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GRACIÁN Baltasar

 

GRACIÁN Baltasar

n. a Belmonte de Calatayud (Saragozza) nel 1601 - m. a Tarazona nel 1658, scrittore, pensatore e pedagogista gesuita spagnolo.

1. G. attualizza e rielabora la​​ ​​ Ratio studiorum​​ in funzione delle coordinate ideologiche ed estetiche della sua generazione. Gli ideali pedagogici dell’umanesimo rinascimentale che furono incorporati nella​​ Ratio,​​ a distanza di un sec., secondo G., dovevano essere rivisti. Era necessario introdurre in essa i vocaboli tipicamente barocchi di acume, ingegno e concetto. Dopo aver seguito i paradigmi proposti nell’insegnamento gesuitico, bisognava superarli e andare più in là, raggiungendo l’acutezza, l’ingegnoso, l’esemplare e l’espressione scelta; in altre parole, bisognava raggiungere l’originalità. La maggioranza delle opere di G. persegue questo scopo.​​ El héroe​​ (1637) espone le caratteristiche del gigante, dell’uomo sagace, bellicoso, filosofo, politico e cortigiano. Tre anni dopo G. pubblica​​ El político,​​ di cui, a suo parere, Ferdinando il Cattolico, il «non plus ultra degli eroici re d’Aragona» incarnò le virtù. Nel​​ El discreto​​ analizza attentamente concetti pedagogici importanti come genio, ingegno, esercizio, atteggiamento, cultura, ritmo di apprendimento, ecc. L’antico «conosci te stesso» socratico viene attualizzato da G., che ritiene che «il primo passo del conoscere è conoscersi». L’Oráculo manual y​​ arte de prudencia​​ (1647) è una raccolta di aforismi, che riassumono il suo pensiero tipicamente ignaziano: «Cerca di esercitare i mezzi umani come se non avessi quelli divini e quelli divini come se non avessi quelli umani» (aforisma 251). L’aforisma 300, l’ultimo, riassume in poche parole il suo ideale pedagogico: l’uomo santo, che rende l’uomo «prudente, attento, sagace, giudizioso, saggio, valoroso, moderato, completo, felice, credibile, veritiero e universale eroe. Tre​​ s​​ rendono felice: santo, sano e saggio».

2. Opera somma della riflessione pedagogica di G. è​​ El criticón,​​ che apparve in più tempi (1651, 1653 e 1657). I suoi protagonisti simboleggiano la vita dell’uomo naturale (Andrenio) che si lascia condurre dai suoi istinti ed impulsi e la vita dell’uomo educato e giudizioso (Critilo) che pensa prima di agire. È un’opera importante della pedagogia universale che ricorda la novella del​​ filosofo autodidatta​​ arabo-spagnolo Ibn Tufail e che precorre di oltre un sec. le idee di​​ ​​ Rousseau. Andrenio è il figlio della natura che agisce spontaneamente, è attratto dall’apparenza e si lascia trasportare dai piaceri della vita. Critilo è più cauto e non si fida delle apparenze; la sua guida è la diffidenza, la prudenza e la riflessione.​​ El Criticón​​ è il fustigatore universale della società di G., che si identifica con l’atteggiamento pessimista di Quevedo, di Cervantes, di Calderón, di Valdés e di quanti ritengono che il mondo è pura apparenza, puro inganno. L’unica cosa vera e resistente è la virtù, frutto di un’educazione accurata, l’unica cosa che resta dopo che è calato il sipario del grande teatro del mondo.

Bibliografia

Coster A.,​​ B.G.,​​ Zaragoza, 1947; Batllori M.,​​ G. y el barroco,​​ Roma, 1958; Correa Calderón E.,​​ B.G.: su vida y su obra,​​ Madrid, 1961; Batllori M. - C. Peralta,​​ B.G. en su vida y en sus obras,​​ Zaragoza, 1969; García Gibert J.,​​ B.G., Madrid, Síntesis, 2002;​​ B.G. IV Centenario (1601-2001), Zaragoza, Instituto Estudios Altoaragoneses, 2003.

