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GIAMMANCHERI Enzo

 

GIAMMANCHERI Enzo

n. a Brescia il 19.7.27 m. ivi il 4.11.05, sacerdote, intellettuale e promotore di iniziative culturali.

1. Licenziato in Teologia a Venegono (1953) e laureato in Filosofia all’Università Cattolica di Milano (1958), dopo l’ingresso nel Comitato di Redazione de La Scuola (1955), dal 1958 fece parte del Consiglio di Amministrazione, divenendo – con il passare del tempo – la figura di riferimento dell’Editrice bresciana. Qui diresse collane e promosse iniziative culturali fino alla morte (tra l’altro, fu segretario di Scholè, 1978-05; direttore di «La Famigliaۛ», 1966-71, e «Pedagogia e Vita», 1970-88; condirettore di «Scuola Italiana Moderna», 1981-98). A Brescia insegnò Filosofia nel Seminario (1951-56 e 1969-02) e all’Istituto «Arici» (1956-69), e Pedagogia all’Università Cattolica (1966-76). Fu inoltre vicario episcopale per la cultura, 1976-80; delegato vescovile per le istituzioni culturali, 1980-99; consultore della Congregazione per l’educazione cattolica, 1999-05.​​ 

2. Studioso di ampio respiro, ha coltivato la passione per l’educazione e la scuola essendo convinto che la fede cristiana sa ispirare cultura (tra i suoi interventi spiccano quelli sul movimento cattolico e in favore dell’IRC concordatario e della scuola cattolica) e che l’appartenenza ecclesiale – in schietta e intelligente obbedienza al Magistero – offre un’identità che sa dialogare con tutti. Formatosi nella Neoscolastica milanese (tra i suoi maestri, era solito annoverare Gustavo Bontadini, Mario Casotti e Sofia Vanni Rovighi), si confrontò lealmente con le diverse tendenze culturali – a cominciare dal marxismo – essendo guidato dalla fiducia nella indefettibilità della verità e nell’accordo di ragione e fede. Ai suoi molteplici interessi – che lo resero attento critico della cultura e dei costumi – corrisponde un’ampia rete di rapporti personali e istituzionali: le sue carte, conservate presso l’Archivio storico de La Scuola, sono in fase di riordino nel Fondo G.

Bibliografia

a)​​ Fonti:​​ G.E.,​​ Educazione e senso della vita, Brescia, La Scuola, 2000; Id.,​​ Pensieri sulla guerra, Brescia, La Quadra, 2002; Id.,​​ Alla scuola di Paolo VI. Appunti, Brescia, La Scuola, 2003. b)​​ Studi:​​ Mons. E.G., Ibid., 2006;​​ E.G.: fede,​​ cultura,​​ educazione, Ibid., 2007.

G. Mari




GIANSENISMO

 

GIANSENISMO

Il G. trae il nome da Cornelio Giansenio (Cornelius Jansen, 1585-1638), vescovo d’Ypres, autore di una voluminosa opera dal titolo​​ Augustinus​​ (1a​​ ediz. 1640) relativa al problema allora vivamente dibattuto della libertà dell’uomo e della grazia divina. Giansenisti erano detti coloro che, nonostante le condanne ecclesiastiche, difendevano l’Augustinus​​ come una fedele silloge del pensiero di sant’​​ ​​ Agostino d’Ippona o comunque sostenevano dottrine che sembravano riproporre quelle di Giansenio.

1. L’esperienza pedagogica giansenista nel corso del ’600 e del ’700 non ha precisi riferimenti alla trattazione teologica del vescovo d’Ypres. Suoi modelli ideali sono Port-Royal, i suoi​​ Messieurs,​​ il loro pensiero e la loro attitudine morale, le loro​​ ​​ Petites Écoles​​ e i loro libri. Per quanto mutino i condizionamenti storici e culturali nel corso di due secoli, identica è nel complesso la visione religiosa e l’attitudine di fondo che i giansenisti nutrono nei confronti di coloro ai quali è destinata la loro opera educativa. Le​​ Petites Écoles​​ non sopravvissero alla campagna repressiva che si scatenò contro i giansenisti e contro Port-Royal. Saint-Cyran (1581-1643), considerato dal card. Richelieu come un capofila di opposizione alla linea politica della monarchia, fu trattenuto a lungo in prigione; i «solitari» di Port-Royal des Champs vennero dispersi e perseguiti; il più battagliero, Antoine Arnauld (1612-1694), fu costretto alla clandestinità e all’esilio; il drappello di allievi venne disperso e dissolto attorno al 1660-61; le monache dei due monasteri, di Port-Royal de Paris e di Port-Royal des Champs, furono vessate perché non sottoscrivevano il formulario di adesione alla condanna delle cinque proposizioni estratte dall’Augustinus​​ e condannate da Innocenzo X nel 1653 (bolla​​ Cum occasione).​​ Nel 1710-13 il monastero di Port-Royal des Champs fu demolito per ordine del re.

