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IDENTIFICAZIONE

 

IDENTIFICAZIONE

Per i. si intende l’insieme dei processi che portano un soggetto ad assumere sia gli aspetti della​​ ​​ personalità di un’altra persona presa come modello, che le sue caratteristiche e i​​ ​​ valori; essa comporta dunque una modificazione, una riorganizzazione di modi di fare, di pensare, di desideri, interessi, ecc., per assomigliare al modello. Questa i. può anche avvenire nei riguardi di gruppi sociali e di istituzioni. Il termine, usato per la prima volta da S.​​ ​​ Freud nel 1897 in una lettera a Fliess, fu in seguito da lui modificato e variamente specificato, nonché usato nelle sue opere successive con varie accezioni. Freud però intendeva riferirsi sempre ad un meccanismo fondamentale dell’evoluzione della persona, che contribuisce alla formazione della personalità, che plasma il carattere e forma l’identità personale. Dopo Freud è stato scritto molto sull’i., considerata sia un meccanismo di difesa che un processo evolutivo normale.

1. L’i. è vista dai teorici della personalità come uno stato a cui la persona giunge attraverso un processo di imitazione di un modello che, nei primi anni, è rappresentato dai genitori; successivamente il fanciullo si identifica con altre figure quali fratelli più grandi, amici, personaggi dello spettacolo ed altri. Facilita il processo di i. la presenza di una dimensione affettiva e la percezione di una somiglianza tra il soggetto ed il modello, nonché la consapevolezza del prestigio e della competenza del modello stesso. Non uno solo di questi fattori determina l’i., ma l’interazione di tutti e tre, anche se con peso diverso. Il processo, inoltre, è sempre presente, sia pure in varie forme, lungo tutto l’arco della vita della persona e può essere usato per affrontare meglio la separazione da oggetti d’amore. Sono state individuate diverse modalità di i. che hanno preso vari nomi. Ricordiamo così l’i. «anaclitica» che avvenendo nel primo periodo di vita del bambino ha come oggetto la madre e si presenta come uno stato di fusione con lei, con durata non prevedibile.

2. Un’altra forma, identificata da A.​​ ​​ Freud, è l’i. con l’«aggressore», che compare nel bambino verso i 15-18 mesi d’età, epoca in cui cominciano ad apparire in lui le prime spinte verso l’autonomia in contrasto con le regole imposte dalla madre. In questa situazione che il bambino percepisce come difficile per lui, egli introietta alcuni aspetti dell’onnipotenza attiva ed aggressiva che sente posseduti dalla madre al fine di ridurre l’​​ ​​ ansia. Verso i 3-6 anni ricompare nuovamente la spinta all’i., ma questa volta essa ha per oggetto il genitore del sesso opposto percepito troppo potente per venir attaccato direttamente, è interessante tener presente che a volte è possibile identificarsi non con l’aggressore, ma con l’aggressione subita o anche soltanto immaginata.

3. Vi sono poi dei tipi di i. che si basano su processi di esteriorizzazione, e fra questi ricordiamo l’i. «proiettiva», concetto moto dibattuto e su cui ci sono posizioni diverse; in generale essa consiste nel proiettare parti del Sé su di un oggetto esterno. Se la persona che riceve la proiezione è disposta ad accoglierla ed a restituirla al soggetto alleggerita e resa più sopportabile, accompagnandola con un atteggiamento affettuoso, l’esito di tale proiezione sarà positivo. Vi sarà al contrario un esito negativo se la proiezione viene respinta dalla persona ed anzi caricata di aspetti personali spiacevoli e cattivi. Ciò avviene, di solito, a causa dei problemi delle persone oggetto della proiezione. Sempre in questo settore ricordiamo quel tipo di i. che si può chiamare di «dipendenza» in quanto la persona sente di poter vivere solo in un rapporto di amore e di sicurezza offertole da un’altra persona a lei cara. Va tenuto presente che questa i. è diversa da quella chiamata «speculare» in quanto in questa il soggetto dà solo importanza alle somiglianze con sé individuate nell’altro e in cui considera l’altro come la copia di se stesso. Questo costituisce un pericolo in quanto, per la formazione di una corretta immagine di sé, è necessario che l’altro sia percepito come differente da se stesso. Pure basata su meccanismi di esteriorizzazione, è l’i. chiamata «imitativa» o «adesiva» che però è molto diversa dalle precedenti in quanto il soggetto si identifica solo con l’apparenza esterna ed il comportamento dell’altro senza che nella sua personalità si verifichino modificazioni profonde. Ma, se la modalità identificatoria non si ferma a questo, anche tale particolare tipo di i. può essere positiva in quanto permette di fare esperienze di successi o di sconfitte attraverso l’uso dell’onnipotenza e delle caratteristiche dell’altro, fino a giungere a saper dominare il mondo delle cose, a sapersi adattare alle situazioni, ad organizzarsi nelle azioni in maniera personale e creativa.