B. Delgado




GRADUALITÀ

 

GRADUALITÀ

La g. (dal lat.​​ gradus:​​ passo, scalino, grado) in pedagogia indica uno dei principi metodologici dell’educazione e dell’insegnamento riconosciuto fin dall’antichità, soprattutto a partire da​​ ​​ Comenio che, con la nota formula​​ «natura non facit saltus»,​​ la considerò come uno degli aspetti più essenziali del metodo secondo natura.

1. Tale sottolineatura fu ripresa in particolare da​​ ​​ Rousseau in polemica con le forme didattiche adultistiche, sostenendo che ogni età ha la sua educazione. Tale principio afferma l’esigenza di rispettare il processo naturale e cognitivo, «iuxta propria principia», quindi di procedere secondo i seguenti criteri: a) dal semplice al complesso; b) dal globale indifferenziato all’analitico differenziato: dal tutto alle parti (criterio importante nell’insegnamento della lingua sia materna che straniera, in particolare in quello della lettura e della scrittura;​​ ​​ globalismo didattico); c) dal noto all’ignoto; d) dal vicino al lontano (è un criterio applicato soprattutto nell’insegnamento storico e geografico); e) dal facile al difficile; f) dall’episodico e occasionale al sistematico; g) un procedimento ciclico e a spirale (utilizzato nell’organizzazione dei piani di studi per diversi gradi scolastici).

2. Una particolare accezione della g. è stata data da​​ ​​ Herbart e dai suoi discepoli con la teoria dei «gradi formali» (Formal-stufen),​​ ossia la​​ chiarezza​​ (che esige la concentrazione), l’associazione​​ (comparazione), il​​ sistema​​ e il​​ metodo.​​ Ziller scompone la​​ chiarezza​​ in​​ analisi​​ e​​ sintesi;​​ Rein, invece, in​​ preparazione​​ e​​ presentazione.​​ ​​ Willmann nella sua opera​​ Didattica come teoria della cultura​​ (1882-1889) approfondì il significato di questo principio che egli chiama «principio della graduazione», riferito soprattutto all’organizzazione del contenuto didattico, che deve rispettare sia l’aspetto / ordine storico sia quello psicologico delle discipline di studio. Con​​ ​​ Vygotskij e Bruner si afferma l’esigenza di una g. a spirale che consiste nello sviluppare le conoscenze in estensione e profondità.

Bibliografia

Willmann O.,​​ Didattica come teoria della cultura,​​ Brescia, La Scuola, 1962; Titone R.,​​ Metodologia didattica,​​ Roma, LAS,​​ 31975.

H.-C. A. Chang




GRAMMATICA

 

GRAMMATICA

Il termine g. viene utilizzato con significati diversi: l’arte di scrivere correttamente una lingua e il libro con cui la si insegna; la scienza che studia la forma e la struttura di una lingua definendone e descrivendone gli elementi costitutivi.

1. I greci mostrarono un grande interesse per la g., considerata strumento necessario per un uso appropriato della lingua. Nelle scuole ellenistiche lo studio della g. si impartiva a tre livelli: a livello primario, da parte del​​ grammatistés,​​ secondario da parte del​​ grammatikós​​ e superiore da parte del​​ sophistés​​ o retore. La g. assunse grande importanza presso gli alessandrini e rese possibile la traduzione dell’A. T.​​ in gr. (versione dei Settanta) oltre che la continuità delle antiche opere classiche greche e lo sviluppo delle tecniche di critica testuale e dei criteri di autenticità e di completezza.

