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IMITAZIONE

 

IMITAZIONE

L’i. è una forma di​​ ​​ apprendimento che viene adoperata intenzionalmente, ma che si verifica anche in modo spontaneo, e già si ritrova negli animali superiori.

1. Nella formazione degli sportivi e nell’apprendimento delle lingue straniere si impara per i. Anche il comportamento religioso del fanciullo incomincia dall’i. Nell’imitare un comportamento aggressivo o un comportamento altruistico, l’i. assume una rilevanza etica, nella misura in cui ciò avviene in modo responsabile e libero. Anche l’i. spontanea è rilevante per la​​ ​​ socializzazione. Talvolta però risulta nociva (per es. un colpo di karate nel cortile della scuola elementare). L’i. di aggressioni fu oggetto di ricerca da parte di A. Bandura a partire dal 1963. Con sperimentazioni sempre rinnovate, dal vivo o per mezzo di un filmato, si mostrava a bambini (di circa 50 mesi) come si colpisce, calpesta e tratta male una bambola di plastica. Una parte dei bambini osservati imitava spontaneamente il comportamento; la maggior parte però soltanto dietro promessa di​​ reinforcement​​ (succo di frutta, cioccolatino). Il risultato fu chiaro: praticamente tutti i bambini imparano per i., vengono quindi «formati» (shapped: acquisition),​​ anche se (momentaneamente) non traducono a livello motorio ciò che hanno imparato. Dietro​​ reinforcement​​ praticamente tutti i bambini manifestano (emission)​​ l’aggressione che hanno imparato intrinsecamente (performance).

2. Per ciò che riguarda l’aspetto educativo, non appena è stata osservata un’aggressione, immediatamente dovrebbe seguire come​​ feed-back​​ un apprezzamento negativo. Il comportamento successivo (anche nel gruppo) va controllato ed eventualmente, proporzionatamente all’età, va punito. Anche se da molti l’i. è considerata una forma primitiva di apprendimento, essa è tuttavia necessaria. L’importante è che a livello educativo venga trasformata in un libero «apprendimento dell’esempio». Certo, vi sono anche cattivi esempi, persino tra i cristiani (abuso di potere, cfr. Mt 23). «Apprendimento dell’esempio» non è da considerarsi a priori come «manipolazione». Ognuno impara attraverso l’i. dei genitori e degli educatori gli atteggiamenti etici fondamentali.

3. Passando all’agire autonomo, personalmente responsabile, si impara ad assumere un atteggiamento libero e creativo di fronte all’esempio. L’apprendimento per mezzo della ragione (discorso) ha una funzione liberante e rinforzante a questo riguardo. La tendenza a considerare il discorso critico come l’unica forma legittima di apprendimento etico significa «intellettualismo sul piano dell’​​ ​​ educazione morale».

Bibliografia

Bandura A.,​​ Influences of model’s reinforcement contingencies on the acquisition of imitative responses,​​ in «Journal of Personality and Social Psychology» 1 (1965) 6; Stachel G. - D. Mieth,​​ Ethisch Handeln Lernen,​​ Zürich, Benziger, 1978; Visconti W., «I.», in M. Laeng (Ed.),​​ Enciclopedia pedagogica,​​ vol.​​ III, Brescia, La Scuola, 1989, 5930-5933.

G. Stachel




IMMAGINI

 

IMMAGINI

Dal lat.​​ imago,​​ il termine i. ha accezioni molteplici e diversificate. Si tratta della riproduzione di una persona o di un oggetto sotto forma pittorica o scultorea; dal punto di vista della fisica, l’i. è l’insieme di punti (reali o virtuali) dove vanno a convergere, dopo essere passati attraverso un sistema di lenti, i raggi luminosi provenienti dai diversi punti di un corpo luminoso scelto come oggetto. Nella scienza informatica l’i. è una replica esatta del contenuto di una memoria di massa come può essere il disco rigido. Nel campo del​​ marketing, l’i. è la sintesi delle opinioni che il pubblico ha di un’impresa e dei suoi prodotti, derivante da un processo di sedimentazione delle relazioni fra pubblico e impresa e / o prodotti. L’i. grafica è un segno grafico riconoscibile (logotipo, marchio) adeguato alla tipologia di una impresa e alle caratteristiche dei suoi prodotti. Un’i. virtuale è l’i. formata dai raggi luminosi provenienti da un oggetto che passano attraverso lenti convergenti (concave). L’i. virtuale risiede tra le lenti e l’oggetto ed è eretta.

1.​​ Dal punto di vista fisiologico​​ si parla di i. retinica, da quello tecnico si parla di i. fotografica o, nel caso del cinema, di fotogramma. In riferimento alla televisione tradizionale, si tratta dell’insieme di linee orizzontali descritte nel corso di un’analisi completa del soggetto trasmesso. In riferimento alla televisione digitale l’i. è ottenuta grazie a dati digitali di modulazione che vengono compressi e richiedono una decodifica. È possibile produrre l’i. sinteticamente, anche in movimento, come le i. di sintesi della realtà virtuale realizzata su computer o le i. 3-D o le i. olografiche e stereoscopiche.