4. Da quanto esposto è facile individuare quante e quali siano le difficoltà insite nel processo di i. intrapreso da ogni persona poiché esso potrebbe anche avere un esito patologico qualora l’oggetto di i. non fosse empaticamente disponibile come modello. Si può individuare in questi ed in altri tipi di i. anche una caratteristica protettiva quando essi permettono alla persona di sottrarsi per qualche tempo a forze avverse che vorrebbero privarla con violenza della possibilità di crescere e di vivere la propria affettività, non consentendole così di costruire o conservare la propria identità; se grazie all’i. la persona può guadagnare del tempo per riorganizzare le proprie capacità di reazione agli eventi, si può cogliere la positività di tale funzione. Le varie i. hanno anche un ruolo positivo e di aiuto nella crescita quando, grazie all’i. con un modello positivo e gratificante, viene permessa l’interiorizzazione delle norme, la formazione della coscienza, e quella di atteggiamenti specifici del proprio sesso, nonché una soddisfacente​​ ​​ socializzazione.

Bibliografia

Freud S., «Minute teoriche per Wilhelm Fliess», in S. Freud,​​ Opere 1892-1897. Progetto di una psicologia ed altri scritti,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1968, 58-63; Schafer R.,​​ Aspetti dell’interiorizzazione,​​ Roma, Armando, 1972; Grinberg L.,​​ Teoria dell’i.,​​ Torino, Loescher, 1982; Erikson E. H.,​​ Gioventù e crisi di identità,​​ Roma, Armando, 1984; Sandler J.,​​ Proiezione,​​ i.,​​ i. proiettiva,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1988; D’Alessio C.,​​ Il fanciullo dotato. I. e ambiente educativo, Salerno, Edisud, 2002.

W. Visconti




IDENTITÀ

 

IDENTITÀ

Per lungo tempo il termine i. è stato onnicomprensivo e solo in un secondo momento sono state introdotte distinzioni tra i. personale, sessuale, di genere e sociale.

1.​​ Tipi di i.​​ Per i. personale si intende una struttura mentale, con proprietà sia cognitive che affettive, che comprende la percezione di sé come essere distinto e separato dagli altri, con un insieme di caratteristiche diverse, pur nella loro similarità, da quelle di ogni altro individuo. Essa consente una percezione ed una valutazione di sé come persona con una propria coerenza ed una continuità che persiste nel tempo, provocando così la sensazione di essere un individuo unico, con una propria realtà. L’i. sessuale è legata al modo in cui la persona si percepisce e si definisce in relazione al proprio corpo. Infatti alla nascita ogni individuo presenta delle caratteristiche sessuali specifiche che gli sono date dagli organi sessuali in base a cui lo si definisce come uomo o donna. Il sesso è quindi legato alle caratteristiche biologiche della persona a cui si accompagnano le attitudini che si sviluppano nel tempo in quanto legate all’essere predisposti come uomo o donna. Per i. di genere si intende il riconoscimento e la consapevolezza che ciascuno ha di sé come maschio o femmina, ed è, di conseguenza, una creazione culturale, legata a fenomeni socioculturali, che di solito si consolida nel​​ ​​ bambino in maniera specifica e stabile verso la fine dell’età prescolare. Da questo periodo in poi il modo in cui il​​ ​​ fanciullo si relaziona con i genitori si diversifica in rapporto alle caratteristiche sessuali. Nel periodo di età che va approssimativamente dai 6 ai 12 anni, nel fanciullo viene ad organizzarsi quella che si può chiamare i. sociale, poiché gli viene ormai assegnato un posto nella società, posto in parte mobile essendo legato al suo sviluppo, in parte potenziale, in quanto si può far riferimento a quella che sarà la sua futura professione, ed in parte permanente, come quando, ad es., ci si riferisce al suo credo religioso.

