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FRUSTRAZIONE

 

FRUSTRAZIONE

Il termine f. indica lo stato psicologico di insoddisfazione e di delusione sperimentato quando si incontra un ostacolo che impedisce, o interrompe, un’azione finalizzata alla soddisfazione di un bisogno o di un motivo: tanto più i motivi o i bisogni in gioco sono importanti, tanto più la f. ha ripercussioni pesanti nel vissuto di un individuo.

1. Esempi di situazioni frustranti sono la dilazione, la mancanza, o la perdita, cioè situazioni in cui rispettivamente si deve rimandare a tempi successivi la soddisfazione di un’esigenza, non si hanno a disposizione i mezzi necessari a soddisfare i propri motivi, oppure si avevano tali mezzi ma li si è successivamente perduti. Ci si può sentire frustrati anche in caso di fallimento, soprattutto se a seguito del mancato successo si sente messa in discussione la propria​​ ​​ stima di sé (Ronco, 2006). In caso di f. la persona, non potendo gratificare direttamente un dato motivo o bisogno, si trova a dover raggiungere un diverso equilibrio dinamico attraverso nuovi comportamenti, tenendo conto, in modo più o meno costruttivo, dell’ostacolo frappostosi nel soddisfacimento delle proprie esigenze. Dal momento che nel processo di​​ ​​ socializzazione si fa spesso l’esperienza di non poter soddisfare una qualche esigenza personale e di sentirsi quindi frustrati, la ricerca psicologica si è interessata in particolare a come la f. influisca sulla condotta della persona, cercando di individuare quali reazioni si possono avere nelle situazioni frustranti.

2. In proposito è possibile distinguere a grandi linee tre modelli teorici: un primo modello, ispirandosi alla teoria freudiana rivista secondo la teoria dell’apprendimento, ipotizza il rapporto tra f. e​​ ​​ aggressività (Dollard et al., 1967) che può essere diretta verso di sé o verso gli altri (Rosenzweig, 1944); un altro, invece, evidenzia come la f. induca alla fissazione, cioè all’attuazione di un comportamento stereotipato che non si evolve più plasticamente con il mutare delle situazioni (Maier, 1949); il terzo modello, infine, ipotizza che la f. favorisca la regressione, cioè il ritrarsi verso un modo di pensare, sentire e agire più primitivo e immaturo (Barker et al., 1941). Negli ultimi anni, pur prendendo spunto da tali teorie, i ricercatori ritengono che sia riduttivo collegare alla f. un solo tipo di reazione, ma che per comprendere la risposta di una persona in una situazione frustrante occorra tener presente l’interazione di molteplici fattori sociali, ambientali e personali, tra cui gli apprendimenti passati e come viene valutata e interpretata la situazione in questione; inoltre, soprattutto in campo educativo, si evidenzia che non sempre la f. ha un ruolo negativo o induce una disfunzione nel comportamento, ma che quando essa risulta proporzionata alle capacità e alle risorse dell’educando, può essere per lui uno stimolo per riorganizzare in modo creativo e costruttivo il proprio agire verso il raggiungimento della meta desiderata.

Bibliografia

Barker R. - T. Dembo - K. Lewin,​​ Frustration and regression: an experiment with young children, in «Univ. of Iowa Studies in Child Welfare» 18 (1941) 1; Rosenzweig S., «An outline of frustration», in J.​​ V.​​ Hunt (Ed.),​​ Personality and the behavior disorder,​​ vol.​​ I,​​ New York, Ronald, 1944, 379-388; Maier N. R. F.,​​ Frustration: the study of behavior without a goal,​​ New York, McGraw-Hill, 1949; Dollard J. et al.,​​ F. e aggressività,​​ Firenze, Giunti-Barbera, 1967; Knaus W. J., «Children and low frustration tolerance», in A. Ellis - M. E. Bernard (Edd.),​​ Rational-emotive approaches to the problems of childhood, New York, Plenum Press, 1983, 139-158; Berkowitz L.,​​ Frustration-aggression hypothesis: examination and reformulation, in «Psychological Bulletin» 106 (1989) 59-73; Ronco A.,​​ Introduzione alla psicologia.​​ vol. 1.​​ Psicologia dinamica,​​ Roma, LAS,​​ 62006.

C. Messana




FUNZIONALISMO

 

FUNZIONALISMO

Con il termine f. si intende tutto quel complesso di teorie che interpretano i fatti sociali in relazione al loro apporto alla realizzazione di fenomeni sociali più ampi o alle attività di una istituzione o dell’intera società. Si tratta di posizioni riscontrabili in vari campi, dalla sociologia, all’antropologia, alla linguistica, alla psicologia. L’oggetto tenuto qui presente è l’educazione e l’ottica quella sociologica in quanto prevalente nell’ambito considerato. Tra gli autori più importanti dal punto di vista scelto va anzitutto ricordato​​ ​​ Parsons. Per questo studioso ogni fenomeno sociale deve essere esaminato in termini di azione sociale che, a sua volta, è funzione sia di una struttura societaria consistente nei rapporti istituzionalizzati tra le persone, sia della corrispettiva cultura rappresentata dai valori, dalle norme e dai modelli, sia del sistema di personalità dei singoli attori sociali, cioè della cultura da questi interiorizzata (1937). In secondo luogo va citato R. K. Merton a cui si deve in particolare un ripensamento degli assunti parsonsiani: egli ha rivisitato le tre tesi fondamentali del f. classico, precisando che la funzione svolta da un elemento della società non è sempre necessaria per il funzionamento del tutto, può essere superflua, anzi potrebbe non essere positiva (1949).