2. In queste congiunture l’attività educativa del G. si espande nelle direzioni più varie facendo proprie certe iniziative che nel ’600 si erano sviluppate sull’onda delle istanze umanistiche, della riforma religiosa e di una migliore preparazione delle classi alte della società. Nel sud della Francia ad Alet e a Pamiers i due vescovi locali, impegnati nei programmi di riforma tridentina, ma sostenitori ardenti dell’ortodossia di Giansenio, organizzarono gruppi di donne che in qualità di «reggenti» s’incaricavano di promuovere l’istruzione catechistica nell’intera diocesi. Entrambi i gruppi furono dissolti alla morte dei due prelati. Sorte analoga toccò in quegli anni all’Institut de l’Enfance, congregazione religiosa femminile con scopi di istruzione e di assistenza fondata a Toulouse da un amico del vescovo di Alet. In modo precario, tra sospetti e persecuzioni, svolsero la loro attività di educatori in collegi, in seminari e in scuole private vari personaggi che tra ’600 e primo ’700 rifiutarono di sottoscrivere il formulario relativo alle cinque proposizioni condannate di Giansenio e che inoltre, anziché accettare la bolla​​ Unigenitus​​ (1713) che condannava cento e una proposizioni estratte dalle​​ Réflexions morales​​ di Pasquier Quesnel, fecero appello al concilio ecumenico. Tra questi si distinsero come educatori, insegnanti e scrittori Ch.​​ Huré (1639-1717), A. Paccory (1649-1730), E. Gaudron (1672-1732), J.-B. Roussel (1686-1740), M. Tissart (1669-1745), F.-Ph.​​ Mésenguy (1677-1763). Sono da ricordare inoltre vari membri dell’Oratorio di Francia, interdetti in genere dall’accedere agli ordini sacri e allontanati dall’insegnamento che svolgevano presso collegi in diocesi rette da vescovi dichiaratamente antigiansenisti. Diversa fu la sorte di una comunità di educatori costituita da semplici laici e fondata dal prete Charles Tabourin. Il primo nucleo di maestri iniziò nel 1709 e a partire dal 1713 costituì una rete di piccole «scuole di carità» maschili nel faubourg Saint-Antoine a Parigi affiancata da scuole femminili tenute dalle Soeurs de Sainte-Marthe. Nonostante le traversie del fondatore, ch’era giansenista e appellante, le «scuole Tabourin» si diffusero anche altrove in Francia (Orléans, Auxerre, Normandia). Soppresse nel 1793 dalla Convenzione, poterono riaprire a Parigi nel 1802 e dedicarsi all’educazione di ragazzi della piccola borghesia in un pensionato che poté durare fino al 1887 coltivando la memoria di Port-Royal e proseguendone i metodi di formazione al rigore morale.

3. È soprattutto la produzione catechistica a prolungare del G. originario la visione fondamentalmente pessimista della natura umana, bisognosa della grazia in ordine al bene da discernere e da perseguire. Tra i numerosi catechismi giansenisti (tutti in genere sull’onda di quello composto da Saint-Cyran per i bambini delle​​ Petites Écoles)​​ ebbero particolare fortuna quello di mons. Colbert (1667-1738), vescovo di Montpellier, e gli altri del Mésenguy e di P.-E. Gourlin (1695-1775). Vasto influsso esercitarono nel ’700 e nel primo ’800 gli​​ Essais de morale​​ di P. Nicole (1625-1695).​​ 

