’acculturazione.​​ Benché per fini analitici sia possibile isolare il processo di i., non sarebbe esatto considerarlo in maniera avulsa dai contatti che una cultura ha con un’altra. Mentre l’i. riguarda la dinamica interna di una singola cultura in relazione ai suoi membri, l’acculturazione si riferisce alle relazioni esistenti tra più culture e agli effetti che derivano dai loro contatti. Ma è da notare che, essendo la cultura non statica, ma dinamica, si può dire che una delle sue costanti è il fatto di essere sempre in trasformazione. Ora tale processo da Herskovits è chiamato anche​​ acculturazione.​​ Nel linguaggio antropologico la parola acculturazione è in uso fin dal 1948, e si è diffusa ormai nel linguaggio anche degli storici. Tuttavia il fenomeno è stato da sempre studiato, sia pure con prospettive diverse da quelle attuali.

5. Nell’ambito pastorale i. è usato per indicare l’inserimento del cristianesimo nelle culture, sia nell’annuncio della Parola come anche nella​​ ​​ catechesi. Benché l’uso ecclesiale della parola i. nel 1979 fosse considerato un «neologismo», oggi non è più considerato una scelta facoltativa, ma qualifica ogni attività della missione della chiesa. Questo concetto è meglio precisato nell’attività liturgica e nella​​ ​​ catechesi, in quanto si tratta di un incontro dialettico fra la fede cristiana ed una cultura particolare, in cui tutte e due vengono ratificate, sfidate e trasformate o arricchite in vista del regno di Dio.

Bibliografia

Bernardi B.,​​ Uomo cultura società. Introduzione agli studi etno-antropologici,​​ Milano, Angeli, 1977; Groome T.,​​ I.: come procedere in un contesto pastorale, in «Concilium» 30 (1994) 1, 159-176; Pace E. (Ed.),​​ Dizionario di sociologia e antropologia culturale,​​ Assisi, Cittadella, 1989; Nanni C.,​​ L’educazione tra crisi e ricerca di senso,​​ Roma, LAS, 1990; Tentori T.,​​ Antropologia culturale. Percorsi della conoscenza​​ della cultura,​​ Roma, Studium, 1990; Roest-Crollius A.,​​ Teologia dell’i.,​​ Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1993.

C. De Souza