1.​​ La concezione di società.​​ Il f. interpreta la società come un​​ sistema di parti interdipendenti​​ al cui interno si realizza una vera divisione del lavoro nel senso che ciascun sottosistema svolge funzioni specifiche e mette a disposizione degli altri le sue prestazioni in modo da consentire la conservazione e lo sviluppo del sistema. Nonostante ciò nella società non mancano disfunzionalità delle parti e difetti di interscambio; tuttavia questi non portano generalmente a rotture irreparabili, in quanto il sistema riesce a mantenersi in una condizione di integrazione e di equilibrio attraverso i processi di​​ ​​ socializzazione, cioè mediante la trasmissione ed interiorizzazione di un quadro di valori comuni. La concezione organicista del f., se riesce a spiegare con facilità lo status quo, si trova invece a disagio di fronte alla questione del cambio. Esso, infatti, viene attribuito a fattori negativi: in pratica, è dovuto sia a carenze nella formazione che divengono occasione di devianza, sia alle difficoltà che i sottosistemi incontrano nell’articolazione reciproca a causa della continua complessificazione della divisione del lavoro e dell’aumento della specializzazione delle parti. La​​ stratificazione,​​ a sua volta, viene ritenuta non solo un dato di fatto universale, ma anche un meccanismo necessario per il funzionamento della società in quanto garantisce la selezione dei migliori. Il valore delle posizioni sociali non è eguale per tutte, ma alcune presentano una rilevanza più grande per il sistema. Al tempo stesso non sono molte le persone dotate delle capacità che possono essere trasformate nelle competenze richieste per svolgere i ruoli più importanti. Siccome la funzione necessaria per acquisire le abilità attese implica notevoli sacrifici di tempo e di risorse, la società per invogliare i soggetti dotati ad affrontarli deve assicurare loro adeguate ricompense materiali e morali, cioè un reddito e una condizione sociale più elevata.

2.​​ Le funzioni della scuola.​​ Entro questo quadro il sottosistema scuola svolge anzitutto la funzione di​​ trasformare le capacità in competenze.​​ Nelle società tradizionali vi provvedono istituzioni che sono incaricate contemporaneamente di altri compiti; nel sistema industriale, a causa dell’intensificarsi della divisione del lavoro e della specializzazione, nasce e si sviluppa un sottosistema specializzato e differenziato come quello scolastico. In secondo luogo il f. mette in risalto la​​ interdipendenza fra istruzione ed economia.​​ La forte espansione dei sistemi formativi che ha avuto luogo nel mondo durante gli anni ’50 e ’60 andrebbe ricondotta allo sviluppo parallelo della domanda di forza lavoro qualificata. La crescita dell’economia ha influito direttamente sulla richiesta di manodopera specializzata e ha comportato l’esigenza di una formazione più elevata di porzioni crescenti di giovani, per due motivi: ha determinato un passaggio della forza lavoro dal settore primario verso il secondario e il terziario, cioè verso comparti che si caratterizzano per una domanda più ampia ed elevata di competenze; inoltre, il ritmo accelerato del cambio tecnologico ha prodotto l’elevazione continua del livello delle abilità professionali necessarie per l’inserimento nei vari settori del sistema produttivo. Al tempo stesso la scuola espandendosi svolge una funzione determinante nello sviluppo tecnologico perché rende più produttivo il lavoro e aumenta il ritmo dell’innovazione tecnologica. Il f. concepisce l’istruzione come​​ strumento di progresso sociale.​​ È vero che le disparità sono accettate come necessarie, ma è anche vero che la distribuzione dei ruoli deve avvenire in base al merito. In questo senso l’espansione dell’istruzione consente l’ascesa dei giovani dei ceti più bassi, dotati di elevate capacità, e contribuisce a una ripartizione più giusta delle opportunità formative fra le classi. La scuola è anche​​ funzionale all’​​ ​​ integrazione sociale.​​ Essa infatti motiva a comportarsi secondo i modelli dominanti. In questo senso assicura la sopravvivenza della società e la sua integrazione. Alla fine degli anni ‘60 il paradigma funzionalista è entrato in​​ crisi.​​ La sua visione consensuale non riusciva più a interpretare in modo adeguato una società che era divenuta conflittuale. La contestazione studentesca e la ricerca pedagogica avevano messo a nudo le gravi carenze della scuola, ponendo così in discussione la esaltazione ingenuamente positiva che ne aveva fatto il f. Con gli anni ‘80, tuttavia, si è avuto un graduale recupero della funzione positiva della scuola e anche un suo rafforzamento. Questo ha contributo alla nascita di un​​ neo-f.​​ che mira a coniugare l’ortodossia parsonsiana con paradigmi anche opposti: in particolare ha accettato le interpretazioni conflittuali e ha riconosciuto la centralità delle diseguaglianze strutturali.

Bibliografia

Parsons T.,​​ The structure of social action,​​ New York, MacGraw-Hill, 1937; Merton R. K.,​​ Social theory and social structure,​​ Glencoe, The Free Press, 1949; Parsons T.,​​ The social systems,​​ London, Routledge & Kegan Paul, 1952; Morgagni E. - A. Russo (Edd.),​​ L’educazione in sociologia.​​ Testi scelti, Bologna, CLUEB, 1997; Besozzi E.,​​ Società,​​ cultura,​​ educazione: teorie,​​ contesti e processi, Roma, Carocci, 2006; Schizzerotto A. - C. Barone,​​ Sociologia dell’istruzione, Bologna, Il Mulino, 2006.

G. Malizia