2.​​ Applicazioni didattico-educative e formative.​​ I. sono le illustrazioni di vario tipo, in bianco e nero e / o a colori, presenti nei libri di testo; i fotomontaggi composti dall’incollare insieme i. o parti di i. su una singola carta o utilizzando programmi di grafica per computer; le i. su acetati proiettate con la lavagna luminosa sono state oggi sostituite dalla proiezione attraverso il computer e il proiettore (​​ mezzi didattici).

3.​​ Ricerche in psicologia cognitiva.​​ Studi scientifici sulle i. mentali hanno accresciuto la comprensione della relazione tra i. e percezione e hanno aiutato a identificare le proprietà spaziali, percettive e trasformazionali delle i. nonché come le i. interagiscono con la percezione e come le scoperte visive possono essere fatte usando le i. Queste ricerche hanno portato una notevole ricaduta didattica: la formazione di i. mentali di oggetti e / o di concetti facilita la comprensione e la memorizzazione di conoscenza dichiarativa e di conoscenza procedurale. In riferimento alle loro applicazioni pratiche, le i. possono essere usate per migliorare la prestazione percettiva, per modificare il coordinamento visivo-motorio, per verificare relazioni spaziali tra gli oggetti (​​ scienza).

Bibliografia

Gombrich E.H.,​​ The uses of images, London, Phaidon, 2000; Jensen R. A.,​​ Envisioning the word: the use of visual images in preaching, Augsburg, Fortress Press, 2005.

C. Cangià




IMPEGNO EDUCATIVO

 

IMPEGNO EDUCATIVO

È l’atteggiamento e la modalità etica attiva, che riguarda il singolo​​ ​​ educatore, gli​​ ​​ educandi e l’intero sistema educativo, che passa dal bisogno al valore, al senso, al motivo, al compito, all’attuazione concreta e alla sua continuità nel tempo e nella vita delle persone e delle società.

1. La psicologia sociale di S. A. Asch (1955) e le ricerche sulla decisione di H. Thomae (1960) hanno dimostrato sperimentalmente la possibilità e le vie alla formazione di compiti e decisioni autonome, rifiutando l’opinione che l’unico movente dell’i. possa essere l’egoismo (desiderio, paura), magari sublimato, dilatato, condiviso e prolungato verso esiti migliori.

2. L’i.e. include l’attenzione alla situazione e ai suoi problemi, la tensione ai fini, la concentrazione coerente e costante sui mezzi che vi conducono, l’azione necessaria e le condizioni che la rendono valida e sicura. Negli educatori è decisione ferma di investire nella situazione («campo») le migliori risorse personali, di promuovere condizioni e mettere in atto gli strumenti per operarvi in modo giusto e ottenere i risultati voluti e richiesti. Nei​​ ​​ giovani è attenzione agli educatori, tensione per cogliere i messaggi programmatici interiori ed esteriori, assunzione dei fini ultimi e scalari, concentrazione attiva delle forze sui mezzi per produrre i risultati. Per tutti è massima convergenza attiva nel lavoro comune o, come oggi si dice, di rete. Nei gruppi e nelle comunità l’i.e. presuppone la condivisione ideale e la convergenza operativa, per quanto diversamente giustificata e motivata. Ciò richiede l’i. dei responsabili per il confronto e il dialogo a tal fine. Per impegnarsi ogni soggetto potrebbe mettere in gioco​​ ​​ valori e motivi o convergere semplicemente sulla oggettività dei risultati e quindi sull’uso efficace dei mezzi. Tuttavia la condivisione degli stessi valori e motivi è condizione ideale, spesso da produrre come premessa non sempre facile da conseguire.

3. Nelle​​ ​​ istituzioni formative l’i.e. condiviso e convergente è obiettivo previo da ottenere con la condivisione unitaria di interessi, responsabilità, amore, volontà, attenzioni. Ma anche la competenza generale e specifica, a saper operare in team o in rete, è fattore di buona disponibilità all’i. Lo è pure la valorizzazione delle persone, la stima, la fiducia, l’esistenza di margini di libertà di contributo attivo, libero, creativo. Nel sistema è fondamentale e primario l’i.e. di chi è responsabile e promotore. L’​​ ​​ esemplarità che si fa​​ ​​ testimonianza, dilata e realizza la condivisione attiva dei valori e dei motivi, la fiducia e l’energia personale che alimentano l’i.e. e lo fanno perseverare nel tempo, anche attraverso difficoltà e momenti di crisi o di stress.

Bibliografia

Butturini E.,​​ Disagio giovanile e i.e.,​​ Brescia, La Scuola, 1984; Santelli Beccegato L. (Ed.),​​ Bisogno di valori: per un rinnovato i.e. nella società contemporanea,​​ Ibid., 1991; Giussani L.,​​ Il rischio educativo, Milano, Rizzoli, 2005.

P. Gianola