2. In questo clima, esteso alle diverse città ellenistiche, lavorò Dionisio di Tracia, maestro di Rodi, autore della prima g. greca o manuale (téchne),​​ che si diffuse con successo in tutte le scuole. Per la prima volta vengono analizzate le diverse parti del discorso e si identificano le vocali, le consonanti, le sillabe, i dittonghi, i nomi, i verbi, gli articoli, ecc. I latini ellenizzati ereditarono la g. di Dionisio e l’applicarono allo studio del lat. nelle scuole. Nel Basso Impero eccelsero i contributi di Donato con la sua​​ Ars grammatica​​ e le​​ Institutiones grammaticae​​ di Prisciano. Alla semplice g. analitica del maestro di Rodi si aggiunsero la sintassi, lo studio dei casi delle preposizioni latine, gli idiotismi, i barbarismi, l’ortografia, la dizione, la metrica, ecc. La g. di Prisciano (m. nel 526), professore che insegnava lat. a Costantinopoli a studenti greci, fu utilizzata come testo scolastico nel​​ ​​ Medioevo da Boezio, s. Benedetto, Cassiodoro,​​ ​​ Isidoro di Siviglia e da Beda il Venerabile, che l’integrarono nei loro testi pedagogici come una parte importante.

3. La considerazione per la g. continuò durante il Rinascimento e fino al sec. XVII, periodo in cui il lat. fu a poco a poco abbandonato nelle scuole popolari a favore delle g. delle lingue nazionali utilizzate sia nelle scuole di​​ ​​ La Salle, sia in quelle di​​ Port-Royal.​​ Nel sec. XIX si insegnò in tutte le scuole europee la g. della lingua nazionale.

Bibliografia

Chomsky N.,​​ Aspects of the theory of syntax,​​ Cambridge, Mit Press,​​ 1965; Riché P.,​​ Les écoles et l’enseignement dans l’Occident chrétien de la fin du Ve​​ siècle au milieu du XIe​​ siècle,​​ Paris, Montaigne, 1979; Marrou H. I.,​​ Storia dell’educazione nell’antichità,​​ Roma, Studium, 1984;​​ Mourelle de Lema M.,​​ Elio A. de Nebrija y la génesis de una gramática vulgar, Madrid, Grugalma, 2006.

B. Delgado




GRAMSCI Antonio

 

GRAMSCI Antonio

n. ad Ales (OR) nel 1891 - m. a Roma nel 1937, intellettuale e uomo politico italiano.

1.​​ Vita e opere.​​ Di famiglia impiegatizia, con una borsa di studio frequenta la facoltà di lettere di Torino (1911). Non termina il curricolo, si avvicina ai socialisti e si dedica pienamente alla politica. Fonda, con amici, il settimanale (poi quotidiano) «L’Ordine Nuovo» (1919) e nel 1921 partecipa alla fondazione del partito comunista, di cui diviene uno dei dirigenti. Nel 1922 va a Mosca in rappresentanza del partito presso il comitato esecutivo della II Internazionale. Viene eletto deputato (1924), ma, in seguito ai provvedimenti speciali, viene confinato e nel 1928 è condannato a più di 20 anni e destinato a Turi. In carcere legge, riflette e scrive le​​ Lettere​​ e i​​ Quaderni dal carcere.​​ Nel 1934 chiede un periodo di libertà vigilata, che gli è concesso, ma nell’aprile del 1937 peggiora e si ricovera a Roma, dove muore il 27, per emorragia cerebrale.