2.​​ L’elaborazione dell’i.​​ Ciascuna persona durante gli anni evolutivi elabora un proprio concetto di i. che comprende l’insieme dei ruoli e delle qualità che, a suo parere, la distinguono da ogni altra. In questo lavoro di selezione e di appropriazione di tratti, scopi, motivazioni, valori, ecc., agiscono elementi cognitivi, fattori inconsci e pressioni sociali. Tutto ciò avviene tra molte difficoltà. Infatti nella prima fanciullezza si trovano delle forme di i. che possono vedersi come immaginarie in quanto fanno riferimento a personaggi eroici, o sono un adeguamento ad i. volute o suggerite dagli educatori ed accettate sotto la spinta dell’affetto che lega il soggetto alle persone significative che gliele propongono. Sono i. che possono convivere insieme ed ignorarsi a vicenda. Ma proprio perché sono in larga misura forme di i. suggerite o solo una sintesi di ruoli e qualità che, a parere del giovane soggetto, possono differenziarlo dagli altri, cadono in crisi nel periodo adolescenziale. Infatti nell’​​ ​​ adolescenza il giovane attraversa una fase di vera e propria confusione di i., in quanto non riuscendo a vedere con chiarezza «chi è», tenta di sperimentare varie i. cambiando anche stile di vita e modalità di rapporto con cose e persone. Ciò gli permette di elaborare una i. che pur non cancellando completamente quella instaurata nel precedente periodo di età, risulti una rielaborazione delle nuove esperienze di vita ed un riadattamento alle stesse in accordo con il nuovo concetto di sé. Quello che dall’esterno può essere considerato come uno stato di incertezza e di insicurezza, rappresenta in realtà una lotta che la persona ingaggia con se stessa e con il mondo che lo circonda al fine di perfezionare la sua crescita emotiva, cognitiva ed esperienziale.

3.​​ L’evoluzione del senso d’i.​​ Continua anche da​​ ​​ adulti, nonché da​​ ​​ anziani. In ogni periodo agiscono sul proprio concetto di i. i molti eventi della vita che inducono la persona a fare il punto della propria situazione, a rimettersi in discussione ed a ridimensionare alcuni aspetti della propria personalità, nonché i modi di pensare e di provare l’affettività. Questa variazione del concetto della propria i. deve necessariamente avvenire affinché il soggetto sia in grado di riconoscersi e proseguire nei suoi compiti per non incorrere nel pericolo di cadere in una disorganizzazione della propria i. Per quel che riguarda il periodo della vecchiaia bisogna inoltre ricordare che l’i., contrariamente a quanto appare, non si cristallizza in una data forma fino alla fine della vita della persona, ma seguita a subire un’evoluzione anche se con ritmi molto più lenti di quelli delle età precedenti. Alla base dell’i., intesa in senso complessivo, sono individuabili tratti stabili che permettono alla persona di riconoscersi sempre, in ogni età ed in ogni situazione della vita, malgrado la molteplicità dei cambiamenti che sono avvenuti e che stanno avvenendo. È infine da tener presente che, se nella formazione dell’i., un fattore essenziale è rappresentato dall’esperienza di un amore sollecito ed attento, altrettanta importanza assume l’accettazione dell’esperienza della propria solitudine ontologica che, pur nel dolore che può portare con sé, permette di scoprire il proprio senso di continuità, di comprendere quanto sia importante il giungere a valorizzare se stessi indipendentemente dall’opinione degli altri e di fortificare la propria volontà per conseguire mete sempre più alte.

Bibliografia

Mussen P. H. - J. J. Conger,​​ Lo sviluppo del bambino e la personalità,​​ Bologna, Zanichelli, 1981; Guidano V. F.,​​ La complessità del Sé - un approccio sistemico-processuale alla psicopatologia e alla terapia cognitiva,​​ Torino, Bollati Boringhieri, 1988; Duveen G., «Asimmetria nello sviluppo dell’i. di genere», in C. Arcidiacono (Ed.),​​ I.,​​ genere,​​ differenza. Lo sviluppo psichico femminile nella psicologia e nella psicoanalisi,​​ Milano, Angeli, 1992; Oliverio Ferraris A.,​​ La ricerca dell’i. Come nasce,​​ come cresce,​​ come cambia l’idea di sé,​​ Firenze, Giunti, 2007.

W. Visconti