4. La necessità di coltivare la buona formazione fin dalla prima infanzia è una istanza che caratterizza la riflessione pedagogica originaria di Port-Royal. Tra gli scritti che insistettero su tale tema sono da ricordare:​​ De l’éducation chrétienne des enfants​​ (1661) di A. Varet (1632-1676),​​ Avis salutaires aux pères et aux mères qui veulent se sauver par l’éducation chrétienne qu’ils doivent à leurs enfants​​ (1719) di A. Paccory e​​ Les règles de l’éducation des enfants​​ di P. Coustel​​ (1621-1704). Sul solco della precettistica destinata ai sovrani si collocano lo scritto​​ De l’éducation d’un prince​​ (1670) di P. Nicole e la​​ Institution d’un prince​​ (1739) di J.-J. Duguet (1649-1733). Il saggio di Nicole documenta l’attenzione che i portorealisti dedicano alle qualità morali e alla capacità di giudizio. L’ampio trattato di Duguet respira già i preludi del riformismo illuminato e prospetta un quadro di conoscenze che include anche lo studio dell’agricoltura e del commercio. Di vasto successo furono anche le opere pedagogiche e didattiche di Rollin, vicino allo spirito di Port-Royal.

5. Tra fine ’700 e primo ’800 si distinse come esponente del tardo G. francese H. Grégoire (1750-1831). Nel 1793-94 in sintonia con il giacobinismo politico si fece promotore di progetti radicali per la unificazione linguistica che avrebbe comportato in Francia l’abbandono dei linguaggi e dei dialetti regionali. Tra riformismo illuminato e restaurazione emerge in Italia la figura di P. Tamburini (1737-1827), combattivo nel sostenere i temi teologici dell’agostinismo, polemico portavoce del «partito» che non era opposto ai sovrani riformatori ma al cattolicesimo «ultramontano» imperniato sulla fedeltà alle tendenze politiche del papato. Tamburini affronta i temi dell’educazione in epoca rivoluzionaria nelle lezioni di filosofia morale tenute all’università di Pavia. In termini positivi vi prospetta le risorse naturali dell’uomo (sottacendo il tema dell’intrinseca debolezza della natura, bisognosa dalla grazia risanatrice di Cristo) e perora a favore di un insegnamento meno legato all’apprendimento del lat., più abilitante alle scienze sperimentali e più in ordine alla formazione civile.

6. I libri del G. più a lungo adoperati nell’insegnamento scolastico in Francia e altrove furono​​ La logica o l’arte di pensare​​ di Arnauld e Lancelot, il​​ Nuovo metodo per apprendere agevolmente la lingua lat.​​ e quello​​ per apprendere facilmente la lingua gr.,​​ entrambi dello stesso Lancelot. Un​​ Compendio del nuovo metodo per apprendere la lingua lat.​​ fu in uso nelle regie scuole del Piemonte nel periodo della restaurazione. F. De Sanctis (1817-1883) ricordava che a Napoli aveva imparato il lat. sul «Portoreale». Il​​ Nuovo metodo​​ fu ancora ristampato a Napoli nel 1848 e il​​ Compendio​​ nel 1853. Perdurarono insomma quei testi nei quali era netto il carattere innovativo in campo didattico, era meno esplicita l’ispirazione profondamente religiosa del G. e più agevole la trasposizione entro i quadri di una cultura laica moderna, potenzialmente post-cristiana.

Bibliografia

Gazier A.,​​ Histoire générale du mouvement janséniste des origines jusqu’à nos jours,​​ 2​​ voll., Paris, Champion, 1922; Cognet L.,​​ Le jansénisme,​​ Paris, PUF,​​ 1968; Zovatto P.,​​ Introduzione al G. italiano (Appunti dottrinali e critico-bibliografici),​​ Trieste, Facoltà di Magistero, 1970; Stella P.,​​ Il​​ G. in Italia. Piccola antologia di fonti,​​ Bari, Adriatica, 1972;​​ Taveneaux R.,​​ La vie quotidienne des jansénistes aux XVIIe​​ et XVIIIe​​ siècles,​​ Paris, Hachette, 1973; Martianais C.-M.,​​ Un pédagogue méconnu. Le diacre Ambroise Paccory (1649-1730),​​ Rome, Maison St. J.-B. de La Salle, 1976; Hildesheimer F.,​​ Le jansénisme en France aux XVIIe​​ et XVIIIe​​ siècles,​​ Paris, Publisud,​​ 1991; Hildesheimer F. - M. Pieroni Francini,​​ Il​​ G.,​​ Cinisello Balsamo (MI), Paoline, 1994; Stella P.,​​ Il​​ G. in Italia, 3 voll., Roma, Storia e Letteratura, 2006.

P. Stella