2.​​ Il​​ pensiero pedagogico.​​ Premesso che l’impegno principale di G. era di ordine politico, la sua pedagogia, se così si può dire, si regge e si nutre, fino a identificarsi, di quella politicità. Infatti, mentre per il marxismo classico erano determinanti i rapporti di produzione e la struttura economica, per lui diventa risolutiva un’unità organica, dinamica, anzi dialettica e operativa di struttura e sovrastruttura, costituente il​​ «blocco storico».​​ Ogni struttura storica concreta è animata da una sovrastruttura e, quando essa è dominante, esercita un’egemonia.​​ Finora questa è stata nelle mani della classe-padrona, soprattutto in Italia, dove non ci sono stati eventi storici rivoluzionari e innovativi. Occorre un ribaltamento, per cui l’«egemonia» passi nelle mani della classe lavoratrice (operaia e contadina), dando il via a una società democratica. Ciò non è possibile tuttavia, se il proletariato non si impadronisce della cultura, che poi dovrà imporre, e a tal fine diventa insostituibile l’opera dell’educazione, che richiede l’intervento di​​ «intellettuali organici»,​​ inseriti cioè nella massa per farsene interpreti e promotori, in un rapporto di reciprocità dialettica. Infatti l’uomo è​​ «prodotto storico»​​ dei rapporti sociali animati da una volontà di intervento, e tale prodotto è portatore di una cultura, che per diventare egemone ha da essere autonoma, organica, omogenea e criticamente rapportata alle altre. In questa linea si opera una​​ «formazione storica»​​ che, libera da ogni determinismo e innatismo, darà luogo all’uomo nuovo e alla società nuova, all’insegna di una libertà disciplinata, contrapposta a ogni forma di spontaneismo libertario («sgomitolamento»). La disciplina infatti «limita l’arbitrio e l’impulsività», ma «non annulla la personalità e la libertà»; cosicché un «pizzico di coercizione» è di fatto indispensabile per la vita sociale, che richiede un conformismo dinamico, non imposto, ma proposto e accettato. Su queste basi si articolano le sue proposte per la​​ scuola,​​ prima funzionale alla subalternità della classe proletaria, che dovrà essere​​ unitaria,​​ al di sopra della contrapposizione tra cultura tecnica e umanistica, consentendo a tutti l’accesso a un ulteriore sviluppo culturale, al contrario della «riforma Gentile», classista e borghese. La scuola dell’obbligo deve essere fondamentalmente umanistica, nel senso di un nuovo umanesimo, prassico (ideale = «moderno Leonardo da Vinci»), e, al tempo stesso, disinteressata e formativa. In questo sta l’avvio della nuova società, guidata dal «nuovo principe», il partito, non dirigistico e impositivo, ma collaborativo e dialettico, teso all’elevazione della classe operaia. Le stesse tesi sono fondamentalmente riprese nelle sue​​ Lettere,​​ mirate, in particolare, all’educazione dei suoi figli.

3.​​ Valutazione.​​ G., da anni studiato e apprezzato anche all’estero, offre una reinterpretazione del marxismo (discussa specie in Italia), che identifica con la​​ «filosofia della prassi»,​​ accentuandone il carattere storicistico e dunque dialettico, di concretezza e relatività alle differenti situazioni. In tale prospettiva acquista più pregnanza anche la dimensione pedagogica (​​ marxismo pedagogico), non autonoma, ma inscindibilmente correlata alla sua lettura del reale umano-storico.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ le​​ Opere giovanili​​ di G. sono raccolte in 5 voll., Torino, Einaudi 1954-1971; le​​ Lettere dal carcere,​​ Ibid., 1947;​​ Quaderni dal carcere,​​ l’ediz. critica a cura di V. Gerratana, 4 voll., Ibid., 1975. b)​​ Studi:​​ fino al 1967, la bibliografia è raccolta in:​​ G. e la cultura contemporanea,​​ 2 voll., Roma, Editori Riuniti, 1970, vol. II, 477-544; Cammett J. M.,​​ Bibliografia gramsciana 1922-1988, Ibid., 1991. Quanto alla pedagogia: Lombardi F.,​​ Idee pedagogiche di A.G.,​​ Brescia, La Scuola, 1969; Manacorda M. A.,​​ Il principio educativo in G.: americanismo e conformismo,​​ Roma, Armando, 1970; Ragazzini D.,​​ Leonardo nella società di massa - Teoria della personalità in G., Bergamo, Moretti Honegger, 2002; Baratta G.,​​ Le rose e i quaderni. Il pensiero dialogico di A.G., Roma, Carocci, 2003.

B. A. Bellerate